RESIDENT EVIL VILLAGE: IL RE DEL SURVIVAL HORROR È TORNATO

La neve ammutolisce l’ambiente. Ovatta l’aria, cattura i rumori, immerge in un silenzio freddo e profondo. Un ramo che si spezza, un fruscio di vento nell’oscurità della notte gelida. Siamo soli, persi nella notte, confusi dai rumori di un bosco imperscrutabile. Ma alle prime luci di un Alba grigia e senza sole, finalmente lo troviamo: il villaggio. Senza forze, aggrappati ad una flebile speranza: nostra figlia è laggiù, fra le catapecchie all’ombra di quel castello inquietante. È il momento di scendere nel Villaggio, è il momento di rientrare nell’incubo.

Quando nel 2017 uscì Resident Evil 7, Capcom riuscì a rilanciare prepotentemente la sua saga horror nell’attenzione mediatica mondiale. La paura, l’ansia ed il terrore finalmente erano tornati a fare da cornice ad un titolo solido, profondo, divertente e ben realizzato. Da lì, un ritorno al passato, con ben 2 remake realizzati, ed un successo enorme. Ora, dopo aver resuscitato Resident Evil, Capcom si appresta al passo più difficile: andare avanti. Ci avrà convinto questo ottavo capitolo della saga horror per definizione? Scopriamolo insieme.

Resident Evil Village riprende a narrare la storia di Ethan Winters 3 anni dopo le vicende di Casa Baker. Ethan e Mia, sopravvissuti all’inferno in Louisiana, si sono rifatti una vita, hanno una splendida bambina, Rose, e vivono tranquilli in Europa, lontani dai ricordi di un incubo senza fine. Tutto però cambia, quando Chris Redfield torna nelle loro vite, portando via la piccola Rose, ed uccidendo Mia, per scopi apparentemente ignoti. Per recuperare sua figlia, Ethan dovrà addentrarsi in un oscuro villaggio sperduto tra le montagne est-europee, dove ad attenderlo, ci sono indicibili orrori. 

Gioco alla mano, Village ci fa capire subito che è figlio diretto di Resident Evil 7. La telecamera in prima persona ci fa tornare subito nei panni di Ethan, e le meccaniche di gioco sono rimaste pressoché invariate. Alcune piccole aggiunte però, come la possibilità di respingere i nemici dopo aver bloccato un attacco, permette di gestire molto meglio le fasi concitate di combattimento. In generale, muoversi nei panni di Ethan risulta essere molto più morbido rispetto al capitolo precedente, e le fasi di shooting sono molto più piacevoli e meno “meccaniche” rispetto al passato.

Fonte: Capcom

Ciò è un bene, poiché i nemici saranno decisamente inferociti  e pericolosi. Molto più veloce ed agguerrita infatti, la schiera di mostruosità che ci troveremo ad affrontare nel corso del gioco sarà davvero variegata, fra nemici comuni, mid-boss e boss veri e propri, andando così a risolvere la mancanza di varietà che Resident Evil 7 invece pativa. Fortunatamente, per difenderci avremo varie bocche da fuoco, molte nascoste nei meandri del villaggio, altre invece acquistabili dal secondo personaggio più importante del gioco: il Duca.

Questo bizzarro individuo sarà il mercante di Village, capace di venderci qualsivoglia strumento utile alla nostra causa, da progetti per costruire bombe, mine e munzioni, ad armi vere e proprie, fino ad upgrade per le stesse. Dal Duca sarà inoltre possibile potenziare il nostro armamentario, sfruttando i Lei, la valuta di gioco, ottenibile sia uccidendo i nemici, sia recuperando i numerosissimi tesori nascosti negli angoli più sperduti del mondo di gioco. Sempre il Duca potrà poi potenziare il nostro Ethan, preparandoci delle succulente ricette per cui noi dovremo recuperare i materiali: carne, pesce saranno infatti ottenibli cacciando la fauna del villaggio; nulla di complicato, ma una simpatica aggiunta senza dubbio.

Giocando il titolo inoltre, abbiamo fugato un altro dei dubbi che ci era salito nel corso dell’attesa: Village fa paura. Lo fa in maniera costante, in alcune fasi in maniera molto più marcata di altre, ma riesce sempre a mettere una tensione di fondo che non lascia (quasi) mai il giocatore, tranne nella parte finale dove, in classico stile Resident Evil, si dà all’azione più marcata. Le atmosfere del villaggio poi, a differenza di quelle di casa Baker, sono più variegate, passando dalle sfarzose sale del Castello Dimitrescu, alle vie nevose del villaggio, fino a luoghi che non vogliamo spoileravi per non rovinarvi la sorpresa.

Tecnicamente, il titolo si mostra in una forma invidiabile. Grazie al già apprezzatissimo RE Engine, il villaggio si mostra in tutta la sua oscura bellezza. La cura per i dettagli, la definizione ed il ray tracing si uniscono ad una fluidità quasi granitica a 60fps, per un gioco fluido e spettacolare, che ci regala un impatto visivo davvero magnifico.

Fonte: Capcom

Un plauso doveroso va fatto inoltre all’impianto narrativo del gioco. Se Resident Evil 7, per la sua natura di “soft-reboot” aveva pochi collegamenti con la trama passata di Resident Evil (anche se molto importanti e stretti), Village invece si pone in maniera davvero centrale in tutta la lore del mondo di Resident Evil. Senza fare alcuno spoiler, vi basti sapere che contiene delle rivelazioni enormi sia, ovviamente, sul capitolo precedente, ma anche sull’intera storia dietro alla serie del survival horror: sono davvero tante le sorprese  che vi attendono.

Village appare decisamente ispirato al quarto capitolo della serie: il villaggio, le sequenze più action, e la presenza del “mercante” sono tutti elementi che rimandano all’avventura di Leon Kennedy, ma  al tempo stesso esalta anche l’aspetto puramente esplorativo e “survival” tipico dei primi 3 capitoli. Ci ritroveremo a passare più volte dalle stesse zone, alla ricerca dei tantissimi segreti nascosti e raggiungibili solamente ottenuto quell’oggetto o quella specifica chiave che ci aprirà una via prima chiusa. Il backtracking tipico di Resident Evil qua viene esaltato e diventa non solo parte centrale dell’avventura, ma una parte decisamente soddisfacente.

Per concludere, Resident Evil Village risulta essere una notevole evoluzione del precedente capitolo. Village è un titolo curato al dettaglio, complesso e soddisfacente, che nonostante incappi in qualche problema di bilanciamento fra le fasi action, quelle horror e quelle esplorative e survival, regala un’avventura veramente indimenticabile. Forte di una realizzazione tecnica impeccabile, di un gameplay rifinito e migliorato, offre inoltre  di una quantità di contenuti davvero notevole, grazie alla amplissima rigiocabilità e alla gradita presenza della modalità mercenari, su cui però si poteva lavorare un po’ più a fondo. Le missioni, divertenti e piacevoli, alle difficoltà più alte mostrano un problema di bilanciamento non indifferente, che regala ai giocatori una frustrazione eccessiva e inaspettata. Ciliegina sulla torta, la componente narrativa del titolo regala ben più di una sorpresa, ponendo Village in una posizione decisamente di rilievo nella gigantesca narrativa di tutto il franchiste. Il risultato di tutti questi elementi non è quindi solamente uno dei migliori titoli del franchiste, ma uno dei migliori survival horror mai realizzati. 

Il villaggio vi aspetta: sarete abbastanza coraggiosi da affrontarlo?

Guida definitiva per i dissipatori- ad aria, a liquido o AIO

Ogni componente del PC, durante il suo funzionamento, scalda. A maggiore performance corrisponde un maggiore consumo di energia e un conseguente maggiore riscaldamento. Per un corretto funzionamento, ogni componente deve essere mantenuto ad una temperatura sufficientemente bassa. Ecco quindi che nasce l’esigenza di un impianto di raffreddamento efficiente.

Cosa vedremo in questo articolo:


Una delle principali decisioni che riguardano la scelta dell’impianto di raffreddamento riguarda il bilanciamento tra prestazioni e silenziosità. Come vedremo tra poco, esistono soluzioni più o meno rumorose ed a una maggiore capacità di raffreddare corrisponde un maggior numero di ventole (e conseguente rumore).

Possiamo effettuare una macro distinzione tra impianti ad aria e a liquido. Quelli a liquido possono essere a loro volta suddivisi in all in one (più economici e pratici) ed i custom loop (più costosi).

Impianti ad aria

In questo caso il raffreddamento vero e proprio è svolto da un corpo lamellare, raffreddato generalmente da una o due ventole. L’aria è spinta tra le lamelle e le raffredda. Esse sono connesse al plate, che è a contatto con il componente.
A dimensioni maggiori del corpo lamellare corrisponde generalmente una maggiore capacità di dissipazione del componente a cui sono connessi.
Un altro fattore da tenere presente sono le ventole: non tutte sono uguali e ci sono ventole più adatte per determinati scopi.
Un punto a favore della dissipazione ad aria è la poca manutenzione di cui hanno bisogno: basta assicurarsi che non si accumuli polvere tra le lamelle e un cambio periodico della pasta termica, che col tempo perde conduttività. Con questo tipo di dissipazione si possono ottenere buone prestazioni a un prezzo contenuto.
L’aspetto negativo è che si limitano ad un solo componente e che, essendo il corpo lamellare di dimensioni limitate, non sono in grado di dissipare quanto un impianto a liquido di dimensioni adeguate.
Gli impianti ad aria possono generalmente essere di dimensione grande o media. Nel caso in cui si opta per un dissipatore grande, è necessario verificare l’ingombro effettivo, per non incorrere in spiacevoli inconvenienti (es. il radiatore tocca le ram/gli heatsinks dei VRM della scheda madre).
C’è comunque la possibilità che le ventole si possano rompere.
Consigliato è il DeepCool Gammax C40, semplice da montare ed estremamente efficente

Altro dissipatore ad aria consigliato è il Gammax GTE V2 la rispettiva “sorella maggiore” della C40

Impianti a liquido e All in One (AIO)

L’All in One rappresenta la soluzione più economica e pratica del raffreddamento a liquido.
Anche in questo caso si ha contatto diretto tra il componente da raffreddare (CPU) e dissipazione. Si ha contatto tra la CPU e il cosiddetto waterblock, che è un blocco costituito da un backplate metallico altamente conduttivo (generalmente rame o nickel) collegato ad una camera in cui scorre il liquido dell’impianto. In questo waterblock è anche presente una pompa che imprime movimento al liquido.
Il waterblock è collegato ad un radiatore attraverso dei tubi flessibili, generalmente rivestiti.
Il liquido, che si è riscaldato col calore prelevato dal componente, passa nel radiatore e viene raffreddato dall’aria fresca spinta nelle lamelle dalle ventole. Terminato il giro nel radiatore, il liquido, raffreddato, torna nel waterblock.

Fattori che determinano le prestazioni di un All in One sono:

  • dimensioni del radiatore: a maggior superficie radiante corrisponde una maggior capacità di mantenere il liquido più fresco. Un aio con radiatore da 360mm è molto meglio di uno da 120mm
  • prestazioni delle ventole: maggiore è il quantitativo di aria fresca immesso (misurato generalmente in piedi cubici, CFM) e, soprattutto, maggiore è la pressione statica esercitata dalle ventole (cioè la forza per unità di superficie, misurata in mm di acqua) maggiore sarà la dissipazione.
  • caratteristiche della pompa: per un All in One è buona norma lasciarla sempre al massimo numero di giri possibile. Se il liquido scorre ad una velocità sufficientemente alta, aumenta la capacità di dissipazione dell’impianto poiché a giri della pompa più alti corrisponde una temperatura del liquido mediamente più alta. Tuttavia, passando più velocemente sul waterblock, la temperatura dei componenti è mantenuta più fresca.


È molto importante tenere anche sotto controllo la rumorosità della pompa: essa infatti può essere piuttosto rumorosa e fastidiosa. Questo è il problema principale degli aio che, a fronte di buone prestazioni, sono anche discretamente rumorosi.
Un pregio degli All in One è la ottima capacità di dissipazione degli esemplari con radiatori da 280-360mm, che sono in grado di tenere testa anche a processori overclockati e con TDP molto alti. Per le applicazioni più impegnative può rivelarsi tuttavia necessario l’impiego di un custom loop.
Parlando di processori a frequenze stock (vedi AMD) qualsiasi radiatore andrebbe bene per tenere temperature accettabili, anche sotto sforzo intenso. Ovviamente è opportuno scegliere un modello adeguato.
Il nostro consigliato è il MasterLiquid ML240L V2 RGB della Cooler Master che ha tutte le specifiche adatte per un efficiente raffreddamento di tutto il pc.

Anche per questo modello possiamo trovare il suo livello superiore con il MasterLiquid ML 120R RGB


Custom Loop

Il custom loop è il “signore” degli impianti di raffreddamento: essendo personalizzato, è possibile farlo a proprio piacimento e scegliendo i componenti migliori per lo scopo che si vuole ottenere. In particolare, è possibile raffreddare qualsiasi componente (scheda madre, RAM, SSD, GPU, CPU) con questo tipo di impianto e le possibilità sono pressoché infinite. Progettare un loop prestante è una vera e propria impresa: anche l’elemento che può sembrare più banale, come ad esempio i raccordi tra i tubi, va scelto con cura e ne esistono svariate tipologie. È un po’ come assemblare un pc.

I componenti principali di un custom loop sono:

  • Radiatori, che in questo caso possono essere lunghi fino a 560 mm e si hanno anche spessori fino a 60mm
  • Tubi, che possono essere rigidi o flessibili
  • Liquido, che di norma è trasparente e può essere colorato con additivi
  • Pompa e riserva, in cui è contenuto il liquido
  • Waterblock, che vanno posizionati a ridosso del dispositivo da dissipare (cpu, GPU, ecc)
  • Fittings, che uniscono i vari elementi costituenti il loop
  • Ventole, che consentono il raffreddamento del liquido mentre circola nei radiatori

Questi “mattoncini Lego” possono essere uniti a piacimento. I radiatori, ovviamente, vanno scelti in base a ciò che il proprio case supporta.
A differenza degli AiO, il custom loop richiede una costante manutenzione (svuotamento/pulizia/riempimento) e una buona manualità, soprattutto nel caso di impianto coi tubi rigidi.
Anche in questo caso si può incorrere nel leak. Il rischio è più alto rispetto a quello dato da un custom loop, poichè ci sono molti più raccordi e molto più liquido.
Anche per questo tipo di raffreddamento esiste una possibilità di rottura ventole, leak, o nel peggiore dei casi della pompa.
Per quanto riguarda i custom loop, possiamo consigliarvi il sito di Ollo Store, il quale grazie ad esperti del settore, vi potrà consigliare e mettere a punto il vostro sistema di raffreddamento personalizzato sotto ogni lato.

Comparazioni e conclusioni

Dopo aver scoperto le principali differenze tra i sistemi di raffreddamento, passiamo ad una domanda molto più pratica: quale tipologia di dissipazione conviene scegliere?

La risposta è semplice: basta considerare il TDP – Thermal Design Power – che rappresenta un’indicazione del calore (energia) “prodotto” da un microprocessore. Siccome la CPU va tenuta alla minor temperatura possibile attraverso il dispositivo di raffreddamento, è necessario che esso garantisca una capacità di dissipazione sufficiente. Il TDP viene però misurato con diversi metodi dalle case produttrici e non è da considerare pertanto una “verità assoluta”. Esso consente comunque di farsi un’idea del tipo di sistema necessario per la propria CPU.
Il discorso del TDP è invece da evitare nel caso di overclock, poiché (vedi ad esempio con MCE) il valore teorico indicato per il proprio processore viene sicuramente superato. In questi casi, in base al modello di CPU, è opportuno scegliere dissipatori ad aria di fascia alta, AiO con radiatori da 280-360mm o un custom loop. Su internet sono disponibili diversi test sull’efficacia di diverse tipologie di dissipatore per praticamente ogni modello in commercio.
Ricordiamo che gli AIO con radiatore da 120mm sono da evitare e che quelli da 240mm molte volte sono peggio di dissipatori ad aria “di buon livello”. L’unica applicazione pratica valida degli AIO da 120 sono i case mini ITX, a causa delle loro dimensioni particolarmente ridotte. In questo caso, infatti, la priorità non sono tanto le prestazioni quanto l’ingombro.

Ricorda comunque che, a parità di condizioni, più ventole = migliore raffreddamento, ma più rumore.

Batman: i 15 Villain più iconici della serie a fumetti

Quando si tratta dei supercriminali della DC, non c’è niente di meglio dei cattivi di Batman. Rappresentano il diabolico, crudo e inquietante parco giochi di Gotham City.

KILLER CROC

Negli ultimi tempi, il personaggio è stato ridotto a un grande rettile mutato con poca ambizione oltre a quella di mangiare Batman. Tuttavia, al suo debutto, Killer Croc ha iniziato come un cattivo molto più interessante, tanto che alcuni credono che la sua storia passata sia stata la vera ispirazione per il Pinguino di Tim Burton in Batman Returns .

Quando Waylon Jones è nato con una rara condizione della pelle squamosa e ha subito abusi incessanti, era naturale che fosse diventato un cannibale psicopatico assassino. Dopo un breve periodo in cui è stato accettato da un circo itinerante, è finito a Gotham City. Lasciando che le sue condizioni dettassero la sua vita, Croc si è trasformato in un criminale davvero spaventoso.

MASCHERA NERA (BLACK MASK)

Roman Sionis, era il sottoprodotto di genitori benestanti egoisti che si preoccupavano più della loro posizione sociale che del suo benessere. Per questo motivo, è diventato ossessionato dall’idea delle maschere. Dopo averli uccisi entrambi, non solo ha ereditato la fortuna di famiglia, ma ha colto l’occasione per forgiare una nuova identità scolpendo una maschera nera dalla bara di suo padre e diventando un leader del mondo criminale di Gotham.

Mentre molti dei cattivi di Batman ricorrono a drammi esagerati e stravaganti espedienti per alimentare i loro crimini, Maschera Nera conserva una inquietante dignità radicata nel buon sadismo vecchio stile e nell’uso di una pistola.

CLAYFACE

Clayface, un enorme mostro di fango con la capacità di rimodellare il suo corpo, trasformare i suoi arti in un serraglio di armi, assomigliare a chiunque scelga e rendere inutili quasi tutte le forme di attacco fisico.

Sebbene la sua storia passata sia sfuggente quanto lui, Clayface ha fornito a Batman un nemico avvincente dagli anni ’40. Tuttavia, la versione migliore e più tragica del personaggio proviene dagli anni ‘90 Batman: The Animated Series , che ha fuso le sue precedenti controparti comiche e ha finito per diventare il modello visivo per le apparizioni future.

POISON IVY

Poison Ivy, è uno dei cattivi più iconici di Batman. Con la sua capacità di fare praticamente tutto ciò che vuole con le piante, questa villain di Gotham City è un nemico letale. Può invogliare qualsiasi uomo a eseguire i suoi ordini, anche Superman. 

Dopo essere stata costretta a consumare – o le è stata iniettata, a seconda della storia di origine – una pianta velenosa, che cresce nella famelica Poison Ivy. Ossessionata dalla protezione della vita vegetale del pianeta. Anche se questa può sembrare una causa nobile, ma ha intenzione di farlo eliminando tutta la vita umana, costringendo Batman a intervenire.

PINGUINO

Pinguino di Batman, è stato un pilastro dei villain del supereroe. Dopo aver debuttato in Detective Comics # 58 del 1941  , Oswald Chesterfield Cobblepot III iniziò come truffatore. Nel corso degli anni, il personaggio si è evoluto in un famigerato signore criminale di Gotham.

Nonostante sia il volto grottesco della malavita criminale della città, Pinguino ha anche mostrato un lato commerciale pratico, a volte persino quasi legittimo, provoca il caos per una ricerca di guadagno personale e finanziario. In aggiunta alla sua pericolosità, l’uomo dai mille ombrelli ha mostrato un’acuta intelligenza e raffinatezza.

DEATHSTROKE

Deathstroke è uno dei pochi combattenti a vincere più volte contro BatmanSlade Wilson è stato oggetto di un progetto di super-soldato fallito che lo ha trasformato nel più grande assassino del mondo.

La rivalità di Deathstroke con Batman ha avuto diverse incarnazioni. Di solito, però, coinvolge Deathstroke che viene pagato per uccidere l’uomo pipistrello o per ottenere la ricompensa per una sconfitta precedente. Deathstroke è implacabile quando ha un bersaglio e le sue abilità tattiche corrispondono a quelle di Batman, motivo per cui è persino in grado di sconfiggere eroi come Flash.

MR. FREEZE

Potrebbe interessargli meno della ricchezza o del potere rispetto agli altri, nonostante tutte le apparenze esteriori, non è un assassino a sangue freddo, ma è invece uno dei più tragici cattivi di Batman. Tutto ciò di cui Freeze si preoccupa è salvare sua moglie malata, Nora. Dopo che la moglie del talentuoso scienziato Victor Fries ha contratto una rara malattia terminale, lui la mette in criostasi. L’interferenza del proprietario corrotto dell’azienda porta Fries a essere trasformato dalla sua stessa tecnologia.

Ora Fries non può vivere al di fuori delle temperature sotto lo zero o dell’abito speciale che indossa. La volontà di commettere crimini terribili ha fatto guadagnare a Freeze il titolo di uno dei migliori cattivi di Batman; non perché è cattivo, ma proprio il contrario. È solo un uomo disperato che cerca di riavere sua moglie con qualsiasi mezzo, anche se questo significa combattere Batman.

SPAVENTAPASSERI

Il risultato di un’educazione abusiva che lo lasciò per sempre traumatizzato, il folle dottor Jonathan Crane riuscì in qualche modo a diventare un professore di psicologia e uno psicologo clinico. Tuttavia, dopo aver sparato con una pistola in classe, viene licenziato, spingendolo a diventare il “Maestro della paura“. Dotato di un gas che induce il terrore che costringe le vittime ad affrontare le loro peggiori paure, lo Spaventapasseri preda i cittadini di Gotham.

HUGO STRANGE

Uno dei primi avversari di Batman, Hugo Strange ha fatto il suo debutto in Detective Comics # 36 degli anni ’40 . Per quanto riguarda i retroscena, quello di Strange è un mistero. Praticamente è appena apparso sulla scena e ha iniziato a creare problemi sin dal primo giorno. Da allora, è diventato un nemico iconico per le sue apparizioni nei fumetti, nei giochi e persino negli spettacoli televisivi.

È decisamente pazzo, ma è anche incredibilmente intelligente, essendo uno dei pochi a supporre l’identità segreta di Batman. Se ciò non bastasse, Batman stesso ha definito questo cattivo l’uomo più pericoloso del mondo.

BANE

L’apice della criminalità fisica e mentale, è letteralmente la rovina dell’esistenza di Batman. Il prodotto di una dura vita trascorsa crescendo in una prigione corrotta, trascorre la sua giovinezza uccidendo persone usando un coltello nascosto in un orsacchiotto. Dopo essere quasi morto a causa di un programma sperimentale per super-soldati, Bane punta gli occhi su Gotham.

Bane non è solo muscoli, ma è anche un genio strategico e tattico. È così che è stato in grado di sconfiggere Batman e rompergli la schiena. Da allora Bane si è evoluto in uno dei più letali cattivi DC mai realizzati negli ultimi anni a causa della sua implacabilità.

L’ENIGMISTA

L’Enigmista sembra appartenere a una classe di cattivi tutta sua. Non è esattamente spaventoso o brutale – almeno la maggior parte delle volte – ma piuttosto un’aggiunta giocosa alla manciata di criminali di Ghotam. Al suo meglio, questo malfattore è un pazzo enigmatico deciso a mettere la sua intelligenza contro il più grande detective del mondo.

HARLEY QUINN

la spumeggiante e psicotica assassina Harley Quinn, originariamente concepito come una tantum per l’episodio di Batman: The Animated Series Joker’s Favor. Il personaggio è stato un tale successo che è stata riportata più volte. Da lì è entrata nei fumetti, diventando rapidamente un best-seller. Seguì una serie solista, insieme a uno spin-off a fumetti. Per completare il suo successo con la mazza, il ritratto di Margot Robbie nel DC Extended Universe ha trasformato il personaggio in una star del cinema.

DUE FACCE

Due Facce è forse il personaggio più tragico che Batman abbia affrontato. Un tempo era il procuratore distrettuale della città per la lotta al crimine; diventa orribilmente sfigurato dopo che un boss mafioso vendicativo gli getta dell’acido in faccia. La sua personalità già divisa lo trasforma in Due Facce: un uomo ossessionato dalla dualità e dal caso tramite un lancio di moneta.

A causa dell’imprevedibilità della sua moneta, nessuno potrà mai essere certo di come agirà. Inoltre, è uno dei pochi amici e confidenti che Bruce Wayne abbia mai avuto, aggiungendo un tocco personale ai loro incontri. Rappresentando sia il meglio che il peggio di Gotham, Due Facce e Batman sono due facce della stessa medaglia.

RA’S AL GHUL

Mentre la maggior parte dei cattivi di Batman limita il loro ambito criminale a Gotham City, Ra’s Al Ghul opera su un altro livello. Un assassino internazionale super intelligente e mistico, Ra’s è un uomo marchiato dei peggiori crimini dell’umanità e cerca di usare il genocidio come mezzo per riavviare il mondo.

JOKER

Per ultimo ma non meno importante abbiamo Joker, uno dei cattivi più iconici mai creati. Batman e Joker sono entrambe menti spezzate, vittime delle loro dure vite che vedono Gotham in maniera diversa. Mentre Batman lo vede come qualcosa da sistemare, Joker lo vede come uno scherzo esilarante dove il caos e la distruzione regnano sovrane.

Joker e Batman sono stati rivali per molti decenni a partire dagli anni ’40. Ha avuto una miriade di storie sulle origini e di ritratti di lui come un uomo misterioso senza identità. Le loro battaglie hanno spaziato da avventure carine e colorate a conflitti profondi, oscuri e persino inquietanti. Dai fumetti ai film e ai videogiochi, Joker sarà sempre lì per dare filo da torcere a Batman.

Oneshot [Recensione]: La tua unica possibilità

All’interno del nostro essere, organismi dotati di una coscienza , ma non per questo sempre concorde, viene spesso fuori, nei discorsi tra amici o all’interno dei dibattiti di studiosi e filosi, l’argomento che tratta la concezione umana di cosa sia giusto e di cosa sia sbagliato. Nati con la capacità di intendere e di volere, di pensare e di riflettere, abbiamo sviluppato negli anni una, fra molte virgolette, morale comune, seguita più o meno dalla maggior parte della popolazione e che permette ai suoi utilizzatori di vivere in una, così detta, serenità. Ma spesso, questo nostro sistema creatosi con il susseguirsi di migliaia di anni e soprattutto di migliaia di errori, si piega davanti al nostro egoismo. Lo so che è un argomento abbastanza complesso da trattare e sicuramente non dovrebbe trovarsi all’interno di una semplice recensione come questa: Ma, Oneshot,  il gioco che ti sto per raccontare, tratta finemente, tra le sue righe, di questo abbastanza analizzato e molto discusso tema. Neppure nelle sembianze di Dio, riuscirerai a stabile cosa sia davvero giusto e cosa sia davvero sbagliato.


Che cosa è davvero giusto e cosa è davvero sbagliato?


Oneshot inizialmente nasce come freeware, cioè come gioco gratuito, sviluppato nell’arco di circa un mese, dai due sviluppatori Eliza Velasquez e Casey Gu. Successivamente, dato il suo grande successo e l’esponenziale diffusione del titolo, i due sviluppatori insieme ad altri colleghi, sotto il nome di Little Cat Feet, decidono di completare l’opera e di pubblicare il gioco, grazie all’editore Degica, su Steam a pagamento nel 2016. Creato con l’utilizzo dell’ormai famosissimo engine RPG Maker, prende eccezionalmente poco spunto da Earthbound, se non per il suo stile grafico, mentre assimila molte caratteristiche e features, pur non essendoci combattimenti da affrontare, da diversi titoli come: Hyper Light Drifter per le sue ambientazioni suggestive e fantastiche, Yume Nikki per la struttura di gameplay basata su puzzle e ricerca di oggetti chiave e Il Piccolo Principe per la sua trama.


Oneshot è l’unione di più svariati videogiochi


Ed è proprio la trama di Oneshot ad essere una delle 2 colonne portanti del titolo, permettendo al gioco di brillare come, a mio avviso, pochi del suo genere creati fino ad ora. La tua avventura inizierà con Niko, un ragazzo metà uomo e metà gatto, che si risveglierà all’interno di un mondo colpito da incombente rovina causata dalla scomparsa, avvenuta ormai molti anni prima, del sole che si trovava sulla cima della Torre al centro del continente. Questo particolare continente è suddiviso principalmente in 3 aree ben distinte: nella sezione più esterna troviamo I Barrens, in cui si celano paesaggi desertici simili al suolo lunare, ma ricoperti per la maggior parte da detriti e resti di robot ormai non più funzionanti. Più internamente troviamo invece il Glen una distesa landa di inondate paludi e foreste formate da alberi di fosforo, in cui risiedono ominidi con sembianze di uccello. Infine al suo centro abbiamo il Refuge una metropoli sovrappopolata con passaggi rialzati, luci sgargianti e accecanti neon viola, molto simili alle ambientazioni cittadine di CyberPunk. Ed è proprio al centro di tutto ciò che troviamo la Torre, dove un tempo risiedeva il trono del , almeno così credevano, intramontabile sole, che forniva energia e vita a quelle radiose terre, ma che ora sopravvivono solo grazie alla grande quantità di fosforo presente sulle sue terre, che crea una flebile luce e fornisce qualche briciola di energia. Lo scopo di Niko,una volta svegliatosi in questo mondo e una volta trovato, il “nuovo sole”, cioè una lampadina che terrà quasi sempre tra le mani, sarà quello di essere accompagnato grazie al tuo aiuto, fino alla torre, passando per tutte e tre le aree del continente, per restituire la vita e ridare la luce a quei territori oscurati da quel destino avverso. Una storia studiata nei minimi dettagli che permette al giocatore di creare con il protagonista una sorta di sintonia che ti accompagnerà durante tutto l’arco dell’avventura e che ti farà sentire molto vicino al protagonista. Un uso geniale di meccaniche di trama che permetteranno di forgiare questo tuo legame con Niko e di farti pesare ogni scelta che compirai… perfino chiudere il gioco… e non lo dico esagerando, non punto ad esaltare eccessivamente la già splendida trama e la complessa strutturazione del gioco.


Dovrai accompagnare Niko nel suo viaggio per salvare questo mondo ormai in rovina


A sorreggere il titolo, oltre alla trama, troviamo la sua seconda colonna portante cioè la rottura della quarta parete, ma utilizzata in mondo non geniale, di più! Questa rottura della quarta parete, non avverrà unicamente tramite dialogo diretto con il giocatore, riconosciuto come tale dal gioco e dai personaggi, ma si presenterà anche come forma fisica all’interno del tuo pc! Non voglio assolutamente spoilerare nulla e sicuramente potrò sembrare troppo eccessivo, ma quando vi dico che questa rottura fisica della quarta parete, qui su Oneshot, ha provocato in me una pelle d’oca, che praticamente mai avevo provato in un gioco, scaturita soprattutto dalla incredibile ingegnosità con cui è stata sfruttata, non sto esagerando! Potrei essere uno di quei giocatori che si impressiona per poco, probabilmente è così, ma ti garantisco che quello che dico è vero! Le uniche parole che mi vengono in mente per descrivere lo splendito e originale utilizzo di questa rottura della quarta parete sono geniale, geniale, geniale!


Insieme alla sua trama, la rottura della quarta parete è la colonna portante di questo titolo


Se invece dovessimo parlare del gameplay, lo definirei invece come un accompagnatore, un elemento che non è fondamentale ma sicuramente da tenere in attenta valutazione, considerando che spesso esso si unirà alla già citata ingegnosa rottura della quarta parete. Se da una parte il gameplay del gioco si baserà fondamentalmente, nella ricerca e nell’ottenimento di determinati oggetti chiavi utili per il proseguimento della tua avventura e nella risoluzione di divertenti puzzle come spostare delle capre dentro delle fosse, dall’altra parte all’interno dello stesso gameplay, capirai come, non solo quel mondo fantastico sarà il luogo in cui potrai cercare indizi e dovrai, in un modo molto particolare di cui ovviamente non farò parola, cercare di andare oltre la logica comune dei soliti videogiochi. A tutto ciò si unisce un buon comparto sonoro e una musica ad 8 bit, che permette, nel miglior modo possibile, di trasmettere ogni singola emozione della scena o del luogo in cui ti trovi, intonandosi perfettamente con la sua grafica Pixel Art, carina e piena di dettagli.


Un gameplay semplice, ma non per questo incredibilmente innovativo


Come ormai ribadisco in ogni mia recensione, nulla è perfetto e mi ritrovo anche ora, con mio grande rammarico , a doverti esporre i problemi che ho percepito nel giocare questo splendido titolo. Il gioco è essenzialmente basato sull’esplorazione e sulla ricerca ed è quindi inevitabile che il backtracking si palesi frequentemente nel corso della storia, ma il titolo presentando queste mappe molto estese e ampie, porteranno il giocatore a perdersi molto facilmente. Non sarò sicuramente un genio, ma a mio avviso il gioco pecca di orientazione e mostra una, a volte più frequente a volte meno, dispersività generale in cui dimenticherai dove sei o non sei passato oppure capiterà di prendere una strada del tutto sbagliata per poi dover tornare indietro e cercare quella giusta. Un altro piccolo difetto che il gioco presenta soprattutto nelle prime ore di gioco è la complessità nei comandi. Ti ritroverai a premere duecento volte tasti diversi per poi pigiarne altri e cosi via, senza che tu abbia effettivamente fatto niente.


Un mondo forse un po’ dispersivo e comandi un po complicati


Tralasciando davvero questi due difetti, Oneshot è un’esperienza sicuramente unica, dalla durata di circa 7/8 ore, che implementa all’interno del gameplay delle meccaniche mai viste nella mia carriera videoludica e riesce a farti diventare davvero amico di un personaggio che nemmeno esiste. Ma oltre al divertimento OneShot mette davanti al giocatore anche una scelta morale, una scelta morale talmente pesante e logorroica che persino Dio avrebbe difficoltà a prendere, figurati un essere umano. Ma ricorda che in tutto questo hai una sola possibilità.

ASPETTANDO LOKI – dove abbiamo lasciato il God of Mischief

Ormai il conto alla rovescia per l’uscita di Loki, disponibile dall’11 giugno su Disney+, è quasi terminato. Concediamoci quindi un recap sull’evoluzione di uno dei villain più apprezzati dell’universo Marvel.

I più appassionati sapranno che nella mitologia norrena le cose non stanno proprio come ci vengono proposte nell’MCU, ma per esigenze di copione, qualcosa è stato cambiato. Cominciamo quindi con le origini del nostro God of Mischief.

THOR (KENNETH BRANAGH 2011)

Già dal primo film, Thor (Kenneth Branagh, 2011) Odino, rivela a Loki la verità. Loki è figlio del Re dei Giganti di Ghiaccio, Laufey, abbandonato perché troppo gracile e minuto e adottato dal Padre degli Dei, che lo ha cresciuto ad Asgard come proprio figlio. Il Dio dell’Inganno si dimostra subito come un personaggio ambiguo, di cui non si riesce a prevedere alcuna mossa, alimentato
dalla voglia di riscatto, ma che alla fine, si capisce essere soltanto un figlio che cerca l’approvazione del padre, pronto a dimostrare le sue virtù. Lasciandosi però accecare dall’ira e dalla brama di potere.

In Thor lo vediamo prendere coscienza di ciò che è e delle sue origini, che non riesce ad accettare fino in fondo. Dopo essersi lasciato cadere nel nulla cosmico, convinto di aver deluso Odino, lo ritroviamo ancora più avido di potere in The Avengers (Joss Whedon, 2012). Deciso a conquistare la terra e soggiogare gli umani per diventarne il re, Loki devasta la città di New York con l’aiuto dei Chitauri.

THE AVENGERS (2012)

Il Loki di The Avengers è sicuramente più minaccioso perché ha finalmente preso coscienza di ciò che è, e anche di ciò che non è: un re. Thor ha Asgard, Loki desidera Midgard, la terra per un semplice motivo: questo pianeta è popolato da persone che sono perennemente in lotta fra loro. Loki ritiene che se questi fossero uniti nella venerazione di un dio, non avrebbero alcun modo di scatenare guerre Dopo una grande battaglia che infierisce sulla città, Loki viene catturato e riportato ad Asgard come prigioniero.

THOR: THE DARK WORLD (ALAN TAYLOR 2013)

Ritroveremo Loki rinchiuso in una cella per i crimini commessi sulla Terra, in Thor: The Dark
World ( Alan Taylor,2013). Non è certo il personaggio avido e ambiguo che siamo stati abituati a vedere; Loki è inizialmente devastato dalla perdita della madre, sappiamo che con lei aveva un rapporto speciale. Lo vediamo infatti imprigionato, con il volto segnato dalle lacrime e la cella completamente sottosopra, devastata dall’ira del dio alla notizia della morte della madre. Nella saga di Thor si intuisce molto bene lo stretto rapporto che c’è fra Frigga e Loki. Una madre che nonostante tutto riesce a scorgere del buono in un figlio che dimostra tutt’altro. In nome della madre defunta, i due fratelli depongono l’ascia di guerra e uniscono le loro forze contro il nemico comune.

THOR: RAGNAROK (TAIKA WAITITI 2017)

Troviamo un Loki molto evoluto dal punto di vista caratteriale. Ristabilisce un legame con il fratello, e come vedremo, si sacrificherà per lui. Ma come sappiamo, Loki tornerà in Thor: Ragnarok (Taika Waititi, 2017). Come ha affermato lo stesso Tom Hiddleston in un’intervista per IGN, “All’inizio del film Thor ha molte domande e Loki, fedele a se stesso, non è disposto a dare molto risposte”. Ritorneranno a fidarsi l’uno dell’altro, combatteranno insieme Hela, e non mancheranno gli inganni di Loki ,perché dopotutto, è sempre
il God of Mischief.

AVENGERS INFINITY WAR (ANTHONY E JOE RUSSO 2018)

Siamo finalmente arrivati a Infinity War (Anthony e Joe Russo, 2018). Grande colpo di scena nei primi dieci minuti del film. Thanos strangola Loki lasciandolo esanime davanti al fratello Thor, a cui confida che tutto ciò che ha fatto lo ha fatto non per se stesso, ma per lui.
Loki ci lascia compiendo un ultimo gesto d’amore verso la sua famiglia. Il nostro villain preferito ha compiuto una notevole evoluzione nel corso dei film, da principe capriccioso e avido di potere a Dio dell’Inganno, consapevole di ciò che è e capace di prendere le decisioni giuste, anche quelle più difficili.

Cosa ci aspettiamo dalla serie Loki? Lo ritroveremo dopo gli avvenimenti di Endgame( Anthony e Joe Russo,2019) ancora convinto del suo percorso di redenzione o tornerà ambiguo con atteggiamenti contrversi? Ai posteri l’ardua sentenza.

Case per pc da gaming e workstation- Guida all’acquisto

Scegliere un buon case non è particolarmente complesso una volta conosciute le discriminanti da considerare. In questa guida le osserveremo tutte in maniera approfondita.

In questa guida andremmo a vedere:

L’impatto che la scelta di un buon case ha sulle prestazioni finali del PC è molte volte sottovalutato durante il processo di progettazione, ma c’è molto di più oltre l’estetica. Il formato del case determina il tipo e le dimensioni dei componenti e influisce anche sull’efficienza di raffreddamento della build e sulla qualità del cable management.

La grandezza del case

Come è facile intuire, le dimensioni sono uno dei parametri più importanti da tener presente. Naturalmente non si hanno due modelli con dimensioni identiche; tuttavia è abitudine suddividere i case in quattro categorie: fattore di forma ridotto – mini ITX, Mini Tower, Mid Tower e Full Tower.

Il form factor del case è strettamente collegato a quello della scheda madre: un case con fattore di forma ridotto è pensato per ospitare una scheda madre mini-ITX, mentre un mid tower è concepito per le ATX ed un full tower per le ATX e per le sorelle maggiori ExtendedATX.
Ovviamente un case di form factor “maggiore” può contenere una scheda madre di form factor “inferiore” (es. un full tower può contenere una mini-ITX) ma non è molto sensato optare per un accoppiamento del genere.

Come in qualsiasi ambito, ogni scelta comporta aspetti positivi e negativi: i case molto compatti presentano una grossa difficoltà di dissipazione per lo scarso spazio a disposizione. Per questo motivo, pur contenendo meno componenti rispetto ad un Mid Tower, le build a fattore di forma ridotto possono diventare particolarmente costose.
Scegliere il suo opposto, cioè un Full Tower, implica ovviamente un ingombro esterno importante, a fronte di una spaziosità senza pari al proprio interno e a una “facilità” maggiore nella dissipazione.

Un’altra importante implicazione del form factor del case riguarda le dimensioni massime ammissibili di alcuni componenti: in particolare ci interessano la lunghezza massima della GPU e l’altezza massima del CPU cooler ad aria.

Cable management

Per far sì che una build risulti pulita e ordinata è necessario che i cavi vengano nascosti il più possibile: ecco perché è importante considerare anche l’organizzazione del retro del case e la posizione delle feritoie in cui far passare i cavi. Inoltre i cavi posizionati male rischiano di “rompere” il flusso d’aria e, anche se in piccola parte, peggiorare la qualità del raffreddamento .

Continuando a parlare dell’organizzazione degli spazi, è opportuno precisare che è preferibile scegliere case che hanno la ventola dell’alimentatore orientata verso l’esterno o che prevedono addirittura l’alloggiamento dell’alimentatore in un’altra chamber, cioè generalmente dietro alla scheda madre. Ciò è ovviamente possibile solo con case discretamente larghi. La configurazione dual chamber contraddistingue anche alcuni case ITX, come vedremo più avanti.

Il pannello frontale del case di solito include accensione/spegnimento, plug-in audio per cuffie e microfono e alcuni slot USB (2.0, 3.0, 3.1). A seconda del case e delle sue caratteristiche, il pannello frontale potrebbe includere, ad esempio, pulsanti per il controllo dei LED e pulsanti di ripristino.

Il raffreddamento e circolo di aria

Anche il case fa la differenza nel processo di raffreddamento delle componenti. Infatti un case ben areato agevola il passaggio del flusso di aria spostato dalle ventole e, di conseguenza, garantisce un raffreddamento più efficiente. E’ quindi consigliato un case meshato, cioè con una maglia di ferro con tanti piccoli fori, piuttosto di uno con un pannello in vetro, che ostacola totalmente il passaggio dell’aria. Ci sono comunque molte soluzioni che riescono ad offrire un ottimo airflow, pur essendo chiusi frontalmente.

Ai mesh corrisponde, come abbiamo detto poco fa, un minore impedimento al passaggio dell’aria e di conseguenza anche un maggiore accumulo di polvere: ecco perché è importante verificare che il case sia dotato di filtri antipolvere. Questi filtri sono dei sottili fogli metallici (o di plastica) anch’essi meshati, che costituiscono un’ulteriore barriera contro la polvere, che è un’altra nemica delle basse temperature. Alle estremità sono posti dei magneti, che consentono di attaccarli e staccarli facilmente dal case, agevolandone la pulizia. Nel caso in cui non ci fossero magneti, i filtri sono posizionati ad incastro. È buona norma controllare periodicamente che non ci siano accumuli di polvere, che generalmente si formano in corrispondenza dei bordi esterni delle ventole (ogni 30/40 giorni circa).

La correlazione tra performance e calore non si limita al fatto che i componenti più potenti, generalmente, necessitano di più energia e quindi scaldano di più. Infatti la temperatura stessa ha forte influenza sulle prestazioni, sia per le CPU che, soprattutto, per le GPU: lo stesso componente ha prestazioni differenti in base alla temperatura (maggiore temperatura=minori prestazioni).

Va tenuto anche conto che mantenere la CPU a temperature più basse consente di utilizzare un vcore più basso a parità di frequenza, portando quindi il vantaggio di avere overclock più facilmente stabili. Ad esempio lo stress test OCCT, per uno stesso oc, può non dare errori o darne parecchi in base alla curva delle ventole impostata.

Ventole e rumorosità

Un altro elemento in cui il case può fare la differenza, oltre alla, se così la si può definire, qualità dell’airflow, è la silenziosità. Ovviamente il numero di ventole, oltre al numero di giri a cui sono impostate, influisce fortemente sulla rumorosità. La possibilità di montare più ventole all’interno dello stesso case quindi, avrà un maggior impatto sul circolo di aria e sul raffreddamento interno, ma avrà anche un impatto maggiore sulla rumorosità del pc stesso.
Di fatto avere 9 ventole non è sempre un lato positivo (almeno non per le vostre orecchie).

Per lo stesso discorso di prima, un Full Tower è mediamente più rumoroso per il maggior numero di ventole installate, ma consente di mantenere temperature delle componenti inferiori. Nel caso dei Mini ITX, proprio perché ci sono molte meno ventole, è necessario alzarne i giri/minuto, aumentando la rumorosità. La necessità di massimizzare l’airflow è proprio il motivo per cui i case con form factor ridotto sono in genere completamente meshati. Un case Mid Tower rappresenta generalmente il giusto compromesso tra rumorosità, airflow e resa della dissipazione.

I case più consigliati

Abbiamo ora tutte le carte in regola per poter esaminare a fondo i case. Entriamo ora nel vivo e scopriamo quali si dimostrano più validi! Ovviamente ne mancherà qualcuno, ma questa lista è sicuramente un buon punto di partenza per farsi un’idea.

Deepcool Matrexx 55 mesh
Dimensioni: 440mm × 210mm × 480mm
Supporto mobo fino a E-ATX
Feature: front mesh, pannello laterale in vetro temperato, filtri antipolvere ovunque e filtro magnetico sopra.
I/O: 2 x USB 3.0, 1 x Audio, 1 x Mic
Supporto ventole: 3 da 120/140mm sul front, 2 da 120/140mm sul top ed una da 120mm nel back
Supporto rad: top fino a 280mm (consigliati 240mm per clearance ram) e 360mm nel front
Installazione hard drive: 2 da 3.5” e 4 da 2.5”
Altezza massima dissipatore CPU: 168mm
Lunghezza massima GPU: 370mm
Cable management clearance: 23mm
Lunghezza max PSU: 170mm


Metallic Gear Nero Air
Dimensioni: 200mm x 460mm x 450mm
Supporto mobo fino a E-Atx (280mm)
Feature: pannello laterale in vetro temperato, 2x ventole 120mm rgb nel front, filtri antipolvere ovunque
I/O: 2 x USB 3.0, 1 x Audio, 1 x Mic
Supporto ventole: 2x 120/140mm nel front, 2x 120/140mm nel top, 1x 120mm nel back
Supporto rad: 240/280mm nel front, 240/280mm nel top
Installazione hard drive: 2 da 3.5″, 3 da 2.5″
Altezza massima dissipatore CPU: 170mm
Lunghezza massima GPU: 400mm
Cable management clearence: 36mm
Lunghezza massima PSU: 250mm


Cooler Master H500p
Dimensioni: 542mm x 242mm x 544mm
Supporto mobo fino a E-ATX
Feature: pannello laterale in vetro temperato, front mesh (airflow impeccabile), 2 ventole RGB da 200mm nel front – MasterFan M200R RGB – e 1 ventola RGB da 140mm – MasterFan M140R RGB – nel rear incluse, filtri antipolvere ovunque
I/O: 2 x USB 2.0, 2 x USB 3.0, 1 x Audio, 1 x Mic
Supporto ventole: 3 da 120mm/140mm o 2 da 200mm sul front, 3 da 120mm/140mm o 2 da 200mm sul top, 1 da 120mm/140mm nel back
Supporto rad: fino a 360mm sul front, fino a 360mm sul top
Installazione hard drive: 2 da 2.5”/3.5” e 2 da 2.5”
Altezza massima dissipatore CPU: 190mm
Lunghezza massima GPU: 412mm


Phanteks Evolv x
Dimensioni: 510mm x 240mm x 520mm
Supporto mobo fino a E-ATX
Feature: pannelli laterali in vetro temperato, strisce led incluse, front in alluminio anodizzato (airflow comunque buono), 2 ventole – PH-140MP radiator fan – nel front e 1 ventola – PH-140MP radiator fan – nel rear incluse, filtri antipolvere ovunque
I/O: 1 x USB 3.1 Type-C, 4 x USB 3.0 Type-A, 1 x Audio, 1 x Mic
Supporto ventole: 3 da 120mm/140mm nel front, 3 da 120mm o 2 da 140mm sul top, 1 da 120mm/140mm nel back
Supporto rad: fino a 420mm sul front, fino a 280mm/360mm sul top
Installazione hard drive: 10 da 2.5”/3.5” e 9 da 2.5”
Altezza massima dissipatore CPU: 190mm
Lunghezza massima GPU: 435mm

7 momenti che avremmo voluto vedere nei film di Harry Potter

Come ogni potterhead ben sa, i film della saga non sono all’altezza dei sacri libri scritti dalla Rowling, che è riuscita a stregare milioni di lettori con le sue meravigliose parole. Per questo ho deciso di rinfrescarvi la memoria con 7 momenti meravigliosi ed indimenticabili descritti nei libri, che non sono stati rappresentati sul grande schermo. 

  1. Lo strano giorno di Vernon

“Fermo nel solito ingorgo del mattino, non potè fare a meno di notare che in giro c’erano un sacco di persone vestite in modo strano. Gente con indosso dei mantelli […] Fu passandogli accanto di ritorno dal fornaio, con in mano un’enorme ciambella, che colse qualcosa di quello che stavano dicendo. «I Potter, proprio così, è quel che ho sentito…» «… già, il figlio, Harry…» Il signor Dursley si fermò di colpo. Fu invaso dalla paura. Si voltò a guardare il capannello di maldicenti come se volesse dire loro qualcosa, ma poi ci ripensò.”

Queste sono la prime pagine della Pietra Filosofale ed è qui che iniziamo a vedere la magia insinuarsi nella vita di Vernon, così come avviene nella nostra. Sarebbe stato divertente vedere quell’uomo paffuto reagire alle stranezze che si trova davanti. Vernon continua a rifiutare quelle assurdità, è un uomo solido, obiettivo e non si può soffermare su sciocchezze simili. In quelle pagine cerca di trovare spiegazioni a ciò che vede, eppure nel giro di pochi giorni la sua vita verrà stravolta. Vivrà a stretto contatto col temutissimo nipote e tutta quella ‘robaccia’ ereditata dai genitori, è un momento chiave che vede scontrare il mondo magico e quello babbano.

2. Weasley vs Dursley

Siamo all’inizio del quarto libro e i Weasley decidono di ospitare Harry alla Tana per qualche giorno, prima di partire per andare a vedere la finale per la Coppa del Mondo di Quidditch. Arthur, i gemelli e Ron decidono dunque di andare a prendere Harry a casa dei Dursley usando la Metropolvere.

“Da dietro il cammino murato, ornato sul davanti da un fuoco finto, provenivano colpi assordanti e un gran tramestio. […] Il fuoco elettrico sfrecciò attraverso la stanza mentre il camino chiuso esplodeva, espellendo il signor Weasley, Fred, George e Ron in una nube di calcinacci e schegge vaganti.”

La scena è una delle più esilaranti del libro, i coniugi Dursley sono pietrificati dallo shock e dalla paura, Dudley è raggomitolato a piangere, Arthur è affascinato dalla diavolerie babbane presenti nella stanza e cerca di conversare con gli zii di Harry, ancora sotto lo shock dato dall’esplosione. Come se non fosse abbastanza, dalla tasca di Fred cadono delle caramelle Mollelingua che il golosissimo Dudley non esita ad ingoiare, facendo crescere a dismisura la sua lingua e colorandola di viola. Petunia è in preda alla disperazione e cerca di strappare la lingua del figlio mentre Vernon lancia qualsiasi cosa gli capiti sottomano ad Arthur Weasley. In questo divertente quadretto però il Signor Weasley vede coi suoi stessi occhi e comprende quanto Harry sia odiato dai suoi zii, creando un vero e proprio contrasto di sentimenti nei lettori. In quel momento Arthur accoglie il ragazzo nella sua famiglia con ancora più affetto, sancendo un legame ancora più solido tra Potter e Weasley.

  1. Harry dona a Fred and George la vincita del Torneo tre Maghi 

Fred e George nel quarto libro cercano di raccimolare qualche soldo per aprire il loro negozio di scherzi. Scommettendo sulla vincita di Krum all’inizio del libro riescono a guadagnare un bel gruzzoletto, ma purtroppo la scommessa si rivela una truffa. L’oro vinto è infatti oro dei lepricani, falso e dopo poco tempo svanisce. I gemelli sono a pezzi, così come il loro sogno, ma Harry decide di regalargli i soldi guadagnati vincendo il Torneo Tre Maghi dicendo:

“Non lo voglio e non mi serve. Ma un po’ di risate mi farebbero bene. Un po’ di risate farebbero bene a tutti. Ho la sensazione che ben presto ne avremmo bisogno più del solito”.

In questa scena si comprende bene l’altruismo e l’umiltà di Harry, che oltre a questo bellissimo gesto, fa promettere ai fratelli di non dire nulla a Molly Weasley, che si sarebbe sicuramente opposta al regalo fatto. Harry è una persona estremamente buona e questo è solo uno dei tanti momenti che lo dimostrano.

  1. I genitori di Neville

Alice e Frank Paciock, questi sono i loro nomi, erano due Auror e membri dell’Ordine della Fenice che combatterono valorosamente contro Lord Voldemort ei Mangiamorte. Dopo essere stati catturati, vennero torturati fino allo stremo con la maledizione cruciatus, una delle maledizioni senza perdono, che li portò alla pazzia (proprio per questo Neville è a conoscenza e soffre particolarmente nel vedere Malocchio Mooody/Barty Crouch Jr. infliggere lo stesso incantesimo sul ragno durante la lezione di difesa contro le arti oscure del quarto anno). In seguito alle atroci torture subite, i due Auror vennero ricoverati permanentemente al San Mugo, nel Reparto Janus Thickley, dove risiedono i maghi vittime di incantesimi permanenti. Qui troviamo anche il professor Allock, che ha anch’esso riportato danni permanenti alla memoria a causa dell’incantesimo scagliato su Ron ed Harry nella Camera dei Segreti, che però, a causa della bacchetta rotta di Ron, gli si è ritorto contro.
Harry ed i suoi amici si recano al San Mungo per la prima volta nel quinto libro, quando vanno a trovare Arthur Weasley dopo essere stato attaccato da Nagini. In questa occasione incontrano Alice e Frank ed assistono ad una delle scene più strazianti e commoventi dell’intera saga. Neville porta ai genitori delle caramelle e, mentre racconta ai ragazzi la storia dei genitori, la madre gli si avvicina. Non riconosce il figlio, ma gli regala la carta della caramella, l’unica cosa che possiede. La nonna gli dice di buttarla, ma Harry vede Neville riporla con cura in tasca, non volendosi separare da una delle poche cose che ancora lo lega alla madre. Questo commovente gesto, riprende uno dei fili conduttori della saga: l’amore dei genitori che protegge i figli dalle avversità della vita, che si manifesta in tantissimi modi, ma è sempre presente.

  1. “Non penso tu sia uno spreco di spazio.” 

Prima di lasciare Privet Drive Dudley decide di scusarsi con Harry dicendo “Non penso tu sia uno spreco di spazio.”, facendo riferimento ad un’affermazione detta da Petunia poco prima. Poco dopo aggiunge anche un memorabile

“Mi hai salvato la vita.”

Dudley infatti sa bene che Harry, due anni prima, gli ha salvato la vita allontanando il dissennatore che li stava attaccando. Quel momento, come ha dichiarato la scrittrice, ha segnato un punto di svolta nella vita di Dudley, che ha visto la sua vera identità realizzando di non essere nient’altro che un bullo viziato, nonché una persona orribile che ha rovinato l’infanzia e l’adolescenza del cugino. In queste righe Harry riesce finalmente ad avere la sua rivincita dopo anni di sottomissione, Dudley riconosce i suoi errori e si scusa, dimostrando ancora una volta che il bene trionferà sempre sul male.

6. Godric’s Hallow 7

Mentre sono alla ricerca degli horcrux Harry ed Hermione si recano alla vecchia casa dei Potter, ormai in rovina. Appena i due si avvicinano al cancello appare una targa con su scritto:

“Qui la notte del 31 ottobre 1981, 
persero la vita Lily e James Potter.
Il figlio Harry è l’unico mago
mai sopravvissuto all’Anatema che Uccide.
la casa, invisibile ai Babbani, è stata lasciata intatta
nel suo stato di rovina come monumento ai Potter
e nel ricordo della violenza
che distrusse la loro famiglia”

Tutto intorno al quelle parole erano scritte le iniziali dei pellegrini che si erano recati nel luogo dove una famiglia è stata distrutta e dove il Bambino Che È Sopravvissuto ha sconfitto il mago più potente di quel periodo sfuggendo alla maledizione senza perdono. Sulla targa c’erano anche tantissimi messaggi di conforto come:

”Buona fortuna, Harry, ovunque tu sia”, “Se leggi queste righe, Harry, siamo tutti con te!”, “Lunga vita a Harry Potter”

In un momento così difficile è stato davvero commovente per Harry, ma anche per noi, sapere che non è mai stato solo o dimenticato. 

  1. Il primo bacio della Romione

Per concludere in bellezza, eccoci arrivati ad uno dei momenti più romantici della saga:

«Un momento!» fece Ron, brusco. «Abbiamo dimenticato qualcuno!» «Chi?» chiese Hermione. «Gli elfi domestici, saranno tutti giù in cucina, no?» «Vuoi dire che dobbiamo farli combattere?» domandò Harry. «No» rispose Ron, serio. «Dobbiamo farli andar via. Non vogliamo altri Dobby, no? Non possiamo chiedergli di morire per noi…»

Con queste parole Ron conquista definitivamente il cuore di Hermione, mostrandole di essere un uomo attento ed altruista, interessandosi degli elfi, proprio come Hermione faceva col C.R.E.P.A.. La loro storia è piena di alti e bassi, ma questa scena testimonia l’importanza dell’altruismo, della gentilezza e della cura verso le persone, anche e soprattutto le più deboli e spesso dimenticate. In quel momento Hermione realizza che Ron ama con la sua stessa intensità e capisce che è l’uomo che vuole al suo fianco, dando vita ad una delle scene più romantiche dell’intera saga.

Ovviamente questi sono solo alcuni dei sensazionali momenti descritti nei libri. La Rowling è stata un vero genio ed ha curato ogni singolo dettaglio della storia, non lasciando nulla al caso. Purtroppo come noi lettori sappiamo bene, è impossibile rappresentare ogni scena raccontata nei libri, che ovviamente si rivelano sempre molto più emozionanti e ricchi dei film.

Ricordavi queste scene? Quali avresti voluto vedere sul grande schermo? Faccelo sapere con un commento!

STATE OF PLAY 29/04:Ratchet & Clank si preparano a prendersi la Next-Gen!

Con lo State of Play del 29 aprile, Sony ha voluto dare un assaggio concreto di next-gen a tutti i suoi giocatori, mostrando 15 minuti di gameplay dell’attesissimo nuovo capitolo di Ratchet & Clank: Rift Apart. Oltre a ciò, due indie attesi in prossima uscita sulle console di casa Sony. Partiamo proprio da questi.

Subnautica: Below Zero, una espansione del celebre survival Subnautica, che sarà disponibile per PS4 e PS5. In questa nuova espansione esploreremo una nuova regione artica di 4546B, nel tentativo di scoprire le sorti della Alterra e del suo equipaggio, fra cui lavorava anche nostra sorella. L’upgrade alla versione ps5 del titolo sarà gratuito per tutti i possessori della versione ps4. 14 maggio.

Among Us: il famosissimo gioco di accuse e tradimenti arriverà anche sulle console di casa Sony nel 2021, e per celebrare questa unione, saranno rilasciate delle skin a tema Ratchet & Clank.

Ratchet & Clank: il gameplay dell’ultima fatica Insomniac ha voluto darci un primo assaggio di cosa ci potremo aspettare da questa nuova avventura del simpatico duo. Il colpo d’occhio iniziale è veramente impattante. L’ambientazione urbana in cui si muove ratchet nella prima parte del gameplay mostra subito i muscoli di una produzione interamente next-gen. Giochi di luce, effetti particellari, ambientazioni complesse e vive, stratificate e artisticamente molto ispirate, ci hanno colpito e ammaliato. La cura per i dettagli, il ray-tracing nelle pozzanghere che riflettono le luci al neon di una periferia di questa dimensione alternativa, sono tutti elementi che ci hanno fatto alzare dalle sedie. Quando poi si passa all’azione, il gioco mostra i suoi muscoli: una fluidità impeccabile, granitica, che accompagna le sequenze di combattimenti che la saga ci ha sempre garantito. Durante questa sezione, abbiamo potuto dare una prima occhiata all’utilizzo delle caratteristiche del Dualsense, in particolar modo, dei grilletti adattivi: due delle bocche di fuoco utilizzate dal nostro lombax infatti avevano due modalità di fuoco differenti, a seconda della pressione più o meno intesa dei grilletti sul pad. Inoltre abbiamo potuto constatare la totale assenza di tempi di caricamento, legata ovviamente all’SSD della console, legata all’utilizzo delle “fratture”, veri e propri varchi nello spazio-tempo che porteranno il giocatore a saltare fra mondi e dimensioni nel bel mezzo dell’azione. Oltre all’utilizzo di fratture gialle disseminate nei livelli, che permetteranno di spostarsi in essi con grande rapidità, ci sono poi le fratture interdimensionali vere e proprie. Nel corso di una battaglia con un boss, il Juggernaut, l’azione si sposatava in una mezzo-secondo da un campo di battaglia all’altro, grazie ai tempi di caricamento inesistenti, cosa che si è poi ripetuta anche nella sezione con Rivet, la lombax della dimensione alternativa dove il malefico Dt. Nefarius è imperatore e vincitore. Insomma, questa lunga presentazione ha alimentato in noi un hype gigantesco. Affezionati alle avventure del duo di casa Playstation attendevamo già con molta ansia questo titolo, ma dopo questi 15 minuti di goduria visiva, l’attesa è diventata già insopportabile, per quello che si preannuncia essere la vera prima esclusiva next-gen di casa Sony.

E voi? Siete in attesa della nuova esclusiva per Playstation 5? Attendete con impazienza o aspetterete di vedere altri spezzoni del titolo prima di farvi un giudizio? Fatecelo sapere nei commenti!

[RECENSIONE] NZXT H700i Case premium e di design

L’H700i è un case Premium di NZXT della famiglia H, che rispetto a tanti altri case, oltre all’estetica, racchiude molte altre features, che adesso andiamo a vedere insieme nel dettaglio. Partiamo quindi ad analizzare i materiali, che sono parte fondamentale in un case.

Materiali e Qualità

Essendo un case premium (e visto anche il prezzo) è normale aspettarsi una buona qualità nei materiali, e sotto questo punto di vista saremo soddisfatti in pieno. Infatti troviamo praticamente solo alluminio e vetro temperato, eccetto per i filtri anti-polvere posti di fronte alle ventole, che sono realizzati in plastica, come anche qualche guida per il cable management posta sul retro. Perfino le gabbie per gli HHDs e SSDs sono realizzati in metallo e con un intelligente meccanismo di blocco, con il quale si può velocemente montare gli slot, senza dover per forza utilizzare viti e cacciaviti. Anche il pannello frontale in vetro temperato è ben realizzato, e il coperchio posteriore che nasconde il cable management non ha viti ma uno sblocco con molla per smontarlo e rimontarlo molto velocemente.

Estetica e AirFlow

Anche l’occhio vuole la sua parte, ed in questo caso de gustibus non disputandum est. Ma volendo essere oggettivi, oltre ad essere accattivante, non si notano imperfezioni, ma soltanto un design estremamente minimalistico e pulito, come tutte le serie di NZXT. Spigoli accentuati e un look cubico che è un buon compromesso fra uno stile gaming e uno professionale. Insomma, una giusta via di mezzo che potenzialmente potrebbe essere ciò che un utente cerca durante la progettazione di una nuova postazione, ma non vuole esagerare troppo con design da gaming estremi. Molto interessante in questa versione del case è l’Airflow: le ventole frontali non hanno una presa d’aria diretta, ma bensì un coperchio che convoglia l’aria ad una rete in metallo posta su entrambi i lati del case, sia frontalmente che nella parte superiore. Essendo un case Mid-Tower, ciò non va ad inficiare sulle prestazioni, poiché lo spazio è molto ampio, e la quantità d’aria scambiata fra l’esterno e l’interno è molta.

I/O

Per quanto riguarda le porte pre-allestite, troviamo due USB 2.0, due USB 3.1, porta jack audio, porta jack mic ed il tasto di accensione. Il tutto posto sulla parte superiore del case. Il pulsante di accensione è circolare e retroilluminato da un led bianco.

Ventole e LED RGB

Altra peculiarità di questo case sono i LED RGB: troviamo infatti una striscia di led rigida fisicamente avvitata nella parte metallica superiore in prossimità del vetro temperato, inoltre una striscia extra magnetica. Questa, essendo appunto magnetica, la si può attaccare potenzialmente ovunque all’interno del case, per poterlo personalizzare il più possibile, ad esempio per illuminare una specifica zona delle componentistiche. In dotazione troviamo poi la ventola posteriore (da 140mm) e le 3 ventole anteriori (da 120mm). Inoltre sulla parte superiore del case troviamo l’alloggio per inserire altre 3 ventole da 120mm o 2 da 140mm, ove si può anche tranquillamente montare un radiatore a liquido AIO o Custom Loop.

Features originali

Le ventole e i LED sono controllati da un dispositivo intelligente, che troviamo già in dotazione. Questo, oltre ad offrire la possibilità di aggiungere più ventole o led grazie ai più splitter, si può gestire direttamente dal software CAM di NZXT. Questo software, oltre a dare la possibilità di gestire singolarmente i componenti, è dotato anche di intelligenza artificiale. Tramite questa, dopo aver eseguito la procedura di “rodaggio”, si potrà abilitare un profilo dinamico della gestione dell’airflow e delle temperature. Durante il rodaggio il software andrà a registrare le prestazioni paragonate alle temperature, ed in base alle statistiche rilevate, monitorerà e gestirà tutto l’airflow in maniera intelligente, portando una diminuzione sensibile delle temperature in-gaming o in situazioni dove la macchina è sotto stress. Inoltre questo monitoraggio può interagire con i led, andando ad esempio a cambiarne i colori quando la macchina è appunto sotto stress. Utile? L’airflow in questo case Mid-Tower è già sufficiente di natura per gli spazi… una gestione così avanzata porta sì vantaggi, ma non così tanti a mio parere… e i numeri parlano chiaro, come si può vedere anche direttamente dal software che ci mostra la differenza fra un profilo standard e quello con intelligenza artificiale. Altra feature da considerare, oltre al fatto che è super allestito per quanto riguarda supporti e slot per inserire SSD praticamente ovunque, è sicuramente il sistema di cable management: raramente si vedono sistemi simili, e grazie ai numerosi velcri e guide per i cavi è praticamente impossibile creare disordine all’interno del case.

Consigli & Valutazioni personali

Partendo dal presupposto che il design piaccia, è sicuramente un case di fascia alta dove niente è fatto per caso, ogni spazio è ben studiato e di ottima fattura. Visto il prezzo (200€ circa sul mercato italiano) è il minimo che ci si possa aspettare. è sicuramente un case che richiede poco lavoro durante la fase di montaggio poiché tantissime cose sono state già predisposte o studiate in modo tale da non dover impazzire per assemblarle, oltre ad essere molto personalizzabile. Molto consigliato nel caso in cui si vada a creare una configurazione top dove non si vuole chiudere occhio su nulla. Nel caso in cui si voglia creare una configurazione più “umile”, anche della stessa NZXT, si trovano tanti altri case a prezzi più onesti, con i quali si può ottenere lo stesso risultato senza dover investire così tanto.

Tabella delle specifiche tecniche

DimensioniP: 230 mm A: 494 mm P: 494 mm (senza piedini)
P: 230 mm A: 516mm P: 494 mm (con piedini)
Materiale(i)Acciaio SECC e vetro temperato
Peso12,27 kg
Supporto per scheda madreMini-ITX, MicroATX, ATX e EATX
(fino a 272 mm o 10,7 pollici)
Elettronica esterna2 x USB 2.0
2 x USB 3.1 Gen 1
1 x Audio/Mic
FiltriAnteriore e ventilazione alimentatore
Slot di espansione7
Dispositivo intelligente3 canali ventola con massimo 10 watt per
uscita canale*
1 porta LED RGB supporta fino a 4 strisce
LED Gen 1 RGB o 5 ventole Aer RGB
Modulo di rilevamento del rumore integrato
*Nota: se viene utilizzato uno splitter, il controllo
ventola viene regolato in base alla ventola
collegata alla porta a 4 pin. Non utilizzare
adattatori a basso rumore.
Requisiti del sistemaPC con porta USB 2.0 interna aperta e sistema
operativo Windows® 10.
Per scaricare CAM, è richiesta una connessione
a Internet.

Alcune funzionalità CAM richiedono l’accesso a Internet,
un indirizzo e-mail valido e l’accettazione dei Termini di servizio correnti.
Alloggiamenti unità2,5”: 7
3,5”: 2+1
Supporto radiatoreAnteriore: 2 da 140 mm o 3 da 120 mm con
configurazione “push/pull”
Superiore: 2 da 140 mm o 3 da 120 mm
Sistema di raffreddamentoAnteriore: 3 da 120 mm/2 da 140 mm
(inclusi 3 da 120 mm)
Superiore: 3 da 120 mm/2 da 140 mm
Posteriore: 1 da 120 mm/1 da 140 mm
(incluso 1 da 140 mm)
Specifiche tecnicheAer F120 (versione Case)
Velocità: 1200 + 200 giri/min
Flusso d’aria: 50,42 CFM (1,95 m³/min)
Rumore: 28 dBA
Cuscinetto: Rifle Bearing
Aer F140 (versione Case)
Aer F140 (versione Case)
Velocità: 1.000 + 200 giri/min
Flusso d’aria: 68,95 CFM (1,95 m³/min)
Rumore: 29 dBA
Cuscinetto: Rifle Bearing
Spazio liberoGestione cavi: 18 – 22 mm
Spazio libero GPU: Fino a 413 mm
Raffreddatore CPU: Fino a 185 mm
Radiatore anteriore: 60 mm
Radiatore superiore: 30 mm

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Ashwalkers [Recensione]: un mondo ricoperto di cenere

Dal grigio cielo che si para davanti a me e ai miei compagni, cadono, trasportate da una gelida, ma leggera brezza, fiocchi di cenere che ricoprono ormai quei terreni, un tempo fertili, ma ormai del tutto aridi e secchi. Trascinando con molta stanchezza i piedi logorati a causa dell’estenuante viaggio intrapreso, si solleva da terra una sottile coltre di polvere che viene neutralizzata dalle nostre maschere filtranti. Alzando lo sguardo verso quel cielo, non più cielo, nessuno sicuramente si sarebbe mai immaginato un destino così tanto avverso alla sopravvivenza della specie umana. Ormai del tutto stremati dalle condizioni ostili di ciò che ne rimane della Terra, continuiamo imperterriti ad andare avanti: io e i miei compagni siamo l’ultima ancora di salvezza per la patria e siamo pronti a sacrificarci pur di salvare la nostra gente. Non ci resta che andare avanti e continuare ad alzare quel fine strato di pulviscolo che imperterrito ci inonda il viso.


Quel lieve ma irritante pulvisco inondava i nostri volti


Ho notato, nella mia vita videoludica, come sia spesso difficile trovare un survival post-apocalittico, che riesca in qualche modo, con la sua trama, a cogliere l’attenzione e suscitare curiosità e interessa negli occhi del giocatore: fanno eccezione titoli come Fallout o Metro 2033 che riescono in qualche modo a mischiare una bella trama insieme ad un simil survival post-apocalittico. Se dovessi etichettare con dei generi , Ashwalkers, lo considererei come l’unione di un un’avventura grafica punta e clicca, con una marea di decisioni e bivi da poter scegliere, insieme ad un survival post-apocalittico con meccaniche però più semplice. Anche se non perfettamente, Ashwalker riesce a far immedesimare il giocatore all’interno delle condizioni fisiche e psicologiche dei personaggi che lo accompagneranno in quei territori pieni di insidie e decisioni da prendere!


Ashwalker l’unione tra un’avventura grafica e un survival post-apocalittico


Ideato inizialmente come un misero progetto scolastico, Ashwalkers è stato sviluppato dallo studio Nameless XIII , pubblicato da Dear Villagers, famosa per titoli come NeuroVoider e ScourgeBringer e prodotto dal co-fondatore di DONTNOD e co-creatore di Life is Strange, Hervè Bonin. La storia di Ashwalkers riprende uno dei quei classici temi utilizzati nei videogiochi post-apocalittici: il disastro naturale. Prenderemo le redini dei 4 membri del terzo gruppo di esplorazione, che partendo dalla Citadel, ormai in un incombente declino, dovranno raggiungere la Dome of Domes, in cui si dice, potrebbero trovare salvezza e riparo per la popolazione della loro patria. In questo lungo viaggio, fatto di ardue scelte e pericoli sempre incombenti, dove non solo la natura potrà essere tua nemica, incontrerai figure al di fuori della Citadel, i “selvaggi” , figure misteriose e oscure che nell’ombra osserveranno costantemente i tuoi spostamenti. Dovrai , perciò, riuscire a sopravvivere a quegli ardui e decadenti luoghi che cercheranno in tutti i modi di fermare il tuo cammino verso questa ipotetica salvezza.


Prenderai le redini di 4 personaggi pronti a sacrificarsi per la loro gente


Le meccaniche di gioco di Ashwalkers non sono molto complicate e forse sono anche un po’ troppo semplici: lungo il tuo inesorabile cammino dovrai concentrarti anche sull’aspetto survival, basato fondamentalmente su 4 parametri, che se non curati abbastanza porteranno i personaggi a perdere vita e infine alla morte. Il compimento dell’obiettivo e la vita dei 4 personaggi dipenderà quindi da 4 fattori, ormai classici dei survival, cioè la fame, la temperatura corporea, la sanità mentale e l’energia. Questo tuo percorso verso la salvezza potrà sembrarti avverso e tuo nemico, ma non è così ,sarà anche tuo alleato: infatti accadrà spesso, durante il tuo viaggio, di incontrare ai lati del percorso materiali da poter raccogliere per sopravvivere, come cibo, legna per il fuoco o cure. E badate bene che ho usato il verbo incontrare e non cercare, questo perché il gioco, un po’ troppo forzatamente, ti metterà disposizione, ai lati dei sentieri, molti materiali, senza che tu debba effettivamente fare niente per trovarli. Una scelta questa, che a mio avviso va ad allontanare il titolo dalla vera concezione dei survival: non ci sarà quel brivido di incertezza, scaturito dalla consapevolezza di non essere sicuro se avresti potuto trovare o meno, materiali per sopravvivere e tutto ciò va a tappare le ali a quella liberta di ricerca che nei survival è pressoché fondamentale. Questa rimozione quasi forzata si fa sentire parecchio all’interno del gameplay che più che un survival diventerà un gestionale. Trascorrerai molto tempo all’interno del campfire, che rappresenta la parte statica e gestionale del titolo, in cui potrai suddividere le provviste, riscaldarti dalle forti raffiche di gelo, riposare per ripristinare energia e parlare per recuperare sanità mentale. Tutto ciò deriva dal fatto che questo titolo si accosta molto ad un simulatore di camminata, in cui tuttavia, dovrai seguire un percorso formato unicamente da una linea retta con però molti bivi.


Ashwalkers è un survival ma a metà


Ed è proprio questo uno dei pregi del gioco cioè la sua costante presenza di bivi e scelte da dover prendere: il titolo, infatti, vanta più di 30 finali tutti completamente differenti l’uno dall’altro che vanno ad aumentare enormemente la longevità del gioco. Anche se impiegherai all’incirca dalle 3 alle 4 ore per arrivare alla conclusione del tuo viaggio, il come e la conclusione stessa saranno sempre diversi e rivoluzionari per quanto riguarda la storia interna ad Ashwalkers. Spesso ti ritroverai a dover decidere tra 4 opzioni che variano a seconda del carattere del personaggio: I 4 membri infatti avranno diversi modi di approcciarsi ai problemi che incontrerai. Petra la caposquadra sarà la più razionale dei 4, Sinh il guerriero del gruppo, sarà sempre pronto ad usare la forza per risolvere i problemi, Kali la scout tenderà a proporre di evitare o scappare, mentre Nadir, il diplomatico, preferirà un approccio più pacifico. Questa gigantesca varietà di decisioni è la colonna portante del titolo che permette alla parte più debole, quella survival, di essere maggiormente valorizzata.


Un pregio di Ashwalkers è sicuramente la grandissima varietà di scelte e bivi da poter intraprendere


Per quanto riguarda la grafica e gli scenari di gioco, a mio avviso, ricordano molto un’unione tra i paesaggi di Borderlands e la cupa grafica in bianco e nero di This War of Mine. L’uso del bianco e nero renderà la tua avventura tetra ma anche coinvolgente, mettendo così in risalto la grande catastrofe avvenuta sulla terra che ha portato la cenere a ricoprire tutto il suolo terrestre. Le ambientazioni, personalmente, mi sono piaciute molto, anche se non con troppi dettagli, il gioco riesce, anche con l’ottimo uso della telecamera che spesso si alzerà molto da terra, a farti percepire quanto piccolo tu sia effettivamente, in confronto all’immensità di quelle ghiacciate pareti rocciose o di quegli infiniti deserti di cenere. Pur non essendoci moltissime mappe, all’interno del titolo, esse saranno comunque ben strutturate e molto godibili all’occhio del giocatore, ma soprattutto saranno in continuo cambiamento: partirai da un deserto roccioso coperto da uno sottile strato di cenere, per arrivare a inondate paludi o a ex metropoli di cui rimangono solo i resti degli immensi grattaceli che la popolavano in passato.


Ashwalkers è l’unione ti molteplici stili


Per quanto riguarda la realizzazione tecnica del titolo non è delle migliori e questo mi fa sicuramente storcere il naso! Un’idea del genere a mio avviso doveva essere maggiormente rifinita e mi dispiace vedere certi difetti che potevano essere benissimo evitati! Grossi cali di frame ogni volta che si incontrerà un evento, una intelligenza artificiale che rimarrà incastrata e sbatterà spesso contro pareti o rocce e dei comandi abbastanza ostici per interagire con la mappa di gioco, sono solo alcuni dei problemi che questo gioco presenta. Non sono difetti troppo incisivi sul gameplay o sulla valorizzazione del gioco, ma a lungo andare potrebbero infastidire il giocatore e rovinare la bella atmosfera che regala il gioco.


Una realizazzione tecnica che fa storcere il naso


In conclusione, per il quasi misero prezzo di 12 euro, pur avendo sicuramente i suoi problemi, considero Ashwalkers una preziosa esperienza che non dovreste perdervi!

THE FALCON AND THE WINTER SOLDIER – EP 6 finale di stagione [SPOILER] Il nuovo Cap

Il gran finale di stagione è finalmente arrivato, il sesto ed ultimo episodio di The Falcon and the Winter Soldier è uscito e dobbiamo dire che è veramente un bel finale di stagione, ma con delle piccole cose irrisolte.

ATTENZIONE, SE NON HAI VISTO L’EPISODIO NON CONTINUARE LE LETTURA, TROVERAI SOLO UN MARE DI SPOILER

Se invece vuoi rinfrescarti la memoria su cosa è successo nell’ultimo episodio puoi leggere qua sotto.

Come dicevamo è stato veramente un grande episodio, Finalmente abbiamo il nuovo Cap, John Walker e la sua redenzione, Bucky che risolve il problemi con se stesso, Sharon carter e il suo segreto, insomma un tripudio di eventi che hanno fatto emozionare e che portano alla giusta conclusione questa coraggiosa serie che si fa messaggera di temi sociali molto forti.

Ma veniamo all’episodio in se, le prime battute sono ovviamente cazzotti su cazzotti nella sede del GRC presa d’assalto dai Flag Smashger insieme al buon Bat rock. E il primo colpo di scena arriva subito, di prepotenza fa il suo ingresso nell’edificio Sam con il suo nuovo costume da Captain America (uguale a quello che in Civil War II nei fumetti), ovviamente gli chiedono chi è e lui ovviamente risponde sono Captain America. Poi intraprende un combattimento con Bat rock.

Finalmente Sam ha accettato di caricarsi sulle spalle il peso di quel nome, con ovviamente tutte le sue conseguenze, come portare avanti il retaggio della sua popolazione nonostante l’odio di molte persone,

Nel frattempo fanno il loro ingresso anche Bucky e Sharon carter. Bucky prima parla con Karli che cerca di portarlo dalla sua parte e poi parte all’inseguimento di 2 furgoni pieni di ostaggi; mentre Sharon in maniera molto sospettosa uccide un Flag Smasher.

Sam è partito all’inseguimento di un elicottero guidato da un Flag Smasher, e con una manovra combinata con uno degli ostaggi riesce a salvare tutti.

La scena successiva vede fino a che livello sia arrivato il fanatismo di Karli, che pur di lanciare un messaggio farebbe esplodere i furgoni con dentro gli ostaggi, infatti prende il controllo di uno dei due ma viene interrotta da una figura che conosciamo bene, il nostro John Walker che puntualmente viene pestato dai Flag Smasher. Fortunatamente per lui interviene Bucky che lo salva.

Subito dopo accade un fatto, una scena che segna finalmente la redenzione di John Walker, finalmente lo vediamo seguire i suoi veri ideali, gli ideali per i quali era stato investito del titolo di Captain America. Infatti dopo aver lottato con Karli si trova davanti ad una scelta, un bivio che determinerà il suo futuro, Salvare il furgone pieno di ostaggi o continuare la lotta con Karli? Fare la cosa giusta o compiere la vendetta? 

Fortunatamente decide di salvare il furgone con gli ostaggi, dimostrando così che il siero del super soldato non ha alimentato solo la sua parte cattiva e che finalmente John Walker è pronto a fare la cosa giusta. È un bell’epilogo per questo personaggio che durante la serie ci ha fatto tanto discutere, io in primis l’ho odiato (grazie anche alla prova attoriale magistrale di Wyatt Russel) ma con il passare degli episodi e soprattutto in questo momento ho iniziato ad apprezzarlo. Fatelo anche voi che leggete, apprezzate John Walker, il povero Wyatt Russel ne ha bisogno, dona anche tu un pò di apprezzamento.

Comunque decide di fare la cosa giusta, fantastico direte andrà tutto bene, e invece no, Karli entra nel mezzo per impedirglielo ma fortunatamente arriva Sam a salvare tutti, di nuovo.

E qui il popolo riconosce per la prima volta in Sam il nuovo Captain America. Infatti un anziano signore esclama: “ei ma quello lì è Black Falcon” e un ragazzo gli risponde “no è Captain America”.

L’episodio continua e si sposta nel sotto suolo di New York dove in ordine:

  • Scopriamo grazie a Karli che Sharon è Power Broker
  • Sharon uccide Bat rock
  • Karli spara a Sharon ferendola
  • Sam impedisce a Karli di uccidere Sharon
  • Sharon uccide Karli con 2 colpi di pistola

Da evidenziare sicuramente il come Karli è morta, è morta dicendo mi dispiace a Sam, seguendo e portando avanti un ideale. In realtà Karli secondo me non voleva fare tutto il male che ha compiuto, voleva solo impedire al GRC di rimpatriare tutti i profughi. La violenza è solo una conseguenza di come si è comportato da tiranno il GRC.

Tirannia del GRC che viene citata anche nel bellissimo discorso, in pieno stile Steve Rogers, che fa Sam una volta finito il putiferio. Parla di come lui sia solo un uomo di colore che ha uno scudo a stelle e strisce e di come tante persone non lo accetteranno in quelle vesti (non lo dice ma sicuramente è per il colore della pelle, visto che Captain America è sempre stato biondo e con gli occhi azzurri) e di come i governi siano così pieni di potere da poter schiacciare chiunque, gli chiede come lo useranno.

Intanto i Flag Smasher catturati vengono salvati da un sostenitore della causa.

Il finale di questo episodio, e quindi della serie, è la giusta conclusione per uno spettacolo che tanto è stato criticato. Infatti Sam mostra ad Isaiah una statua in suo onore allo Smithsonian, non vi nascondo che ho pianto vendendo la scena del burbero Isaiah che abbraccia Sam.

Bucky cerca la redenzione e confessa al signor Iori di aver ucciso suo figlio e Allegra de Fontaine crea il nuovo personaggio per John Walker: US AGENT. Finalmente abbiamo il primo personaggio ufficiale dei Thuderbolts, chissà che non li vedremo nei prossimi film o serie…

Ma la chicca più bella arriva alla fine dell’episodio, infatti il titolo che appare non è più The Falcon and the Winter Soldier ma CAPTAIN AMERICA AND THE WINTER SOLDIER. Finalmente Sam è ufficialmente il nuovo Captain America e noi non possiamo essere più felici di così.

Ma non finisce qua perché ovviamente c’è la scena post-credit che vede Sharon carter graziata e reintegrata nel suo vecchio ruolo, ma da buon cattivo esordiente la vediamo telefonare a qualcuno di losco e organizzarsi per rubare segreti di stato e armi sperimentali. Bene questa scena ovviamente ci fa capire che molto probabilmente ci sarà una seconda stagione, anche in virtù del fatto che Sharon è Power Broker e quindi va scoperta come personaggio. Ma non va scoperta solo lei, dobbiamo anche capire la storia e cosa vorrà fare Allegra de Fontaine, e se in qualche modo farà nascere i Thunderbolts.

Insomma è finita la prima stagione e mi sento di dire, come questo finale, che è veramente una bella serie. All’inizio si pensa che la Marvel stesse introducendo personaggi a caso buttandoli negli episodi alla rinfusa. E invece no, ogni personaggio, chi più o chi meno ha la sua storia e il suo scopo. Ma soprattutto abbiamo approfondito come personaggi Sam e Bucky. di Bucky abbiamo scoperto il lato umano, mentre di Sam abbiamo capito che vuole portare avanti un retaggio. 

Signori e signore abbiamo finalmente il nuovo Captain America, e voglio addirittura sbilanciare a dire che secondo me lo vedremo in Spider-Man No Way Home.

Evento Apple -Ecco tutti i nuovi prodotti presentati: iMac M1, iPad Pro ,Air Tag e Apple TV4K

Durante la nuova presentazione del 20 aprile, Apple ha fatto vedere nuovi ed innovativi prodotti.
Partiamo subito con il nuovo AirTag:
AirTag invia un segnale Bluetooth sicuro che può essere rilevato dai dispositivi nelle vicinanze in “Trova la mia rete”. Questi dispositivi inviano la posizione del tuo AirTag ad iCloud, quindi puoi andare all’app “FindMy” e vederlo su una mappa. L’intero processo è anonimo e crittografato per proteggere la tua privacy. Ed è efficiente, quindi non devi preoccuparti della durata della batteria o dell’utilizzo dei dati. Semplice e sicuro, dotato di un comodo portachiavi è possibile acquistarlo dal 30 di Aprile a 29$ singolarmente oppure con i bundle da 4 dispositivi per 99$.


Successivamente è stato presentato anche il nuovo Ipad Pro in due diverse dimensioni da 11″ e 12.9″(quest’ultimo con Liquid Retina XDR). I vari modelli saranno acquistabili con capacità da 128Gb/256Gb/512Gb/1TB/2TB e avranno:
Chip Apple M1
CPU a 8 core con 4 core ad alte prestazioni e 4 core ad alta efficienza
Motore neurale a 16 core
8 GB di RAM sui modelli con 128 GB, 256 GB o 512 GB di spazio di archiviazione
16 GB di RAM sui modelli con 1 TB o 2 TB di spazio di archiviazione.
Sarà possibile registrare video in 4k a 60fps senza nessun tipo di problema con l’autofocus e il tracciamento automatico del viso.
I prezzi si aggirano attorno ai 799$ per 11″ e 1099$ per 12.9″


Passiamo poi all Apple TV 4k; presentato in due diverse capacità (da 32Gb e 64Gb) viene venduto assieme al telecomando, ridimensionato e riadattato alle esigenze del cliente.
Infatti potremmo semplicemente controllare tutto da remoto grazie a:
Tecnologia wireless Bluetooth 5.0
Trasmettitore IR
Connettore Lightning per la ricarica
Batteria ricaricabile che fornisce mesi di durata della batteria con una singola carica (con un utilizzo quotidiano tipico)
Ricarica tramite USB al computer o adattatore di alimentazione (venduto separatamente)
Controlla la TV o il ricevitore tramite IR o CEC 3

Per quanto riguarda le uscite abbiamo:
HDMI 2.14Wi ‑ Fi 6 802.11ax con MIMO
dual band simultaneo (2,4 GHz e 5 GHz)
FiloGigabit Ethernet
Tecnologia wireless Bluetooth 5.0
Ricevitore IR
Alimentatore incorporato

Per il prezzo della nuova tv ci aggiriamo intorno ai 179$ per la versione da 32gb, mentre 199$ per quella da 64gb.


Ultimo ma non per importanza è stato presentato il nuovo iMac da 24″ con 4.5K di risoluzione display. Sarà disponibile come tutti i nuovi prodotti dal 30 Aprile con diverse capacità di archiviazione (da 256 Gb o da 512Gb)
All’interno avremo:
Chip M1
CPU a 8 core con 4 core ad alte prestazioni e 4 core ad alta efficienza
GPU a 7 core
Motore neurale a 16 core
Fotocamera FaceTime HD 1080p con processore del segnale di immagine M1
Sistema a sei altoparlanti ad alta fedeltà con woofer a cancellazione di forza
Ampio suono stereo
Supporto per audio spaziale durante la riproduzione di video con Dolby Atmos
Tre microfoni di qualità da studio con elevato rapporto segnale / rumore e beamforming direzionale
Supporto per “Hey Siri”

Per quanto riguarda invece le porte sul retro dello schermo, ci saranno due porte Thunderbolt / USB 4 con supporto per:
DisplayPort
Thunderbolt 3 (fino a 40 Gb / s)
USB 4 (fino a 40 Gb / s)
USB 3.1 Gen 2 (fino a 10 Gb / s)
Thunderbolt 2, HDMI, DVI e VGA supportati tramite adattatori (venduti separatamente)


Assieme al iMac Pro verrano venduti anche il Magic Mouse e la Magic Keyboard, l’ adattatore da 143W, cavo da 2 metri e Cavo da USB-C a Lightning.
Per quanto riguarda il prezzo avremo la possibilità di potere scegliere:
1299$ per la versione basica da 256Gb
1499$ per la versione da 256Gb con due uscite USB 3.0 aggiuntive ed il Touch Id sulla tastiera ed una porta per il Gigabit Ethernet
1699$ per la verisione da 512Gb con le due uscite USB 3.0 aggiuntive ed il Touch Id sulla tastiera ed una porta per il Gigabit Ethernet.

XBOX Series X e PlayStation 5: Le nostre riflessioni a freddo dopo 6 mesi di utilizzo

Lo scorso Novembre abbiamo fatto finalmente il nostro ingresso nella nona generazione di console. Xbox Series X|S e Playstation 5 sono uscite a distanza di pochi giorni, e hanno fatto il loro ingresso nella vita di tanti giocatori (anche se moltissimi ancora lamentano una loro assenza), cominciando a disvelare cosa ci aspetta nel futuro prossimo dell’intrattenimento videoludico. A distanza di 4 mesi dalla loro uscita, facciamo dunque un primo bilancio di cosa convince, di cosa lascia perplessi e di cosa ancora stiamo aspettando, quando si parla della nuova generazione.

Disclaimer: non è presente un’analisi della Xbox Series S in quanto siamo ancora sprovvisti della suddetta.

XBOX SERIES X

Aspetti Positivi

La console di casa Microsoft aveva subito stupito per il proprio design: inizialmente poco apprezzato, probabilmente perchè ricordava un pc più che una console, una volta giunta nelle mani dei consumatori ha subito fatto ricredere gli acquirenti. Compatta ed elegante, il suo design minimale la rende bella da vedere, ma soprattutto poco intrusiva: si adatta bene a (quasi) qualunque posizione e postazione di gioco, che sia in un salotto accanto al televisore, sopra una scrivania, in verticale o in orizzontale.

Microsoft ha fatto veramente un lavoro di grande pregio nella creazione della sua nuova console ammiraglia: in una scatola di dimensioni molto modeste ha condensato delle componenti davvero impressionanti, rendendo Xbox Series X un mostro di potenza: la CPU montata dalla console (un processore a 7 nanometri, l’AMD Zen 2) permette infatti alla macchina di vantare il Quick Resume, che ci permetterà di mettere in pausa numerosi titoli contemporaneamente e di riprenderli dall’esatto punto in cui li avevamo interrotti, per giocare ad altro. Unita ad un SSD di nuova generazione, i caricamenti risultano praticamente dimezzati, per farvi perdere meno tempo possibile durante le vostre sessioni di gioco. Per darvi un’idea concreta, prendiamo un titolo imponente come Red Dead Redemption 2: su Xbox One X, per caricare una partita ci voleva (mediamente) 2 minuti, mentre su Series X ci vogliono appena 38 secondi.

Fonte: Microsoft

Insieme ad una GPU da ben 12 TFLOPS, con una capacità di calcolo nuda e cruda che risulta doppia rispetto a quella di Xbox One X, ci troviamo di fronte ad una soluzione equiparabile a una scheda video PC di fascia alta. Insomma, la potenza non manca alla nuova macchina di Xbox, che però si riflette in una rumorosità praticamente inesistente; tralasciando una rumorosità che aumenta naturalmente in fase di installazione dati, durante le sessioni di gioco la macchina non produrrà alcun suono, rimanendo silenziosissima e facendo la felicità di tutti quei giocatori rimasti scottati dalla annosa vicenda di Playstation 4 Pro.

Sul lato ludico poi, Xbox può contare sul Game Pass, vero e proprio capolavoro della software house. Ad un prezzo contenuto, si ha accesso ad una libreria di titoli pressocchè infinita (si parla di ben 534 giochi, divisi in 376 per console Xbox, 252 per PC e 226 per Android via Cloud), tutti scaricabili e giocabili quanto e quando si vuole – ovviamente se si rimane abbonati o finchè il titolo sarà presente nel servizio. La libreria poi presenta titoli per tutti i gusti, dai titoli indie fino ai tripla A più premiati, e con l’acquisizione di Zenimax, ora anche i titoli Bethesda si aggiungeranno al divertimento, con la prima mandata che è già arrivata, come vi abbiamo raccontato qui.

Inoltre, i titoli degli studi di proprietà di Microsoft arriveranno fin dal day one sul pass, garantendo ai possessori la possibilità di giocare immediatamente a titoli nuovi di pacca senza dover sborsare un centesimo in più. Inoltre, la retrocompatibilità completa di Xbox vi permetterà di giocare anche ai titoli delle generazioni passate, rendendo quindi Series X|S la vera macchina per il videgiocatore; l’introduzione della funzionalità FPS Boost poi, permette di giocare ai titoli con un upgrade delle prestazioni veramente considerevole, risultando essere il miglior modo per giocare a questi.

Aspetti Negativi

Il primo aspetto negativo di Xbox Series X è il controller. Il pad di casa Microsoft è rimasto sostanzialmente invariato dalla scorsa generazione, risultando comodo e molto ergonomico, ma anche molto rumoroso e sopratutto, a pile. Esistono i kit di batterie ricaricabili, che rendono la durata del controller estremamente longeva, però è venduta separatamente, e non nella confezione da Microsoft stessa, e nel 2021 questa cosa è francamente non accettabile.

Un altro aspetto che ci lascia perplessi riguarda le uscite di microsoft. La console, con la sua enorme potenza, risulta però ancora con il freno tirato perchè c’è una grande penuria di uscite next-gen che ne mostrino i muscoli. Molto atteso è HALO Infinite, che uscirà per la fine dell’anno, primo vero titolo next-gen, però se confrontato con la line-up del 2021 di Playstation, Microsoft rischia di fare ancora un anno da silenzio in attesa delle sue uscite; è senza dubbio bello giocare a titoli in retrocompatibilità con questa velocità, ma è arrivato il momento di mostrarci tutta la potenza della vera next-gen targata Microsoft!

Fonte: Microsoft

Infine, l’HUD interno della console. Numerosi sono stati i passi in avanti eseguiti da Microsoft per renderlo più intuitivo e “user friendly”, ma ancora siamo lontani dall’intuitività Playstation; confusionario e molto complesso, servirà un po’ di utilizzo per sentirsi effettivamente “a casa”.

Che cosa ci aspettiamo dal futuro di Xbox? Grandi cose. Il GamePass cresce giorno dopo giorno, e gli studios proprietari della software house porteranno uscite di grande livello, ma ciò che veramente è elettrizzante è l’acquisizione di Zenimax: avere sotto la propria bandiera delle proprietà così importanti come Doom, Fallout e Elder Scrolls (senza contare le mille altre) ha decisamente smosso gli equilibri del mercato, e rappresenterà senza dubbio un fattore negli anni a venire. Microsoft si è mossa in maniera esemplare in questi anni, ora però è il momento di concretizzare: fuori i giochi!

Playstation 5

Aspetti Positivi

Il primo aspetto positivo della neonata console di casa Sony è senza dubbio il DualSense. Il nuovo controller di casa Playstation è magnifico, sotto quasi tutti i punti di vista. Abbracciando ancora di più una forma simile al controller di casa Microsoft, diventando più grande e ondulato sui fianchi, al tempo stesso riesce ad esaltare le caratteristiche uniche della storia del Dualshock, ma le vere novità risiedono al suo interno. Il feedback aptico, i grilletti adattivi, uniti al sensore di movimento, alla touchbar superiore e al nuovo microfono integrato rendono il Dualsense il miglior pad della storia Playstation, nonchè un incredibile nuova porta ad un mondo di possibilità per immergere ancor di più il giocatore nell’azione: la presenza di Astro’s Playroom, gratuito per ogni possessore della console, serve a comprendere le possibilità offerte da questo nuovo controller, lasciando sbalorditi per tutta la sua durata.

Fonte: Sony Entertainment

Parlando dell’hardware, Sony ha pubblicizzato moltissimo la presenza di una SSD super-veloce, che rendesse l’esperienza di gioco davvero travolgente e consentisse agli sviluppatori di trovarsi a loro agio nella creazione dei loro titoli, e non possiamo che darle ragione. I tempi di caricamento sono stati abbattuti completamente, rendendo l’esperienza davvero gratificante. A livello di potenza, Sony ha optato per una CPU da 10 TFlops, leggermente inferiore a quella di Xbox, ma le differenze, ad oggi, risultano inesistenti. Ciò che invece sta venendo fuori è che, pur non avendo una memoria così ampia (664 Gb contro gli 802 di Series X, entrambe però ampliabili con schede esterne), il tool di compressione dati introdotto da Sony permette di comprimere i dati in maniera davvero efficace, rendendo sostanzialmente nulla la differenza di storage-capacity : per fare un esempio concreto, Control Ultimate Edition richiede 42 Gb su Xbox e Computer per l’installazione, ma solo 25 su Playstation 5.

Estremamente positivo anche il rinnovamento adottato per l’HUD interno della console. Estremamente intuitivo e veloce, dimenticatevi i pietosi tempi di caricamento per entrare nello store o caricare i trofei: adesso la console viaggia meravigliosamente, non rinunciando al suo stile classico ed introducendo una serie di novità davvero interessanti, prime fra tutte le schede di gioco. Queste consentono ad un giocatore di accedere a dei veri e propri walktrough realizzati dagli sviluppatori che permetteranno di capire come superare uno specifico punto del gioco, che sia un livello, un enigma o un nemico particolarmente ostico: ad oggi numerosi titoli supportano questa feature, che risulta veramente comoda ed intuitiva.

Passando al lato ludico infine, Sony ha confezionato una line-up davvero di primo ordine. I titoli in uscita per la console sono tanti, vari e tutti potenzialmente molto interessanti. All’uscita spiccavano Spiderman: Miles Morales e il meraviglioso remake di Demon’s Souls, e nei prossimi mesi sono attesissimi Returnal, il nuovo Ratchet & Clank, Kena e, nella seconda parte dell’anno, Horizon 2. Se guardiamo al 2022, Gran Turismo 7 e il sequel di God of War (che dovrebbe uscire nel 2021, ma a questo credo decisamente poco), e altri titoli ancora. Insomma, Sony ha confezionato una serie di titoli veramente notevoli, sopratutto, di titoli nuovi realizzati per mostrare fin da subito le potenzialità della nuova console, e non vediamo sinceramente l’ora di provarli.

Fonte: Sony Entertainment e Guerrilla Games

Aspetti Negativi

Il primo aspetto che ad oggi non ci ha convinto riguarda il Dualsense. È meraviglioso, è vero…finchè dura. Già, la durata della batteria continua ad essere un problema per Sony, considerando che il controller, con tutti gli optional accesi, durerà massimo 6 ore, una durata insufficiente che costringerà i possessori a metterlo in carica e a stare in ansia di fronte al lento ma costante conto alla rovescia sul loro povero pad.

Un altro aspetto che ci ha lasciati un po’ dubbiosi riguarda inevitabilmente il design della console. Oltre ad essere estremamente grande, la console vanta un’estetica decisamente impattante, che attira inevitabilmente l’attenzione. La versione digitale ci piace di più di quella fisica, ma in generale è un design particolarmente aggressivo, che può mettere in difficoltà chiunque per “nascondere” questa console.

Fonte: Sony Entertainment

Un altro aspetto che continua a lasciarci dubbiosi riguarda la parte dei servizi che l’offerta di Sony propone oggi. Tralasciando il Playstation Plus, che nel corso degli anni è sempre migliorato ed oggi propone (quasi) ogni mese giochi interessanti e sconti esclusivi – e che proprio su PS5 si è arricchito della Playstation Plus Collection – ciò che lascia perplessi è il Playstation Now. Essendo ciò che più ricorda il Gamepass, viene pubblicizzato molto poco e non viene supportato a dovere. La sensazione è che, considerando la grandezza raggiunta dal Gamepass, Sony debba necessariamente rivolgersi anche ad un rinnovamento del lato servizi, sennò rischia di non riuscire ad adeguarsi a questo nuovo modello di publishing, che invece Microsoft sta gestendo meravigliosamente e da vera avanguardia.

Che cosa ci aspettiamo dal futuro di Playstation? Sul futuro prossimo Sony ha già confezionato una lista di giochi esclusivi veramente portentosa: tra nuove IP e sequel di brand di enorme successo, la strada sembra veramente promettente. Inoltre, con la conferma della lavorazione di un nuovo visore VR (in uscita nel 2022, trovate più informazioni qui sotto), Sony conferma il successo del suo esperimento, e si rilancia prepotentemente anche in questo ambito. Le basi sono estremamente solide per avere un’altra grande generazione in casa Playstation, ma l’impressione è che, in segreto, Sony stia studiando la modalità migliore per introdursi nel mondo dei servizi e provare a rispondere allo strapotere del Gamepass. Attenderemo impazienti degli sviluppi!

In conclusione

Entrambe le offerte sono estremamente attraenti, e mai come in questa generazione sono differenti, pur essendo vicine. Purtroppo la penuria di console e la attuale situazione epidemiologica non rende semplice la produzione delle unità, ma Sony e Microsoft hanno promesso a più riprese che continueranno a produrre unità fino a pareggiare la richiesta, mai così elevata prima d’ora. L’augurio è che possiate riuscire a recuperare una delle due console il prima possibile, per entrare finalmente nella nuova generazione!

Oppure avete già una console in casa? Aspetterete con calma o siete impazienti? Fatecelo sapere nei commenti!

THE FALCON AND THE WINTER SOLDIER – SPIEGAZIONE EP 5 [SPOILER]

Eccoci arrivati al penultimo episodio di The Falcon and the Winter Soldier,  a mio avviso forse l’episodio più bello fatto fino ad ora, ad anche il più lungo visto che dura un’ora.

SE NON HAI VISTO L’EPISODIO NON CONTINUARE LE LETTURA, TROVERAI SOLO UN MARE DI SPOILER

Se invece vuoi rinfrescarti la memoria su cosa è successo nell’ultimo episodio puoi leggere qua sotto.

Siamo quindi ad un episodio dalla fine e possiamo tranquillamente dire che la serie è una serie veramente bella a parere mio, piena di alti e bassi che si alternano molto frequentemente.

Sicuramente l’ennesimo preannunciato cameo ci ha fatto rimanere un pò delusi, ma ormai siamo abituati, quindi quello che possiamo dire è: dosate le aspettative su alcuni elementi. Ma non tutto è perso perché la Marvel ci sorprende nuovamente andando a toccare temi oggi molto caldi nel nostro mondo e l’inserimento continuo di nuovi personaggi.

La serie è entrata nel suo atto finale, tutte le tessere iniziano ad andare al posto giusto in attesa del mega scontro finale. Siamo al punto di non ritorno che vede 3 fazioni:

  • John Walker, soldato pluridecorato svestito delle vesti di Captain America per il mostruoso atto di brutalità commesso, con conseguente pazzia e furia cieca che gli annebbia la mente dovuta al siero del supersoldato 
  • Sam e Bucky che recuperano lo scudo e finalmente consolidano il loro rapporto formando una bellissima coppia, con Sam pronto a vestire i panni del nuovo cap forse? Tutti i fatti ci fanno pensare che questo avverrà.
  • I Flag Smasher accecati dalla rabbia, che cercano vendetta a New York diventando dei veri e propri cattivi.

Inoltre questo episodio come dicevamo tratta un messaggio politico molto forte che è quello dei diritti della comunità nera, portavoce ne è Isaiah Bradley, il cap nero sottomesso e torturato con troppi esperimenti.

L’episodio si apre con un duro scontro che vede Sam e Bucky sottrarre lo scudo a John Walker e poi ognuno per la propria strada; John svestito del titolo di Cap, Sam a schiarirsi le idee da Isaiah Bradley e Bucky a sistemare Zemo.

In questo senso la puntata chiude definitivamente alcune trame secondarie lasciare aperte, infatti: Bucky consegna Zemo alle Dora Milaje e Sam torna in Louisiana, ma non prima di aver fatto tappa a Baltimora dove ha un bellissimo e toccante discorso a sfondo razziale con Isaiah che rafforza le fondamenta politiche di questa serie.

Isaiah poteva essere il nuovo cap ai tempi, secondo Sam, ma gli fa capire che il governo non permetterà mai ad un nero di brandire lo scudo. Sam la pensa diversamente e si insinua in lui finalmente il pensiero di diventare lui stesso il nuovo simbolo dei USA, l’America è pronta per vedere un Cap nero. In questo scambio di battute scopriamo il passato di Isaiah, finalmente questi personaggio fantastico ha una storia, una storia che insegna e che in qualche modo sprona Sam a cambiare le cose. Molto toccante. Comunque torna in Louisiana dove con l’aiuto del vicinato rimette in sesto la barca di famiglia e chiarisce finalmente la sua situazione con Bucky, il quale gli da un regalo fatto dai Wakandiani e la sua benedizione per essere il nuovo cap. In fondo Bucky ha sempre saputo che Steve Rogers avrebbe voluto Sam come suo successore.

Sam si allena con lo scudo ed è veramente cazzuto.

In tutto questo la Marvel ha anche il tempo di introdurre un nuovo personaggio dei fumetti: Allegra de la Fontaine, ex vice direttrice dello S.H.I.E.L.D e amante di Nick Fury. Questa introduzione lascia perplessi chi non ha praticità dei fumetti, ma fa presagire sviluppi interessanti per la storia, che abbia contatti con Sharon Carter?

Nel frattempo i Flag Smasher cercano vendetta a New York incontrandosi con Bat rock che brama vendetta nei confronti di Falcon.

A fine episodio finalmente Sam apre il regalo di Bucky, apre la valigetta e l’episodio finisce, lasciandoci la curiosità e la smania di vedere l’episodio finale come solo la Marvel sa fare. Secondo me all’interno ci possono essere 2 cose:

  • O nuove ali per Sam (gliele ha distrutte John Walker a inizio episodio)
  • O la tuta di Captain America di Sam come nei fumetti

Ovviamente l’episodio si conclude qua? Ovvio che no perché abbiamo finalmente la prima Scena post credit della serie, che vede John Walker colmo d’ira fabbricarsi uno scudo tutto suo e prepararsi alla battaglia finale. Che sia arrivato finalmente il momento di US Agent?

Comunque il vero obbiettivo della serie secondo me è scoprire cosa significhi essere Cap. Per Sam è un valore che va oltre lo scudo e la divisa, è un voler portare avanti un retaggio per cambiare l’America e contribuire all’accettazione della comunità nera diventando il simbolo degli USA. Il simbolo Nero degli USA. Dall’altro lato abbiamo John Walker che vede lo scudo come un’occasione per fare la cosa giusta, ma la domanda è: qual’è la cosa giusta?

Detto questo non possiamo far altro che aspettare e guardare finalmente chi sarà il degno erede di Captain America, ancora non lo sappiamo ma il cuore in fondo in fondo spera che sia Sam

Everhood [ Recensione ] : Un trip di acidi ma senza gli acidi

Rinunceresti alla tua umanità per raggiungere l’immortalità”? Una delle tante domande esistenziali e paradossali che l’uomo in un momento indefinito della sua esistenza si è sicuramente posto. Ecco ammetto che potrebbe risultare strano da concepire, ma la stessa domanda, letteralmente nei primi 2 minuti di gioco, viene ambiguamente posta al giocatore dal titolo di cui parlerò in questa recensione: Everhood. Non mi era mai capitato tra le mani un videogioco così particolare, ma soprattutto così divertente; ero partito con l’idea che Everhood sarebbe stato un gioco, o più precisamente un trip di acidi, molto simile ad Undertale, (trovi la sua recensione qui sotto) ma ricolmo e sommerso da effetti psichedelici e distorsioni intrippanti.

Ma credimi quando ti dico, che mi sbagliavo di grosso. Una “favola” che va contro i modelli standard degli RPG, arrivando addirittura a rasentare i limiti della sanità mentale e della pazzia, ma detentrice di una trama, stranamente pesante e piena di colpi di scena.


Rinunceresti alla tua umanità per raggiungere l’immortalità?


Everhood sviluppato da Chris Nordgren e Jordi Roca e pubblicato da Foreign Gnomes il 4 marzo 2021 su Nintendo Switch e PC, può essere associato a tutti quei videogiochi Earthboundiani, che riprendono ed ereditano tutte le caratteristiche più importanti del famoso titolo e le rielaborano per creare, a loro volta, storie totalmente fuori dai soliti schemi narrativi, come ad esempio, Lisa The Painful e OMORI (trovi la recensione ai due titoli qua sotto)

Ma possiamo osservare all’interno di Everhood la forte presenza di due titoli, colonne portanti degli RPG, di cui il videogioco ha preso fortemente spunto: Yume Nikki e Undertale.  Da una parte Yume Nikki ha donato al gioco i suoi paesaggi dispersivi e enigmatici e la sua particolare configurazione dell’hub suddivisa in porte e, invece, da Undertale riceve la sua splendida caratterizzazione e diversificazione dei personaggi, che li rendendo ad uno ad uno totalmente unici nel loro genere , la struttura dei dialoghi, sommersi da una costante comicità tipica di Undertale ma soprattutto la presenza della rottura della quarta parete con cui il gioco schiettamente porrà al giocatore domande molto dirette e quasi angoscianti. Questa rottura della quarta parente, riuscirà a far perdere al giocatore il proprio orientamento, mandandoti in piena confusione: “Con chi sta effettivamente parlando il gioco?” “Sta parlando con me o con il mio personaggio?” “Sono scelte che devo prendere come Io o come il personaggio che interpreto?”. Domande alle quali avrai una risposta solamente giocando questo bizzarro titolo. Ma ciò che fa discostare Everhood dai suoi “genitori” e lo rende unico tra gli RPG sopra citati sono la sua trama e il suo gameplay.


Everhood è l’unione di RPG cult come Yume Nikki e Undertale, ma rivisitati in modo unico


La trama di Everhood è MOLTO particolare e si nasconde dietro la maschera della “classica avventura fantasy”, in cui al protagonista viene rubato qualcosa di importante che, contro la sua volontà, lo costringe a partire alla ricerca di ciò che gli è stato rubato .Ti risveglierai nei panni di Red, una marionetta di legno a cui però è stato sottratto un braccio. Da qui partirà questa strana e molto psichedelica avventura in cui la nostra bambola di legno cercherà di recuperare il suo braccio, rubatogli da uno gnomo sotto volere di un mono-occhio grosso e viola maiale, Gold Pig. La trama sarà un roller coaster di emozioni che spaziano dall’angoscia, a momenti ambigue e a volte esilaranti, fino ad arrivare alla pazzia e al disorientamento più totale. Ovviamente non posso andare oltre, perché non voglio rovinare l’avventura che ha in servo per te questo, a dir poco, strambo titolo, ma posso assicurarti che una storia così distorta può benissimo competere con trame del calibro di Inception e Memento.


Ti immedesimerai nei panni di Red, una bambola di legno, alla ricerca del suo braccio rubato


Everhood è uno stupore dietro l’altro, una novità ne segue un’altra e una delle caratteristiche peculiari del gioco che lo rendono, letteralmente, unico, è il gameplay: Everhood si traveste da RPG, in quanto non ci saranno statistiche da potenziare o livelli da aumentare e si mischia ad un rhythm-game, esattamente come Guitar Hero, in cui a tempo di musica dovrai in tutti i modi, non azzeccare al tempo giusto le note, ma evitare i colpi dell’avversario. Le Fight del gioco si concentreranno su un campo di battaglia principalmente in 2D composto da 5 postazioni in cui il giocatore potrà spostarsi scansando e saltando i colpi del nemico.  Esattamente come la trama, che sarà piena di cambiamenti e di colpi di scena, lo stesso avverrà all’interno del gameplay: le modalità di gioco e il modo in cui sconfiggerai chi ti si parerà davanti saranno sempre in constante cambiamento. Non potrai abituarti ad uno stile di combattimento, quando il gioco ti schiafferà davanti un altro stile totalmente diverso da quello precedente. In questa odissea fatta, non solo di schivate e salti, incontrerete gare di go-kart, percorsi ad ostacoli in 3D, stanze piene di proiettili da evitare e prenderai anche parte, insieme agli amici di questo mondo, ad una partita di un gioco di ruolo (si esatto giocherete ad un gioco di ruolo dentro un gioco di ruolo). Ma questo costante mutamento non si presenterà unicamente all’interno dei vari “mini-game” del titolo, infatti accadrà spesso che internamente alle battaglie, fra molto virgolette “normali”, avverranno delle variazioni alquanto singolari, come la rotazione del campo di battaglia o disturbi visivi psichedelici che andranno a far perdere la concentrazione al giocatore, per rendere il tutto ancora più impegnativo, ma sicuramente più divertente.


Il gameplay di gioco è un vortice perpetuo di cambiamenti e divertimento!


Essendo quindi un ibrido tra un RPG e un rhythm-game un elemento fondamentale che deve accompagnare il giocatore nella sua avventura è la musica! Ogni battaglia sarà accompagnata da brani di musica elettronica che caricheranno il giocatore migliorando sicuramente le sue performance e la sua coordinazione occhio-mano, fondamentale in questo gioco. Forse sono stato abituato male con le fantastiche canzoni di Undertale e soprattutto so che non dovrei fare comparazioni tra i due titoli, ma molti brani di Everhood, non reggono proprio il confronto. Non ci saranno molte canzoni memorabili all’interno di Everhood ,come invece lo sono quasi tutte quelle di Undertale, infatti alcune di esse risulteranno molto neutre e prive quasi di ritmo. Tutto ciò è sicuramente un grande peccato perché comunque stiamo parlando, si di un RPG, ma anche di un rhythm-game in cui la musica è la parte fondamentale che dovrebbe comunque sorregge e rendere unico il titolo. Con questo voglio dirvi che, si, ci sono sicuramente brani interessanti e molto piacevoli, ma il resto delle altre canzoni verranno dimenticate subito dopo aver concluso una battaglia.


Una musica carica e accattivante, ma non memoriabile


Un’altra componente che secondo me è stata molto trascurata, nello sviluppo del gioco, sono gli scenari e le ambientazioni: spesso infatti troveremo paesaggi completamente vuoti e con pochissimi dettagli, lasciandoti quasi l’amaro in bocca. Anche se è stata una scelta dello sviluppatore attingere a questo stile minimal, che sfrutta la colorazione dei soli contorni su sfondo nero, per delimitare un oggetto di scena, avrei preferito qualche dettaglio in più soprattutto nella mappa di gioco in cui a volte sembra proprio che si siano dimenticati di “arredarla”. Questa scelta rende sicuramente più ambiguo e strano il titolo, ma con una grafica pixellosa così accattivante, avrei preferito qualcosa in più. Se gli scenari della mappa potrebbero sembrare un po’ trascurati, per quanto riguarda l’aspetto visivo delle fight siamo su tutt’altro livello: un uso continuo, ma non per questo fastidio, di colori sgargianti e super accesi che renderanno ogni singola battaglia molto coinvolgente e soprattutto molto impressionante.


Paesaggi spogli , ma per questo molto suggestivi


Everhood a mio parere non è un gioco difficile, non ho riscontrato molte difficoltà a battere il gioco in modalità Hard (che a detta degli sviluppatori è la modalità in cui è stato pensato il gioco) se non prettamente all’inizio del gioco quando per abituarsi ai ritmi e alle tempistiche di schivata e salto, si potrebbe incontrare un po’ di difficolta. Anche se non ho trovato questa grande difficoltà nel battere gli avversari incontrati sul mio cammino, non posso non ammettere che vincere regala comunque grandi soddisfazioni!


Una difficoltà non eccessiva e molto godibile


Traendo le somme , questo titolo, dalla durata di circa 9 ore, regala un’avventura totalmente unica e decisamente molto intrippante, che ti scaraventerà all’interno di un mondo mai visto prima e con personaggi unici e soprattutto molto particolari! Pur con qualche difetto come i già sopra citati e qualche caricamento decisamente troppo prolungato il gioco riuscirà sicuramente a lasciarti a bocca aperta e a farti rimanere attaccato allo schermo! Anche non avendo una longevità cosi prolungata, devo comunque consigliarti assolutamente di provare questa esperienza bizzarra ma allo stesso tempo angosciante!

Il mondo del Doppiaggio: “Due chiacchiere con Mirko Cannella”

Per avere una diversa prospettiva sul mondo cinematografico e conoscere ciò che caratterizza il lavoro del doppiatore abbiamo deciso di “fare due chiacchiere” con Mirko.

Mirko Cannella è la voce italiana di “Rio” (Miguel Herràn) nella famosa serie televisiva “La Casa di Carta” e di “Billy” (Dacre Montgomery) nell’altrettanto conosciuta serie “Stranger Things”.


Ma il suo lavoro non si ferma qui!


È anche la voce di “Mickey” (Noel Fisher) nella serie “Shameless”, “Lancel Lannister” (Eugene Simon) in “Game of Thrones”, Ezra Miller in “Californication” e “Law & Order” e tanti altri personaggi in varie serie televisive.

Ha doppiato anche in tantissimi film come “Jurassic World”, “7 sconosciuti a El Royale”, “Dunkirk”, “Maleficent” e “Mulan”.

“DUE CHIACCHIERE CON MIRKO CANNELLA”:

Teatro e cinema, recitazione e doppiaggio, queste due realtà vanno di pari passo nella vita professionale di Mirko ed è interessante capire quanto una influenzi l’altra.

Intervista a Mirko Cannella

Spesso quando si pensa alla figura dell’attore ci immaginiamo subito il classico divo hollywoodiano o chi recita in teatro, di conseguenza diamo grande peso al linguaggio corporeo poiché uno si fa riprendere dalle telecamere e l’altro si esibisce davanti al pubblico. Come i movimenti del corpo e le espressioni facciali anche la voce è un elemento fondamentale e uno strumento essenziale per dare quell’impatto emotivo tanto ricercato dagli attori o dall’opera stessa. Per far si che lo spettatore si emozioni realmente c’è bisogno che il doppiatore dia il giusto valore emotivo ai movimenti dell’attore attraverso la voce.

Per fare ciò un buon doppiatore deve relazionarsi con il personaggio, capirlo, comprenderlo, viverlo.