Ecco la mia recensione della versione “Remastered” di “God of Light”, il rompicapo indie sviluppato dalla Plug In Digital!
Grazie alla Plug In Digital per avermi concesso, tramite Keymailer, la chiave che mi ha permesso di provare su Nintendo Switch la versione “Remastered” di God of Light e di scriverne questa recensione!
Come recita la sua descrizione di Steam, “‘God of Light: Remastered’ è una versione definitiva dell’originale gioco pluripremiato”. Questa edizione “offre una grafica HD completamente nuova, comandi personalizzati basati sulle leggi della fisica leggera e una colonna sonora rimasterizzata di UNKLE.”
La trama del gioco è interessante quanto le sue meccaniche: il luminoso protagonista del gioco, Shiny, sta cercando di salvare l’universo dall’oscurità che minaccia di avvolgerlo. Essendo letteralmente un essere di luce, Shiny è la creatura perfetta per questa missione, che, se portata a termine con successo, potrebbe qualificarla come il titolare “god of light”.
L’obiettivo è “esplorare i livelli, cercare oggetti del gioco che riflettono, dividono, combinano, colorano, piegano e teletrasportano i raggi di energia luminosa per attivare le fonti di vita e riportare la luce nell’universo.”
Attraverso 6 mondi di gioco e 150 livelli, Shiny si imbatterà in rompicapo coinvolgenti e in creature brillanti che potranno aiutarlo a risolverle. Sfruttando prismi, specchi, filtri e buchi neri per controllare i raggi di luce, riuscirete a riaccendere la luce che sta scomparendo dall’universo?
Ecco la mia recensione di “Fae Farm”, il nuovo farming sim dei Phoenix Labs ambientato ad Azoria, tra mistero e magia!
Ho di recente avuto modo di provare Fae Farm della Phoenix Lab, e ci tengo a ringraziare i Phoenix Labs per averci concesso, tramite Keymailer, la chiave del gioco che mi ha permesso di scrivere questa recensione!
Il gioco è attualmente disponibile per Nintendo Switch e PC, e la sua descrizione su Steam recita: “Rifugiati nel mondo fatato dei tuoi sogni in Fae Farm, un GdR simulatore di fattoria da 1 a 4 giocatori. Costruisci, coltiva e arreda per migliorare la tua casa e lancia incantesimi per esplorare l’isola incantata di Azoria!”
E sì, Fae Farm è un rilassante simulatore di fattoria, ma è anche molto di più. Innanzitutto perché il gioco presenta un alto livello di personalizzazione, dal proprio personaggio (inclusi i pronomi) al proprio casolare.
In più, come già altri farming sim prima di lui, presenta un interessante elemento di dungeon crawling e combattimento che rende l’esperienza stimolante anche al di là della coltivazione e decorazione.
Il gioco, in pieno stile GDR, offre di volta in volta missioni principali e secondarie da completare per guadagnare premi ed esperienza. Queste sono spesso facili da completare, almeno in teoria. A mio parere, infatti, capita che il gioco dia indicazioni piuttosto vaghe sul come ottenere un qualche risultato.
Specialmente dal momento che il catalogo di oggetti che è possibile raccogliere e costruire è assolutamente immenso! Il che è un bene, non fraintendiamoci, ma può risultare un po’ sopraffacente, soprattutto all’inizio.
L’avventura ad Azoria comincia con una grande accoglienza da parte di chi vi abita e con un sottofondo di mistero e magia che arricchisce enormemente il gioco. Il territorio è vasto e pieno di luoghi affascinanti e creature fantasiose, e i luoghi da esplorare aumentano con il progredire della storia.
Le opzioni sul cosa fare ogni giorno sono tante, e non manca la possibilità di farsi amici e di instaurare relazioni romantiche con le persone (umane e non) che incontrerete nel vostro viaggio.
Le meccaniche di gioco sono intuitive e alla portata anche di chi è alle prime armi. Per interagire con qualcosa, infatti, si usa sempre lo stesso tasto, che si tratti di parlare con qualcuno, raccogliere oggetti, usare uno degli attrezzi base del contadino e perfino combattere.
E a proposito, il fatto che questi oggetti base (pala, piccone, retino, canna da pesca e bastone magico, i classici arnesi del contadino medio) non occupino spazio nell’inventario è veramente una ciliegina sulla deliziosa torta che è Azoria.
I paesaggi sono stupendi e hanno dei colori fantastici, e gli animali che li popolano sono adorabili. Ho apprezzato anche i buffi nomi dati sia alle creature amiche, che ricordano veri animali da fattoria, sia a quelle nemiche, dai design davvero creativi e divertenti. L’abbigliamento dei personaggi è affascinante, e i personaggi stessi sono molto carini.
Per qualche motivo il design delle persone, la cui faccia è liscia come quelle dei LEGO, mi ha lasciato all’inizio un po’ incerta. Dato il bellissimo e tridimensionale contesto in cui si trovano, mi sembravano stonare leggermente, ma si tratta di un’inezia a cui si fa l’abitudine in fretta, anche perché i loro design sono davvero incantevoli.
Ho apprezzato davvero la grande diversità dei personaggi presenti sull’isola, tra cui un ragazzo che si sposta in sedia a rotelle, persone nonbinary, rappresentazione di autismo e personaggi con varie tonalità di colore della pelle (e mi riferisco a quelle realistiche, non alle tonalità verdi e viola, seppur presenti).
Quello che invece davvero non mi ha convinto è la mancanza di profondità nei dialoghi con gli NPC. Oltre al fatto di non avere mai l’opzione di scegliere di cosa parlare, i personaggi ritireranno sempre fuori quelle frasi standard stagionali che vengono a noia molto presto. C’è poco gusto anche nel fare loro dei regali.
Le cose cambiano nel momento in cui uscite con loro, ma solo per il breve lasso di tempo del vostro appuntamento, in cui parleranno un po’ più a cuore aperto. Senza però la possibilità di fare loro domande o opzioni di dialogo.
Questa, a parer mio, è l’unica vera pecca di un gioco altresì estremamente piacevole e realizzato con una grande cura. Lo consiglio vivamente a chi vuole provare un farming sim 3D intriso di magia (magari quando ci sono gli sconti), in un ambiente rasserenante che qualifica il gioco a pieni voti come un validissimo “cozy game”.
Recensione di “Asteroid city”, il nuovo film surreale di Wes Anderson, un’esperienza unica nel panorama del cinema Hollywoodiano odierno
Wes Anderson si presenta al cinema con questa nuova pellicola a cui sembra voler molto bene, e a cui tutti coloro che ci hanno lavorato sembra abbiano dato un impegno personale particolare. Personalmente l’ho trovato uno dei suoi migliori lavori, soprattutto per il tipo di esperienza che fornisce.
Ma che intendo per esperienza? I film di Wes Anderson sono molto particolari, e sicuramente per il pubblico mainstream sono più complessi da digerire, non tanto da capire, ma quanto da interessarsene. Parlandone in live ho paragonato impropriamente questo film a una mostra di arte moderna. A differenza di andare agli Uffizi, i quadri che si incontrano sono molto difficili da apprezzare e non sempre si comprende il perché ci piacciono.
Asteroid city è infatti questo, per me un film tecnicamente impeccabile, con un Anderson al limite della sua espressione artistica di scelta di colori, di simmetrie, di scenografie. L’uso dell’immagine e del cinema anche come arte visiva stupisce e sbalordisce lo spettatore che, non sa perché rimane affascinato da un cinema raffinato, di lusso, virtuosistico, ricercato e di gusto. La stessa scelta dei luoghi della città e del loro design, così come i costumi dei personaggi non è mai casuale, e risulta sempre una scelta azzeccata.
Anche il lato narrativo regala delle intuizioni geniali, sia per quanto riguarda la sovrastruttura creata per la storia principale, con cui Anderson probabilmente vuole criticare o semplicemente mostrare tutto il dietro le quinte di un mondo in cui lui lavora da più di vent’anni. La mia interpretazione è che stia vivendo un periodo di riflessione che ha esito nella cornice in bianco e nero che accompagna la narrazione e spesso la spezza.
La trama principale è infatti piuttosto esigua, a tratti un pretesto per creare dei piccoli quadretti, ma che comunque convergono in una semplice ed efficace linea narrativa in cui si può trovare un senso e un messaggio più o meno chiaro ed esplicito.
Il film conta molti attori famosi con cui spesso Anderson ha lavorato, di cui si dice alcuni hanno accettato di far parte del progetto anche per il minimo salario di circa 4000$. Il cast è infatti davvero stellare e alcuni attori compaiono veramente per qualche secondo. Ma il risultato è un ventaglio di situazioni e interpretazioni che, coniugato a una scrittura di situazioni assurde e surreali, lascia allo spettatore una sensazioni di viaggio mentale nella fantasia più improbabile e impensabile.
In conclusione, il film è dal punto di vista tecnico e soprattutto visivo un’esperienza di cinema raffinato, di gusto, ricercato e virtuosistico che coniuga una sovrastruttura narrativa che fa da cornice comica ma al contempo critica verso il mondo del dietro le quinte del cinema, e una trama principale che diventa quasi un pretesto per raccontare piccole storie interessanti ed efficaci.
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