THE WHALE: il nuovo film di Aronofski – [Recensione]

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Recensione del nuovo film di Aronofski con Fraser, candidato a tre oscar, The Whale, presentato al Festival di Venezia

The Whale è una film magnifico, che riesce perfettamente nel suo intento. Raccontare una storia, una storia toccante, cruda e anche estremamente edificante. Ho pianto in sala dopo tanto tempo alla visione della strabiliante performance attoriale di Brendan Fraser.

A cominciare dall’esordio, si capiscono subito le intenzioni del regista di essere il più trasparente possibile, senza filtri. Raccontare la dura e cruda verità di storie come quella di Charlie. Ed è impossibile non riuscire ad empatizzare col protagonista, anche se non si è nelle stesse condizioni o non si ha qualcuno di vicino nelle stesse condizioni. Il personaggio di Charlie è talmente umano che ci si può ritrovare chiunque. Nelle scelte di vita, nel non sapersi limitare, nel cadere negli eccessi, nel farsi schifo riconoscendo di star sbagliando, ma comunque continuare a farlo.

E qui si parla di obesità, ma si potrebbe parlare benissimo di qualsiasi altro condizione, di alcool, di ludopatia o che so io. È funzionale però al film l’obesità perché impone dei limiti fisici, per cui il protagonista ha bisogno di comprimari, anch’essi scritti egregiamente. Tutta la cornice che Aronofski costruisce gira intorno a Charlie, e i personaggi si intrecciano perfettamente in una serie di colpi di scena e scene toccanti che coronano il racconto di una tragedia umana, limitata a un piccolo appartamento completamente trasandato e di cui è recluso l’accesso a praticamente chiunque.

Il film è tratto da un’opera teatrale, e ne si vedono spesso i residui. Innanzitutto l’ambientazione circoscritta alla casa di Charlie, e poi molte scene hanno un’impronta teatrale ben riconoscibile. Gli stessi dialoghi o la semina degli elementi di trama, ma questi sono solo dei punti di forza per la pellicola, che riesce in tutto e per tutto a smuovere lo spettatore dal punto di vista emotivo.


Il cast è perfetto, ho amato la performance di Brendan Fraser. Il suo è stato un lavoro mastodontico, una preparazione impeccabile nell’interpretazione di un tema delicato su cui non si poteva sbagliare. E lui è stato perfetto. Ogni smorfia, ogni “I’m sorry”, ogni sguardo, ogni morso vorace, ogni movimento è stato maniacalmente preparato e ben attuato. Sadie Sink (ti prego calpestami) perfettamente a suo agio nel personaggio di Ellie. Ma in generale l’intero cast, seppur ridotto è azzeccato e attorialmente di qualità.

La regia molto intima di Aronofski si concentra soprattutto sull’espressività dei personaggi con inquadrature spesso strette. La scenografia e il make up hanno fatto davvero un lavoro strepitoso. Non so come Fraser siano riusciti a trasformarlo in un obeso perennemente sudato.

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Penso che il film abbia delle scene molto forti e toccanti. E anche alcuni dettagli particolarmente significativi. In generale le tematiche sono trattate con enorme rispetto ed efficace interpretazione. Le motivazioni dei personaggi non sono mai banali e tutto si incastra perfettamente. In questa storia non ci sono buoni o cattivi. Tutti hanno sbagliato e tutti sono vittime. Charlie ha perso Alan, ma ha abbandonato Ellie, Ellie è ribelle, ma il padre l’ha abbandonata a soli 8 anni. E anche gli altri personaggi sono sia vittime che carnefici. Lo stesso Charlie nel corso del film passa da essere colpevole di essere obeso a essere vittima dell’obesità. La morale del film è infatti che tutti sbagliano, ma nessuno nel film smette di essere se stesso. E nel finale Charlie ce lo ricorda, con quella scena per me fortissima in cui fa l’ultimo discorso alla sua classe.

La psicologia dei personaggi si racchiude poi tutta nella frase chiave del film, che comincia la storia e la conclude, ovvero il tema di Ellie su Moby Dick. Quelle frasi che sembra riescano a guarire Charlie, esprimono poi il vero senso del film. E lo fanno con la scena finale in cui allegoricamente muore the Whale, riuscendo a fare ciò che Ellie gli aveva chiesto a metà pellicola.

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In conclusione, il film è un vero e proprio pugno allo stomaco che inevitabilmente smuove la coscienza dello spettatore, raccontando la drammaticità di una storia in cui si analizza non solo la difficoltà e la precarietà dell’obesità, ma anche il sapersi accettare, l’autostima, i legami familiari, il rapporto religione e vita, l’adolescenza e l’uomo e la sua umanità, il tutto coronato da una performance attoriale strabiliante di un Brendan Fraser in stato di grazia, che spero riesca a vincere l’oscar come miglior attore, a cui è candidato.

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