La Nintendo ha rilasciato una timeline ufficiale con tutti (o quasi) i giochi di “The Legend of Zelda”: dove si collocano “BotW” e “TotK”?
È ufficiale: Breath of the Wild (BotW) e Tears of the Kingdom (TotK) non rientrano in nessuna timeline ufficiale pregressa di The Legend of Zelda. Come rivelato da Nintendo questo fine settimana, i due giochi open-world che hanno consacrato l’eredità della Switch si collocano in una propria realtà a sé stante. Ciò significa che tutto il tempo trascorso dai fan a cercare creare un’unica progressione degli eventi è stato inutile.
L’idea che i giochi di The Legend of Zelda coesistessero tutti in una sorta di linea temporale coerente è sempre sembrata un po’ una forzatura. Lo dimostra il fatto che arrovellarsi cercando di risolvere incongruenze e via dicendo non ha mai portato a risultati del tutto soddisfacenti. Ma sembra che la Nintendo stessa sia la prima a voler incoraggiare questa macchinosità, avendo raggruppato 19 giochi di Zelda in una storia ramificata e contorta come non mai.
Il sito australiano della Nintendo “Vooks” ha captato queste informazioni durante il Nintendo Live 2024, che si è tenuto a Sydney nel fine settimana, e ha pubblicato la foto di una diapositiva mostrata dall’editore giapponese che espone il tutto.
Nel canone ufficiale di Zelda esistono due linee temporali distinte, note come “L’Eroe Sconfitto” e “L’Eroe Vincitore”, la cui diramazione avviene dopo gli eventi di Ocarina of Time. A sua volta, il ramo dell’Eore Vincitore si divide immediatamente in due, uno dedicato a Link Bambino e l’altro a Link Adulto. In tutto questo, Breath of the Wild e Tears of the Kingdom rimangono in disparte.
Secondo la diapositiva, il primo gioco è cronologicamente Skyward Sword, seguito da The Minish Cap e Four Swords, prima che tutto si divida dopo Ocarina. Questo significa anche che i due giochi più “recenti”, The Legend of Zelda e Zelda II: The Adventure of Link, sono i primi ad essere ambientati nell'”Era del Declino”. Le epiche avventure per Switch, invece, appaiono senza legami cronologici, sia alle altre che tra di loro.
Vale la pena notare che questa linea temporale ufficiale non menziona The Legend of Zelda: Echoes of Wisdom da nessuna parte.
Dunque, il quesito della timeline ha ricevuto un’autorevole risposta, ma voi cosa ne dite? Siete soddisfatti di questa spiegazione?
Recensione di Deadpool & Wolverine, il nuovo film Marvel che conclude la trilogia con protagonista Ryan Reynolds, stavolta con Hugh Jackman
Dati gli ultimi esiti della Marvel, sono andato in sala con aspettative bassissime. La formula personaggi nuovi con vecchie comparse ho sempre fatto fatica a concepirla, a credere in quello che vedevo sullo schermo, dunque vedere Hugh Jackman di nuovo in costume mi faceva proprio strano.
Ma per fortuna nemmeno la Marvel sembra molto convinta di questa strada, o meglio ha deciso, almeno in questo caso, di non prendersi sul serio. E lo ha fatto col personaggio che più poteva cavalcare questa onda, ossia Deadpool, con la sua inconfondibile quarta parete.
Deadpool & Wolverine è infatti una gran cazzatona, un pretesto per far menare per bene due personaggi Marvel, vederli prendersi a pizze e vedere tanto sangue. In questo per me Shawn Levy è stato molto bravo, regalandoci sequenze davvero fighissime, tanto che pareva di vedere Mortal Kombat (il videogioco, non il film).
Il punto debole è inevitabilmente la scrittura, che seppur funzioni, lascia molto perplessi sulla sua validità. Per intendersi, se i personaggi non fossero quelli ma altri, qualsiasi produttore avrebbe bocciato una sceneggiatura che si basa su un personaggio il cui passato non vediamo mai e uno il cui desiderio scatenante è accennato all’inizio del film e basta. Insomma, un arraffazzonamento di idee che non sono sbagliate ma poco valide.
A partire da Deapool che vuole entrare negli Avengers, all’ancora universale, al Mister Paradox, il ripper temporale, alla sorella di Xavier e al vuoto della Fox. Troppe cose presentate in un terzo capitolo della saga e tanta, tanta sospensione dell’incredulità, che anche loro sono consapevoli di aver richiesto ma non tutti sono disposti a concedere.
E poi purtroppo si torna sempre lì, il messaggio finale, la conclusione dell’arco narrativo dei personaggi è talmente banale e tirato, che si rimpiangono i vecchi film. Va bene che la Marvel è questo, ma credo che ancora si possano raccontare delle belle storie con questi personaggi, storie profonde e che hanno un bel messaggio da veicolare.
In conclusione, un film divertente e spensierato con scene d’azione davvero fighissime, ma con una trama davvero risicata e che lascia davvero perplessi. Un pretesto per far picchiare Deadpool & Wolverine e prendere in giro la Disney come la Fox. Un terzo capitolo non all’altezza dei primi due ma che regala tanto intrattenimento.
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Recensione di “Un oggi alla volta”, la nuova commedia romantica con Cassissa, prima opera di Nicola Conversa con Katia Follesa e Cesare Bocci
Oggi ho deciso di andarmi a guardare il primo film di Nicola Conversa, che mi aveva convinto nel suo corto a Venezia “La bambola di pezza”. Curioso anche per la conferma della collaborazione con Cassissa, in un afoso lunedì di luglio e con aspettative piuttosto basse.
Dopo la visione sono davvero contento di essermi ricreduto, per un film dal gusto italiano ma con la freschezza di una regia delle intuizioni, seppur caute in quanto prima opera, pregevoli.
Un oggi alla volta è una commedia romantica rivolta a un target giovane, di cui io faccio parte, che sa toccare nei suoi snodi più cruciali la sintesi della vita adolescenziale. La narrazione che gira intorno a Marco costruisce la figura del ragazzo medio, dalla situazione scolastica, al rapporto con i genitori, dalla sfera relazionale, alla imprevedibilità degli eventi che gli accadono.
La ricerca del film dunque di empatia da parte dello spettatore è chiara. La ragazza che ti piace non ti risponde, poi quella con cui ti scrivi non vuole vederti, per lei fai cose stupide, ti innamori, poi per caso finisci per vederti sempre. Una storia normale, che scena dopo scena ripercorre quella che un po’ tutti abbiamo avuto.
Fin dall’inizio si respira quell’aria di familiarità, che quella storia stia parlando proprio a noi e che possa raccontare le gioie e i dolori che tutti abbiamo vissuto. Poi però la storia prende un’altra piega. Improvvisamente non riusciamo più a rivederci in quello che accade. Quell’amore tanto simile al nostro non si concilia più con le emozioni del protagonista. La narrazione assume delle ombre e tutto sembra che si concluderà col solito epilogo dell’amore che vince contro la malattia. Iniziano a risuonare le premesse “io voglio solo innamorarmi” che sta benissimo con “ti amerò anche se finirai in carrozzina”.
E qui il colpo di scena, che come tutti i colpi di scena è prevedibile quanto sorprendente. Il finale, quel finale, non parla direttamente a noi, che volevamo la storia d’amore dei nostri sogni, che vorremmo che i protagonisti si baciassero per 1h e 40 di fila così ci illudiamo ancora. Parla a Marco. A quella storia lì.
Il film non ha la pretesa di voler veicolare un messaggio universale. Un oggi alla volta, se vogliamo essere banali, vuol dire tutto, se non vogliamo esserlo, vuol dire nulla. A Marco, come noi tutti, non vuol dire nulla, perché noi tutti vogliamo solo innamorarci. Ad Aria vuol dire tutto, perché alcune sfide vanno affrontate piano piano.
Ed è qui che forse il film pecca più di tutto. Questa pretesa di rivolgersi solo a chi ha affrontato una malattia così grave in giovane età talvolta cozza con questo desiderio di raccontare il ragazzo comune, con i problemi di tutti. Un oggi alla volta è dunque vivere la vita secondo i nostri sentimenti senza dover programmare e aspettare, come Aria, finendo per non avere il tempo, oppure è vivere affrontando la maturità, le audizioni, la malattia un passettino alla volta?
La sensazione durante i titoli di cosa è di distruzione emotiva, ma questa distruzione riguarda solo Marco, non me e quindi sì, forse piangiamo, ma il mio modello di vita è rimasto intatto. E da una parte questa cosa mi ha fatto sentire bene nonostante la devastazione, dall’altra mi ha fatto rosicare perché poteva davvero diventare una storia catartica.
Detto questo sono sorpreso da una regia coraggiosa, dalla semina in sceneggiatura che ritorna piano piano nel corso della pellicola, dalle frasi che tornano maledettente e dalla capacità straordinaria di Conversa di accarezzare lo spettatore è toccarlo nel profondo, anche talvolta con poesia. Il film si presenta con la giusta assurdità da commedia e con la giusta dose di romance.
Un post scriptum di elogio ad Andrea Stocchino per ARIA, che ho ascoltato in loop dopo la visione.
In conclusione, una commedia romantica dal gusto italiano ma con una freschezza singolare, soprattutto nell’approccio alla storia che vuole raccontare, senza troppe pretese narrative ma anzi con una umanità che travolge. Una storia viva che si rivolge a tutti toccando le giuste corde di un pubblico giovane.
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Recensione di Furiosa: a Mad Max Saga, il nuovo film del franchise di Fury Road con Anya Taylor-Joy e Chris Hemsworth per la regia d MiIller
Avevo basse aspettative per questo film, in quanto ho amato Mad Max Fury Road e non voleva crearmi troppo hype per un film che esce 9 anni dopo ed è un prequel, soprattutto usando sembra che i produttori allarghino i franchise solo per avere il nome famoso per il proprio film.
Ma in realtà questo film mi ha davvero soddisfatto. È il classico film a cui avrei dato 8,5 se dessimo i voti a mezzo, ma è proprio tra quelle pellicole che sfiorano l’ottimo e sono molto più di buono. Ha superato di gran lunga le aspettative. Miller riporta in sala il mondo distopico che avevamo amato nei precedenti capitoli della saga non variandone in nessun modo la natura e le caratteristiche. Stavolta però dà molto più spazio ai dialoghi e alla narrazione, mantenendo tuttavia l’azione nella maggioranza delle sequenze e evitando gli spiegoni didascalici.
Furiosa è in tutto e per tutto un film di intrattenimento dai toni epici e dal messaggio attualissimo in sottofondo, capace di non calare mai nella qualità degli effetti speciali e della componente action. La trama, seppur semplice, è certamente più articolata del suo precedente, e talvolta si dilunga in frangenti piuttosto superflui, facendo risultare a tratti il ritmo leggermente lento. Alla fine non si accusano troppo le due ore e mezza, ma forse avrei asciugato alcune parti, forse l’inizio.
Anya Taylor -Joy è assolutamente all’altezza del ruolo, così come Chris Hemsworth, che più che l’antennista risulta uno degli antagonisti. Poco sviluppato ma centrato è il personaggio di, che fa da versione embrionale di Max. E forse questa è l’unica cosa che fa storcere il naso: il tentativo di strizzare l’occhiolino allo spettatore per fare il paragone con Fury Road. Che forse è più un autoreferenzialismo…non stucca, sia chiaro, m talvolta sembra non necessario.
fuiriosa
In conclusione, il film è un ottimo bluckbuster che intrattiene con qualità negli effetti speciali, nella componente action e nella regia. La trama, stavolta più articolata, dà spazio ai personaggi e ai meccanismi del mondo di Mad Max. Peccato per alcune parti inutilmente lente che fanno sentire le due ore e mezza.
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Per informazioni ufficiali qui il sito di Warner Bros.
Ecco 26 giochi da provare su Steam in occasione del Festival dell’Agricoltura: farming sim come “Stardew Valley” e non solo!
Proprio in questi giorni, su Steam si sta svolgendo il Festival dell’Agricoltura, e la piattaforma sta promuovendo una vetrina digitale con un’ampia selezione di giochi incentrati sulla vita rurale e la gestione di fattorie (farming sim).
Stardew Valley è sicuramente uno dei paladini del genere farming sim, nonché uno dei giochi più noti e amati nella community dei cozy game. Tuttavia, in questo articolo ho deciso di inserire più che altro giochi meno conosciuti su Steam, in modo da dare loro più visibilità.
Devo dire che non mi aspettavo così tanti giochi di questo genere con protagonisti vampiri! Streghe me lo aspettavo, certo, ma i vampiri sono stata una simpatica sorpresa. Poi, se vogliamo parlare di protagonisti particolari, abbiamo Golem, orsi (anche se conta come strega), Hobbit, dinosauri, un gatto sempre allegro e soddisfatto con la testa rotondissima…
Aggiungo che c’è da poco stata la Giornata della Terra, per la quale Steam ha organizzato l’evento Earth Appreciation Festival. Diversi dei farming sim messi in risalto da questo evento vengono riproposti da Steam nel Festival dell’Agricoltura, perciò vi lascio di seguito il link per leggere il mio articolo in merito.
“Eccoti a casa, Hobbit! Dallo studio creativo Wētā Workshop, vivi la vita confortevole da Hobbit nel paesaggio meraviglioso e sereno della Contea. Scopri, decora e condividi questo incantevole angolo della Terra di Mezzo. Hobbit amichevoli e volti noti ti aspettano in Tales of the Shire: un gioco nel mondo de Il Signore degli Anelli™.”
“Noby e i suoi amici sono tornati in un nuovissimo capitolo di Doraemon Story of Seasons! Coltiva piante, alleva animali e usa gli speciali gadget di Doraemon per aiutare i tuoi amici in una storia divertente e commovente, adatta a tutte le età.”
“Aloft è un gioco di sopravvivenza cooperativo ambientato in un mondo di isole fluttuanti. Costruisci una casa, cuci delle vele, sfrutta i venti e trasforma le isole in navi volanti per esplorare le nuvole. Riscopri un sapere perduto per debellare dei funghi tossici e ristabilire l’ecosistema.”
“Intraprendi un’avventura di foraggiamento per rimettere in sesto la tua casa di famiglia dopo una terribile tempesta! Aiuta la comunità a trovare l’armonia nella natura! Impara tecniche vere per identificare flora selvaggia e funghi, insegna alle persone a prendersi cura delle piante, prepara ricette gustose e diventa un asso dei rimedi naturali in questo adorabile simulatore di vita sostenibile.”
“Honeymancer è un adorabile farming sim RPG con combattimenti wave-based. Gioca nei panni di una solitaria Orsa Strega, la quale deve proteggere la foresta da robot malvagi con la sua magia al miele. Aiuta le sue amiche api a produrre il miele piantando fiori e facendo amicizia con i suoi vicini animali.”
“Pocket Oasis è un bellissimo simulatore di giardinaggio accogliente dipinto a mano, dove puoi piantare semi e rilassarti mentre le tue piante sbocciano e crescono. Scopri nuove città e decora il tuo piccolo angolo di natura.”
“Wild Seasons è un roguelike in cui dovrai coltivare un giardino dove crescono carte magiche. Crea mazzi unici man mano che le tue piante si evolvono e orchestra mosse strategiche un turno dopo l’altro per scatenare combo incredibilmente potenti!”
“Scopri Paleo Pines, un’incantevole isola abitata da amichevoli dinosauri e simpatici umani. Esplora insieme alla tua amica Lucky per svelare segreti e fare amicizia con nuovi dinosauri, che potranno unirsi a te per costruire il tuo ranch e creare il rifugio dei tuoi sogni!”
“Lightyear Frontier è una serena avventura agricola open-world in una remota galassia. Sali a bordo del tuo versatile robot, coltiva prodotti alieni, crea una fattoria ed esplora la natura selvaggia con tre amici su un pianeta lontano.”
“Sperimenta l’arte della vinificazione come mai prima d’ora in From Soil to Bottle. Immergiti in un simulatore sandbox realistico dove ogni decisione influenza i tuoi vini. Tra infinite possibilità, intraprendi un viaggio per diventare il viticoltore migliore!”
“Intraprendi un affascinante viaggio nei panni di Brocula, un vampiro che si è risvegliato dopo secoli. Guadagna attraverso lavoretti part-time, esplora la città, salva il tuo castello e affina le tue abilità vampiresche. Scatena la tua oscura reputazione, accumula ricchezze e decidi quale sarà la tua eredità immortale.”
“Vivi la tua vita da vampiro nella magica cittadina di Moonlight Peaks! Padroneggia l’arte di pozioni e incantesimi, gestisci la tua fattoria sovrannaturale e lascia il segno sulla magica città. Fai amicizia con lupi mannari, streghe e sirene del posto, e trova l’amore eterno tra i candidati sovrannaturali.”
“Un simulatore slice-of-life sulla gioia del giardinaggio, pensato per essere giocato a piccole e dolci dosi. Tra la pesca, la coltivazione, gli scambi e le nuove amicizie vegetali, ti attende un’avventura meravigliosa e malinconica tra i sentieri di The Garden Path.”
“Bandle Tale: A League of Legends Story è un GDR con un sistema di creazione ambientato nell’estroso mondo di Bandle City. Una festa va a rotoli, i portali che collegano la tua casa crollano e il mondo piomba nel caos! Usa la magia di maglia e la casa-zaino per ripristinarli e riunire Bandle City.”
“Palia è un vivace mondo nuovo, creato apposta per te. Crea, cucina, pesca, coltiva con gli amici e vivi la vita dei tuoi sogni, scoprendo un’incantevole avventura piena di personaggi colorati e misteri da svelare.”
“Ooblets è un rilassante e insolito farming sim basato sulla vita di paese e la collezione di creature. Gestisci la tua fattoria, cresci e allena i tuoi ooblets, esplora strane terre e partecipa a gare di ballo!”
“Costrusci la tua spa per capybara in questo rilassante punta e clicca! Cresci la frutta, crea nuovi saponi e lava gli asciugamani per viziare i capybara che vengono a trovarti. Adorna la montagna di giardini, vasche da bagno e decorazioni per progettare la migliore spa per capybara!”
“DAVE THE DIVER è un gioco di ruolo e avventura casual per giocatore singolo che permette di esplorare gli abissi marini di giorno e gestire un sushi bar di notte. Unisciti a Dave e ai suoi stravaganti amici nel tentativo di svelare i segreti del misterioso Profondo blu.”
“Proprio come My Time at Portia, My Time at Sandrock è ambientato in un incredibile mondo post-apocalittico, trecento anni dopo il Giorno della Calamità, in cui la maggior parte delle tecnologie moderne andarono distrutte.”
“Coral Island è una rivisitazione vibrante e rilassante del genere farming sim. Sii chi vuoi e sperimenta l’affascinante vita sull’isola nel modo che preferisci: vivi del tuo raccolto, prenditi cura degli animali, instaura relazioni con gli abitanti e rendi il mondo intorno a te un posto più vitale e armonioso.”
“Spezza una maledizione e ravviva Snacko, un’isola in rovina dove le gattine di città, Momo e Mikan, stanno iniziando una nuova vita! Coltiva la terra, alleva soffici mucche, pesca, esplora, personalizza, decora a tuo piacimento e svolgi tante altre attività in questa gattaventura in fattoria.”
“Pianifica, costruisci…Prospera? Come sindaco, spetta a te riportare in vita in questa città fatiscente. Costruisci negozi, assumi personale, automatizza le consegne con i corrieri e attira i turisti in città, il tutto gestendo le infrastrutture ed evitando catastrofi!”
“Snowbound è un farming game roguelite con elementi da gioco di difesa della torre. Costruisci la tua fattoria, supera la notte grazie a una serie di difese e completa le missioni per avanzare sempre di più nel folto della foresta.”
“Salpa per una rilassante avventura farming sim a bordo della tua barca in Collector’s Cove. Esplora diverse zone climatiche con i tuoi animali e scopri miriadi di piante e pesci rari. Goditi la solitudine mentre completi il tuo compendio da collezionista e raggiungi il rango di ‘Named Collector’.”
Ecco i film in uscita a maggio 2024: tra questi spiccano “Fall guy”, “Il regno del pianeta delle scimmie” e “Furiosa: a Mad Max Saga”
Ecco i film in uscita a maggio 2024: tra questi spiccano “Fall guy”, “Il regno del pianeta delle scimmie” e “Furiosa: a Mad Max Saga”
“Fall guy” (1 maggio) David Leitch è un ex stuntman – era lui la controfigura di Brad Pittin Fight Club -, ora regista di film belli agitati: vedi Deadpool 2, Fast & Furious – Hobbs & Shaw e Bullet Train, proprio con Pitt. Per Fall guy ingaggia invece il più bel Ken di Barbie, Ryan Gosling, e gli fa fare peripezie da… stuntman. È lui Colt Seavers, stuntman pronto a tutto: farsi saltare in aria, schiantarsi, lanciarsi dalle finestre. Ora però, reduce da un incidente che ha quasi messo fine alla sua carriera, si trova davanti alla prova più difficile della sua vita: ritrovare una star del cinema scomparsa dal set, smascherare una cospirazione e cercare di riconquistare l’amore della sua vita, la neo regista Jody Moreno, ovvero Emily Blunt. Nel cast anche Aaron Taylor-Johnson. La promessa? Divertimento scanzonato e azione. Materiale d’ispirazione: la serie tv americana anni ’80 Professione pericolo.
“Garfield: Una missione gustosa” (1 maggio) La vita indolente e sonnacchiosa di Garfield subisce un brusco cambiamento per via dell’incontro inaspettato con Vic, un gattone di strada che è il papà di Garfield! Nonostante non si vedano da anni e hanno stili di vita completamente opposti, è innegabile che tra i due c’è un legame. Presto Garfield, il suo amico Odie e il ritrovato papà Vic si ritroveranno in viaggio per un’esilarante – imprevedibile, frustrante, scioccante, emozionante – avventura che porterà dei cambiamenti permanenti nella vita di Garfield.
“Sei fratelli” (1 maggio) Marco, Guido, Leo, Luisa, Gaelle e Mattia hanno madri diverse, non sono tutti figli biologici dello stesso padre ma hanno un’unica vera figura paterna di riferimento: Manfredi Alicante. Quando quest’ultimo viene a mancare, si ritrovano per la prima volta tutti insieme nella casa paterna a Bordeaux, vivendo l’illusione di poter diventare una famiglia unita. Ma ormai ognuno di loro porta con sé una storia, un’identità e tornare indietro non sarà facile.
“The idea of you” (2 maggio) Voglia di una storia d’amore un po’ rock? Dal regista statunitense de Gli occhi di Tammy Faye, ecco tra i film di maggio 2024 The idea of you, che unisce l’aitante inglese Nicholas Galitzine, pronto a conquistare Hollywood, e Anne Hathaway, che a Los Angeles è di casa, pur tra alti e bassi. Tratto dall’omonimo romanzo di Robinne Lee, vede Hathaway nel ruolo di una madre single quarantenne; lui invece interpreta il cantante ventiquattronne degli August Moon, la boy band più in voga del pianeta. L’incontro tra i due è casuale, al Coachella Music Festival, dove lei è costretta ad accompagnare la figlia adolescente. La scintilla scocca subito ma… mica è facile stare al fianco di una superstar.
“Il giardino delle vergini suicide” (6 maggio) La famiglia Lisbon, composta dai genitori e da cinque ragazze fra i 13 e i 17 anni, vive in una cittadina dell’Oregon. Le cinque sorelle sono tutte molte belle e affascinanti ed esercitano sui ragazzi del vicinato un fascino irresistibile. Tutto cambia quando la più giovane, Cecilia, si suicida buttandosi dalla finestra.
“Il regno del pianeta delle scimmie” (8 maggio) Saghe infinite ritornano. Quarto capitolo della serie reboot de Il pianeta delle scimmie, Il regno del pianeta delle scimmie è diretto dallo statunitense Wes Ball, già alla regia della trilogia Maze Runner. Il film è ambientato diverse generazioni dopo il regno di Cesare, in cui le scimmie sono la specie dominante che vive in armonia e gli umani sono costretti a vivere nell’ombra. Mentre un nuovo tirannico leader delle scimmie costruisce il suo impero, una giovane scimmia intraprende uno straziante viaggio che la porterà a mettere in discussione tutto ciò che conosceva sul passato e a fare scelte che definiranno un futuro sia per le scimmie che per gli umani.
regno del pianeta delle scimmie
“Il gusto delle cose” (9 maggio) Prix de la mise en scène all’ultimo Festival di Cannes, candidato francese all’Oscar al miglior film internazionale, Il gusto delle cose (titolo originale La passion de Dodin Bouffant) è la storia d’amore tra due cuochi nella Francia di fine ‘800. Con sua divinità Juliette Binoche e il suo ex compagno Benoît Magimel. Anno 1885, l’Impeccabile cuoca Eugénie (Binoche) lavora da oltre vent’anni per il famoso gastronomo Dodin (Magimel). Il loro sodalizio dà vita a piatti deliziosi che stupiscono anche gli chef più illustri. Con il passare del tempo la pratica della cultura gastronomica e l’ammirazione reciproca si sono trasformate in una relazione sentimentale. Eugenie, però, è affezionata alla sua libertà e non ha mai voluto sposare Dodin. Così, lui decide di fare qualcosa che non ha mai fatto prima: cucinare per lei.
“Eileen” (16 maggio) Ambientato a Boston negli anni ’60, un film sulle ossessioni femminili, com’era il primo film di Oldroyd, Lady Macbeth (2016), che lanciò la quasi esordiente Florence Pugh. Una coppia fa l’amore in un’automobile, di notte, sotto la pioggia. Da un’altra auto qualcuno li osserva: è Eileen, interpretata da Thomasin McKenzie, una giovane donna che divide la sua vita tra un padre violento alcolista e il carcere nel quale lavora come impiegata. Timida, dimessa, quasi invisibile, è tenuta a distanza anche dalle colleghe. Finché un giorno non arriva al carcere la nuova psicologa Rebecca (Anne Hathaway), bionda, elegante, disinvolta, che prende in simpatia Eileen. Tra i film di maggio 2024 una storia di attrazione fatale e di liberazione agognata che volge al noir, percorsa dalle fantasie della protagonista.
“Ritratto di un amore perduto” (16 maggio) A fine Ottocento, il pittore Pierre Bonnard, le Nabi très japonard, diventa uno dei post-impressionisti più affascinanti del periodo grazie agli intimi ritratti dell’enigmatica Marthe de Méligny, sua musa nonché futura sposa. Per conoscere Bonnard e diventare la sua modella ideale, Maria Boursin (questo il suo vero nome) si finge un’aristocratica italiana in rovina: è il 1893 e da allora entra con il suo corpo in quasi tutti i quadri di Pierre. Pierre Bonnard non sarebbe il grande pittore che tutto il mondo conosce senza l’enigmatica Marthe che occupa, lei sola, più di un terzo della sua opera.
“Furiosa: a Mad Max Saga” (23 maggio) Tornano l’ambientazione post apocalittica e i paesaggi desertici di fascino iconico della saga di Mad Max dell’australiano George Miller, premio Oscar al miglior film d’animazione nel 2007 per Happy Feet. Prequel di Mad Max: Fury Road (2015), dove avevamo conosciuto Furiosa, donna d’azione combattiva e intrigante, Furiosa: a Mad Max Saga va alle origini del personaggio, che non è più interpretato da Charlize Theron ma da Anya Taylor-Joy. Mentre il mondo va in rovina, la giovane Furiosa viene strappata dal Luogo Verde delle Molte Madri e cade nelle mani di una grande Orda di Motociclisti guidata dal Signore della Guerra Dementus, ovvero Chris Hemsworth. Attraversando le Terre Desolate, si imbattono nella Cittadella presieduta da Immortan Joe (Lachy Hulme). Mentre i due tiranni si battono per il predominio, Furiosa deve sopravvivere a molte prove e mettere insieme i mezzi per trovare la strada di casa.
“Atlas” (24 maggio) Tra i film di maggio 2024 c’è Atlas, action thriller di fantascienza con protagonista Jennifer Lopez. È lei Atlas Shepherd, un’analista brillante ma misantropa con una profonda sfiducia nei confronti dell’intelligenza artificiale. Si unisce a una missione per catturare un robot rinnegato con cui condivide un passato misterioso. Si troverà a dover salvare il futuro dell’umanità dall’intelligenza artificiale. La chiave? Fidarsi di essa. Nel cast anche Mark Strong, Simu Liu, Sterling K. Brown.
atlas
“Vincent deve morire” (30 maggio) Unendo dark comedy e horror, il film francese racconta l’incredibile storia di Vincent (Karim Leklou), grafico pubblicitario e uomo dalla natura mite che improvvisamente si ritrova aggredito da chiunque incroci sul suo cammino senza un apparente motivo. Anche la più innocua azione quotidiana diventa per l’uomo potenzialmente pericolosa e fatale: ogni volta che Vincent incontra lo sguardo di un altro, è come se chi ha di fronte diventasse posseduto e scatenasse tutto il suo odio verso di lui, in un raptus incontenibile di estrema violenza. Nonostante lui cerchi di continuare a condurre una vita normale, il fenomeno si diffonde a macchia d’olio e sempre più persone provano a ucciderlo. È così che Vincent di ritrova costretto a fuggire e cambiare completamente il suo modo di vivere.
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Ecco le serie tv in uscita a maggio 2024: tra queste spiccano “Star Wars – Tales of the Empire” e “Celebrity Hunted” St.4
Ecco le serie tv in uscita a maggio 2024: tra queste spiccano “Star Wars – Tales of the Empire” e “Celebrity Hunted” St.4
“Acapulco” St.3, (1 maggio) – AppleTV+ Nella terza stagione di “Acapulco”, è tempo di riconciliare gli errori del passato con nuovi entusiasmanti inizi. Nel presente, un Maximo più anziano (Eugenio Derbez) si trova a ritornare a un Las Colinas che non riconosce più. Mentre nel 1985, il Maximo più giovane (Enrique Arrizon) continua la sua scalata al successo, mettendo potenzialmente a repentaglio tutte le relazioni che ha costruito con tanta fatica.
“Star Wars – Tales of the Empire”, (4 maggio) – Disney+ Star Wars: Tales of the Empire è un viaggio in sei episodi nel temibile Impero Galattico attraverso gli occhi di due guerrieri che percorrono strade differenti, ambientate in epoche diverse. Dopo aver perso tutto, la giovane Morgan Elsbeth attraversa il mondo imperiale in continua espansione per seguire un percorso di vendetta, mentre l’ex Jedi Barriss Offee fa ciò che deve per sopravvivere a una galassia in rapida evoluzione. Le scelte che faranno determineranno i loro destini.
“Celebrity Hunted” St.4, (6 maggio) – Prime Video La quarta stagione di Celebrity Hunted – Caccia all’uomo vedrà darsi alla fuga e cercare di non farsi catturare da un team di “cacciatori” otto personaggi di spicco del panorama italiano: l’attore Raoul Bova in coppia con la moglie, l’attrice Rocío Muñoz Morales, la modella e star televisiva Belen Rodriguez in coppia con la sorella, la modella e influencer Cecilia Rodriguez, i rapper Guè e Ernia, i comici Herbert Ballerina e Brenda Lodigiani.
“Maxton Hall”, (9 maggio) – Prime Video La serie è basata sul bestseller “Save Me” di Mona Kasten. Ruby viene involontariamente a conoscenza di un incredibile segreto nella scuola privata di Maxton Hall. L’arrogante erede milionario James Beaufort entra in contatto con l’arguto studente Ruby e, nel bene o nel male, è determinato a metterlo a tacere. Il loro scambio appassionato di parole improvvisamente accende una scintilla…
star wars tales of empire
“Il tatuatore di Auschwitz”, (10 maggio) – Sky Un amore nato nel più oscuro dei luoghi, in uno dei momenti più bui della storia. Il Tatuatore di Auschwitz – ispirata all’omonimo romanzo bestseller internazionale di Heather Morris – è la nuova serie Sky Original che racconta la storia di Lali e Gita Sokolov, due prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz durante la Seconda guerra mondiale. Disponibile in esclusiva su Sky dal 10 maggio.
“Bridgerton”, (16 maggio) – Netflix Daphne Bridgerton, figlia maggiore della potente famiglia Bridgerton, fa il suo debutto nel competitivo mercato matrimoniale di Regency London. Sperando di seguire le orme dei suoi genitori e trovare il vero amore, le prospettive di Daphne inizialmente sembrano non essere messe in discussione.
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Recensione di “Civil War”, una storia distopica raccontata attraverso un obiettivo di giornalisti di guerra, dalla regia di Alex Garland
Le aspettative per questo film erano davvero neutre, non avevo alcuna pretesa se non vedere la parte action ben diretta come Garland, il regista, è solito portare in sala.
Ma la cosa che più mi ha colpito di questa pellicola è stato il modo in cui hanno portato in scena una tematica più volte trattata, soprattutto sul piano narrativo e registico. Infatti per me la scelta del giornalismo di guerra è assolutamente azzeccato per la storia che hanno voluto narrare.
Il film è ambientato in un’America post apocalittica in pratica, dove è scoppiata una guerra civile sanguinosa e devastante per tutto il paese. La narrazione ci porta a seguire le vicende di quattro giornalisti, il cui intento è andare a intervistare il presidente degli Stati Uniti. Il lungo viaggio per Washington dà l’occasione ai personaggi di conoscersi ma anche di documentare gli orrori che vedono e di cui hanno esperienza. Ormai è un far west, e in ogni luogo in cui si fermano qualcuno prova ad ucciderli.
L’espediente più interessante è l’uso della fotografia, attraverso cui le scene vengono spesso raccontate, per frame, per immagini scattate dai giornalisti. Infatti si creano degli effetti visivi e sonori molto efficaci, per cui nel mezzo di una scena action movimentata e in cui le raffiche di spari sono protagonisti, le fotografie in bianco e nero appaiono a schermo, fissando da un altro punto di vista ciò che sta accadendo, in modo spesso crudo ma allo stesso tempo scenicamente spettacolare.
Le vicende hanno sempre una grande efficacia narrativa, riuscendo sempre a tenere la tensione alta, ma a mio avviso l’intreccio ha un inizio, sviluppo e conclusione piuttosto deboli, non in credibilità, ma quasi in livello di esser interessanti. Il film non racconta nessun viaggio psicologico ma le vicende di personaggi le cui personalità sono solo scalfite ma mai approfondite.
L’impressione a fine film è stata di aver assistito a un viaggio, seppur di intensa umanità, sterile. Forse perché non si spiega mai come mai c’è una guerra civile in America, forse perché non c’è un epilogo ma solo un finale, ma inevitabilmente la mia reazione è stata “sì, ok e quindi?”
civil war
Al di là però di questa occasione sprecata per lanciare un messaggio forte, la messa in scena della storia è ben diretta e scritta in modo molto efficace, tale da tenere la tensione sempre alta. L’espediente delle fotografie conferisce non solo spettacolarità alla pellicola, ma racconta un lato spesso in secondo piano delle crudeltà delle guerre.
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Le serie storiche sono la tua passione? Ecco le 20 migliori serie storiche da vedere assolutamente secondo noi
La storia è la tua passione? Le serie o i film storici sono pane quotidiano per te? Oppure semplicemente ti piacciono le storie vere? Ecco a voi le top 20 serie storiche da vedere assolutamente secondo noi.
20) L’amica geniale
Questa è una serie televisiva di successo in Italia: “L’amica geniale”. Basandosi sui celebri libri di Elsa Ferrante, il regista Saverio Costanzo ha intrapreso un progetto ambizioso con una produzione che coinvolge Italia e Stati Uniti. In Italia, la serie è stata trasmessa su Rai, mentre negli USA è stata trasmessa su HBO. La trama si concentra sul legame unico tra Elena Greco e Raffaella Cerullo, cresciute a Napoli negli anni ’50. I libri hanno ottenuto un grande successo, quindi c’era già molta attesa per la serie prima della sua uscita. Tuttavia, l’adattamento televisivo ha superato brillantemente il test. Le atmosfere realistiche dei quartieri napoletani degli anni ’50 rivivono sullo schermo grazie a una sceneggiatura incisiva e a una scenografia altrettanto coinvolgente.
19) The Marvelous Mrs Maisel
Tra le opere di spicco nel catalogo di Amazon Prime, troviamo senza dubbio “The Marvelous Mrs. Maisel”. Si tratta di un drama ambientato negli anni Cinquanta, caratterizzato da un tono leggero e da una commedia spensierata, arricchita da alcune sfumature più drammatiche e profonde. La protagonista, la signora Maisel, è una giovane donna ebrea casalinga che vive a New York alla fine degli anni Cinquanta. La trama ha inizio da un punto di svolta: la sua vita, fino ad allora monotona e vissuta nell’ombra di un marito poco talentuoso, subisce una svolta drastica quando viene a conoscenza del tradimento del coniuge. Decide quindi di ubriacarsi e di esibirsi su un palco, attirando l’attenzione di tutti. Da quel momento in poi, le sue giornate prendono una piega totalmente diversa. “The Marvelous Mrs. Maisel” è una serie leggera e divertente, che racconta la storia di una donna determinata a farsi strada nella società, nonostante i pregiudizi e le critiche degli altri.
18) The Knick
Se state cercando una serie che fonde abilmente elementi di medical drama, storia e questioni razziali, “The Knick” è la scelta perfetta. Ambientata nella New York dei primi del Novecento, in un contesto fortemente segnato dall’odio razziale, dove le persone di colore sono regolarmente discriminate, sfruttate, insultate e maltrattate. Il dottor Edwards (interpretato da André Holland), un medico afroamericano che ha studiato in Europa, non fa eccezione. Isolato dai suoi colleghi e costretto a sopportare l’ostilità dilagante nei corridoi dell’ospedale, dimostrerà il suo valore attraverso azioni concrete. “The Knick” esplora tematiche sociali, come l’ascesa della classe dominante in una città ricca di contraddizioni, ma si concentra anche sugli sviluppi medici del tempo, offrendo una rielaborazione coinvolgente del genere medical drama in un contesto storico. Tuttavia, il vero punto di forza dello show è il dottor John Thackery, interpretato in modo straordinario da Clive Owen. Tossicodipendente, geniale e anticonformista, Thackery rappresenta il personaggio più affascinante di “The Knick”, il cui percorso va dal delirio di onnipotenza alla rovina.
17) Mrs. America
Cambiamo sia luogo che epoca, per immergerci in un altro eccellente period drama. “Mrs. America” si colloca tra i titoli più recenti e pregevoli della classifica. Si tratta di una miniserie composta da 9 episodi, con Cate Blanchett tra i protagonisti. Disponibile su TIMvision dall’autunno scorso, la serie racconta l’America degli anni ’60 e ’70, durante una fervente battaglia per l’emancipazione femminile. Il cuore del progetto è la lotta per l’approvazione dell’ERA, l’Equal Rights Amendment, un emendamento che avrebbe garantito la piena uguaglianza di genere. Tuttavia, la serie mette in contrasto due fazioni opposte all’interno del movimento femminile. Da un lato, le femministe progressiste che sostengono l’approvazione dell’ERA, dall’altro le casalinghe più conservatrici impegnate nella campagna Stop-ERA. “Mrs. America” esplora due Americhe divergenti, ideologicamente distinte, e il suo lancio durante l’anno delle elezioni presidenziali del 2020 ha sicuramente contribuito al suo successo.
16) I Tudors
E non possiamo dimenticare il dramma sulla vita sontuosa e dissoluta di Enrico VIII. Interpretato da Jonathan Rhys-Meyers, anche se non del tutto conforme al vero aspetto del re, il ruolo gli ha comunque portato grande successo. “I Tudors” ci trasporta nella corte dell’Inghilterra durante il regno di Enrico VIII, quando il re intratteneva i suoi giochi politici e affrontava le sue relazioni amorose. La serie è ricca di dettagli accurati, ma non è solo questo a renderla popolare. Le scene di sesso e violenza, insieme ai complessi intrecci sentimentali presenti lungo tutte e quattro le stagioni, sono ciò che maggiormente affascina il pubblico. Molte produzioni successive hanno seguito il modello de “I Tudors”, concentrandosi su questo mix di sentimentalismo, eventi storici e sequenze intense.
15) I Borgia
Il fascino delle vicende della famiglia Borgia ha trovato spazio anche in questa classifica. La vita nella Roma papale durante il Rinascimento era un turbine di lussuria, avidità, desiderio di potere e intrighi politici. Sacro e profano si intrecciano costantemente in questo dramma, che ruota attorno alle storie di personaggi realmente esistiti, individui senza scrupoli e ambiziosi coinvolti in battaglie per il controllo e relazioni amorose che spesso sfiorano il melodrammatico. Le scene di sesso, fortemente suggestive, seguono il modello dei Tudors e talvolta sono state oggetto di censura. La precisione storica viene talvolta sacrificata sull’altare del sentimentalismo, quasi come in una telenovela, ma questo approccio riesce comunque a catturare il pubblico e ad appassionarlo alle vicende dei vari personaggi.
14) Vikings
Torniamo al periodo medievale con un altro titolo fondamentale di questa classifica: “Vikings”. È una delle serie più acclamate degli ultimi tempi e una delle più riuscite nel suo genere. L’epopea dei vichinghi prende vita a partire dai sogni di espansione di Ragnar Lothbrok, leggendario condottiero vichingo, che costituiscono il nucleo della trama della serie. “Vikings” introduce elementi sovrannaturali nella narrazione, pur mantenendosi lontana dal fantasy. Riti pagani si intrecciano con eventi storici realmente accaduti, raccontati con una buona dose di azione e pathos. I personaggi sono sviluppati con grande attenzione al loro profilo psicologico, una caratteristica prioritaria per gli autori che privilegiano la profondità dei personaggi rispetto agli intrighi melodrammatici per catturare il pubblico. Le sei stagioni di “Vikings” rappresentano un esempio eccellente di televisione di qualità e un progetto imprescindibile in una classifica come questa.
13) Romanzo criminale
Un’altra serie italiana che non poteva mancare in questa classifica è “Romanzo Criminale”, che ha lasciato un segno indelebile nella televisione made in Italy. Si tratta di una storia potente che ripercorre le gesta della banda della Magliana, una figura di spicco nella criminalità romana tra gli anni Settanta e Ottanta. Questa serie è considerata uno dei migliori prodotti televisivi italiani di sempre, grazie alla forza dei suoi protagonisti, alla trama avvincente e al genere crime che riesce a coinvolgere sempre un vasto pubblico. Ma soprattutto, “Romanzo Criminale” ci offre uno sguardo chiaro sul nostro passato più recente. Non ha nulla da invidiare alle produzioni americane. Questo lavoro ha il grande merito di aver costretto la critica a valutarlo allo stesso livello delle proposte americane e ha anche aperto le porte del cinema e della televisione agli attori che hanno interpretato i suoi protagonisti.
12) Boardwalk Empire
Una serie che purtroppo non ha goduto di grande fortuna, soprattutto dalle nostre parti, è “Boardwalk Empire”. È un vero peccato perché offre un affresco davvero notevole dell’America durante il Proibizionismo. Atlantic City è la protagonista nascosta di questa storia, che ci mostra il lato oscuro e drammatico della vita criminale, con la pressione della mafia italo-americana, le collusioni politiche e gli intrighi di potere. Steve Buscemi interpreta in modo magistrale Enoch “Nucky” Thompson, un personaggio paradigmatico, in bilico tra il mondo legale e quello illegale. Se non avete ancora avuto l’occasione di vederla, questo è il momento perfetto per recuperarla.
11) The Pacific
“The Pacific” è stata prodotta da Tom Hanks e Steven Spielberg ed è un’altra serie incentrata sugli eventi reali della Seconda guerra mondiale. Sebbene meno potente di “Band of Brothers”, è comunque ben diretta e ben scritta. Segue lo stesso approccio di “Band of Brothers”, ma cambia lo scenario: ci trasferiamo dal fronte europeo a quello del Pacifico, dove si combattevano battaglie altrettanto violente e drammatiche. Pur non raggiungendo le vette di “Band of Brothers”, “The Pacific” offre un ulteriore assaggio di maestria nella regia e nella scrittura.
Se siete affascinati dalle storie di avventure in mare, “Black Sails” è senza dubbio la serie più coinvolgente e potente mai realizzata finora. Originariamente concepita come prequel de “L’Isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson, si trasforma rapidamente in un’epopea dei pirati a sé stante. Molti dei personaggi presenti nella serie sono realmente esistiti, così come il tentativo di rendere Nassau una sorta di Repubblica dei pirati. Tuttavia, al di là della fedeltà alla trama storica, “Black Sails” si distingue per il suo racconto ricco di tensione emotiva, per le scene d’azione coinvolgenti e per i dialoghi straordinari che ci permettono di esplorare le molteplici sfaccettature di ogni protagonista in questa fantastica storia.
9) The Crown
“The Crown” è davvero una perla assoluta, soprattutto per gli appassionati di storia e di drammi reali. Questa serie, prodotta da Netflix, narra la vita e il regno della regina Elisabetta d’Inghilterra ed è considerata una delle migliori degli ultimi anni. La sua attenzione ai dettagli, la profondità dei personaggi, l’accuratezza dell’ambientazione e la maestria delle riprese la rendono una vera gemma tra le proposte più recenti. La storia di Elisabetta inizia alla fine della Seconda guerra mondiale e si estende fino ai giorni nostri. La serie è in grado di catturare facilmente l’attenzione del pubblico, anche perché molti dei protagonisti sono ancora vivi e gli eventi narrati fanno parte del nostro patrimonio storico recente.
8) Spartacus
Nel gennaio del 2010, la rete televisiva Starz ha lanciato le prime puntate di “Spartacus”, una delle migliori serie TV sul mondo dei gladiatori romani. Composta da tre stagioni e andata avanti fino al 2013, “Spartacus” ha narrato le gesta del trace Spartaco, un soldato disertore catturato dai Romani e condannato a morte nell’arena. La storia si svolge nel 73 a.C., durante l’epoca della Repubblica romana, e cerca di ripercorrere gli eventi di quegli anni. Come molte altre produzioni di Starz, anche questa serie non ha lesinato sulla brutalità e sulla violenza nelle scene di combattimento, così come nelle scene di sesso. Quando è stata trasmessa per la prima volta in Italia, alcune scene sono state tagliate, ma esiste comunque una versione integrale delle tre stagioni. La serie ha anche dovuto affrontare un imprevisto e doloroso cambio di attore protagonista. Andy Whitfield, che ha interpretato il primo Spartaco, ha dovuto abbandonare la produzione a causa di una malattia che lo ha poi portato alla scomparsa prematura. Al suo posto, per il ruolo del protagonista, è stato scelto Liam McIntyre.
7) Peaky Blinders
Con “Peaky Blinders” facciamo un salto indietro di quasi un secolo, immergendoci nella Birmingham degli anni Venti. Questa serie in costume mescola sapientemente il genere storico con quello gangster. Thomas Shelby è un personaggio complesso e intrigante, impossibile da non seguire con grande curiosità. Nell’Inghilterra del primo dopoguerra, la povertà si traduceva spesso in crimine violento e chi riusciva a imporsi poteva ottenere grandi fortune. La storia della famiglia Shelby si dipana attraverso mille faide, alleanze e disavventure che coinvolgono i suoi protagonisti.
6) La regina degli scacchi
Una delle proposte più acclamate del 2020 è stata una miniserie in sette episodi ispirata al romanzo di Walter Tevis e con Anya Taylor-Joy nel ruolo di protagonista. Netflix ha lanciato “La regina degli scacchi”, una serie con una trama originale e un successo tutto da confermare. Ambientata negli anni Cinquanta, la serie segue le vicende di Beth, una ragazzina orfana dotata di un talento straordinario per gli scacchi. “La regina degli scacchi” sembrava destinata a un pubblico di nicchia, ma Scott Frank e Allan Scott sono riusciti a renderla attrattiva per gli amanti di tutti i generi grazie alla tensione emotiva e alla profondità psicologica della scrittura, che evita la banalità e dipinge un ritratto delicato e complesso di una protagonista assolutamente originale.
5) Downton Abbey
“Downton Abbey” è davvero un cult della televisione, tanto che è entrato nel Guinness dei primati come lo show dell’anno più acclamato dalla critica. Le vicende della famiglia Crawley si dipanano lungo un arco temporale che inizia con l’affondamento del Titanic e si estende nei primi decenni del XX secolo. La prima puntata è andata in onda nel 2010, ottenendo un enorme successo. Le avventure dei membri della famiglia e dei servitori della tenuta dello Yorkshire hanno subito appassionato un vasto pubblico di fan, contribuendo a rendere la serie una delle più seguite e amate della televisione britannica di tutti i tempi.
4) The Americans
“The Americans” è un altro pilastro imprescindibile della televisione. La serie racconta la storia della famiglia Jennings, apparentemente normale e tranquilla, ma composta in realtà da due spie sovietiche che operano sotto falsa identità negli Stati Uniti durante la Guerra fredda. Keri Russell e Matthew Rhys hanno interpretato con grande sensibilità una coppia di coniugi alle prese non solo con i problemi tipici di ogni famiglia, ma anche con una battaglia segreta e pericolosa nel mondo dello spionaggio. La serie è ricca di adrenalina e tensione, tenendo gli spettatori con il fiato sospeso fino all’ultimo istante.
3) Chernobyl
“Chernobyl” apre la top 3, una miniserie che ha tenuto il mondo con il fiato sospeso raccontando il disastro nucleare. È un racconto incredibilmente intenso, capace di toccare profondamente chiunque lo guardi. Le conseguenze del disastro si fanno sentire, penetrando nell’animo dello spettatore grazie a scene visivamente potenti che cercano di restituire la crudele realtà di ciò che il disastro ha lasciato dietro di sé. “Chernobyl” è angosciante e terribile, con corpi mutilati, macerie e intere zone abbandonate che ne fanno i protagonisti. Pochissime serie TV riescono a colpire così duramente lo spettatore. “Chernobyl” lascia un segno indelebile, come le cicatrici di quell’enorme tragedia.
2) Mad Men
A un passo dalla vetta non poteva che esserci un capolavoro assoluto. Con un cast di interpreti straordinari, Mad Men è una serie che ha fatto record di ascolti. Acclamata dal pubblico, elogiata dalla critica, vincitrice di diversi Golden Globe, è stata in grado di imporsi come un vero è proprio cult. Mad Men ha fatto moda, ha fatto tendenza, ha ispirato stili successivi. I personaggi che affollano i corridoi e gli uffici della Sterling & Cooper creano un legame di vicinanza con lo spettatore, che ne segue le vicissitudini per sette stagioni. Don Draper è divenuto un simbolo, al pari di Walter White, un modello da imitare nello stile, nella postura, nei suoi tratti meno luminosi. Mad Men segue praticamente un decennio di storia americana, dalla campagna elettorale che vede contrapporsi Kennedy e Nixon, alla crisi missilistica di Cuba, l’assassinio di Kennedy e così via. Nonostante la storia scorra solo sullo sfondo, quello che ne viene fuori alla fine è un quadro molto coerente e convincente dell’America degli anni Sessanta.
1) Band of Brothers
E al primo posto, ecco un’altra perla di rara bellezza. L’idea di Seteven Spielberg e Tom Hanks, che come abbiamo visto ha compreso anche The Pacific, era un progetto ambizioso e ben strutturato. Le opere televisive sulla Seconda guerra mondiale in genere riescono a funzionare sempre piuttosto bene. Ma questa serie fa qualcosa di più. La regia è a dir poco spettacolare e il racconto di questo manipolo di uomini, fratelli al fronte, che sbarcano in Europa per liberarla dai nazisti, si impreziosisce con una scrittura che difficilmente cede ai luoghi comuni o alla retorica fine a se stessa. Band of Brothers è una serie accurata e travolgente, che ha saputo raccontare il fronte meglio di tanti altri esperimenti televisivi e che non ha nulla da invidiare al grande schermo per potenza narrativa e di immagini.
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Ecco le serie tv in uscita ad aprile 2024: tra queste spiccano “Lol: Chi ride è fuori”, “Fallout” e “Thank You, Goodnight”
“Lol: Chi ride è fuori” St. 4, (1 aprile) – Prime Video Torna lo show dei record con un cast di professionisti della risata: Diego Abatantuono, Loris Fabiani, Edoardo Ferrario, Angela Finocchiaro, Maurizio Lastrico, Aurora Leone, Lucia Ocone, Giorgio Panariello, Claudio Santamaria, Rocco Tanica. Ad osservare l’esilarante gara comica dalla control room, l’arbitro e conduttore Fedez, affiancato dal co-host Frank Matano, e da Lillo Petrolo, nel ruolo di overacting coach.
“Crooks”, (4 aprile) – Netflix Una serie drammatica dai toni cupi, scritta dal team di sceneggiatori Benjamin Hessler, Marvin Kren e Georg Lippert e con la regia di Cüneyt Kaya e Marvin Kren. Ambientata sullo sfondo di Berlino e della regione bavarese, la serie è incentrata su un padre di famiglia il cui passato torna a perseguitare lui e la sua famiglia.
“La mia amica vampira”, St. 2 (4 aprile) – Netflix Il giorno del suo tredicesimo compleanno, Carmie scopre di essere metà umana e metà vampira e di avere poteri leggendari che le complicano la vita a scuola. In uscita la seconda stagione.
“Ripley”, Miniserie (4 aprile) – Netflix La storia, ambientata all’inizio degli anni ’60, racconta le vicende di un diabolico truffatore di New York di nome Tom Ripley, assunto da un uomo facoltoso con l’obiettivo di recuperare Dickie, il figlio vagabondo scappato in Italia. Per Ripley inizia così un viaggio tumultuoso, ricco di colpi di scena, inganni e omicidi.
“Kiseiju”, (5 aprile) – Netflix Shinichi, studente, vive con i genitori in un tranquillo quartiere di Tokyo. La sua vita cambia quando creature parassite compaiono sulla Terra e iniziano ad introdursi nel cervello degli esseri umani passando dalle orecchie e dal naso.
“Anthracite”, (10 aprile) – Netflix Una storia a metà tra il crime e il drammatico dove un omicidio riaccende la luce su un suicidio di massa accaduto 30 anni prima lanciando la caccia al vero responsabile, non solo il più plausibile.
“Il sequestro del volo 601″, (10 aprile) – Netflix Dopo il dirottamento di un aereo, due assistenti di volo cercano di avere la meglio sugli assalitori durante un’intensa trattativa in aria e a terra. Tratto da una storia vera.
“Fallout“, (11 aprile) – Prime Video Basata su uno dei più grandi franchise di videogiochi di tutti i tempi, Fallout è la storia di chi ha e chi non ha in un mondo in cui non è rimasto quasi più nulla. 200 anni dopo l’apocalisse, i tranquilli abitanti dei lussuosi rifugi antiatomici sono costretti a tornare nell’infernale paesaggio contaminato dalle radiazioni che i loro antenati si sono lasciati alle spalle e con stupore scoprono che ad attenderli c’è un universo incredibilmente complesso, allegramente bizzarro e estremamente violento.
FalloutPrimeVideo
“Briganti”, (23 aprile) – Netflix 1862, Sud Italia. Filomena, di origini contadine, è sposata con un ricco possessivo e violento. Ribellandosi al suo destino è costretta a rifugiarsi nei boschi popolati da pericolosi briganti, non prima di essersi impossessata della mappa per l’introvabile Oro delle Camicie Rosse. Lì viene catturata dalla banda Monaco, proprio mentre sulle sue tracce si mette un audace e misterioso cacciatore di taglie, Sparviero. In un Sud Italia impoverito e sfruttato dall’occupazione piemontese i destini di Filomena e Sparviero si uniranno in un’epica caccia al mitico tesoro, che vedrà i briganti contro l’appena costituito Regno d’Italia, ma anche briganti contro briganti.
“Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story”, (26 aprile) – Disney+ Il progetto racconterà i primi 40 anni della storia della band e includerà all’interno contenuti e interviste a tutti i membri passati e presenti del gruppo.
“Asunta”, (26 aprile) – Netflix La storia vera dell’omicidio di Asunta Basterra, uno dei casi più scioccanti avvenuti in Spagna nel 2013. La serie sarà composta da una sola stagione ed è una produzione spagnola pronta a debuttare sulla piattaforma di streaming prestissimo.
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Square Enix riesce nell’assurda impresa di far rivivere emozioni che si credevano perse. E lo fa in un periodo storico in cui i tripla A sono ricchi di qualsiasi cosa meno che di magia.
Dopo Final Fantasy VII Remake era naturale provare sia eccitazione che preoccupazione per il secondo capitolo di questo progetto firmato Square Enix. Nel 2020 divenne infatti chiaro a tutti che la dicitura “remake” fosse solo una messa in scena. Rebirth, in maniera anche piuttosto plateale, riconferma che ci troviamo dinanzi a un vero e proprio sequel di quell’incredibile titolo che nel 1997 fece sognare milioni di videogiocatori. Un polpettone ripieno di tutto ciò che, nel bene e soprattutto nel male, fa parte della Compilation di Final Fantasy VII. Dunque non posso che iniziare questa recensione consigliando vivamente di recuperare il titolo originale, nel caso in cui non l’aveste già fatto, prima di immergervi in questa sua nuova interpretazione.
Una bellissima storia vittima di un pessimo autore
La trama di Final Fantasy VII Rebirth inizia esattamente dove il precedente titolo si era concluso. Cloud e i suoi compagni hanno lasciato Midgar e si preparano per un lungo viaggio con l’obiettivo di fermare Sephiroth. Il canovaccio della storia rimane fedele al primo disco dell’originale Final Fantasy VII per gran parte dell’avventura. Sezioni iconiche come Corel, il Golden Saucer e Cosmo Canyon sono trattate con grande attenzione e rispetto. Purtroppo, proprio come nel Remake, in alcuni punti il ritmo rallenta a causa di allungamenti forse superflui. Nonostante ciò, nel complesso, la trama è coinvolgente, i personaggi sono ben sviluppati (come si vede raramente in produzioni simili) e la messa in scena di alcuni eventi è semplicemente fenomenale. Complice anche la colonna sonora, tra le migliori mai realizzate all’interno della serie e non solo, un vero capolavoro.
Tuttavia devo segnalare che l’ultimo capitolo del gioco potrebbe far storcere il naso a molti fan di vecchia data. Se il finale di FF VII Remake poteva sembrare esagerato, qui si è addirittura andati oltre. Il problema principale, come spesso accade, è l’estro creativo di Nomura. Forse è giunto il momento che inizi a moderarsi poiché in veste di scrittore appare sempre più come una parodia di se stesso. Se i Kingdom Hearts sono titoli atroci dal punto di vista della scrittura, Final Fantasy VII Rebirth si salva in corner solo perché poggia su delle basi solide che più di tanto non possono essere alterate, per fortuna.
Fantasia fatta realtà
Final Fantasy VII Rebirth è un vero e proprio luna park: avventura, esplorazione, combattimenti e una miriade di minigiochi. Alcuni dei quali ripresi dal titolo originale, mentre altri sono stati creati appositamente per questo capitolo. Tra questi spicca l’eccezionale gioco di carte collezionabili Queen’s Blood, erede spirituale dell’iconico Triple Triad di Final Fantasy VIII.
Il gioco è suddiviso in capitoli, e la struttura di FF VII Rebirth si presenta come una combinazione tra sezioni lineari, generalmente quelle dove la trama prosegue, e ampie zone open map. Con mia sorpresa queste aree aperte sono ben progettate, contrariamente a quanto visto in Final Fantasy XVI. Ognuna di esse, tramite anche l’utilizzo di specifici tipi di Chocobo, presenta meccaniche di navigazione uniche che rendono il tutto ben variegato e caratterizzato. Una bella citazione a Final Fantasy IX. Nonostante non si tratti di una rivoluzione, le mappe sono davvero piacevoli da esplorare e offrono la giusta quantità di attività secondarie (un plauso alle quest secondarie che fanno parecchi passi in avanti rispetto ad altri titoli di questo genere), il tutto accompagnato da un’estetica mozzafiato, ma in questo raramente Square Enix sbaglia.
La violenza non è mai stata così divertente
Protagonista indiscusso della produzione è il combat system, che rappresenta probabilmente il miglior sistema di combattimento mai visto in un action JRPG. Mentre in Final Fantasy VII Remake le potenzialità del sistema erano percepibili, i limiti imposti dall’esperienza impedivano di vedere fino a dove si sarebbe potuti arrivare. In Rebirth, invece, non ci sono limiti, e il sistema di combattimento brilla come il sole.
Torna l’elegante commistione tra azione e strategia, insieme all’unicità di ciascun personaggio, ben differenziato l’uno dall’altro. L’uso brillante delle materie e della barra ATB è rimasto pressoché invariato rispetto al precedente capitolo, ma ciò che aggiunge ancor più profondità sono le azioni sinergiche. Questi attacchi e tecniche realizzati insieme ad un membro del party non consumano alcuna risorsa, ma richiedono una sincronizzazione perfetta. Sebbene in alcuni momenti il caos dell’azione rischi di prendere il sopravvento sulla pulizia del combat system, sono rare le occasioni in cui non si percepisce di avere totale controllo su ciò che accade.
Tecnicismi vari
Come detto sopra, di paesaggi mozzafiato ce ne sono a volontà. Il character design è perfetto e dal punto di vista tecnico il gioco in modalità prestazioni è quasi sempre stabile, su oltre 100 ore di gioco (la longevità e la mole di contenuti sono smisurate) mi è capitato di notare vistosi cali di frame, bug o altri problemi giusto in un paio di occasioni. Comunque nulla che mi impedisse di giocare o proseguire serenamente l’avventura. Lato grafico non siamo di fronte ad un capolavoro, sebbene il colpo d’occhio sia di notevole impatto. L’illuminazione iper realistica di Unreal Engine ogni tanto “smarmella” la scena, creando effetti di luce non proprio eccezionali.
Il mixaggio sonoro non è preciso, come si nota sempre più spesso nelle produzioni tripla A. In molte occasioni la musica, per quanto incantevole, sovrasta le voci in maniera tale da rendere difficile sentire i dialoghi. Consiglio quindi di abbassare il volume di musica ed effetti sonori, lasciando invariato quello delle voci. Ottimi i doppiaggi in inglese e giapponese. Da segnalare che la traduzione italiana è basata sulla lingua giapponese, quindi sono presenti vistose discrepanze tra audio e sottotitoli se giocato con il doppiaggio inglese.
Recensione de “La zona d’interesse”, film candidato a 5 Oscar, tra cui miglior film e miglior film straniero, per la regia di Jonathan Glazer
Avevo alte aspettative per un film di cui avevano parlato benissimo e che ha ricevuto 5 nomination agli oscar. E posso ritenermi soddisfatto delle premesse.
“La zona d’interesse” è un film, come molti lo hanno definito, disturbante. E in effetti è la sensazione dominante per tutta la durata della pellicola, in cui lo spettatore è testimone di una vita comune, umana in un paradiso terrestre, ma che in realtà convive con una delle atrocità più gravi di tutta la storia dell’umanità.
Questa vita parallela lontana dalle crudeltà di Auschwitz viene caratterizzata da scena di estrema umanità, in cui si tenta di far empatizzare lo spettatore con le bizze dei bambini, la loro curiosità per il giardino, la notte insonni rimediate con una favola della buonanotte, ma allo stesso tempo con scene che provocano odio per questa famiglia assolutamente conforme all’ideologia della Germania nazista dell’epoca.
Questo connubio di sensazioni fa scaturire un profondo fastidio, accentuato dai mille dettagli nascosti che raccontano ciò che accade dentro le mura, senza mai mostrare nulla. Protagonista qui è il sonoro, che racconta un sottofondo inquietante, lasciando allo spettatore un’interpretazione che rende ciò che succede in scena un peso allo stomaco.
Questa ottima idea si perde però dopo circa un’ora di film, da quando poi sembra che abbia finito ciò che vorrebbe dire, a meno di un finale davvero efficace. Purtroppo, la trama si dipana in modo disunito, senza un vero e proprio finale o spannung, ma con delle sequenze potenti per il significato, ma sostanzialmente evitabili.
Ancora non ho compreso a pieno la sottotrama in negativo, non del tutto sviluppata e dall’interpretazione incerta. Una specie di piano di sabotaggio da parte della figlia di Rudolph, ma che non trova molto spazio all’interno della narrazione
La regia chirurgica si distacca da qualsiasi tipo di piani intimi, lasciando invece spazio agli ambienti. L’interpretazione precisa e mai macchiettistica dei personaggi dipinge una “banalità del male” molto impattante, capace di lanciare un messaggio che arriva dritto allo stomaco allo spettatore. Geniale la scelta dei silenzi, delle pause, contrapposte al disturbante rumore confuso dell’epilogo e del prologo.
In conclusione, un film capace di provocare fastidio allo spettatore per tutta la durata della pellicola, in cui è testimone della vita comune di una famiglia dipinta come umana, ma che convive con le atrocità dell’olocausto. Una storia capace di suscitare angoscia attraverso la semplicità di azioni quotidiane, svolte però da persone non preoccupate dei crimini di cui si stanno macchiando, il tutto con un sottofondo di suoni lontani che raccontano una storia a sé.
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Per informazioni ufficiali qui il sito di I Wonder Pictures. Alla prossima recensione
Recensione di “Perfect Days”, il film candidato agli oscar come miglior film straniero, dalla regia di Wenders.
Ero incuriosito dal film, soprattutto per i riconoscimenti ricevuti a Cannes, ma non ero riuscito ad andare in sala, così l’ho recuperato solo ora, anche perché è candidato agli oscar come miglior film straniero. Ecco la recensione di “Perfect days”
“Perfect Days” è un film delicato che accarezza il cuore e lo accompagna all’interno della vita di Harayama, un uomo di mezza età che vive da solo a Tokyo, dove lavora nelle pulizie dei bagni pubblici. Le sue giornate, i suoi perfect days, sono scaglionati da una routine fissa, composta da gesti quotidiani, piccoli piaceri, gioie che scaturiscono da dettagli nascosti.
Wenders è maestro nel mostrare le stesse azioni che caratterizzano le giornate del protagonista, sempre in modo diverso, dando un taglio ogni volta differente, da un punto di vista sempre nuovo, esaltando le piccole novità che accadono a Harayama, conferendone importanza e mostrando come originino stimoli nuovi.
Il film si limita a mostrare la vita semplice, umile, di una persona dal difficile turbamento, che nonostante la sua vita, appare più felice di tutti gli altri personaggi che incontra. La sua routine schematica nasconde la ricetta per una vita Epicurea, che agli occhi della nostra società frenetica pare di poco valore, forse perché è così difficile pensare che Sisifo sia contento.
L’interpretazione di Yakusho riesce sempre in ogni scena a mostrare il lato umano di un uomo completamente isolato dal mondo, estraneo a ogni tipo di progresso, ancora attaccato alle sue usanze, alle sue misure, ai suoi bisogni. La recitazione fatta di sguardi, di sorrisi, di non detti lascia suggerire una completa condizione di “essersi accontentato”.
Nonostante le sue passioni umili come la lettura, la fotografia, la botanica, però il finale ci pone una domanda che all’apparenza abbia già una risposta, in quanto il film non pare non abbia bisogno di interpretazioni: ma Harayama, è felice?
La domanda con cui sono uscito dalla sala non ha bisogno di una risposta, perché non è importante, è importante chiedersi se noi saremmo felici se avessimo la sua vita. Il film non mostra alcun tipo di tentativo di fuggire o cambiare la propria vita, mentre ci mostra Takashi in preda all’insoddisfazione. Forse allora non c’è una critica alla società che ha reso Harayama così, ma piuttosto un dubbio se siamo noi che stiamo regredendo e ci sembra impossibile che la felicità sia quella, oppure Harayama si è quasi rassegnato, ma direi accontentato di una vita semplice.
Perfect Days
In conclusione, “Perfect Days” è un film delicato che accarezza il cuore e lo accompagna all’interno della vita di Harayama, interpretato squisitamente da Yakusho. Il protagonista mette in crisi le certezze della nostra società, riflettendo su come la vita sia fatta di semplicità e piccole cose, risultando il più felice tra tutti i personaggi che incontra, il tutto guidato dalla regia magnifica di Wenders.
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Per informazioni ufficiali qui il sito di Lucky Red. Alla prossima recensione!
Recensione di “Dune parte 2”, il colossal di fantascienza del 2024 di Villeneuve, con protagonista Chalamet, tratto dai romanzi di Herbert
Le aspettative per questo film erano davvero alte, per una serie di motivi: il regista, il romanzo blasonato, gli accostamenti con la monumentalità del Signore degli Anelli. Dopo la visione in sala posso ritenermi molto soddisfatto del lavoro di Villeneuve, che è riuscito a portare al cinema un film maestoso dall’epicità incredibile.
Dopo un primo capitolo incentrato soprattutto sul worldbuilding complesso dell’universo di Dune, in questo ci si concentra più su una narrazione distesa, sempre dando molta importanza al lato tecnico. Seppur paia non succeda quasi nulla in 2h46 di film, in realtà ci si concentra più sulla psicologia dei personaggi, sviluppandosi meglio le relazioni e i caratteri.
La narrazione amplia la mitologia dei Fremen e dà spazio anche alla casata Arkonnen, di cui conosciamo meglio gli intrighi. La comprensione maggiore dei rapporti e dei meccanismi che regolano gli equilibri dell’universo conduce lo spettatore all’incertezza continua dei comportamenti dei personaggi, i cui fini sono sempre altri.
L’emblema di ciò è Paul, già nella prima parte dipinto come un personaggio positivo ma ambiguo, in questa second aparte assume ancora più sfumature oscure, finendo quasi per diventare un tiranno che persegue la sua sete di potere sfruttando la fede di un popolo a cui è rimasta solo la speranza.
Quella del Muad’Dib è una storiella raccontata ai Fremen, in realtà è una figura che allevano, non che giunge. E Paul, accecato dalla sete di vendetta per il padre, traviato dall’influenza della madre e incitato dai Fremen, coniuga sapientemente le volontà del popolo del deserto mosso dall’emotività della fede e i suoi scopi personali per perseguire ideali come l’onore e il potere. L’impianto tecnico portato in sala è la trama tessuta dalla pellicola conferiscono al film una epicità singolare. Lo spettatore rimane incollato ed estasiato per tutto il film e il minutaggio non pesa minimamente.
Il finale a tratti anticlimatico che si risolve in pochi minuti dimostra come l’intento del film non sia di replicare una battaglia eroica e avvincente di cui abbiamo solo alcuni assaggi, una battaglia dei campi di Pelennor, ma sia quello di raccontare la storia di un popolo che compie un’impresa epica grazie alle narrazioni religiose che si autoalimentano.
dune part two review
In conclusione, un film maestoso che mette in scena l’ascesa di Paul alla guida del popolo Fremen oscurando il suo personaggio tanto da non capire più se sai positivo o negativo. L’impianto tecnico stupefacente immerge lo spettatore nel deserto di Dune ampliandone la mitologia e sviscerando gli intrighi politici con colpi di scena inaspettati, dando maggior attenzione alla psicologia dei personaggi. Supera il precedente facendo ben sperare in una parte tre ancora migliore.
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Per informazioni ufficiali qui il sito di Warner Bros.
Un rapido viaggio, tra alti e bassi, attraverso i sedici titoli principali di una delle più prolifiche e maestose saghe videoludiche di sempre, in attesa di Final Fantasy VII Rebirth.
PROLOGO 7
Sette è un numero di gran peso. Sette sono i giorni della settimana; le note musicali; i vizi capitali; i colli di Roma; le Champions League vinte dal Milan ma, prima di tutto, sette sono le persone che contribuirono alla nascita del primo Final Fantasy. Tutto comincia a Tokyo nel 1986, quando Masafumi Miyamoto distacca dall’azienda del padre la piccola divisione che si occupa in maniera semi amatoriale di videogiochi, chiamata Square. Insieme a Miyamoto ci sono Hisashi Suzuki, suo braccio destro; Hiromichi Tanaka e, in particolare, Hironobu Sakaguchi. È Sakaguchi, appassionato di giochi di ruolo occidentali per PC come Wizardry e Ultima, a insistere nel creare un rpg. Futuro rivale del clamoroso Dragon Quest, uscito proprio nel 1986.
Hironobu Sakaguchi e Hiromichi Tanaka nel 1984.
Sakaguchi riunisce all’inizio un team principale di sette persone, numero destinato a crescere durante lo sviluppo. Oltre al programmatore Nasir Gebelli e il designer Koichi Ishii altri nomi degni di nota sono quelli di Nobuo Uematsu e Yoshitaka Amano. Il primo è il genio dietro la leggendaria colonna sonora della saga. Il secondo un artista dallo stile unico e inconfondibile. La risposta di Square al maestro Akira Toriyama, che ha invece prestato il suo talento a Enix, la software house dietro lo sviluppo di Dragon Quest. Sakaguchi è ora pronto a realizzare la fantasia finale.
Hironobu Sakaguchi, Yoshitaka Amano e Nobuo Uematsu.
PARTE I La trilogia NES, una scommessa vincente
Dicembre 1987, esce in Giappone Final Fantasy per la console Famicon di Nintendo, in seguito conosciuta come NES. Oggi viene quasi istintivo paragonare l’originale Final Fantasy ad un dungeon crawler più che a un jrpg classico. Questo avviene perché la difficoltà settata verso l’alto, la necessità di ponderare con cura l’uso delle risorse, i combattimenti punitivi e la progressione costituita da: città, dungeon, città, dungeon ecc sono prerogative di quel sottogenere. Eppure l’anima da jrpg è ben presente, anzitutto nella narrativa. Nulla di rivoluzionario, sia chiaro, ma già col primo capitolo iniziano ad apparire tematiche comuni a buona parte dei titoli futuri, come i cristalli e il twist finale che spesso sfocia nella fantascienza. Il combat system prevede dei combattimenti a turni con visuale laterale. Una grossa novità del genere che invece è solito in quel periodo mostrare gli scontri in prima persona.
L’immortale schermata d’avvio del primo Final Fantasy.
L’accessibilità è inesistente, tant’è che molte informazioni basilari sono contenute nel manuale di istruzioni, tra cui le mappe dei dungeon, le statistiche degli equipaggiamenti e le descrizioni degli effetti delle magie, non presenti all’interno del gioco per via del ridotto spazio sulla cartuccia. La scommessa di Sakaguchi si rivela un successo, vengono distribuite in Giappone ben 520 mila copie contro le 200 mila pronosticate inizialmente. Le porte per un sequel sono dunque spalancate.
La possibilità di vedere lateralmente i propri eroi alle prese con numerosi nemici fu rivoluzionaria.
Il secondo Final Fantasy (1988) è noto per essere la pecora nera dei primi titoli del franchise. Il combat system si basa su una meccanica che su carta funziona bene. Tant’è che è stata ripresa, rifinita e migliorata in SaGa, altra serie di jrpg molto popolare. Nel concreto però lascia abbastanza a desiderare, soprattutto perché si impegna poco per farsi capire dal giocatore. La meccanica si basa sul fare esperienza tramite pratica, un sistema visto in epoca moderna anche in Skyrim. Esempio: più spesso usi magie più la statistica legata ad esse incrementa e via discorrendo. Bilanciare una meccanica simile non è cosa facile, difatti non ci riescono. Nonostante sia stato il primo a introdurre elementi ricorrenti nell’immaginario della serie come i Chocobo e una narrativa più matura (per la prima volta si parla di ribelli contro un impero, tematica ispirata da Star Wars e ripresa più volte all’interno della saga) Final Fantasy II è raro che venga citato tra i preferiti.
Copertina di Final Fantasy II disegnata da Yoshitaka Amano.
Lo stesso dicasi per Final Fantasy III (1990), seppur per motivi diversi. Questo capitolo invero è abbastanza anonimo, fa il minimo indispensabile, inizia ad introdurre in maniera più approfondita i Jobs (le classi nei FF), i moguri e poco altro. Per quanto riguarda la trama fa perfino un passo indietro rispetto a FFII. Questo però non sembra frenare Square e tanto meno le vendite; lo spazio sulle cartucce del NES comincia a farsi sempre più stretto ma per fortuna entra in scena una nuova console.
Per quanto grandi fossero gli sforzi fatti da Square per migliorare la grafica, è evidente quanto si necessitasse di maggior spazio sulle cartucce.
PARTE II La trilogia SNES, la fantasia finale prende forma
Sembra strano da dire considerando che si parla del quarto capitolo, ma Final Fantasy IV (uscito in Giappone nel 1991 sulla nuova console Nintendo, lo SNES) è a tutti gli effetti il primo vero Final Fantasy. Ogni cosa che diventerà celebre di questa serie è qui contenuta: personaggi memorabili (per la prima volta i protagonisti hanno nomi predefiniti), boss fight visivamente fuori scala, plot twist e narrativa integrata al gameplay, a tratti contorta ma di forte impatto, un gameplay a sua volta trascinante e tanto, tanto altro.
Lo SNES permise di ottenere degli sprites e degli sfondi ancora più belli e dettagliati.
Final Fantasy IV è anche il primo titolo ad introdurre l’ATB (Active Time Battle), controversa meccanica che da questo momento in poi affliggerà i giochi principali fino al ritorno dei turni classici con Final Fantasy X, per poi evolversi in qualcosa di meglio definito nei titoli a seguire. Spiegata in breve: ogni personaggio è dotato di una barra che si riempie nel tempo, una volta piena è possibile agire. Parliamoci chiaro, la meccanica dell’ATB nei giochi classici non ha mai funzionato a dovere. Sebbene si prefiggesse l’obbiettivo di rendere dinamici i combattimenti, paradossale che sia, li rallentava. Questo lo si noterà in particolare con Final Fantasy IX. Senza considerare che ai tempi di Final Fantasy IV neppure era visibile la barra dell’ATB, quindi immaginate la confusione e la frustrazione quando entravano in gioco incantesimi come Haste o Slow.
La luna, una delle ambientazioni più memorabili di Final Fantasy IV.
Final Fantasy V (1992) è quasi per certo il capitolo per SNES più sottovalutato, se è vero che la narrativa non raggiunge i picchi del predecessore, lato gameplay risulta anzi un’esperienza incredibile. In special modo grazie al suo Job System che è tutt’ora il migliore della serie (Final Fantasy Tactics, Final Fantasy X-2 e Final Fantasy XII nella versione Zodiac sono altri esempi di Job System fatti bene). Per non parlare poi dei dungeon, tutti ben diversificati e dalla varietà pazzesca.
Insieme a Final Fantasy VI il quinto capitolo è quello che più consiglio di giocare tramite la Pixel Remaster.
2 aprile 1994, in Giappone esce una pietra miliare del genere, Final Fantasy VI. Sakaguchi si fa da parte, a dirigere questo capitolo sono Yoshinori Kitase e Hiroyuki Ito. Dal fantasy classico che strizza l’occhio a Dungeons & Dragons si passa allo steampunk. Città moderne, lo scontro e l’incontro tra tecnologia e magia, tematiche più spietate e colpi di scena che sono ancora oggi scolpite nella storia dei videogiochi. Sono solo alcuni degli ingredienti che compongono la ricetta di un jrpg leggendario.
Una volta a bordo della Falcon nulla è come prima.
I personaggi giocabili sono numerosi, tutti caratterizzati a dovere, tant’è che non esiste un vero e proprio protagonista, ognuno lo è a modo suo. E poi c’è Kefka Palazzo che insieme all’antagonista del prossimo capitolo, è il villain più iconico dell’intera saga, uno psicopatico capace dei crimini più efferati. Uematsu alla colonna sonora regala dei brani senza tempo, come Searching for Friends. Il gameplay sfortunatamente fa un passo indietro di troppo rispetto alla narrativa, si abbandona il Job System e si rende il tutto più lineare, dungeon compresi, che non raggiungono la diversità vista in Final Fantasy V. Consiglio caldamente di recuperare la versione Pixel Remaster a chi non l’ha mai giocato.
La barra dell’ATB è finalmente visibile ma quello che risalta maggiormente è la bellezza grafica, l’apice della serie su SNES.
PARTE III La trilogia PS1, anche l’Europa scopre Final Fantasy, e se ne innamora
Sette, dicevo all’inizio, è un numero importante. Final Fantasy VII (1997) rompe il sodalizio tra Square e Nintendo, esce per PlayStation, la prima console Sony, e sconvolge il mondo. Prima di questo capitolo nessun Final Fantasy è mai giunto in Europa (alcuni neppure negli USA). Altra novità devastante è l’abbandono della pixel art in favore di personaggi in grafica 3D su sfondi pre-renderizzati, l’inverso di ciò che accade con un altro capolavoro dell’epoca, Xenogears.
Immaginate l’impatto che ebbe questa schermata sui giocatori degli anni 90.
La campagna promozionale è qualcosa di mai visto prima: Sony investe milioni di dollari in un marketing aggressivo. La stessa Nintendo che ancora fa uso di cartucce (motivo principale del passaggio a Sony da parte di Square) viene presa di mira con una celebre pubblicità che potete vedere qui sotto.
Era finito il tempo delle mele per Nintendo.
Così come è folle la campagna pubblicitaria, folle è anche lo sviluppo vero e proprio. Il passaggio al 3D necessita di uno sforzo considerevole. Molte decisioni vengono prese durante telefonate casuali, chiacchierate tra i corridoi o negli spazi per fumatori. Tutti contribuiscono a tutto, un modo di fare videogiochi che oggi, scena indie esclusa, è purtroppo impossibile da replicare.
Alcuni sviluppatori di Square al lavoro.
Sebbene la direzione del progetto sia stata affidata a Kitase e a Kazushige Nojima, è un giovane membro di Square a brillare in particolar modo: Tetsuya Nomura. Il character design iconico è frutto del suo lavoro e da questo capitolo in poi acquisirà sempre più importanza, sia nel franchise che in Square. Amano lavora invece al world building e all’iconica copertina poiché il suo stile poco si presta all’ambientazione maggiormente sci-fi e steampunk di questo capitolo.
Hironobu Sakaguchi e Tetsuya Nomura
Le vicende di Cloud, Aerith e del tenebroso Sephiroth lasciano un segno indelebile nell’industria dei videogiochi. Da questo capitolo nascono spin-off, prequel, film, romanzi, una miriade di gadget (tutto facente parte della cosiddetta Compilation) e ora ci apprestiamo a giocare la seconda parte del suo remake/reboot/sequel: Final Fantasy VII Rebirth, in uscita domani 29 febbraio.
Final Fantasy VII Rebirth ha un grosso fardello sulle spalle.
Final Fantasy VIII (1999), d’altro canto, è forse il meno riuscito della trilogia PS1. La storia ruota attorno a una coppia di adolescenti, uno l’antitesi dell’altro, eppure innamorati. Il contesto moderno, scolastico e militare sono interessanti, ma meccaniche astruse e grezze come il Junction System lo rendono un titolo condannato ad essere l’amore di pochi. Degni di nota sono il minigioco Triple Triad, gli sfondi pre-renderizzati, bellissimi, e un miglioramento generale del 3D, un decisivo passo in avanti rispetto a Final Fantasy VII. È anche il primo capitolo della serie ad essere tradotto in italiano.
Final Fantasy VIII fu il primo dei FF a rendere fulcro dell’esperienza l’elemento romantico.
All’alba del nuovo secolo esce Final Fantasy IX (2000), una vera e propria lettera d’amore al franchise. Uematsu si lascia talmente coinvolgere dal progetto che, pensate, compone ben 160 brani per il gioco. Il 3D è il migliore della trilogia, ma lo stile cartoon fa storcere il naso a chi si è abituato al “realismo” e alla seriosità dei suoi due predecessori. Si torna infatti al fantasy più puro, sebbene nella parte finale la trama vada a farsi benedire inserendo elementi sci-fi evitabili. Nonostante la lentezza del combat system il gioco è splendido e completo di tutto ciò che ha reso unica la serie. Non a caso è il preferito di Sakaguchi, che da ora in avanti sarà un mero supervisore, preferendo concentrarsi su un’altra sua grande passione, il cinema. (Non l’avesse mai fatto…)
Vivi è a mani basse il miglior personaggio di Final Fantasy IX e non solo.
PARTE IV La trilogia PS2, tra miracoli tecnici e occasioni mancate
Sarò onesto con voi, amo e odio Final Fantasy X (2001). Amo il gameplay. Il suo sistema a turni (niente ATB, evviva) è quasi perfetto, e la Sferografia è un sistema di progressione assuefacente. Viceversa trovo la storia melensa in maniera forzata ed eccessiva, con uno dei protagonisti più odiosi mai visti prima. Aggravato da un doppiaggio inglese che può essere difeso e apprezzato solo da chi detesta la propria capacità uditiva. Ma lasciando perdere le mie considerazioni prive di valenza alcuna, parliamo un attimo di quanto sia stato importante questo titolo. Siamo su una nuova console, potentissima, e Square vuole tirare fuori il massimo da essa, e ci riesce, eccome se ci riesce. Ancora oggi alcuni scenari sono da pelle d’oca, complice anche la particolare e riuscitissima scelta di ambientarlo in un contesto ispirato al sud-est asiatico.
La possibilità di vedere e manipolare i turni, tramite abilità e magie, è una componente fondamentale del combat system.
La storia parte con delle ottime premesse, Sin è un villain atipico e funziona alla grande. Quello che non funziona, a parer mio, è la storia d’amore tra Tidus e Yuna. Lei è una ragazza evidentemente limitata in qualche modo, dato che non è possibile per nessuna ragione al mondo innamorarsi di quell’imbecille. Ma a Square vogliono che tu creda a questa storia d’amore, investono una valanga di denaro in alcune delle scene in cgi più belle del franchise (lo riconosco senza problemi) eppure risulta tutto così finto, così tirato. Capisco, malgrado ciò, un adolescente che mette mano a questo titolo cosa possa provare e capisco anche l’estremo successo del titolo, non a caso è il primo Final Fantasy ad avere un vero e proprio sequel, Final Fantasy X-2 (anche questo dal buonissimo gameplay e dalla storia trascurabile).
I filmati in cgi di Final Fantasy X sono meravigliosi.
Non mi dilungherò molto su Final Fantasy XI (uscito per PS2 e PC nel 2002), sia perché non ho avuto la fortuna di giocarlo, sia perché preferisco spendere qualche parola in più sul suo successore spirituale, Final Fantasy XIV. Detto ciò, l’undicesimo capitolo della serie è un mmorpg e, nonostante questo, incarna perfettamente tutti i canoni del franchise. Per molti anni è stata una sicura e stabile fonte di incasso per Square. Per ovvi motivi, è il primo FF a non avere un sistema di combattimento a turni.
I mmorpg sono forse il genere più rischioso su cui lavorare, ma a Square con Final Fantasy XI andò bene.
Final Fantasy XII (2006) è il primo FF pubblicato da Square Enix, società nata dalla fusione delle due storiche rivali. Ma è anche un titolo sfortunato, e non sarà l’unico da ora in poi. Ogni Final Fantasy è un’opera a se stante, per questo le critiche dei “fan di vecchia data” al recente Final Fantasy XVI sono prive di fondamento. Ciascun capitolo riflette la fantasia di chi lo realizza, nel bene e nel male. Eppure si sa, i cambiamenti, se non accompagnati da una valanga di critiche, non sono veri cambiamenti. E Final Fantasy XII ne ha ricevute parecchie di critiche. Questo capitolo difatti si avvicina al gameplay del suo predecessore mmorpg, pur contestualizzando il tutto in un’esperienza per giocatore singolo. La meravigliosa e mai più sfruttata meccanica del Gambit, che permette di impostare come si preferisce l’ia dei membri del party, supplisce all’assenza di compagni mossi da giocatori veri.
Final Fantasy XII abbandona i corridoi visti nel decimo capitolo e propone al giocatore aree più ampie, sebbene non ricche di contenuto.
Si torna ad un sistema di progressione simile alla Sferografia di FFX ma più variegato, la License Board. Questa viene poi modificata ed espansa ulteriormente con la differenziazione tra Jobs nella versione International prima, e in quella Zodiac poi. Il coinvolgimento per ciò che concerne la narrativa di Yasumi Matsuno (director del capolavoro Final Fantasy Tactics) si percepisce, così come si nota il suo abbandono a metà del progetto. Final Fantasy XII brilla per il world building ma tutto il resto è lasciato acerbo. Non a caso è l’unico titolo della serie la cui trama non ruota attorno ai personaggi, bensì agli eventi che accadono nel mondo di Ivalice.
Sebbene siano interessanti, i protagonisti non vengono sviluppati a dovere, addirittura alcuni di essi non interagiscono MAI tra di loro per tutta la durata del gioco.
PARTE V La trilogia della confusione, quando il peggior fallimento di Square Enix salva baracca e burattini
“Grande è la confusione sotto il cielo quindi la situazione è eccellente” diceva Mao Zedong. Peccato che di eccellente tra alcuni dei prossimi titoli ci sia stato ben poco. Final Fantasy XIII (2009), pubblicato sulle nuove console PS3, Xbox 360 oltre che su PC, si rivela mastodontico dal punto di vista tecnico e… poco altro. Il gameplay è estremamente limitato in se stesso, i corridoi di Final Fantasy X a confronto sembrano un open world, e la narrativa è mediocre a dire poco, con buona parte delle informazioni relegate a un noiosissimo codex e dei personaggi principali osceni. Il setting interamente sci-fi non è sfruttato a dovere. Square Enix prova a rattoppare il tutto con ben due sequel ma nessuno oggi ha il coraggio di citare questo capitolo come il proprio preferito. Credo.
Graficamente Final Fantasy XIII era fuori scala.
Final Fantasy XIV (2010) è il secondo mmorpg targato FF. All’uscita è un disastro di dimensioni apocalittiche. Quasi nulla viene salvato dai giocatori, abituati a ben altri titoli. La situazione è tragica ma Square Enix affida il progetto a un uomo fino a quel momento sconosciuto al grande pubblico, un tale Naoki Yoshida. Nel 2012 il mondo di quel mmorpg viene disintegrato e uno nuovo sorge sulle sue ceneri. Ecco che viene pubblicato Final Fantasy XIV: A Realm Reborn (2013) quello che, ancora oggi, è con ogni probabilità il miglior mmorpg in circolazione. Un’enciclopedia vera e propria dell’intero franchise, un gioco in continua espansione con una community attivissima (siamo a quota 30 milioni di giocatori!) e un supporto costante. Grazie a Yoshida e al suo miracoloso Final Fantasy XIV: A Realm Reborn la software house ha un’entrata fissa di denaro e una sicurezza che gli permette, inoltre, di sopportare il caos che da lì a poco sarebbe giunto.
Non fate l’errore di pensare che, essendo un mmorpg, non abbia chissà quale trama. FFXIV riesce ad essere eccezionale anche in quello.
Final Fantasy XV (2016) è una tragedia. Lo è nelle intenzioni e lo è nel risultato. Figlio di un processo lungo e contorto che si avvia ai tempi di Final Fantasy XIII è oggi un monito su come non vanno fatte le cose. Monito che Final Fantasy XVI ha preso a cuore. Se la Compilation di Final Fantasy VII funziona (a modo suo) è perché viene concepita a partire da un’opera capace di reggersi in piedi da sola. Con Final Fantasy XV siamo inondati di prodotti collaterali (come un film in cgi e una serie animata) ancor prima di avere tra le mani il gioco vero e proprio, che a sua volta si rivela poi incompleto. Le potenzialità ci sono, sia nel world building che nei personaggi, ma nulla viene approfondito a dovere. E via di DLC, alcuni escono a fatica, altri vengono cancellati, altri sono un contentino che non basta. Così il capitolo Final Fantasy XV si chiude con amarezza, lasciando immaginare ai fan quello che sarebbe potuto essere e che mai sarà.
FFXV è un’esperienza tutto sommato tollerabile ma lontanissima da ciò che sarebbe potuta e dovuta essere.
EPILOGO Presente e Futuro
Eccoci giunti alla fine di questo lungo viaggio. Final Fantasy XVI(uscito su PS5 nel 2023), è l’ultimo della serie, e ha diviso i fan come pochi altri capitoli hanno fatto. Alcuni non lo considerano neanche un Final Fantasy. C’è da dire che la piega totalmente action fa strano se si è abituati ai giochi a turni, eppure la vera natura dei Final Fantasy è proprio questa, la loro eccentricità. Ci vuole coraggio a reinventarsi ogni volta, forse questa volta si è andati un po’ troppo oltre. Ma Yoshida, director di questo sedicesimo capitolo, le idee chiare le ha comunque avute, e si vede. La storia di Final Fantasy XVI è tra le migliori del franchise, la più cupa e adulta in assoluto e merita certamente un posto su un eventuale podio. E adesso? Cosa accadrà a Final Fantasy? Si farà un passo indietro? Si spingerà ancora di più sull’action? Final Fantasy VII Rebirth sarà lo standard da ora in avanti o è solo una parentesi? Domande a cui io non posso rispondere al momento, ma a cui risponderò in futuro non appena avrò giocato le prossime fantasie finali di Square Enix.
Alcune boss fight di Final Fantasy XVI sono tra le migliori mai viste in un videogioco.
Pur non avendo rivelato niente di ufficiale, sono tante le informazioni che abbiamo sulla Nintendo Switch 2, ecco tutte qui per voi!
Nintendo, notoriamente riservata, finora non ha detto nulla – o quasi – in via ufficiale sulla sua prossima console. Mentre Nintendo Switch si avvicina al suo settimo compleanno, nel marzo 2024, è naturale chiedersi quanto durerà ancora: sette anni è la durata tipica di una generazione di console, le vendite di Switch sono in rapido calo e la tecnologia che alimenta la console sta mostrando la sua età. Ma Nintendo ha rifiutato categoricamente di rispondere a domande sulla ipotetica nuova Nintendo Switch 2.
Dietro le quinte, tuttavia, Nintendo si sta preparando per l’uscita della sua nuova macchina, informando i suoi partner e rilasciando kit di sviluppo. Le informazioni hanno iniziato a trapelare e si è delineato un quadro della forma che assumerà la console, così come di quando potremo sentirne parlare e di quando potremo acquistarla.
Non sorprende che Nintendo stia procedendo con cautela. La Switch ha avuto un enorme successo – è la terza console più venduta di tutti i tempi, dietro solo alla PlayStation 2 e alla console portatile DS di Nintendo – e questo rappresenta allo stesso tempo una grande opportunità e un grande rischio. Storicamente, Nintendo ha faticato a seguire i suoi formati più popolari: Wii e DS sono stati seguiti dal flop di Wii U e dalla relativa delusione (in termini di vendite) del 3DS. L’abituale insistenza di Nintendo sull’innovazione dell’hardware si è rivelata altrettanto probabile che alienare il suo pubblico che trovarne uno nuovo. Nintendo romperà con la propria tradizione e seguirà lo Switch con una versione più potente della stessa formula, o proverà a fare qualcosa di diverso?
QUALI SONO LE ULTIME NOTIZIE SULLA SWITCH 2?
Sebbene le prime notizie indicassero un’uscita nell’autunno del 2024 per la Switch 2, una nuova serie di notizie del febbraio 2024 sostiene che Nintendo punterà in realtà a una data di uscita all’inizio del 2025. Tuttavia, Nintendo non ha fatto alcun annuncio ufficiale.
Secondo un rapporto Reuters sui piani futuri di Nvidia, la prossima console di Nintendo utilizzerà “probabilmente” un chip Nvidia progettato su misura piuttosto che un processore standard. In questo modo le due aziende continuerebbero a collaborare dopo che la Switch era basata sul chip mobile Tegra X1 di Nvidia. Il rapporto non contiene altri dettagli, se non l’ulteriore conferma che l’uscita della console è prevista per quest’anno.
Tuttavia, la comunità del gossip tecnologico aveva già identificato il chip in questione alcuni mesi fa. Come riportato in questo rapporto di Digital Foundry del novembre 2023, le fughe di notizie e altre prove indicano che Switch 2 utilizzerà il T239, una versione fortemente personalizzata del chipset T234 di Nvidia, utilizzato nella robotica e nelle configurazioni automobilistiche. Il T239 è abbinato a un’unità grafica personalizzata basata sull’architettura Ampere di Nvidia. Sembra una tecnologia sorprendentemente ambiziosa, potenzialmente in grado di supportare funzioni come il ray-tracing e con la potenza di apprendimento automatico per poter utilizzare la tecnologia di upscaling DLSS per aumentare le prestazioni. Questo è coerente, più o meno, con quanto riportato dalla Gamescom 2023, secondo cui l’hardware di Switch 2 è stato presentato con la demo di Epic The Matrix Awakens Unreal tech con ray-tracing e DLSS abilitati.
LA CONSOLE NEXT-GEN DI NINTENDO SI CHIAMERÀ SWITCH 2?
Per quanto riguarda il nome, la risposta è che non lo sappiamo. Vale la pena notare che Nintendo non ha mai chiamato le sue console in sequenza numerica, anche quando si trattava di seguiti diretti di una generazione precedente, come il Super Nintendo Entertainment System, il Game Boy Advance e il Nintendo 3DS. Super Nintendo Switch (o Super Switch!) suona bene, secondo noi. Ma per il momento, “Switch 2” è un’abbreviazione utile e la useremo in questo articolo.
SWITCH 2 SARÀ UNA CONSOLE PORTATILE IBRIDA, COME SWITCH?
La risposta sembra essere sì. Secondo quanto riportato di recente da VGC, che cita diverse fonti dopo l’arrivo dei dev kit presso gli studi partner, la console “potrà essere utilizzata in modalità portatile, come la Nintendo Switch”.
Non si sa ancora se la console sarà dotata di controller Joy-Con staccabili come la Switch o se avrà una variante solo portatile come la Switch Lite. Ma i primi segnali indicano che Nintendo è intenzionata a seguire da vicino le orme della Switch, che ha venduto oltre 120 milioni di copie.
Potrebbe però essere un po’ più grande. Secondo un rapporto del 2024 di un analista giapponese, la console avrà uno schermo da 8 pollici, rispetto ai 6,2 pollici della Switch originale e ai 7 pollici del modello Switch OLED.
QUAL È LA DATA DI USCITA DELLA SWITCH 2?
Nintendo non ha indicato la data di uscita della Switch 2, ma abbiamo qualche indizio.
In origine, diverse fonti hanno riportato che il debutto della console era previsto per la seconda metà del 2024. Tuttavia, nuove voci suggeriscono che Nintendo potrebbe puntare a una data di uscita nel primo trimestre del 2025.
Il giornalista brasiliano Pedro Henrique Lutti Lippe ha originariamente dato la notizia, affermando che diverse fonti hanno detto di essere al lavoro su giochi che dovrebbero essere lanciati insieme alla Switch 2. Sia Eurogamer che VGC hanno ricevuto affermazioni simili dalle loro fonti.
Sebbene si tratti di una notizia più tardiva di quanto ci aspettassimo, si inserisce in un’intervista dell’ottobre 2023 con il presidente di Nintendo Shuntaro Furukawa, il quale ha ribadito che l’azienda rimarrà concentrata su Switch fino alla fine dell’attuale anno fiscale di Nintendo, nel marzo 2024, e ha aggiunto che continuerà a supportare Switch con nuovi titoli nell’anno fiscale successivo. Il passaggio da “focus” a “supporto” per Switch implica che una nuova console sarà lanciata nel prossimo anno fiscale di Nintendo, quindi tra aprile 2024 e marzo 2025.
Ciò è in linea con quanto sappiamo sul calo delle vendite di Switch, sulla fase di sviluppo della console da parte di Nintendo e sul programma di uscita dei giochi per Switch. In precedenza Nintendo aveva escluso l’uscita di una nuova console prima della fine di marzo 2024, mentre ora i giochi per Switch sono programmati fino all’estate 2024; l’ultima uscita prevista è Luigi’s Mansion 2 HD, che è stato inserito nell’estate 2024. (Vale anche la pena di notare che il remake recentemente annunciato di Paper Mario: The Thousand-Year Door non ha una data di uscita più precisa del “2024”).
Questo significa che la Switch 2 non sarà disponibile per le festività del 2024, ma, secondo le fonti di VGC, darà all’azienda più tempo per accumulare alcuni titoli first-party.
QUANTO SARÀ POTENTE LO SWITCH 2? SARÀ IN GRADO DI GIOCARE AI NUOVI GIOCHI AAA?
Grazie alle battaglie legali di Microsoft per l’acquisizione di Activision Blizzard e ai resoconti delle demo fornite da Nintendo ai partner alla Gamescom, stiamo iniziando a farci un’idea di quanto sarà potente l’hardware dello Switch 2.
Le e-mail interne rilasciate nell’ambito della causa FTC contro Microsoft hanno rivelato che i dirigenti di Activision si sono incontrati con Nintendo nel dicembre 2022 per discutere della console, e ne sono usciti con l’impressione che le prestazioni sarebbero state vicine a quelle delle “piattaforme Gen8” – in altre parole, PlayStation 4 e Xbox One. (L’amministratore delegato di Activision Blizzard Bobby Kotick ha successivamente dichiarato di non aver visto le specifiche tecniche della macchina).
Semmai, il paragone con la “Gen8” sembra sminuire le capacità della Switch 2. Secondo quanto riportato da Eurogamer e VGC sulle demo della Gamescom a porte chiuse, Nintendo ha mostrato un hardware con le specifiche della console che eseguiva la tech demo dell’Unreal Engine 5 di The Matrix Awakens con ray tracing abilitato e “immagini paragonabili alle console current-gen di Sony e Microsoft”.
Questo non significa che la Switch 2 sarà potente come la PlayStation 5 e la Xbox Series X. È probabile invece che Nintendo stia utilizzando tecniche intelligenti per ridurre la richiesta di un processore grafico meno potente. VGC ha riferito che la demo è stata eseguita utilizzando l’avanzata tecnologia di upscaling DLSS di Nvidia, che utilizza l’intelligenza artificiale per aumentare la risoluzione dell’immagine, rendendo più facile per gli sviluppatori ottimizzare le prestazioni e la grafica su hardware più debole abbassando le impostazioni di risoluzione interne.
Tuttavia, la menzione di Unreal Engine 5 – che si sta affermando come motore standard del settore, mirato all’hardware delle console attuali – insieme a DLSS e ray tracing suggerisce che Nintendo è intenzionata ad avvicinarsi a PS5 e Xbox Series X in termini di prestazioni, e forse a rendere più fattibile per gli sviluppatori il porting delle loro release per console domestiche su Switch 2.
Sempre alla Gamescom, è stata mostrata una versione speciale e migliorata di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, che gira a una risoluzione e a un frame rate più elevati rispetto a quelli di Switch.
La Switch 2, tuttavia, subirà un declassamento tecnologico: Secondo quanto riferito, la console sarà dotata di uno schermo LCD, a differenza dello schermo OLED visto nell’attuale modello di Switch top di gamma, come misura di riduzione dei costi.
LA SWITCH 2 SARÀ COMPATIBILE CON IL PASSATO?
Questa è la grande domanda, con molti utenti che sperano – o si aspettano – di portare le loro librerie di giochi alla prossima console Nintendo, come è diventato normale con le ultime generazioni di console Xbox e PlayStation. La risposta rimane sconosciuta e non è nemmeno facile da prevedere.
Il rapporto di VGC afferma che la retrocompatibilità della macchina “rimane poco chiara”. Alcuni editori di terze parti sarebbero preoccupati per il potenziale impatto sulle vendite di titoli next-gen se la macchina è retrocompatibile. Da parte sua, Nintendo ha dichiarato (in un raro commento ufficiale) che spera di portare gli utenti di Switch sulla nuova piattaforma con i loro account Nintendo; se il sistema di account Nintendo persiste, questo in teoria renderebbe facile per gli utenti accedere agli acquisti precedenti. Ma questo non significa che la console sia tecnicamente in grado di farlo.
Nintendo ha una discreta, se non impeccabile, esperienza nel supporto della retrocompatibilità. La Wii riproduceva i giochi del GameCube e la Wii U quelli della Wii; il Game Boy Advance era retrocompatibile con il Game Boy e il 3DS con il DS. Ma la Switch, con il suo nuovo formato di cartuccia, ha dato un taglio netto al passato e Nintendo ha guadagnato una fortuna con la ristampa dei giochi Wii U sulla macchina, in particolare con Mario Kart 8 Deluxe, che ha venduto 55 milioni di copie.
A conti fatti, a patto che la macchina utilizzi lo stesso formato per le uscite fisiche, i precedenti di Nintendo suggeriscono che renderà la Switch 2 retrocompatibile. Tuttavia, rimangono ostacoli tecnici all’implementazione della retrocompatibilità e molto dipenderà dall’architettura del chip che Nintendo ha scelto per la Switch 2, che al momento non è nota.
LA SWITCH 2 SARA’ SOLO DIGITALE O I GIOCHI SARANNO VENDUTI SU CARTUCCIA (O DISCO)?
Tra tutti i produttori di console, i legami di Nintendo con il settore della vendita al dettaglio sono forse i più forti, persino di quelli di Sony, per cui è estremamente improbabile che Nintendo si dedichi esclusivamente al digitale per la Switch 2, anche se ciò sembrerebbe avere senso per una console portatile.
Infatti, il rapporto di VGC include il dettaglio che la nuova console avrà uno slot per le cartucce per le uscite fisiche. Questo è quanto di più vicino a una certezza assoluta per quanto riguarda la Switch 2, e si dà anche il caso che la macchina abbia un fattore di forma uguale o simile a quello della Switch, oltre ad aumentare la probabilità di retrocompatibilità.
QUALI GIOCHI SARANNO DISPONIBILI PER SWITCH 2?
Parlando della demo migliorata di Breath of the Wild, le fonti hanno tenuto a precisare che non c’è alcun suggerimento che una versione migliorata del gioco completo diventi un prodotto commerciale, anche se non sarebbe del tutto sorprendente se lo diventasse.
Il principale candidato per il lancio di Switch 2 è probabilmente Metroid Prime 4. Tra i giochi interni di Nintendo annunciati in precedenza, questo è l’unico a non avere una data di uscita, e Nintendo è stata molto silenziosa al riguardo negli ultimi tempi. Per questo motivo, un’uscita prima della seconda metà del 2024 sembra improbabile. Forse Nintendo lo renderà un gioco cross-gen per la Switch e il suo successore, come ha fatto con Breath of the Wild per Wii U/Switch e The Legend of Zelda: Twilight Princess per GameCube/Wii.
Oltre a Metroid Prime 4, ci sono due evidenti lacune nella lineup di Nintendo: un nuovo Mario Kart e un gioco di Super Mario in 3D. Non c’è stato un nuovo Mario Kart in oltre nove anni e, a parte la creazione di add-on per Mario Kart 8 Deluxe, il team di sviluppo di Mario Kart è rimasto in silenzio dall’uscita di Arms nel 2017. Il Deluxe ha venduto così tanto nel corso della vita della Switch che Nintendo non ha avuto un incentivo a rilasciare un sequel, ma una nuova piattaforma sembrerebbe presentare l’opportunità perfetta per Mario Kart 9.
Allo stesso modo, non c’è stato un nuovo gioco di Mario in 3D da Super Mario Odyssey del 2017. È scontato che ce ne sarà uno sulla prossima piattaforma di Nintendo; l’unica domanda è quando. Odyssey, come Mario Kart 8 Deluxe, è apparso durante il primo anno di vita della Switch; forse possiamo aspettarci una replica per la Switch 2.