Quilts & Cats of Calico – Recensione post Beta Testing

Quilts & Cats of Calico Recensione post Beta Testing

Mi è stata offerta la possibilità di provare “Quilts & Cats of Calico” nella fase di beta testing, perciò ecco le mie impressioni del gioco!

Grazie mille, Monster Couch, per avermi scelto come beta tester per il vostro prossimo gioco, Quilts & Cats of Calico! Ricevere la vostra mail, dopo mesi che adocchiavo questo gioco e dopo aver provato la demo iniziale, è stata davvero una graditissima sorpresa.

N.B. In questa recensione mi concentrerò più che altro sulle premesse e meccaniche del gioco, aspettando di provare il prodotto finito per parlare dell’effettiva esperienza di gameplay!

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Innanzitutto, partiamo dalle origini del gioco. Quilts & Cats of Calico, infatti, non è altro che il più recente adattamento videoludico della Monster Couch, che ha già trasposto il celebre e premiato gioco da tavolo Wingspan, di Elizabeth Hargrave, e diverse delle sue espansioni.

Calico, il premiato gioco da tavolo che ha ispirato questo nuovo adattamento, è un puzzle game da 1-4 giocatori il cui scopo è cucire una trapunta il più accogliente possibile per invogliare una serie di gatti a schiacciarci sopra un pisolino. Lo so, sono le premesse più adorabili del mondo.

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Le regole non sono di facilissima assimilazione, e serve sicuramente qualche partita per prenderci la mano. Una volta afferrati i concetti base, tuttavia, potrete iniziare a creare le vostre strategie a colpi di ago e filo. I punti si accumulano “combinando sapientemente stoffe di diversi colori e fantasie”, ottenendo bottoni specifici in modo da soddisfare le preferenze dei singoli gatti.

Nella versione digitale, ogni gatto “ha una diversa personalità e reagisce attivamente” alle vostre azioni, aggirandosi per il tabellone, richiedendo coccole e perfino ostruendo il vostro lavoro, un aspetto particolarmente realistico per chi ha avuto a che fare con dei mici.

E non è tutto: il gioco permette anche di personalizzare un compagno felino che potrete viziare, vestire e agghindare come più vi piace nel corso delle vostre avventure.

Quilts & Cats of Calico Recensione post Beta Testing
Cr: Steam

Proprio come Calico, il videogioco potrà essere giocato individualmente, sfidando l’IA in vari livelli di difficoltà, oppure con altre persone (siano queste amici o giocatori casuali) nella modalità multipiattaforma. La modalità di gioco online includerà anche sfide settimanali e classifiche.

Come preannunciato dalla descrizione del gioco su Steam, la versione digitale di Quilts & Cats of Calico offrirà anche la possibilità di giocare una “modalità storia”. In questa modalità, che unisce l’esperienza del gioco da tavolo ad intermezzi in stile visual novel, vestirete i panni di un sarto itinerante che viaggia attraverso un mondo sconvolto dalla guerra, cucendo coperte e opponendosi al potere di un’azienda senza scrupoli.

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Il design dei personaggi e delle ambientazioni della campagna cita come fonte di ispirazione lo Studio Ghibli, mentre per la rilassante colonna sonora la Monster Couch si è rivolta al compositore Pawel Górniak, cha ha già collaborato con lo sviluppatore alla versione digitale di Wingspan.

Se devo proprio trovare il pelo nell’uovo, il design dei gatti che interagiscono con il tabellone non mi fa impazzire, soprattutto considerando il divario tra questo stile e e quello più delicato della modalità storia. Sarà che questi gatti mi ricordano molto un gioco che avevo sul computer nel lontano 2011 (si stava meglio quando si stava peggio?).

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Detto questo, non vedo l’ora che il gioco esca, e soprattutto non vedo l’ora di provare il gioco da tavolo, che ho scoperto proprio grazie alla demo di Quilts & Cats of Calico.

Grazie ancora alla Monster Couch e, se volete aggiungere il gioco alla vostra lista dei desideri, cliccate qui per il link a Steam!

Saltburn – Recensione e oneste opinioni

saltburn

Recensione umile e onesta di Saltburn, un film che ha scandalizzato metà continente, mentre l’altro aveva semplicemente 20 anni nel 2000.

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Avete visto Saltburn? Noi si. Dai su guardatelo, mi raccomando sul divano, e chiamate anche i vostri genitori. Ma prima leggete la mia recensione di Saltburn!

Saltburn è un’imponente castello nelle ricche campagne inglesi, popolato da nient’altro che da ricchi annoiati inglesi. Alla trama ci penseremo dopo, per adesso soffermiamoci sul fatto che Emerald Fennel (potresti ricordarla per la
Sceneggiatura di “una donna promettente” 2020, o Midge in Barbie, oppure Camilla Parker Bowles in The Crown), ha creato uno spaccato perfetto della ricca società inglese, che si nasconde dal peccato ma non riesce a privarsene.

Oliver è, a primo impatto, un genio squattrinato che frequenta Oxford per fortuna, grazie alle varie borse di studio. Insomma, ha la testa ma gli mancano i soldi. Presto fa la conoscenza di Felix, un buonissimo Jacob Elordi, da cui è difficile togliere lo sguardo. E lo sa anche Oliver, che pare essersene innamorato.

Saltburn: recensione del film con Jacob Elordi | Esquire

Galeotta fu la ruota rotta della bici. Felix, rimasto a piedi, viene presto soccorso da Olly, che casualmente si trova sulla sua stessa strada. Nasce così l’inizio di una breve amicizia. Breve perché non vorrei fare spoiler, ma insomma, uno ( in realtà tutti) dei personaggi secondari muore.

Da qui nasce non solo una splendida amicizia fra Felix e Olly, ma cresce anche la voglia di Olly di avere tutto i ciò che Felix ha, soldi, carisma e bellezza. Ma soprattutto Saltburn, dove Felix e la sua famiglia vivono da secoli e secoli.

Un imponente castello dove leggenda narra abbia pernottato Riccardo III e che lì spirito di una delle nonne Catton ancora aleggi.

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Come film non lo definirei soft-porno, ma decisamente perturbante dal punto di vista erotico. La scena della vasca è effettivamente un po’ dura da mandare giù. That’s what she said!

Insomma, questo film mi ha ricordato Il talento di Mr. Ripley (1999)dove Olly è ovviamente il nostro Tom. La foga di voler tutto quello che gli altri hanno, porta inevitabilmente a compiere degli errori, a agire senza pensare troppo alla conseguenze. Una differenza fra questo due film ( Grazie alla mia amica Nora che ha portato alla luce questo interessante punto) potrebbe essere intanto la premeditazione che esiste in Olly, ma non in Tom, che invece agisce for the plot.
Mr. Ripley viene scoperto alla fine, (forse, ai posteri l’ardua sentenza) mentre Olly, non solo finisce per uccidere un’intera famiglia, ma ne eredita anche il bene più prezioso, Saltburn.

Saltburn che è il palcoscenico della maggiore critica al Royal mode de vie, fatto di pomeriggi passati a giocare a tennis bevendo champagne o a guardare il sole che tramonta nella piscina. Pomeriggi colmati da assurde frivolezze, capaci di rendere vivi questi annoiati aristocratici. Il dolore viene anestetizzato da feste galattiche, o conversazioni al limite della superficialità, il gossip però, sempre ben voluto.

L’unico rammarico di Elspeth, la madre di Felix, è forse quello di non poter commentare la tragedia accaduta alla sua famiglia, in quanto anche lei, ne è caduta vittima.

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POVERE CREATURE!, la fiaba moderna di Lanthimos – [Recensione]

poor things

Recensione di “Povere Creature!”, la fiaba moderna di Lanthimos con Emma Stone, Willem Dafoe e Mark Ruffalo.

Le aspettative per questo film erano enormi, in quanto il cast, il regista e gli elogi della critica avevano creato un hype abbastanza sentito. Dopo la visione mi sono chiesto se fossi soddisfatto, ma la risposta non è giunta per almeno due giorni. Ecco la mia recensione di Povere Creature!

Il film è certamente una perla dal punto di vista registico, di scenografie e attoriale. Lanthimos è riuscito a dare vita a una fiaba dal gusto espressionista grazie al virtuosismo della regia e alla performance attoriale incredibile di tutti gli interpreti. La sensazione però è stata di ridondanza e perdita dell’obiettivo principale.

Il film mi è piaciuto, Lanthimos è stato in grado di narrare una storia surreale e stimolante allo stesso tempo, i cui snodi narrativi però mi sono apparsi abbastanza sterili. Ho notato infatti come la trama si regga per lo più su pretesti il cui senso mi è stato incomprensibile. Come se avessero in mente di cosa voler parlare, ma avessero esaurito i modi dopo la prima ora. Inoltre l’ultima parte, dove arriva l’ex marito, per me poteva essere tagliata, non sarebbe cambiato molto.

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Il personaggio di Bella, interpretato impeccabilmente da Emma Stone, progredisce con l’andare del film, ma a un certo punto i progressi sembra li abbia terminati, sostituendoli con una storia normale di avventura. Il personaggio, slegato da ogni convenzione sociale, continua a voler scoprire il mondo, anche essendo disposta ad abbandonare il matrimonio a cui era promessa. Non vi è dunque un cambiamento in lei, che all’inizio e alla fine della pellicola si trova nella stessa posizione, in quanto rimane ella stessa borderline e anticonvenzionale.

Il film però esplica bene il tema del film: la libertà. E ci riesce attraverso un espediente per me efficacissimo ovvero il surrealismo. Una storia tra il fantastico e il fantascientifico, che racconta la nostra società attraverso metafore assolutamente azzeccate, come Stevenson aveva fatto con “Lo strano caso del Dr. Jeckell e Mr. Hyde”.

PoorThings
PoorThings

In conclusione, una fiaba moderna dal gusto surrealista che mette in luce alcune problematiche della nostra società attraverso il personaggio di Emma Stone, interpretato magistralmente, il tutto arricchito da una regia, una scenografia, una colonna sonora e una recitazione eccezionali. Purtroppo il film dà la sensazione di essere ridondante, come se dopo aver presentato le tematiche non fosse in grado di svilupparle.

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Per informazioni ufficiali qui il sito di Searchlight Pictures.

Spells & Secrets – A scuola di magia [Recensione]

Spells Secrets A scuola di magia Recensione

Ecco la mia recensione di “Spells & Secrets”, un’avventura in cui, come promette il titolo, dovrete destreggiarvi tra incantesimi e misteri!

Ho di recente avuto modo di provare Spells & Secrets della rokaplay, che ci tengo a ringraziare per averci concesso, tramite Keymailer, la chiave del gioco che mi ha permesso di scrivere questa recensione!

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Il gioco è attualmente disponibile su Nintendo Switch, PlayStation 5, Xbox Series X/S e PC.

La sua descrizione su Steam recita: “In questa avventura in stile roguelite, dovrete liberare l’Accademia di Greifenstein dalle creature magiche usando i vostri incantesimi in modo creativo.”

“Giocate in co-op, personalizzate il vostro personaggio, risolvete misteri opzionali e trovate potenti artefatti in questo moderno mondo magico.”

Iniziamo senza troppi giri di parole: il paragone tra l’Accademia di Greifenstein e la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts è inevitabile per chiunque abbia letto, visto e/o giocato prodotti che pertengono al mondo di Harry Potter.

Dai professori alle creature magiche, fino alla suddivisione degli studenti in quelle che potremmo benissimo chiamare “case”, l’ispirazione è evidente, ma la rokaplay non ha mai cercato di nasconderlo, usandolo anzi come un punto di forza.

Queste similitudini, per quanto pongano inevitabilmente il gioco in una posizione di confronto, lo rendono anche una validissima opzione per chi vuole frequentare una scuola di magia senza preoccuparsi di una certa autrice britannica.

Ma veniamo al gioco vero e proprio. La personalizzazione, pubblicizzata come un altro dei punti di forza di Spells & Secrets, è effettivamente abbastanza dettagliata, fatta eccezione per l’aspetto della corporatura. Qui mi aspettavo qualcosa di meglio, date le premesse inclusive della creazione del personaggio (a livello di aspetto, di genere e orientamento) e del gioco in generale.

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Detto questo, la grafica è molto accattivante e l’effettivo gameplay è coinvolgente fin da subito. Il gioco unisce le meccaniche di un roguelite al genere dungeon crawler, dando vita a un’esperienza accessibile ma allo stesso tempo stimolante.

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Jusant – Una scalata attraverso il passato, verso il futuro [Recensione]

Jusant Una scalata attraverso il passato verso il futuro [Recensione]

Ecco la mia recensione di “Jusant”, l’atmosferico platform 3D della DON’T NOD che combina esplorazione, rompicapo e arrampicata!

Ho appena finito di giocarlo ed eccomi qui. Innanzitutto, ringrazio la DON’T NOD per averci concesso, tramite Keymailer, la chiave di Jusant che mi ha permesso di scrivere questa recensione!

Il gioco è attualmente disponibile per PlayStation 5, Xbox Series X/S e PC, e la sua descrizione su Steam recita: “Goditi le vibrazioni meditative di Jusant, un rompicapo d’azione e arrampicata. Scala una torre immensamente alta e raggiungi vette inesplorate insieme alla tua acquosa compagna di viaggio. Padroneggia gli strumenti di arrampicata, attraversa diversi biomi e ricostruisci il passato della torre.”

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Ero rimasta molto colpita dal trailer, per questo, quando me ne si è presentata la possibilità, ho colto al balzo l’opportunità di provare il gioco.

Devo dire, però, che il mio entusiasmo si è affievolito abbastanza presto (so che avete già visto il voto che ho dato, let me cook for a second). Jusant è diviso in 6 capitoli, e arrivata al terzo stavo veramente facendo fatica a proseguire il gameplay.

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Poi è arrivato il capitolo 4. Fermi tutti. Un significativo cambio di bioma? Avete la mia attenzione. Lo finisco in un lampo, arriva il capitolo 5. Un nuovo cambiamento radicale? Nuove meccaniche? Ora sì che ragioniamo. Il finale del capitolo 5, poi, mi ha lasciato a bocca aperta. Per il 6, non c’è nemmeno bisogno che ve lo dica. Breve, va detto, ma un capolavoro.

La trama del gioco viene scoperta leggendo lettere e pagine di diario, che sono tutto ciò che resta della popolazione che un tempo abitava la torre. A poco a poco scopriamo cosa ha costretto le persone ad andarsene, cosa le ha spinte a rimanere fino all’ultimo e perché stiamo compiendo la stessa scalata intrapresa da molte altre di loro prima di noi.

Jusant Una scalata attraverso il passato verso il futuro [Recensione]
Cr: DON’T NOD

Personalmente, per quanto narrare la storia soltanto tramite lettere sia una scelta in teoria piuttosto poetica, nella pratica l’ho trovata una dinamica che dopo un po’ viene a noia. Da questo punto di vista mi è piaciuta molto di più la trovata delle conchiglie e dei flashback sonori, molto suggestivi.

Uno dei punti di forza del gioco è sicuramente la creatura che vi accompagna nel vostro viaggio: si tratta di un piccolo blob azzurrino che vi aiuterà a individuare i vostri obiettivi, a superare alcuni rompicapo e che, soprattutto, potrete coccolare nel corso del vostro viaggio.

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Il concetto della torre abbandonata, di una pseudo montagna che brulicava di vita verticale, di una terra un tempo fertile adesso completamente deserta, se non per qualche curiosa creatura qua e là, unito a un’attenzione magistrale al design, crea un prodotto avvincente in cui si sente ad ogni passo la cura che è stata messa dal team nella sua realizzazione.

E a proposito di chi ha realizzato il gioco… Il team ha inserito nei crediti i nomi dei propri animali domestici. Se questo non vi convince automaticamente ad aggiungere Jusant alla vostra lista dei desideri, non so cosa possa farlo.

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A mio parere, per quanto dal quarto capitolo in poi avrei voluto che i capitoli fossero molti di più, la lunghezza di Jusant è giusta. Il gioco di per sé, infatti, non richiede molto tempo per essere completato, e se vi interessano gli achievement, una volta terminato è possibile rigiocare i singoli capitoli (*chef’s kiss).

Il finale è poetico, commovente e lancia un messaggio di speranza che scalda il cuore. Se arrivate al terzo capitolo, come me, e iniziate a chiedervi se valga la pena finirlo, vi assicuro che è così.

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WONKA, il nuovo film con Timothée Chalamet – [Recensione]

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Recensione di “Wonka”, il nuovo film con Timothée Chalamet ispirato al famoso libro di Roald Dahl “La fabbrica di cioccolato”

I trailer di questo film non mi avevano proprio convinto, perché mi sembrava un Wonka troppo diverso da quello di Burton, talvolta troppo sopra le righe, ma giunto in sala mi sono ricreduto. Non sono un particolare fan della storia di Dahl, nonostante abbia letto sia “La fabbrica di cioccolato” sia “L’ascensore di cristallo”, apprezzo molto il lavoro di Burton ma non così tanto da non accettare alcun tipo di reinterpretazione.

E dal mio punto di vista questa è la chiave di lettura per questo film, che certamente vuole distinguersi da Gene Wilder e da Johnny Depp, dando vita a un Willy Wonka molto più musical. Timothée Chalamet è riuscito, infatti, a conferire al personaggio una sua impronta personale molto ridanciana, che si distacca un po’ dalla caratterizzazione un po’ grottesca delle precedenti interpretazioni.

E leggendo il film in questa chiave direi che funziona quasi tutto. Molto carina la storia, seppur semplice riesce anche nelle sue ingenuità, nelle sue sospensioni dell’incredulità ad intrattenere con un prequel che ci sta tutto per la storia di Dahl, donando momenti molto gradevoli di canto e scene molto simpatiche.

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Il punto di forza è la sua totale natura favolistica, come se tuttala storia fosse perfettamente consapevole di essere a tratti surreale. Ma la narrazione riesce perfettamente a far credere allo spettatore che è possibile tutto ciò che accade, che di base non ha il pretesto di voler spiegare perché accade. E questa caratteristica di Dahl mi ha sempre affascinato, quindi per me se sei riuscito a trasmettere quella quasi spensieratezza da favola, come se il tono fosse leggero, con i buoni che fanno i buoni e i cattivi fanno i cattivi.

Per quanto in alcuni punti un po’ forzata, la trama racconta un viaggio dell’eroe davvero interessante, in grado di far affezionare lo spettatore a questo nuovo Wonka e tutta la sua squadra. I personaggi secondari funzionano quasi tutti, creando una serie di secondari che non prendono mai la scena al vero protagonista ma che sanno dare il giusto contributo alla narrazione.

wonka timothhee chalamet
wonka timothhee chalamet

In conclusione, un film che se visto con la giusta chiave di lettura è davvero piacevole, in grado di mettere in scena un viaggio dell’eroe molto carino, con trovate sceniche interessanti e personaggi secondari ben riusciti, il tutto in un ambientazione totalmente favolistica, surreale e a tratti fumettosa che funziona benissimo nella prospettiva leggera che vuole dare il film. Il Wonka di Chalamet è infatti distante dal grottesco ma invece un personaggio totalmente buono e quasi ingenuo.

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NAPOLEON, il film sul condottiero più famoso di sempre – [Recensione]

Napoleon

Recensione di “Napoleon”, il nuovo film di Ridley Scott sul condottiero francese, interpretato dal premio Oscar Joaquin Phoenix

Avevo molte aspettative su questo film, in primis per l’attore principale, Phoenix di cui sono innamorato, e poi anche per il personaggio principale, la cui fama e importanza non sono certo indifferenti. Sono andato in sala senza però aspettarmi nulla di perfettamente accurato sul piano storico, in modo da evitare di rovinarmi la visione.

E infatti Scott non propone una pellicola all’insegna della accuratezza storica, ma bensì una sua rivisitazione verosimile del Napoleone persona, non tanto condottiero o politico. E credo che questa sia la chiave di lettura con cui si deve vedere il film, che ha intenti forse diversi da quelli che ci si poteva aspettare.

Non mancano certo le scene di battaglia, dirette con una spettacolarità tipica di Ridley Scott, le cui scelte registiche ho apprezzato molto. Tuttavia il focus principale è spostato sul suo rapporto personale con Giuseppina e sul suo carattere nella vita privata. L’idea è di raccontare il narcisismo, la megalomania di una persona che ha cambiato le sorti di un continente.

Effettivamente raccontare tutta la storia di Napoleone Bonaparte sarebbe stato molto difficile se avesse voluto rimanere fedele ai fatti realmente accaduti, ma Scott decide di raccontare invece le fragilità, le manie ma anche i trionfi e i narcisismi del condottiero corso, interpretato egregiamente da un grottesco Phoenix, che ci ha lasciato una performance degna di lui, ma che credo non sia riuscita a superare quella di Murphy per concorrere a un eventuale premio Oscar.

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Rivelato il primo trailer di Napoleon

Forse il limite più grande di questo film è proprio il voler essere troppo storico, in quanto, nella fretta di raccontare tutti gli eventi, alcuni passaggi risultano poco chiari, ad esempio come si passi dalla repubblica a console, e da console a imperatore. Forse però la causa principale sono i tagli eccessivi, ma comunque il film funziona eccome.

Dal punto di vista tecnico è un film di una qualità altissima, sul piano della regia, fotografia, costumi e recitazione. Non memorabile la colonna sonora ma forse non ci ho fatto molto caso, più che altro perché mi aspettavo temi epici per le battaglie ma non mi sono sembrati tali.

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Napoleon

In conclusione, il film ci presenta la vita privata di Napoleone, mettendo al centro della narrazione la sua storia d’amore travagliata con Giuseppina, mostrando le sue fragilità e manie. La recitazione grottesca di Phoenix prende la scena anche sulle spettacolari scene di battaglia, dirette ottimamente da Scott, il cui intento primario non è di raccontare in modo storicamente accurato gli eventi scritti sui libri, ma mostrare una ricerca di vana gloria di un personaggio megalomane e narcisista.

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THE MARVELS, il nuovo film dell’MCU – [Recensione]

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Recensione di “The Marvels”, il nuovo film dell’MCU con protagoniste Captain Marvel, Miss Marvel e Monica Rainbow

Alla visione in sala della pellicola, mi sono principalmente chiesto il motivo per cui i Marvel Studios avessero deciso di far uscire in questo periodo di crisi un film con protagonista un supereroe minore dei vecchi Avengers e due personaggi provenienti dalle serie tv, di cui una apparsa in secondo piano e l’altra nella serie meno vista di Disney+. Ero arrivato dunque senza grandi aspettative, attendendomi un film divertente ma niente di che. Inoltre, le recensioni della critica l’avevano già stroncato prima ancora che ne potessi dare un giudizio.

The Marvels non è un brutto film, ne ho visti di molto peggiori, e non è nemmeno il peggiore dell’MCU, ma trovo difficile individuare pregi per cui giudicarlo un film di cui vale la pena veramente di andare a vedere. Una cosa buona è la durata: il film MCU più corto. Certamente non manca l’intrattenimento, il trio funziona ma a tratti manca uno scopo principale del film.

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È necessario però chiarire che di tratta pur sempre di un film Marvel, con un target prevalentemente giovane. È inevitabile dunque prendere in considerazione questo, ma sono sempre più convinto che sia un film vuoto. Partiamo dalla trama. È tutto molto un pretesto per far interagire i personaggi. Non è ben chiaro come mai le tre protagoniste riescano a teletrasportarsi, gli sceneggiatori non hanno dato una spiegazione convincente, forse per un bambino va bene così.  L’impressione di una missione secondaria che si risolve effettivamente in pochissimi passaggi è confermata dalle scene post credit, forse le scene migliori del film.

L’interazione tra i personaggi funziona, ma sinceramente di Carol non ricordavo nessun tipo di caratterizzazione e la componente emotiva iniziale non mi ha assolutamente coinvolto, come se in sala mi fossi sentito inadeguato o non avessi visto le puntate precedenti di una serie. Alcune dinamiche però rischiano di risolversi in poco tempo, tanto da risultare poco credibili.

Alcune scene d’azione sono molto ben fatte, però il combattimento finale si conclude in un modo abbastanza insoddisfacente a mio parere. Anche la questione del “passato” di Carol nello spazio mi è sembrata davvero superficiale, senza intenzione di approfondire, rischiando di risultare inutile. Forse un minutaggio maggiore avrebbe giovato, o forse no, il problema è che manca una vera e propria tematica, un motivo buono per vedere il film, che oltre a creare situazioni intrattenenti si limita ad essere privo di messaggi, e purtroppo sembra sia una linea che l’MCU sta prendendo con molti prodotti, quando invece ci sono film come GOTG3.

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In conclusione, il film è intrattenente ma manca di un messaggio vero e proprio, un buon motivo per andare a vederlo in sala, come se si limitasse a scene d’azione e interazioni tra personaggi. La trama è molto superficiale e rischia di non approfondire personaggi come ad esempio il villain. Forse la pellicola meritava più minutaggio per sviluppare altre tematiche, perché penso che la Marvel riesca anche a sfornare prodotti, seppur semplici, di qualità, ma in questo film anche i personaggi, su cui gira tutta la trama, risultano poco interessanti.

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Marvel’s Spider-Man 2, Peter e Miles tornano ad oscillare su PS5 [Recensione]

[Recensione] Marvel's Spider Man

Dopo un brillante primo capitolo e un buon spin-off, Marvel’s Spider-Man sbarca su next gen con un sequel più denso ed epico, sarà riuscito a mostrare i muscoli di PS5?

Tra tutti i supereroi Spider Man rientra di sicuro tra quelli più amati e seguiti dai fan Marvel e non solo. Eppure non è mai stato molto fortunato per quanto riguarda le iterazioni videoludiche. Questo fino al 2018, anno in cui Insomniac Games presenta al pubblico il suo Marvel’s Spider-Man, in esclusiva PS4. Un titolo che fin da subito ha soddisfatto le aspettative dei fan più sfegatati dell’uomo ragno. Dopo aver dedicato uno spin-off al personaggio di Miles Morales, siamo giunti a quello che dovrebbe essere un vero e proprio sequel. Un’esperienza che promette di vestire i panni di entrambi gli Spider Man in un’avventura indimenticabile. Scopriamo insieme se il risultato è stato raggiunto.

Recensione marvel spider man


Come sarebbe dovuto essere Spider Man 3 di Raimi, ma con meno stile

La storia in Marvel’s Spider-Man 2 è probabilmente l’elemento di maggior pregio della produzione. Le dinamiche tra Peter, Miles, Mary Jane ed Harry Osborn sono credibili e si sviluppano nell’arco dell’avventura in modo coerente e appassionante. I villain, Kraven su tutti, sono ben caratterizzati. Ciascuno di essi ha il giusto spazio all’interno di una narrativa che, solo in apparenza, può sembrare un minestrone inconcludente. Non è così, l’effetto Spider Man 3 di Raimi è stato scongiurato da un buon team di sceneggiatori. Anche il simbionte è ben integrato all’interno della storia. Dall’inizio alla fine la trama rimane avvincente e coinvolgente. Solo nelle ultime ore di gioco il tutto pare annacquarsi un po’, ma nulla che rovina l’esperienza nel complesso.
Il vero grande problema che mina in parte gli ottimi risultati raggiunti in sede di scrittura è il character design di tutti i protagonisti. Esso è infatti anonimo e poco riuscito. Peter, per esempio, ha il volto di un quindicenne nonostante i 25 anni di età. L’estremo realismo su cui si è puntato per rappresentare personaggi iconici e ben scolpiti nell’immaginario collettivo, per quanto mi riguarda, non ha ripagato. Questo stile asciutto e privo di alcun tratto distintivo è riscontrabile in ogni elemento del gioco. New York è immensa, ben realizzata, ma è una metropoli come se ne sono viste a decine. L’effetto “wow” manca completamente. Nulla stupisce, complice anche un comparto grafico solo di poco superiore a quello dei precedenti capitoli. Certo, la distanza di render migliorata e i tempi di caricamento praticamente assenti sono degni di nota, ma non bastano a farmi considerare questa esperienza come “next gen”.

Recensione marvel spider man


Squadra che vince non si cambia, ma si potrebbe comunque migliorare

Parliamoci chiaro: le fondamenta ludiche su cui si poggia Marvel’s Spider-Man 2 sono vecchie, e anche un po’ traballanti. Lo scheletro di gioco non offre nulla che non si sia già visto nelle ultime tre/quattro generazioni videoludiche. Oscillare tra i palazzi è divertente, sì, ma lo era anche nel primo capitolo. Peter e Miles sono, su carta, diversi, ma i loro Skills Tree raramente sbloccano qualcosa in grado di portare una ventata d’aria fresca al gameplay. Il combattimento in stile freeflow funziona ancora, ma non è rifinito né perfezionato, difatti gli scontri possono diventare piuttosto sporchi e caotici raggiunto un certo punto del gioco. Le missioni principali e secondarie offrono una lodevole varietà di situazioni, ma se analizzate singolarmente sono piuttosto banali e poco originali. Le sezioni in cui si impersona Mary Jane sono nettamente migliorate rispetto a quelle del primo gioco, ma risultano comunque in una copia sbiadita del gameplay di The Last of Us. Le poche boss fight presenti offrono la giusta dose di epicità, ma oltre ad avere più fasi tutte troppo simili tra loro (una boss fight in particolare ha 4 fasi identiche) sono anche farcite di QTE che paiono presi direttamente dal primo God of War uscito su PS2. Insomma, è un’esperienza che si regge in piedi solo grazie ad un conservatorismo che preferirei non vedere all’interno del sequel di uno dei titoli di punta di casa Sony. 

Recensione marvel spider man


Tanto fluido quanto accessibile

In modalità prestazioni il gioco si mantiene fluido, i 60fps sono solidi anche nelle fasi più concitate. Da segnalare la presenza di qualche glitch e bug, nulla di imperdonabile, tuttavia delle volte mi son trovato costretto a ricaricare il salvataggio poiché bloccato. Molto apprezzabile invece la pletora di opzioni di accessibilità che permettono a qualsiasi tipologia di videogiocatore di godersi l’esperienza. Il livello di impegno richiesto per portare a termine la storia è tendente al basso, esclusi alcuni momenti caotici citati in precedenza non mi sono mai trovato in seria difficoltà. La difficoltà Ultimate, sbloccabile una volta finito il gioco, non offre un’esperienza tanto più impegnativa. Ottimo anche l’uso delle funzionalità del Dualsense. Completare la sola trama principale richiede meno di 20 ore. Mentre per quanto riguarda il completismo (tra i collezionabili i costumi sono sicuramente quelli più riusciti) la longevità si attesta intorno alle 40 ore.

Recensione marvel spider man


Potete trovare altre informazioni sul titolo raggiungendo il sito ufficiale di Insomniac Games.

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KILLERS OF THE FLOWER MOON, il nuovo film di Scorsese – [Recensione]

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Recensione di “Killers of the Flower Moon”, il nuovo film di Scorsese con Di Caprio e De Niro, tratto dal romanzo “Gli assassini della terra rossa”

L’hype per questo film era da parte mia clamoroso. Martin Scorsese è un regista che amo, forse il migliore ancora in attività, contando una filmografia davvero unica, che è riuscita sempre a diversificare le tematiche nella maggior parte dei casi eccellentemente. Inoltre la presenza di attori come DI Caprio e De Niro aveva incrementato le già alte aspettative.

Alla luce della mia visione in lingua originale, posso dichiararmi estremamente soddisfatto del film il quale si prende il meritato posto tra le gemme di Scorsese, perché questo film è una mina incredibile! Comincio col suo unico difetto rilevante: la sua durata estremamente impegnativa. Mi limito a dire questo perché sono convinto solo che ormai non sia più allenato per i film molto lunghi, dunque sul finale sono arrivato leggermente stanco. Ma ciò non ha assolutamente danneggiato la visione e non penso che abbia sciupato il film.

Certo, si poteva tagliare qualcosa, non sarebbe stato un problema enorme, soprattutto alcune sequenze molto marginali, come quelle del paese, ma in generale averle tenute è stato un più, un’aggiunta con benefici alla storia e alla pellicola in quanto tale, in quanto esperienza. Personalmente non ho sentito il calo di attenzione. Certamente il ritmo in alcuni momenti rallenta ma non è un difetto.

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I punti di forza sono sicuramente molti, tali da far rimanere incollati gli spettatori nonostante l’ampia durata. La regia di Scorsese è da Oscar, fornita di piani sequenza spettacolari e dialoghi molto intensi, la fotografia, la scenografia, la scrittura e soprattutto la recitazione. La performance attoriale dei personaggi principali è incredibile e riesce a tenere alta l’attenzione nonostante alcune scene siano molto lente. Il carisma di alcuni personaggi è da brividi e per me Di Caprio in un’altra annata avrebbe vinto l’oscar come miglior attore, per una interpretazione magistrale, che riesce ad essere diversa da tutti gli altri personaggi che ha fatto.

Inoltre la storia è molto interessante, con un messaggio chiaro e una critica esplicita. Una trasposizione di un romanzo che non ho letto che al cinema risulta efficace, rivisitato da Scorsese in modo egregio. Benché non siano presenti scene di effettiva azione, risulta un film di mafia, quasi un gangster movie che Scorsese sa ben trattare. Il tutto farcito con alcune scene davvero allucinanti, come quella degli indiani che ballano nel petrolio, o quella della punizione a Di Caprio, o il dialogo in prigione.

killers x
killers of the flower moon

In conclusione, il film ha l’unico difetto di essere lungo, ma per il resto ha una regia da paura, una fotografia, una scenografia e una scrittura incredibili, il tutto coronato da una recitazione magistrale, in grado di tenere l’attenzione alta con un carisma e una intensa interpretazione che meriterebbe per alcuni attori l’oscar. Scorsese racconta una storia drammatica in modo cinematograficamente spettacolare, con scene allucinanti che mandano messaggi in modo deciso.

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World of Horror, il macabro ibrido roguelike tra Lovecraft e Junji Ito [Recensione]

World of Horror il macabro ibrido roguelike tra Lovecraft e Junji Ito [Recensione]

Il 19 ottobre, dopo tre anni di attesa, è uscito dall’early access World of Horror, titolo rpg-roguelike horror disponibile per PC, Switch, PS4 e PS5.

Un dentista part-time e MS Paint, non sono i protagonisti di una barzelletta bensì le fondamenta su cui si basa l’rpg-roguelike World of Horror, uscito di recente dall’Early Access e disponibile per PC. Su Nintendo Switch e Playstation sarà disponibile il 26 ottobre. Pawel Kozminski, in arte panstasz, è il one-man-army dietro lo sviluppo del titolo. Pawel è un dentista polacco appassionato del genere horror, passione che ha traslato all’interno del suo pargolo videoludico attingendo a piene mani dalle opere di Lovecraft, il papà del celeberrimo Cthulhu, e di Junji Ito, mangaka giapponese noto per capolavori come Tomie o Uzumaki. Il tutto senza trascurare leggende metropolitane dalle tinte grottesche e il folklore del Sol Levante. E il ruolo di MS Paint? Sappiate che quel folle di Kozminski ha realizzato ogni elemento artistico presente in World of Horror tramite il popolare, e non di certo versatile, software di Microsoft. La tecnica utilizzata è quella della pixel art a 1-bit, e il risultato è eccezionale.

world of horror roguelike recensione lovecraft junji ito
La pixel art 1-bit realizzata con Paint è una scelta stilistica lodevole.

Dove risiede l’oscurità

È il 1984, siamo in Giappone, più precisamente a Shiokawa, una ridente cittadina marittima, di quelle che si trovano tra le pagine del già citato Ito, di quelle che a prima vista sono da cartolina ma più le frequenti e più ti accorgi che qualcosa non va. Questa è l’ambientazione che fa da sfondo alle vicende di World of Horror. Il gameplay loop è altrettanto semplice: il giocatore sceglie un personaggio, risolve 4 o 5 misteri (a seconda della difficoltà), supera le prove all’interno del faro che sovrasta Shiokawa, sconfigge il Dio Antico che vi risiede e la partita termina. Così facendo si sbloccano oggetti, personaggi, modalità ed eventi nuovi, e il ciclo si ripete.

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Gli Dei Antichi apportano modifiche sostanziali alle varie run.

Avviato World of Horror per la prima volta le modalità disponibili al giocatore sono quattro: la prima, chiamata “Spine-Chilling story of school scissors”, non è altro che il tutorial dove si affronta un singolo caso e nel mentre si imparano le meccaniche di gioco. La seconda modalità è “Extracurricular activity”, come nel tutorial siamo vincolati a un unico personaggio, ma avremo la possibilità di risolvere più misteri. È una modalità fine a se stessa che difficilmente rigiocherete. La terza modalità è un semplice quick play. La quarta modalità è, invece, quella in cui verranno spese il maggior numero di ore: “Customize the playthrough”. Qui il giocatore potrà personalizzare la partita scegliendo a priori quale set di eventi attivare e quale personaggio interpretare. La rigiocabilità è elevata. Nonostante gli eventi e le situazioni possano tendere a ripetersi, le combinazioni con le quali ciò accade sono sempre variegate.

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Purtroppo l’interfaccia, per quanto unica nello stile, non facilita i primi approcci con il titolo.

Un rpg atipico

La struttura a casi è riuscita, sia perché sono tutti ben scritti (da segnalare la collaborazione di Cassandra Khaw, autrice malese di horror e science fiction), sia perché nonostante alcuni mantengano una struttura ripetuta, altri rompono le regole intrinseche dell’esperienza, meravigliando il giocatore con trovate sempre nuove e terrificanti.
Per farla breve, e non privarvi del piacere della scoperta, tenterò di riassumervi un’esperienza di gioco tipica.
Ciascun caso ha come base operativa il proprio appartamento, qui potremo riposare e recuperare salute e sanità mentale, le due “barre della vita” presenti nel gioco che, portate allo zero, significano game over. Dall’appartamento si sceglie un mistero da risolvere tra quelli disponibili, selezionati casualmente dal gioco ad inizio partita (esiste infatti un sistema a seed, proprio come in altri roguelike). Avviato il caso si ha la possibilità di esplorare Shiokawa tramite una mappa stilizzata. Delle varie location visitabili solo una farà progredire il mistero. Tuttavia, trascurare l’esplorazione delle altre aree non sarà mai una scelta saggia, dato che potremo trovarvi alleati, armi o oggetti utili al completamento del caso stesso. Se ci sono delle armi vuol dire che si combatte, e in World of Horror si combatte piuttosto spesso. Il titolo adotta un sistema a turni atipico ma molto semplicistico nella sua composizione.

world of horror roguelike recensione lovecraft junji ito
La varietà dei singoli misteri è uno degli aspetti migliori di World of Horror.

Come accennato poc’anzi, degni di nota sono i casi che deviano dalla normale struttura di gioco. Alcuni di essi offrono un’esperienza inedita caratterizzata da regole specifiche. In questi misteri da risolvere non ci sarà più la cittadina di Shiokawa a fare da palcoscenico al caso, bensì luoghi unici e con un sistema di esplorazione, e gestione del tempo, esclusivi. Si passa da magioni spettrali, in cui imbattersi in ospiti tutt’altro che accomodanti non sarà affatto difficile, a boschi labirintici in cui il tempo pare essersi fermato. Una forte citazione a Blair Witch Project che ben si sposa con lo scheletro roguelike del titolo. Questi sono solo due esempi di come World of Horror sia in grado di plasmare in modo originale un melting pot di meccaniche ludiche e influenze orrorifiche.

world of horror roguelike recensione lovecraft junji ito
I combattimenti a turni offrono numerose opzioni al giocatore per poter contrastare gli abomini in cui si imbatterà.

Un’esperienza per stomaci forti

Proprio come altri roguelike, World of Horror è, nelle prime ore, criptico e spietato, complice anche un’interfaccia e dei menù decisamente poco chiari. Il gioco punisce, senza tanti complimenti, l’ignoranza nei confronti delle sue meccaniche, che appaiono più limpide solo una volta superato il ripido scoglio iniziale. Quando ciò accade l’incubo si placa, offrendo al giocatore un’esperienza, non dico rilassata, ma certamente più godibile e coinvolgente.

world of horror roguelike recensione lovecraft junji ito
La passione per l’oriente di panstasz la si nota anche nelle presenti, ma mai invadenti, parentesi umoristiche.

World of Horror è un esperimento riuscito. L’art direction è memorabile ed apprezzabile è anche la colonna sonora, realizzata da ArcOfDream e Qwesta. Dal punto di vista ludico gli appassionati del genere troveranno pane per i loro denti. Altro aspetto positivo è la presenza di una community molto attiva nel creare le mod più disparate. Peccato che questi contenuti non siano ottenibili tramite workshop di Steam, un limite a mio parere incomprensibile.

Scopri di più sul gioco sul sito ufficiale di World of Horror.

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AHSOKA st.1, la nuova serie Star Wars di Disney+ – [Recensione]

Star Wars Ahsoka Rivelata possibile finestra di uscita

Recensione di “Ahsoka” st.1, la nuova serie Star Wars di Disney+ che vede come protagonista la ex Jedi Padawan di Anakin

Dopo le fallimentari serie Disney+ di Star Wars, all’annuncio di “Ahsoka” ero molto titubante ed è stato un recupero invece che un appuntamento fisso. La visione è stata dunque altalenante e forse questa modalità ha variato il mio giudizio sulla serie, ma ho provato ad essere il più sincero possibile.

Non ho mi visto le serie animate dell’Universo espanso, quindi la mia esperienza è stata limitata e parziale, ma ovviamente una serie deve tenere conto di ciò e dover funzionare lo stesso. Infatti, non ho sentito particolarmente le lacune narrative e penso di aver compreso abbondantemente la serie.

La serie parte con le marce tirate indietro, infatti le prime due puntate le ho trovato molto introduttive, poi inizia a prendere una strada più dinamica e “action” trovando una sua impronta piuttosto azzeccata e riesce a coniugare meglio i due aspetti narrativi, terminando in un finale molto soddisfacente nonostante le domande che lascia, dando la possibilità allo spettatore di teorizzare e lasciandogli la voglia di continuare questa storia e saperne di più.

Ho trovato, dunque, la serie senza difetti mastodontici e aggravanti sul giudizio finale, la visione è abbastanza lineare e riesce ad essere epica così come intrattenente così come riflessiva e toccante. I migliori pregi sono i personaggi principali, a cui viene affidato molto minutaggio in percentuale, perciò si riesce a seguire bene quella che è sostanzialmente una unica linea narrativa, talvolta alternata a linee minori, di cui presto ci si dimentica.

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Il principale difetto è certamente il modo in cui si arriva a certi eventi della serie. Non avendo recuperato per intero l’Universo espanso, alcuni personaggi mi erano del tutto sconosciuti e, benché si riesca a comprendere a pieno tutto ciò che accade ed il perché, talvolta viene a mancare la componente emotiva che rende un combattimento tanto atteso, un ritrovamento toccante e un addio malinconico. Il personaggio di Ezra in questa serie è totalmente marginale nella narrazione (nel senso che appare davvero poco), ma sul lato emotivo dei personaggi sembra essere fondamentale per le vicende.

C’è stata dunque una gestione della narrazione forse sbagliata, nel senso che si sarebbe dovuto raccontare altro se l’unico modo per continuare il finale di Rebels era quello di fare una serie in cui non potevano rispiegare tutto e rinarrare il background di personaggi come Bayalon Skoll, di cui si sa davvero poco.

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In conclusione, la serie non presenta grandi difetti e riesce ad intrattenere, emozionare e far riflettere, ma inevitabilmente per chi non ha recuperato interamente l’Universo espanso, alcune dinamiche tra i personaggi risultano poco coinvolgenti, poiché non se ne conoscono i background che non vengono narrati in questa serie. Un buon punto di partenza per le nuove serie a livello di qualità, molto elevata per quanto riguarda la regia, gli effetti speciali e il tipo di narrazione.

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Fae Farm – L’accoglienza della magica Azoria [Recensione]

Fae Farm L'accoglienza della magica Azoria [Recensione]

Ecco la mia recensione di “Fae Farm”, il nuovo farming sim dei Phoenix Labs ambientato ad Azoria, tra mistero e magia!

Ho di recente avuto modo di provare Fae Farm della Phoenix Lab, e ci tengo a ringraziare i Phoenix Labs per averci concesso, tramite Keymailer, la chiave del gioco che mi ha permesso di scrivere questa recensione!

Il gioco è attualmente disponibile per Nintendo Switch e PC, e la sua descrizione su Steam recita: “Rifugiati nel mondo fatato dei tuoi sogni in Fae Farm, un GdR simulatore di fattoria da 1 a 4 giocatori. Costruisci, coltiva e arreda per migliorare la tua casa e lancia incantesimi per esplorare l’isola incantata di Azoria!”

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E sì, Fae Farm è un rilassante simulatore di fattoria, ma è anche molto di più. Innanzitutto perché il gioco presenta un alto livello di personalizzazione, dal proprio personaggio (inclusi i pronomi) al proprio casolare.

In più, come già altri farming sim prima di lui, presenta un interessante elemento di dungeon crawling e combattimento che rende l’esperienza stimolante anche al di là della coltivazione e decorazione.

Il gioco, in pieno stile GDR, offre di volta in volta missioni principali e secondarie da completare per guadagnare premi ed esperienza. Queste sono spesso facili da completare, almeno in teoria. A mio parere, infatti, capita che il gioco dia indicazioni piuttosto vaghe sul come ottenere un qualche risultato.

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Specialmente dal momento che il catalogo di oggetti che è possibile raccogliere e costruire è assolutamente immenso! Il che è un bene, non fraintendiamoci, ma può risultare un po’ sopraffacente, soprattutto all’inizio.

L’avventura ad Azoria comincia con una grande accoglienza da parte di chi vi abita e con un sottofondo di mistero e magia che arricchisce enormemente il gioco. Il territorio è vasto e pieno di luoghi affascinanti e creature fantasiose, e i luoghi da esplorare aumentano con il progredire della storia.

Le opzioni sul cosa fare ogni giorno sono tante, e non manca la possibilità di farsi amici e di instaurare relazioni romantiche con le persone (umane e non) che incontrerete nel vostro viaggio.

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Le meccaniche di gioco sono intuitive e alla portata anche di chi è alle prime armi. Per interagire con qualcosa, infatti, si usa sempre lo stesso tasto, che si tratti di parlare con qualcuno, raccogliere oggetti, usare uno degli attrezzi base del contadino e perfino combattere.

E a proposito, il fatto che questi oggetti base (pala, piccone, retino, canna da pesca e bastone magico, i classici arnesi del contadino medio) non occupino spazio nell’inventario è veramente una ciliegina sulla deliziosa torta che è Azoria.

Fae Farm L'accoglienza della magica Azoria [Recensione]
Image cr: Phoenix Labs, edit cr: Popspace

I paesaggi sono stupendi e hanno dei colori fantastici, e gli animali che li popolano sono adorabili. Ho apprezzato anche i buffi nomi dati sia alle creature amiche, che ricordano veri animali da fattoria, sia a quelle nemiche, dai design davvero creativi e divertenti. L’abbigliamento dei personaggi è affascinante, e i personaggi stessi sono molto carini.

Per qualche motivo il design delle persone, la cui faccia è liscia come quelle dei LEGO, mi ha lasciato all’inizio un po’ incerta. Dato il bellissimo e tridimensionale contesto in cui si trovano, mi sembravano stonare leggermente, ma si tratta di un’inezia a cui si fa l’abitudine in fretta, anche perché i loro design sono davvero incantevoli.

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Ho apprezzato davvero la grande diversità dei personaggi presenti sull’isola, tra cui un ragazzo che si sposta in sedia a rotelle, persone nonbinary, rappresentazione di autismo e personaggi con varie tonalità di colore della pelle (e mi riferisco a quelle realistiche, non alle tonalità verdi e viola, seppur presenti).

Quello che invece davvero non mi ha convinto è la mancanza di profondità nei dialoghi con gli NPC. Oltre al fatto di non avere mai l’opzione di scegliere di cosa parlare, i personaggi ritireranno sempre fuori quelle frasi standard stagionali che vengono a noia molto presto. C’è poco gusto anche nel fare loro dei regali.

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Le cose cambiano nel momento in cui uscite con loro, ma solo per il breve lasso di tempo del vostro appuntamento, in cui parleranno un po’ più a cuore aperto. Senza però la possibilità di fare loro domande o opzioni di dialogo.

Questa, a parer mio, è l’unica vera pecca di un gioco altresì estremamente piacevole e realizzato con una grande cura. Lo consiglio vivamente a chi vuole provare un farming sim 3D intriso di magia (magari quando ci sono gli sconti), in un ambiente rasserenante che qualifica il gioco a pieni voti come un validissimo “cozy game”.

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COCOON, la nuova fatica dal creatore di LIMBO e INSIDE [Recensione]

cocoon recensione popspace annapurna

Cocoon è un gioco d’avventura e puzzle ambientali, prodotto da Annapurna nonché primo progetto sviluppato da Geometric Interactive, software house che vede tra le sue fila Jeppe Carlsen, lead gameplay designer di LIMBO e INSIDE. Il titolo è uscito il 29 settembre 2023 su PC, Xbox One, Xbox Series X/S, PS4, PS5 e Nintendo Switch.

L’avventura ha inizio catapultando il giocatore nei panni di un insetto-umanoide che, appena uscito dal bozzolo, si trova alle prese con un mondo distopico dove niente gli viene spiegato. Scoprire quali segreti nasconde il deserto in cui si è risvegliato sarà il suo principale obbiettivo.

Ciò che ne consegue è un’esplorazione priva di tutorial che si lascia vivere in modo estremamente fluido ed elegante grazie all’incredibile lavoro di game design svolto dal team di sviluppo. Degno di nota come, senza alcun tipo di indicazione e interfaccia a schermo, il giocatore riesca ad assimilare con naturalezza tutte le meccaniche intrinseche all’esperienza.

COCOON Inizio
Il giocatore sarà in balia di un mondo estremamente criptico

Saltare tra i mondi

La meccanica centrale del gioco è anche la più interessante. Il salto tra i mondi, già visto in Ratchet & Clank: Rift Apart (dove tuttavia risultava in un’occasione mancata), viene qui invece integrato alla perfezione grazie ad un concept geniale. Infatti, durante l’avventura, il giocatore si troverà a dover trasportare delle sfere contenenti al loro interno dei mondi in cui sarà possibile accedere, dando così l’idea di una sorta di effetto matrioska interdimensionale. Ciascuna sfera contiene un mondo a sé con il rispettivo boss da battere, il quale, una volta sconfitto, sbloccherà il vero potere della sfera che servirà, a sua volta, a risolvere nuovi enigmi e proseguire nell’avventura.

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A condire questa splendida avventura c’è un comparto artistico mozzafiato che, pur appoggiandosi ad una grafica minimalista, è reso stupefacente dall’ottimo gioco di luci e colori oltre che dalla colonna sonora capace di rendere coinvolgente il muoversi all’interno del gioco.

COCOON salto tra i mondi
Sarà possibile saltare tra i mondi solo in specifici punti

Non tutto è perfetto

COCOON può essere completato in un solo pomeriggio vista l’esigua durata di circa 4h. La fluidità dovuta alla quasi perfetta costruzione del level design, le suggestive ambientazioni e il grande lavoro di ottimizzazione rendono il titolo immersivo e assuefacente, impedendo al giocatore di distrarsi anche solo un attimo.

Questo eccellente viaggio non ha però la conclusione che avrebbe meritato. Le fasi finali del gioco, purtroppo, mancano della cura maniacale alla quale ci hanno abituato nella manciata di ore precedenti. Gli enigmi perdono la caratteristica fluidità che li contraddistingueva fino a quel momento e diventano inutilmente macchinosi e incespicanti. Mentre alcune meccaniche introdotte non molto tempo prima vengono dimenticate e mai più riprese.

Scopri di più sul gioco sul sito di Annapurna

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Skystead Ranch – Una fattoria fluttuante [Recensione Demo]

Skystead Ranch Una fattoria fluttuante [Recensione Demo]

Ecco la mia recensione della versione beta della demo del nuovo titolo dei ToastieLabs: “Skystead Ranch”, in arrivo su Kickstarter!

ATTENZIONE: La recensione si basa sulla versione beta della demo di Skystead Ranch, presto in arrivo su Kickstarter!

Skystead Ranch è il nuovo progetto targato ToastieLabs, uno studio indie che realizza principalmente giochi con pixel art da colorare e altri rilassanti rompicapo. Ѐ così, infatti, che li conoscevo prima di Skystead, avendo provato tempo fa un titolo della loro serie WooLoop.

Questo titolo è molto diverso dai loro soliti prodotti: si tratta infatti di un farming-sim 3D ambientato su un isola fluttuante, la quale diventerà presto una casa per voi e per tutte le creature che riuscirete ad attirare.

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Con il vostro bastone magico a portata di mano, non c’è ostacolo che non possiate superare. Smuovere il terreno, coltivare piante, creare specchi d’acqua e costruire pozzi e staccionate sono solo alcune delle azioni che potrete compiere sul vostro terreno.

Tutto questo lavoro non vi ripagherà soltanto con una dimora graziosa e accogliente. Man mano che pianterete alberi e rimpiazzerete la terra secca con quella fertile, sempre più animali saranno incuriositi dal vostro ranch.

Avvicinandovi a loro, potrete scoprire quali sono le condizioni in cui preferiscono vivere e modificare l’isola di conseguenza, facendovi sempre più amici e scoprendo sempre più specie, che andranno ad aggiungersi al vostro libro delle creature.

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Ho già menzionato il fatto che il libro parla? Con un bellissimo accento, per di più. Sarà proprio lui ad aiutarvi nel tutorial del gioco, spiegandovi i comandi e come funziona la vita sullo Skystead.

Per esempio, sarà lui ad informarvi che tutti i giorni una nave mercantile approda al porto dell’isola, portando con sé prodotti come viveri, decorazioni e persino incantesimi che potrete acquistare con la valuta del gioco.

Questa valuta non solo si ottiene accarezzando gli animali, ma anche distruggendo erbacce, pietre e tronchi caduti, e a volte anche passeggiando in qua e in là.

Skystead Ranch Una fattoria fluttuante [Recensione Demo]
Cr: ToastieLabs

Gli animali sono curiose creature che ricordano specie esistenti (o estinte), ma con nomi, caratteristiche e colori stravaganti. Una volta che le condizioni saranno adatte a loro e ve li sarete fatti amici, gli animali rimarranno nella vostra tenuta.

Il concetto del gioco non è innovativo, ma l’idea delle isole fluttuanti mi ha attirato subito. Gli animali sono adorabili, anche se il fatto che pronuncino tutti il loro nome (come i Pokémon) in continuazione può venire un po’ a noia. Fin qui, però, nulla che le impostazioni non possano risolvere.

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Il personaggio principale ha un design davvero carino, che purtroppo a mio parere le grafiche non rendono molto bene. La resa 3D del suo design è probabilmente l’aspetto che meno mi ha convinto.

La passione del team per questo progetto si percepisce dalla cura dei dettagli, basti leggere le descrizioni delle singole creature. Ringrazio davvero il team ToastieLabs, che ci ha fornito la chiave per riscattare la versione beta del gioco su Steam tramite Keymailer. Vi consiglio di provare la demo del loro progetto, la cui campagna Kickstarter inizierà presto!

IO CAPITANO, la favola nera di Garrone, Leone d’argento a Venezia – [Recensione]

Schermata alle x

Recensione di “Io Capitano”, la favola nera di Matteo Garrone, vincitore del Leone d’argento a Venezia e proposta italiana per gli Oscar

È ufficiale che la proposta dell’Italia all’Academy per gli oscar è “Io Capitano”, il nuovo film di Matteo Garrone, Leone d’Argento a Venezia. Sono contento di questo annuncio dato che il mio giudizio sul film è assolutamente positivo. Anche se dubito che l’Academy apprezzerà questo tipo di film.

La pellicola infatti è quasi un documentario, interamente sottotitolato, che racconta l’epopea di un ragazzo senegalese che lascia il paese d’origine per migrare in Europa. La storia, per quanto “romanzata”, è completamente verosimile, e mostra tutta la tragicità di quelli che sono i viaggi di migliaia di persone che ogni giorni partono verso una speranza di futuro migliore.

L’intento di Garrone è solamente quello di mettere in scena i fatti, senza giudicare o fare il moralista. E questa scelta la trovo altamente azzeccata, in quanto il modo in cui racconta questa favola nera riesce a colpire a pieno lo spettatore, coinvolgendolo anche emotivamente in quelle che sono le atrocità del mondo moderno, andando a creare attrito con tutto quello che viviamo tutti i giorni in questo paese, tra i più coinvolti in Europa nella tematica migranti.

La narrazione di Garrone, infatti, è da un lato cruda, senza fronzoli, da un altro dolce, intima, delicata, umana. Ed è proprio quest’ultimo lato a rendere questa tragedia una storia che inevitabilmente fa empatizzare lo spettatore con i personaggi. Perché troppo spesso ci sembrano quasi tutti uguali, senza soglia del dolore, senza sentimenti o sofferenze. Invece il film pone lo spettatore dall’altro lato del Mediterraneo, dal lato di chi deve arrivare in Europa.

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Recensione Oppenheimer

E in fondo chiunque compartecipa nel suo profondo alle sofferenze di Seydou, vedendo l’umanità del personaggio, che non per fuggire dalla guerra, ma semplicemente per cercare una vita migliore, a sedici anni mette a rischio continuamente la sua vita. E anche quando si trova davanti degli ostacoli non perde mai la sua intraprendenza nel mantenere la promessa fatta al cugino. Seydou, infatti, è talmente attaccato alla vita che più volte durante il suo viaggio si preoccupa dei più deboli e di chi sta per morire.

Lo stesso passo prima del viaggio finale decide di compierlo solo con il cugino, anche se ha la possibilità di esser certo di arrivare “comodamente” insieme all’uomo che incontra in prigione e con cui giunge a Tripoli. Questa è proprio l’evento che più caratterizza l’arco evolutivo che il protagonista compie, maturando così tanto che parte da sedicenne sprovveduto, ingenuo e sognatore, arrivando poi alla fine come Capitano.

Il lato tecnico è molto suggestivo, avrei tagliato qualche minuto all’inizio, ma in generale non riesco a trovare difetti a questo film davvero toccante, che dovrebbero far vedere a scuola a chiunque voglia vivere in questa società, che purtroppo deve avere a che fare con questo fenomeno ormai inevitabile. Spero davvero che riesca a ricevere i giusti riconoscimenti e il giusto successo.

Cover Garrone

In conclusione, il film è un racconto delicato ma anche crudo dell’epopea tragica di un sedicenne senegalese che durante il viaggio compie una maturazione splendida. Garrone in modo intelligente decide di non dare giudizi o fare la morale, ma semplicemente mostrando allo spettatore le atrocità del mondo moderno, facendo inevitabilmente empatizzare lo spettatore con le sofferenze umane dei personaggi.

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