Recensione di Megalopolis, il nuovo film di Coppola sulla distopica New Rome con protagonista Adam Driver e Nathalie Emmanuel
L’hype per questo film era cresciuto sempre più con l’uscita dei trailer, ma devo ammettere che nell’ultimo mese avevo iniziato a pensare al peggio: un film realizzato solo per il nome Coppola alla regia e non per la sua qualità. Dopo la visione del film sono contento di poter dire che i miei presagi erano sbagliati: questo film è un bel film! C’è da capire in che termini, ma ora ve lo illustro.
Megalopolis, a mio avviso, è un film che tratta molte tematiche e lo fa attraverso una storia, che Coppola definisce fiaba, ambientata in un mondo sostanzialmente allegorico. Ogni personaggio o luogo è un’allegoria di una determinata caratteristica della società contemporanea.
Perché sì, nonostante talvolta alcuni elementi della storia risultino incompatibili con il nostro mondo e che semplicemente Coppola stia narrando la storia, seppur interessante, di personaggi immaginari che non hanno corrispondenze con il nostro mondo, in realtà tutto ha un senso in questo grande progetto.
Purtroppo credo anche che questa volontà di rappresentare tante tematiche in un solo film produca un effetto straniante durante la visione del film, che non è necessariamente un lato negativo, ma probabilmente occorre vederlo una seconda volta per comprenderlo maggiormente.
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La trama gira intorno a personaggi dei piani alti della società e vengono dipinti, in modo didascalico come d’altronde è la pellicola intera, come il marcio della società, che però controllano in un mondo in cui il potere è distribuito tra che detiene le risorse. E tutti i personaggi hanno un lato oscuro e un lato chiaro.
Ceasar rappresenta l’homo novus che vorrebbe cambiare il mondo ma che viene ostacolato dai potenti, sebbene anche lui abbia un suo lato oscuro fatto di scheletri nell’armadio e traumi non superati. Il Megatron in senso proprio rappresenta la chiave dell’utopia di Ceasar che io ho rivisto nell’IA, ma che probabilmente vi assomiglia solo in questo momento storico e Coppola intendeva semplicemente un qualcosa di nuovo.
Le vicende che si susseguono in una serie di dinamiche abbastanza archetipiche culminano in un finale che fa ben sperare, trasformando una storia di personaggi grigi, nessun personaggio è solamente positivo, in una storia a lieto fine, quasi con un “e vissero tutti felici e contenti.” Che ho trovato un po’ forzato ma che in fondo è un buon auspicio per un mondo che sta marcendo da dentro e che attende qualcuno che ne ristabilisce i paradigmi di giustizia ormai perduti.
Il film ha un’ampia portata di tematiche, tra cui anche temi intimi, poiché il protagonista è e rimane Ceasar, di cui seguiamo le vicende da vicino, affrontando come lui i demoni di una vita fatta di maschere e ingiustizie. Non mi sento di voler interpretare tutto ciò che accade all’interno della pellicola (in primis la capacità di fermare il tempo), ma riconosco la grandezza di questo film.
Un film monumentale, che fa del lato tecnico un suo pregio ma che cerca nelle vicende narrate di veicolare un messaggio attraverso le allegorie di personaggi e luoghi che efficacemente restituiscono allo spettatore la rappresentazione della società contemporanea marcia con l’espediente narrativo della New Rome e dei suoi usi e costumi. Un film complesso che lascia in eredità tante riflessioni su temi universali.
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