THE PENGUIN St.1, la serie dell’universo di The Batman – [Recensione]

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Recensione di The Penguin, la nuova serie dell’universo di The Batman, con protagonista Colin Farrell nei panni del celebre villain di Batman

Ero molto curioso di questa serie, soprattutto perché dopo il successo di The Batman, mai avevo pensato a un universo a sé dato l’annuncio del nuovo universo di James Gunn, Quella che mi sono trovato davanti è una serie che mi ha fatto impazzire, da fan, a livelli davvero raramente raggiunti.

La serie comincia dalle vicende di The Batman e si collega subito a quell’arco narrativo i cui personaggi avevano già comparsa nel film di Reeves. Le atmosfere si ripropongono subito, ma presto il cambio di budget si fa sentire. Nessun problema. Introducono così nuovi personaggi che fanno sentire tutto più domestico, più urbano e meno spettacolare come nel film con Pattinson.

Sofia Falcone e Victor diventano quasi da subito dei comprimari perfetti, che rappresentano in questa serie gli antipodi nel mezzo dei quali Oswald si posiziona: meno crudele della spietata Sofia, più criminale del povero Victor, meno disturbato della squilibrata Sofia, più pazzo dell’ingenuo Victor. E in questo non posso che fare i complimenti a Colin Farrell, Cristin Milioti e Rhenzy Feliz.

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In generale in lato tecnico non è mai stato di bassa qualità, soprattutto la regia in numerosi frangenti mi è parsa molto ispirata, forse solo la colonna sonora non ho ricordo sia mai stata così tanto incisiva. Ma il grande pregio di questa serie è senza dubbio la scrittura. Otto puntate una più bella dell’altra, capaci di raccontare una storia di criminalità interessante senza mai annoiare, sviluppando dei personaggi incredibili, dando loro spazio e approfondendone le psicologie, in un intreccio di storie che culminano in un episodio finale davvero sorprendente.

Il tempo giusto per raccontare il passato di tutti e tre i personaggi fondamentali, in ognuno di essi attribuendo delle caratteristiche che si portano dietro nel loro presente, bisogni e desideri che li spingono ad agire in determinati modi. La storia che hanno creato e soprattutto il modo in cui l’hanno raccontata, riuscendo a riempire in modo intelligente e fico tutte le puntate, l’hanno resa per me la miglior serie dell’anno finora.

Unici elementi che mi fanno dire “cavolo se fosse stata così sarebbe stata perfetta” sono un pizzico di follia fumettistica. Insomma il misto di Pattinson tra il Batman iper reale di Nolan e il molto cartoonesco di Burton. Credo però che sia stata una decisione con un senso lasciare il realismo. Altra domanda che mi sono posto è, ma Batman, in tutto questo, che fa?

Sono molto contento del successo del progetto e non vedo l’ora intanto di una seconda stagione, di vedere un Pinguino più evoluto in The Batman 2 dove sembra confermato, e tifo per questa serie ai prossimi Emmy, soprattutto per Colin Farrell.

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In conclusione, una serie davvero strabiliante, capace di raccontare tre personaggi incredibili le cui storie si intrecciano alla perfezione e che rappresentano uno lo specchio dell’altro. The Penguin riesce a farti immergere nelle vicende di criminalità grazie a una regia ispirata e una scrittura che si dà il giusto tempo di narrare il passato dei suoi personaggi, creando colpi di scena notevoli.

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LE TOP 20 SERIE STORICHE DA VEDERE ASSOLUTAMENTE

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Le serie storiche sono la tua passione? Ecco le 20 migliori serie storiche da vedere assolutamente secondo noi

La storia è la tua passione? Le serie o i film storici sono pane quotidiano per te? Oppure semplicemente ti piacciono le storie vere? Ecco a voi le top 20 serie storiche da vedere assolutamente secondo noi.

20) L’amica geniale

migliori serie storiche - L'Amica Geniale

Questa è una serie televisiva di successo in Italia: “L’amica geniale”. Basandosi sui celebri libri di Elsa Ferrante, il regista Saverio Costanzo ha intrapreso un progetto ambizioso con una produzione che coinvolge Italia e Stati Uniti. In Italia, la serie è stata trasmessa su Rai, mentre negli USA è stata trasmessa su HBO. La trama si concentra sul legame unico tra Elena Greco e Raffaella Cerullo, cresciute a Napoli negli anni ’50. I libri hanno ottenuto un grande successo, quindi c’era già molta attesa per la serie prima della sua uscita. Tuttavia, l’adattamento televisivo ha superato brillantemente il test. Le atmosfere realistiche dei quartieri napoletani degli anni ’50 rivivono sullo schermo grazie a una sceneggiatura incisiva e a una scenografia altrettanto coinvolgente.

19) The Marvelous Mrs Maisel

The Marvelous Mrs. Maisel

Tra le opere di spicco nel catalogo di Amazon Prime, troviamo senza dubbio “The Marvelous Mrs. Maisel”. Si tratta di un drama ambientato negli anni Cinquanta, caratterizzato da un tono leggero e da una commedia spensierata, arricchita da alcune sfumature più drammatiche e profonde. La protagonista, la signora Maisel, è una giovane donna ebrea casalinga che vive a New York alla fine degli anni Cinquanta. La trama ha inizio da un punto di svolta: la sua vita, fino ad allora monotona e vissuta nell’ombra di un marito poco talentuoso, subisce una svolta drastica quando viene a conoscenza del tradimento del coniuge. Decide quindi di ubriacarsi e di esibirsi su un palco, attirando l’attenzione di tutti. Da quel momento in poi, le sue giornate prendono una piega totalmente diversa. “The Marvelous Mrs. Maisel” è una serie leggera e divertente, che racconta la storia di una donna determinata a farsi strada nella società, nonostante i pregiudizi e le critiche degli altri.

18) The Knick

migliori serie storiche - the knick

Se state cercando una serie che fonde abilmente elementi di medical drama, storia e questioni razziali, “The Knick” è la scelta perfetta. Ambientata nella New York dei primi del Novecento, in un contesto fortemente segnato dall’odio razziale, dove le persone di colore sono regolarmente discriminate, sfruttate, insultate e maltrattate. Il dottor Edwards (interpretato da André Holland), un medico afroamericano che ha studiato in Europa, non fa eccezione. Isolato dai suoi colleghi e costretto a sopportare l’ostilità dilagante nei corridoi dell’ospedale, dimostrerà il suo valore attraverso azioni concrete. “The Knick” esplora tematiche sociali, come l’ascesa della classe dominante in una città ricca di contraddizioni, ma si concentra anche sugli sviluppi medici del tempo, offrendo una rielaborazione coinvolgente del genere medical drama in un contesto storico. Tuttavia, il vero punto di forza dello show è il dottor John Thackery, interpretato in modo straordinario da Clive Owen. Tossicodipendente, geniale e anticonformista, Thackery rappresenta il personaggio più affascinante di “The Knick”, il cui percorso va dal delirio di onnipotenza alla rovina.

17) Mrs. America

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Cambiamo sia luogo che epoca, per immergerci in un altro eccellente period drama. “Mrs. America” si colloca tra i titoli più recenti e pregevoli della classifica. Si tratta di una miniserie composta da 9 episodi, con Cate Blanchett tra i protagonisti. Disponibile su TIMvision dall’autunno scorso, la serie racconta l’America degli anni ’60 e ’70, durante una fervente battaglia per l’emancipazione femminile. Il cuore del progetto è la lotta per l’approvazione dell’ERA, l’Equal Rights Amendment, un emendamento che avrebbe garantito la piena uguaglianza di genere. Tuttavia, la serie mette in contrasto due fazioni opposte all’interno del movimento femminile. Da un lato, le femministe progressiste che sostengono l’approvazione dell’ERA, dall’altro le casalinghe più conservatrici impegnate nella campagna Stop-ERA. “Mrs. America” esplora due Americhe divergenti, ideologicamente distinte, e il suo lancio durante l’anno delle elezioni presidenziali del 2020 ha sicuramente contribuito al suo successo.

16) I Tudors

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E non possiamo dimenticare il dramma sulla vita sontuosa e dissoluta di Enrico VIII. Interpretato da Jonathan Rhys-Meyers, anche se non del tutto conforme al vero aspetto del re, il ruolo gli ha comunque portato grande successo. “I Tudors” ci trasporta nella corte dell’Inghilterra durante il regno di Enrico VIII, quando il re intratteneva i suoi giochi politici e affrontava le sue relazioni amorose. La serie è ricca di dettagli accurati, ma non è solo questo a renderla popolare. Le scene di sesso e violenza, insieme ai complessi intrecci sentimentali presenti lungo tutte e quattro le stagioni, sono ciò che maggiormente affascina il pubblico. Molte produzioni successive hanno seguito il modello de “I Tudors”, concentrandosi su questo mix di sentimentalismo, eventi storici e sequenze intense.

15) I Borgia

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Il fascino delle vicende della famiglia Borgia ha trovato spazio anche in questa classifica. La vita nella Roma papale durante il Rinascimento era un turbine di lussuria, avidità, desiderio di potere e intrighi politici. Sacro e profano si intrecciano costantemente in questo dramma, che ruota attorno alle storie di personaggi realmente esistiti, individui senza scrupoli e ambiziosi coinvolti in battaglie per il controllo e relazioni amorose che spesso sfiorano il melodrammatico. Le scene di sesso, fortemente suggestive, seguono il modello dei Tudors e talvolta sono state oggetto di censura. La precisione storica viene talvolta sacrificata sull’altare del sentimentalismo, quasi come in una telenovela, ma questo approccio riesce comunque a catturare il pubblico e ad appassionarlo alle vicende dei vari personaggi.

14) Vikings

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Torniamo al periodo medievale con un altro titolo fondamentale di questa classifica: “Vikings”. È una delle serie più acclamate degli ultimi tempi e una delle più riuscite nel suo genere. L’epopea dei vichinghi prende vita a partire dai sogni di espansione di Ragnar Lothbrok, leggendario condottiero vichingo, che costituiscono il nucleo della trama della serie. “Vikings” introduce elementi sovrannaturali nella narrazione, pur mantenendosi lontana dal fantasy. Riti pagani si intrecciano con eventi storici realmente accaduti, raccontati con una buona dose di azione e pathos. I personaggi sono sviluppati con grande attenzione al loro profilo psicologico, una caratteristica prioritaria per gli autori che privilegiano la profondità dei personaggi rispetto agli intrighi melodrammatici per catturare il pubblico. Le sei stagioni di “Vikings” rappresentano un esempio eccellente di televisione di qualità e un progetto imprescindibile in una classifica come questa.

13) Romanzo criminale

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Un’altra serie italiana che non poteva mancare in questa classifica è “Romanzo Criminale”, che ha lasciato un segno indelebile nella televisione made in Italy. Si tratta di una storia potente che ripercorre le gesta della banda della Magliana, una figura di spicco nella criminalità romana tra gli anni Settanta e Ottanta. Questa serie è considerata uno dei migliori prodotti televisivi italiani di sempre, grazie alla forza dei suoi protagonisti, alla trama avvincente e al genere crime che riesce a coinvolgere sempre un vasto pubblico. Ma soprattutto, “Romanzo Criminale” ci offre uno sguardo chiaro sul nostro passato più recente. Non ha nulla da invidiare alle produzioni americane. Questo lavoro ha il grande merito di aver costretto la critica a valutarlo allo stesso livello delle proposte americane e ha anche aperto le porte del cinema e della televisione agli attori che hanno interpretato i suoi protagonisti.

12) Boardwalk Empire

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Una serie che purtroppo non ha goduto di grande fortuna, soprattutto dalle nostre parti, è “Boardwalk Empire”. È un vero peccato perché offre un affresco davvero notevole dell’America durante il Proibizionismo. Atlantic City è la protagonista nascosta di questa storia, che ci mostra il lato oscuro e drammatico della vita criminale, con la pressione della mafia italo-americana, le collusioni politiche e gli intrighi di potere. Steve Buscemi interpreta in modo magistrale Enoch “Nucky” Thompson, un personaggio paradigmatico, in bilico tra il mondo legale e quello illegale. Se non avete ancora avuto l’occasione di vederla, questo è il momento perfetto per recuperarla.

11) The Pacific

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“The Pacific” è stata prodotta da Tom Hanks e Steven Spielberg ed è un’altra serie incentrata sugli eventi reali della Seconda guerra mondiale. Sebbene meno potente di “Band of Brothers”, è comunque ben diretta e ben scritta. Segue lo stesso approccio di “Band of Brothers”, ma cambia lo scenario: ci trasferiamo dal fronte europeo a quello del Pacifico, dove si combattevano battaglie altrettanto violente e drammatiche. Pur non raggiungendo le vette di “Band of Brothers”, “The Pacific” offre un ulteriore assaggio di maestria nella regia e nella scrittura.

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10) Black Sails

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Se siete affascinati dalle storie di avventure in mare, “Black Sails” è senza dubbio la serie più coinvolgente e potente mai realizzata finora. Originariamente concepita come prequel de “L’Isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson, si trasforma rapidamente in un’epopea dei pirati a sé stante. Molti dei personaggi presenti nella serie sono realmente esistiti, così come il tentativo di rendere Nassau una sorta di Repubblica dei pirati. Tuttavia, al di là della fedeltà alla trama storica, “Black Sails” si distingue per il suo racconto ricco di tensione emotiva, per le scene d’azione coinvolgenti e per i dialoghi straordinari che ci permettono di esplorare le molteplici sfaccettature di ogni protagonista in questa fantastica storia.

9) The Crown

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“The Crown” è davvero una perla assoluta, soprattutto per gli appassionati di storia e di drammi reali. Questa serie, prodotta da Netflix, narra la vita e il regno della regina Elisabetta d’Inghilterra ed è considerata una delle migliori degli ultimi anni. La sua attenzione ai dettagli, la profondità dei personaggi, l’accuratezza dell’ambientazione e la maestria delle riprese la rendono una vera gemma tra le proposte più recenti. La storia di Elisabetta inizia alla fine della Seconda guerra mondiale e si estende fino ai giorni nostri. La serie è in grado di catturare facilmente l’attenzione del pubblico, anche perché molti dei protagonisti sono ancora vivi e gli eventi narrati fanno parte del nostro patrimonio storico recente.

8) Spartacus

Serie tv

Nel gennaio del 2010, la rete televisiva Starz ha lanciato le prime puntate di “Spartacus”, una delle migliori serie TV sul mondo dei gladiatori romani. Composta da tre stagioni e andata avanti fino al 2013, “Spartacus” ha narrato le gesta del trace Spartaco, un soldato disertore catturato dai Romani e condannato a morte nell’arena. La storia si svolge nel 73 a.C., durante l’epoca della Repubblica romana, e cerca di ripercorrere gli eventi di quegli anni. Come molte altre produzioni di Starz, anche questa serie non ha lesinato sulla brutalità e sulla violenza nelle scene di combattimento, così come nelle scene di sesso. Quando è stata trasmessa per la prima volta in Italia, alcune scene sono state tagliate, ma esiste comunque una versione integrale delle tre stagioni. La serie ha anche dovuto affrontare un imprevisto e doloroso cambio di attore protagonista. Andy Whitfield, che ha interpretato il primo Spartaco, ha dovuto abbandonare la produzione a causa di una malattia che lo ha poi portato alla scomparsa prematura. Al suo posto, per il ruolo del protagonista, è stato scelto Liam McIntyre.

7) Peaky Blinders

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Con “Peaky Blinders” facciamo un salto indietro di quasi un secolo, immergendoci nella Birmingham degli anni Venti. Questa serie in costume mescola sapientemente il genere storico con quello gangster. Thomas Shelby è un personaggio complesso e intrigante, impossibile da non seguire con grande curiosità. Nell’Inghilterra del primo dopoguerra, la povertà si traduceva spesso in crimine violento e chi riusciva a imporsi poteva ottenere grandi fortune. La storia della famiglia Shelby si dipana attraverso mille faide, alleanze e disavventure che coinvolgono i suoi protagonisti.

6) La regina degli scacchi

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Una delle proposte più acclamate del 2020 è stata una miniserie in sette episodi ispirata al romanzo di Walter Tevis e con Anya Taylor-Joy nel ruolo di protagonista. Netflix ha lanciato “La regina degli scacchi”, una serie con una trama originale e un successo tutto da confermare. Ambientata negli anni Cinquanta, la serie segue le vicende di Beth, una ragazzina orfana dotata di un talento straordinario per gli scacchi. “La regina degli scacchi” sembrava destinata a un pubblico di nicchia, ma Scott Frank e Allan Scott sono riusciti a renderla attrattiva per gli amanti di tutti i generi grazie alla tensione emotiva e alla profondità psicologica della scrittura, che evita la banalità e dipinge un ritratto delicato e complesso di una protagonista assolutamente originale.

5) Downton Abbey

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“Downton Abbey” è davvero un cult della televisione, tanto che è entrato nel Guinness dei primati come lo show dell’anno più acclamato dalla critica. Le vicende della famiglia Crawley si dipanano lungo un arco temporale che inizia con l’affondamento del Titanic e si estende nei primi decenni del XX secolo. La prima puntata è andata in onda nel 2010, ottenendo un enorme successo. Le avventure dei membri della famiglia e dei servitori della tenuta dello Yorkshire hanno subito appassionato un vasto pubblico di fan, contribuendo a rendere la serie una delle più seguite e amate della televisione britannica di tutti i tempi.

4) The Americans

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“The Americans” è un altro pilastro imprescindibile della televisione. La serie racconta la storia della famiglia Jennings, apparentemente normale e tranquilla, ma composta in realtà da due spie sovietiche che operano sotto falsa identità negli Stati Uniti durante la Guerra fredda. Keri Russell e Matthew Rhys hanno interpretato con grande sensibilità una coppia di coniugi alle prese non solo con i problemi tipici di ogni famiglia, ma anche con una battaglia segreta e pericolosa nel mondo dello spionaggio. La serie è ricca di adrenalina e tensione, tenendo gli spettatori con il fiato sospeso fino all’ultimo istante.

3) Chernobyl

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“Chernobyl” apre la top 3, una miniserie che ha tenuto il mondo con il fiato sospeso raccontando il disastro nucleare. È un racconto incredibilmente intenso, capace di toccare profondamente chiunque lo guardi. Le conseguenze del disastro si fanno sentire, penetrando nell’animo dello spettatore grazie a scene visivamente potenti che cercano di restituire la crudele realtà di ciò che il disastro ha lasciato dietro di sé. “Chernobyl” è angosciante e terribile, con corpi mutilati, macerie e intere zone abbandonate che ne fanno i protagonisti. Pochissime serie TV riescono a colpire così duramente lo spettatore. “Chernobyl” lascia un segno indelebile, come le cicatrici di quell’enorme tragedia.

2) Mad Men

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A un passo dalla vetta non poteva che esserci un capolavoro assoluto. Con un cast di interpreti straordinari, Mad Men è una serie che ha fatto record di ascolti. Acclamata dal pubblico, elogiata dalla critica, vincitrice di diversi Golden Globe, è stata in grado di imporsi come un vero è proprio cult. Mad Men ha fatto moda, ha fatto tendenza, ha ispirato stili successivi.
I personaggi che affollano i corridoi e gli uffici della Sterling & Cooper creano un legame di vicinanza con lo spettatore, che ne segue le vicissitudini per sette stagioni. Don Draper è divenuto un simbolo, al pari di Walter White, un modello da imitare nello stile, nella postura, nei suoi tratti meno luminosi. Mad Men segue praticamente un decennio di storia americana, dalla campagna elettorale che vede contrapporsi Kennedy e Nixon, alla crisi missilistica di Cuba, l’assassinio di Kennedy e così via. Nonostante la storia scorra solo sullo sfondo, quello che ne viene fuori alla fine è un quadro molto coerente e convincente dell’America degli anni Sessanta.

1) Band of Brothers

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E al primo posto, ecco un’altra perla di rara bellezza. L’idea di Seteven Spielberg e Tom Hanks, che come abbiamo visto ha compreso anche The Pacific, era un progetto ambizioso e ben strutturato. Le opere televisive sulla Seconda guerra mondiale in genere riescono a funzionare sempre piuttosto bene. Ma questa serie fa qualcosa di più. La regia è a dir poco spettacolare e il racconto di questo manipolo di uomini, fratelli al fronte, che sbarcano in Europa per liberarla dai nazisti, si impreziosisce con una scrittura che difficilmente cede ai luoghi comuni o alla retorica fine a se stessa. Band of Brothers è una serie accurata e travolgente, che ha saputo raccontare il fronte meglio di tanti altri esperimenti televisivi e che non ha nulla da invidiare al grande schermo per potenza narrativa e di immagini.

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THE LAST OF US PRIMA STAGIONE – [Recensione]

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Recensione della prima stagione della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi

Questa è la recensione della prima stagione di The Last of Us. Avevo aspettative contrastanti riguardo a questa serie. Da un lato, i precedenti prodotti tratti da un videogioco non mi hanno mai fatto impazzire e spesso hanno trattato con poco rispetto le opere madri, tirando fuori sempre mediocrità scadenti. Dall’altro The Last of Us è un videogioco che si presta molto bene a una trasposizione nel medium della serialità, e quando si è saputo che il progetto sarebbe stato seguito da Druckman e Mazin, ho tirato un sospiro di sollievo. Erano i segnali che non avrebbero sbagliato facilmente, soprattutto perché il videogioco è talmente amato, che deludere i fan sarebbe stato troppo rischioso.

https://youtu.be/6iC4xzNyuQk

E a fine prima stagione, posso dire che la fiducia riposta nel progetto è stata ampiamente ripagata. Non solo questa prima stagione di “The Last of Us” è un’ottima trasposizione del primo capitolo del videogioco, ma è anche un’ottima serie tv se non si è giocato al corrispettivo videoludico targato Naughty Dog. E penso che difficilmente si sia creato un divario così grande di gradimento tra chi ha apprezzato i Joel e Ellie originali e chi li ha conosciuti per la prima volta.

La serie ripercorre abbastanza fedelmente la storia del primo capitolo, ovviamente con delle differenze necessarie per il cambio di medium, ma anche per scelte artistiche ben precise. La trama è prevalentemente orizzontale, ma spesso si verticalizza, raccontando le vicende di personaggi di cui in un episodio vediamo la comparsa e la morte. Ma questo non è necessariamente un punto di debolezza, ma bensì una caratteristica molto efficace che dà alla serie lo spazio di raccontare quello che si propone di raccontare.

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The Last of Us, infatti, non è la classica storia di zombie ambientata un un mondo post apocalittico, ma è la storia di un padre che ha perso la figlia e di una figlia che ha perso i genitori. È quindi la storia di come umanamente questa situazione si svolgerebbe in un mondo in cui la normalità non esiste più, e quindi la si ricerca partendo dalle cose più banali, come avere un padre o avere una figlia. E da questo presupposto parte la scrittura di questa storia.

La serie infatti ha mantenuto pochissima della componente action o del gameplay in sé. Si contano sulle dita di una mano le apparizioni di Clicker. Tolta la lunga sequenza del “cecchino” nella quinta puntata, gli zombie sono una componente solamente di sfondo, di cui non si percepisce realmente il pericolo. E appunto le scene action non sono le parti principali della narrazione.

La semina effettuata nelle prime puntate riesce a intrattenere a livelli altissimi lo spettatore, che per tutto il corso della serie, se non ha giocato al videogioco, rimane incollato allo schermo per capire dove va a parare la trama. La storia infatti non si preoccupa più di tanto di fornire una lore o un world building al mondo che ha creato, ma piuttosto si concentra sul dare spessore ai personaggi che presenta. E ogni episodio esplora la psicologia, non solo di Joel e Ellie, che via via compiono un arco evolutivo dal punto di vista della caratterizzazione, ma anche dei vari comprimari che incontrano i due protagonisti. Ognuno diverso, ognuno con un background, un bisogno e un desiderio diverso, tanto da creare dei veri e propri capolavori di scrittura.

L’episodio a mio avviso migliore è infatti il terzo, in cui la trama orizzontale viene un po’ accantonata per lasciare spazio a una storia d’amore da manuale, che emoziona in quanto love story, ma inserita nel contesto di The Last of Us, che racconta un vero e proprio spaccato di vita nel mondo post-apocalittico in cui la serie è ambientata. Poi ovviamente ho apprezzato particolarmente anche altri episodi, come il prime e il quinto.

In generale la serie è riuscita a mantenere un livello di qualità molto alto e in modo costante. Dal punto di vista della regia, dei costumi, della scenografia, degli effetti speciali, del montaggio e della recitazione. Menzione speciale per la colonna sonora. Assolutamente una serie che con un budget molto corposo è riuscita a tirare fuori un prodotto di punta che con poca incertezza segnerà un punto di inizio per tutte quelle serie che si vorranno ispirare ai videogiochi, sia per quanto riguarda il rispetto con cui affrontare la trasposizione, sia per quanto riguarda la struttura della narrazione.

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In conclusione, posso ritenermi estremamente soddisfatto della serie, che finalmente dimostra che i videogiochi nel mondo della serialità possono funzionare. Pedro Pascal ha fatto una performance assolutamente di punta nella sua carriera e spero di tornare a vedere Bella Ramsey in un ruolo importante, magari al cinema. A questo punto aspetto con ansia e trepidazione la seconda stagione, di cui non ho giocato il videogioco e che mi dicono sia molto più complicata da trasporre rispetto alla prima.

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THE LASt OF US EP. 07 ST. 1 – [RECENSIONE]

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Recensione dell Ep.07 della St.1 della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi

Questa è la recensione della settima puntata di The Last of Us, che è certamente diversa dalle altre, ma è anche molto emozionante. Se nella sesta puntata si può notare una certa fretta nel raccontare gli eventi che portano avanti la trama orizzontale, qui l’episodio inizia e finisce nello stesso punto.

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“Left Behind” è un flashback riguardante il passato di Ellie lungo tutta una puntata, in cui si fa la conoscenza di un personaggio fondamentale per la caratterizzazione del personaggio, Riley Abel. Orfana, è sopravvissuta all’apocalisse e cresciuta a Boston e del rapporto con Ellie sappiamo che a un certo punto la abbondona e in questo flashback ci viene narrata una serata in cui si rincontrano e lei porta Ellie in un centro commerciale, dove poi si procurerà la cicatrice zombie.

La gestione dei tempi e delle dinamiche tra i personaggi l’ho trovata molto curata, seppur forse un po’ lenta nella parte centrale. La fotografia in alcuni frangenti non è che mi abbia fatto impazzire (si vedeva il riflesso giallo sulla faccia degli attori) però l’ambientazione anni ’80 l’ho trovata rispettosa e coerente. Anche tutte le varie citazioni che contiene sono riuscito ad apprezzarle, poiché mai banali.

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In generale la puntata la promuovo con sufficienza piena, abbastanza in linea con le sue precedenti. Un livello di qualità molto alto per una serie, dato dal cast, dalla sceneggiatura e dalla regia. Una caratteristica di questa serie è che riesce ad avere trame verticali interessanti e una trama orizzontale quasi a episodi.

 Non racconta una storia lineare o composta da più sottotrame incentrata su una storia apocalittica di zombie, ma piuttosto si concentra su narrare singole storie che sono correlate con un mondo apocalittico. L’intento non è quindi di creare una serie alla The Walking Dead, ma di raccontare una società e le diverse reazioni a un’apocalisse.

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In conclusione, la puntata è assolutamente promossa e spero davvero che le ultime due puntate rimangano della qualità di queste. Mancano solo due puntate quindi vedremo in che modo chiuderanno questa stagione e a cosa preferiranno dare minutaggio. Noi ci vediamo a un’altra recensione i The Last of Us

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THE LAST OF US EP. 03 ST. 1 – [Recensione]

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Recensione dell Ep.03 della St.1 della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi

Questa terza puntata è a dir poco strabiliante! Premessa doverosa, ho giocato il primo videogioco ma non mi ricordo quasi nulla, perciò parlerò praticamente da utente che non conosce The Last of Us. In pratica, non ho idea di chi sia Bill. Non so se è importante ai fini della storia o se non lo rivedremo mai più, ma posso dire che per ora è il mio personaggio preferito della serie.

https://www.youtube.com/watch?v=6iC4xzNyuQk

Certo, siamo ancora alla terza puntata della prima stagione, quindi è ancora un po’ presto, devono ancora sviluppare bene Joel e Ellie, ma per ora ho visto una scrittura molto attenta per questo personaggio. Una terza puntata diversa dalle precedenti: se la prima è stata principalmente di narrazione e la seconda più di action scenes, questa terza si concede una pausa dalla trama principale e va a sviluppare una linea secondaria praticamente in toto. Dal momento in cui Bill inizia a vivere isolato, a quando si incontra con Frank a quando poi muore, tutto in una puntata.

Da un punto di vista prettamente narrativo, di sceneggiatura, di scrittura, questa puntata è assolutamente perfetta. Perfetta dal punto di vista della profondità dei personaggi, dell’evoluzione che quest’ultimi compiono, dell’emotività che trasmettono e anche del modo in cui affrontano le tematiche che si propongono di trattare. Una storia d’amore commovente, romantica e piena di pathos, e che in modo molto sottile racconta anche uno spaccato del mondo di The Last of Us.

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A primo impatto, infatti, può sembrare una bella storia che non c’entra poi così tanto con quello che si sta raccontando nel main plot, quasi una puntata spin off su personaggi che non rivedremo più e che non avevamo mai visto prima. Ed invece è molto utile all’economia della storia principale in quanto racconta quello che è successo alle persona in questi 20 anni. Le vite sono andate avanti, e i sopravvissuti, dopo il disastro, in qualche modo dovevano continuare a condurre una vita molto diversa da quella che avevano prima.

Ma non ci dimentichiamo anche la linea di Joel ed Ellie, anche quella molto interessante. Si inizia a vedere come si costruisce il loro rapporto, che fino ad ora era “ostacolato” dalla presenza di Tess. La sua uscita di scena è anche un pretesto molto efficace per far interagire i due personaggi principali. Ora si sono in pratica gettate le basi per poi quello che dovrà essere tutto ciò che ci dobbiamo aspettare dalle prossime puntate, a partire dall’abbigliamento.

In conclusione, questa puntata è assolutamente promossa, e probabilmente da insegnare nelle scuole di sceneggiatura per le serie tv. Ora attendo settimana prossima con molta trepidazione e molta curiosità perché ogni puntata migliora e si prospetta una prima stagione di altissimo livello. CI vediamo quindi alla prossima recensione di The Last of Us.

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DJANGO – la nuova serie SKY in uscita il 17 febbraio

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DJANGO, la nuova serie originale di Sky in uscita il 17 febbraio su Sky e Now TV, omaggio al classico western

Il 17 febbraio uscirà su Sky e su NowTV DJANGO, la nuova serie originale Sky e CANAL+, omaggio al classico western di Sergio Corbucci. Lo stesso Tarantino ci aveva preso ispirazione col suo celebre Django Unchained. La serie rilegge in chiave contemporanea l’omonimo film di Corbucci, divisa in dieci episodi, di cui i primi quattro episodi sono diretti da Francesca Comencini (Gomorra – La serie), anche direttrice artistica della serie, mentre i seguenti episodi sono diretti da David Evans (Downton Abbey)e da Enrico Maria Artale (Romulus).

Il cast è molto variegato. Matthias Schoenaerts interpreta l’iconico personaggio del titolo, accanto a Nicholas Pinnock nei panni di John Ellis, il visionario fondatore di New Babylon,a Lisa Vicari, che nella serie è invece Sarah, la figlia di Django, e a Noomi Rapacenel ruolo della potente e spietata nemica di Ellis, Elizabeth Thurmann. Tra gli altri interpreti: Jyuddah JaymesBenny O. Arthur e Eric Kole nei panni dei figli di John Ellis e Tom Austen in quelli del cowboy Eljiah Turner.

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Liberamente adattato dal cult movie di Sergio Corbucci, Django è la storia di un uomo che, partito in cerca di vendetta, finirà per lottare per qualcosa di più grande. Texas, fine 1800. Django raggiunge una città riarsa, sul fondo di un cratere: è New Babylon. Cerca gli uomini che hanno assassinato la sua famiglia, ma scopre che sua figlia Sarah è sopravvissuta e si trova sul posto. Ha ormai vent’anni e si appresta a sposare John Ellis, che di New Babylon è il fondatore; e in più, lei non vuole Django tra i piedi.  Ma Django non è uomo da arrendersi, e non lascerà nulla d’intentato pur di avere un’altra possibilità con sua figlia. In ogni caso i tre – Django, Sarah e John – sono avviluppati in un groviglio di sinistri segreti destinati a venire in superficie.

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Dopo la visione del trailer posso dire che la serie promette davvero bene, pare che abbiano lavorato molto minuziosamente alla scenografia, ai costumi e in generale alla qualità del prodotto. Si respira a pieno l’ambientazione western e ovviamente, facendo inevitabili paragoni con il capolavoro di Tarantino, sembra proprio che si percepisca l’epicità di questa storia che dal ’66 affascina il pubblico.

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THE LAST OF US Ep. 01 St. 1 – [ Recensione]

THE LAST OF US Ep St Recensione

Recensione dell Ep.01 della St.1 della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi

Premessa doverosa: ho giocato, ormai molti anni fa, soltanto al primo capitolo della saga di The Last of Us, quindi ho solo dei piccoli ricordi generali sul videogioco, ma credo anche che questa serie si possa vedere tranquillamente anche senza aver giocato ai videogiochi.

https://www.youtube.com/watch?v=h9RokZaHazk


Detto ciò, posso ritenermi pienamente soddisfatto di questa prima puntata, un episodio molto efficace come primo di nove. Non avevo assolutamente nessun tipo di alte aspettative, solamente una genuina curiosità sul fatto che è una trasposizione videoludica di un videogioco molto rinomato e il cui primo capitolo ho anche apprezzato. Ma se la serie fosse stata una ciofeca come gran parte dei prodotti che tentano di riportare ai media cinematografico o seriale nel medium videoludico, non mi avrebbe fatto né caldo né freddo. Anche se avevo buoni presentimenti dopo la visione dei trailer che mi hanno tutti convinto.

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Come mi ha convinto appunto questa prima puntata, una puntata di una durata forse troppo eccessiva (77 min, mentre alcune saranno anche di 42 min), ma che comunque si prende il giusto tempo per introdurre i personaggi e soprattutto il contesto in cui si verificano le vicende principali. Gli USA devastati da 20 anni di pandemia e guerra civile si sentono molto presenti grazie alla scenografica minuziosamente curata e ai costumi/trucco. Inoltre posso sentirmi soddisfatto anche dell’ottima resa dei Clicker.

Il cast secondo me è molto azzeccato. Pedro Pascal si riconferma per me un attore strabiliante, al di là della interpretazione di Joel, di cui posso dire solo che mi sembra coerente, ma non sono sicuro. Lo stesso vale per Bella Ramsey come Ellie, che ho trovato molto intrigante. La Sarah Miller mi è sembrata perfetta, grazie anche alle inquadrature di Craig Mazin, sempre molto strette, che non lasciano respiro allo spettatore, che lo fanno sentire col fiato sul collo perché qualcosa sta per accadere, qualcosa che è preannunciato nei primi minuti di questa puntata. Esordio per quanto mi riguarda molto efficace, nato dalla penna di quel mostro di Neil Druckman, per ora pienamente sul pezzo.

La storia per ora è molto intrigante e mi pare anche piuttosto fedele al videogioco, anche se di qualche dettaglio non avevo memoria, ma magari mi ricordo male io. I personaggi si muovono in modo molto omogeneo e i dialoghi sono molto azzeccati per i tipi di caratteri che ritroviamo. Le scene di panico stradale o in generale quelle che hanno molte comparse sono dirette magistralmente e ho apprezzato tantissimo la scena nel pick-up, molto fedele al videogioco. Si respira ampiamente la guerra civile, mentre il problema dell’infezione sembra un po’ il covid di adesso, che ancora c’è ma a nessuno sembra importi più.


In conclusione, un primo episodio molto convincente, che riesce a riportare in quel mondo anche chi ci ha vissuto di sfuggita, e sono sicuro che riesce a stregare anche chi non ne sa nulla della saga Naughty Dog con personaggi e vicende interessanti. Sono molto curioso di vedere come andrà avanti e spero che il livello della qualità rimanga questo. In ogni caso ne riparleremo nella prossima recensione della serie di The Last of Us

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