Homebody – Nel loop dell’orrore anni ’90 [Recensione]

Homebody Ti piacciono i film dell'orrore? [Recensione]

Ecco la mia recensione di “Homebody”, gioco di horror psicologico dei Game Grumps e della Rogue Games, Inc!

Parto subito col dire che Homebody non è un gioco per tuttə. Contiene sangue, body horror, rappresentazioni di depressione, ansia e disturbo ossessivo compulsivo. In più, oltre a questi elementi, crea un senso di inquietudine e paura generale che può risultare difficile da affrontare lucidamente.

Mi metto in prima persona tra gli utenti a cui può risultare difficile da giocare. Questo, però, non mi ha impedito di riconoscere quanto sia un gioco fuori dal comune, nonostante i cliché, e quanto riesca nel suo intento di creare un’atmosfera di oppressione pressoché totale.

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La descrizione ufficiale di Homebody lo descrive come “un puzzle game di sopravvivenza horror su un gruppo di amici tormentati dai ricordi del passato e braccati da un killer implacabile. O vai avanti o morirai nel tentativo di farlo.”

La premessa è esattamente questa. Il personaggio principale, Emlily, è una ragazza che soffre di depressione e OCD che si accinge a trascorrere un weekend in una casa nei boschi con dei vecchi amici per ammirare lo sciame meteorico delle Perseidi.

Già prima di arrivare a destinazione, Emily è tormentata da ansia sociale e insicurezza, e anche quando raggiunge le persone a cui una volta era molto legata, le preoccupazioni non diminuiscono. Tanto più che uno degli amici, che doveva unirsi a loro la sera prima, ancora non si vede.

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Improvvisamente, salta la corrente. La porta è bloccata. Il generatore è in cantina. La cantina è off limits. Sembra che bisognerà mettersi comodi e aspettare il mattino successivo- ah, no. Una figura con addosso una veste da camera, sul volto una strana maschera e in mano una lama compare dal nulla, sicuramente non da fuori, visto che la porta è sbarrata.

Trascinandosi per i corridoi con passo incerto ma più veloce di quanto sembri, l’essere è inesorabile (e comandato dall’IA, quindi anche imprevedibile). Potete provare a scappare, ma vi troverà, come ha fatto con i vostri amici.

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Qui sorge l’inghippo. Prima che Emily se ne accorga, sono di nuovo le 7 di sera e lei è appena arrivata alla casa nel bosco. Che sta succedendo? Perché nessuno dei suoi amici ha memoria dell’accaduto? E soprattutto, come se ne esce?

La casa è disseminata di indizi per risolvere puzzle di medio-alta difficoltà. Ad incrementare la difficoltà dei puzzle, però, è il tempo che passa. Infatti, dopo solo un paio d’ore, puntualmente salterà la luce, e a quel punto mancherà poco all’arrivo dell’essere senza volto.

Il concetto già visto del loop si unisce alle dinamiche da puzzle game per creare un’esperienza di gioco avvincente ma anche frustrante. Per risolvere certi puzzle, infatti, spesso servono più tentativi, e c’è sempre il rischio di venire sorpresi a metà della risoluzione.

Per questo motivo la velocità è di massima importanza, e purtroppo i comandi a volte non sono d’aiuto in questo, soprattutto se non siete abituatə a giochi in cui doversi muovere molto velocemente e con precisione, anche a causa dei cambi di inquadratura che, per quanto decisamente d’effetto, possono rallentare la vostra corsa. Ma non preoccupatevi, dopo qualche loop inizierete a prenderci la mano.

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L’atmosfera da slasher nostalgico anni ’90 è davvero ben riuscita, e l’horror classico si unisce a quello psicologico per creare ancora più disagio. La tensione è costante, il tempo e la figura omicida sembrano essere sempre sul punto di avere la meglio su di voi e questo inficia la concentrazione necessaria a risolvere i vari rompicapo.

Ci sono dei punti in cui nascondersi, però si rompono dopo solo due utilizzi, lasciandovi scoperti.

Ogni volta che verrete uccisi, vedrete delle immagini, scene o persone prima che il loop riprenda, mostrandovi il passato di Emily, le sue paure, o dandovi consigli. Dopo un po’, qualcosa nel loop sembra diverso. Oltre alla legittima domanda “quando finirà tutto questo”, inizia a farsene strada anche un’altra, forse più inquietante: “cosa c’entra tutto questo con me?”

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Non faccio spoiler sul finale, lascio a voi la possibilità di scoprirlo e interpretarlo a modo vostro. Consiglio il gioco a chi è fan dell’horror e dei puzzle game, ma soprattutto a chi ragiona bene sotto pressione e non si fa scoraggiare dalla ripetitività di alcuni loop.

Ringrazio la Rogue Games e Keymailer per averci fornito la chiave che mi ha permesso di provare questo titolo, disponibile su Steam, Nintendo, PlayStation e Xbox!

In conclusione, inserisco questo tweet dei Game Grumps per farvi mostrare da loro, anche visivamente, come appare una tipica sessione di gioco su Homebody.

Mediterranea Inferno – Depressione e surrealismo [Recensione]

Mediterranea Inferno Depressione e surrealismo [ Recensione]

“Mediterranea Inferno”, un’inquietante visual novel ambientata in un’estate pugliese, è ora disponibile su Steam!

“Esplora i demoni interiori di tre amici d’infanzia durante una vacanza estiva. Aiutali a riavvicinarsi e a riscoprire sé stessi mentre porti alla luce segreti, paure e ossessioni. Una visual novel evocativa e inquietante, dal creatore di Milky Way Prince – The Vampire Star.”

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Sviluppato da Eyeguys ed edito da Santa Ragione (che ringrazio per avermi mandato la chiave per provare il loro gioco), Mediterranea Inferno è un titolo che gioca sul surrealismo come chiave di lettura dei demoni interiori della Generazione Z.

Am I envious? No, I’m just Gen Z.

I protagonisti di questa visual novel sono tre ragazzi di Milano, Claudio, Mida e Andrea, che si ritrovano insieme per la prima volta dopo la pandemia. Il trio, una volta inseparabile, era noto come “I Ragazzi del Sole” per come la vita notturna della città ruotava intorno a loro.

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Nel 2020, però, l’isolamento li ha allontanati. Siamo ora nel 2022, ed i tre decidono di passare qualche giorno di vacanza insieme in Puglia, in memoria dei vecchi tempi.

Anche se all’inizio sembra che nulla sia cambiato tra di loro, viene presto a galla che il trauma dell’isolamento forzato ha avuto su ciascuno di loro effetti molto più profondi di quanto vogliano dare a vedere.

Divided yet inextricable, self-centered but obsessed with each other, prideful and bleeding.

Quando un’entità sovrannaturale offre loro degli invitanti frutti, con la promessa di un “Miraggio” in cui vivere un momento di estasi, per i tre comincia un percorso tra l’escapismo e la realtà, tra un incubo e un altro, dato che ormai anche la vita vera sembra un sogno lontano.

La loro psiche tormentata viene amplificata in questa sorta di trance, tra immagini inquietanti e psichedeliche che esprimono quei sentimenti che non riescono a confessare gli uni agli altri.

Mediterranea Inferno Depressione e surrealismo [Recensione]
Mediterranea Inferno

Ѐ difficile non rivedersi, almeno in parte, negli stati d’animo e nelle paure dei tre ragazzi. Alienati, soli, stanchi, persi: la sensazione di un futuro incerto si scontra con l’ansia per gli anni perduti a causa della pandemia. Il rifugiarsi in un passato idealizzato si accavalla ad un profondo rancore, un sentimento difficile sia da gestire che da indirizzare verso qualcuno in particolare.

Non è un gameplay leggero da affrontare, soprattutto perché porta all’estremo tematiche che, a quasi quattro anni dal 2020, risultano ancora attuali. Il testo non è sempre di facile comprensione, ma questo viene compensato dalle immagini, esplicative nella loro crudezza. A tratti, queste presentano anche sangue ed elementi di leggero body horror, che possono non essere adatti ad ogni gamer.

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Il gioco presenta luci stroboscopiche e flash che possono dare fastidio a chi soffre di fotosensibilità, come preannuncia una schermata all’avviamento del gioco. L’arte è ricca di simbolismo e d’impatto tanto quanto la storia, ed ogni scelta influenzerà le relazioni tra i personaggi e l’andamento della trama.

Preparatevi ad un viaggio turbolento nell’interiorità di tre ragazzi giovani e già stanchi della vita, prigionieri di un terrore esistenziale più grande di loro e della loro amicizia.

[Recensione] I Tre Baskettieri: Lo sport è per tutti!

Recensione I Tre Baskettari Lo sport e per tutti

Tra una partita di Basket e tematiche importanti, il fumetto I Tre Baskettieri ti farà divertire ma ti porterà anche ad una riflessione

Lo sport non è sempre stato per tutti. Dall’inizio del 900 vari sport sono nati e ingiustamente nessuno di essi era previsto per le donne. Il diritto allo sport e al divertimento che ne consegue, dovrebbe essere inequivocabile per chiunque senza nessuna esclusione ed è proprio questo il tema cardine di I Tre Baskettieri, un fumetto italiano, disegnato da Andrea Dotta e scritto da Marco Daeron Ventura, di cui ho avuto la fortuna di ricevere una copia da ColBer Edizioni. Un fumetto che scardina i soliti cliché sulle donne e lo sport e porta in risalto la libertà di chiunque voglia svolgere qualsiasi sport, ecco cosa si nasconde dentro I Tre Baskettieri. Ma entriamo nel dettaglio!

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Progetto senza titolo

La protagonista della nostra storia è Dalila una vivace e piena di entusiasmo ragazza torinese dai capelli fucsia con un unico pensiero in testa, il basket! Tra una verifica di latino e un bella dormita durante l’ora di matematica, Dalila si ritrova spesso con il suo migliore amico Arturo e il suo fidato e gigantesco cane Shaq ad affrontare allenamenti super intensivi al campino del quartiere, con l’obiettivo di entrare a far parte della nazionale italiana di basket! Questo suo grande e travolgente sogno dovrà però, scontrarsi con una realtà che è avversa allo sport femminile e lo denigra unicamente per chi lo pratica. I Tre Baskettieri è una storia di vita quotidiana che vedrà Dalila affrontare i pregiudizi del mondo e combatterli con la sua forza e la forza dei suoi amici, per far vedere quanto effettivamente sa giocare bene a Basket!

I Tre Baskettieri è un fumetto senza troppe pretese, perfetto per chi volesse regalarsi un’oretta tranquilla tra qualche risata e termini tecnici sul basket. Ma questo fumetto non è solo consigliato agli appassionati di basket, che tra un fade-away e un terzo tempo, potrebbero forse trovarsi più a loro agio tra le vignette del fumetto, ma lo è anche per chi di basket non ne capisce nulla! Le tematiche al suo interno, come il valore dell’amicizia e la demolizione dei soliti tabù sullo sport femminile, lo rendono un fumetto perfetto per tutti i giovani e che magari potrebbero apprendere qualcosina dalla lettura.

Progetto senza titolo

I disegni del titolo in questione mi sono piaciuti e li reputo molto godibili, soprattutto ad un pubblico più giovane. Lo stile cartoonesco e il tratto senza regole e caotico del fumetto, in cui spesso le proporzioni vengono infrante, rendono l’opera divertente e piacevole alla vista e, unito insieme al colore delle sue tavole, favoriscono il perfetto immedesimarsi dei lettori nella storia di Dalila e i suoi compagni! L’unica pecca a mio avviso è forse il prezzo del fumetto, 24,95€.

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In conclusione I Tre Baskettieri è un fumetto leggero che tra una risata e una scena sketch, vuole cercare di trasmettere un insegnamento importante ai propri lettori! Consigliato!

Fonte

ASSASSINIO A VENEZIA, un altro caso per Poirot – [Recensione]

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Recensione di “Assassinio a Venezia”, il film tratto del romanzo di Agatha Christie con regista e protagonista Kenneth Branagh

Il terzo capitolo della saga con protagonista l’Hercule Poirot di Kenneth Branagh, di cui è anche il regista, convince e soddisfa lo spettatore appassionato dei gialli di Agatha Christie. Nonostante sia il meno fedele dei tre film, i toni cupi e horror si sposano perfettamente con l’ambientazione che dà il nome all’assassinio del titolo: Venezia.

La storia è ambientata in un’unica location, un palazzo del capoluogo veneto che si dice essere maledetto, in cui Poirot viene invitato per assistere a una seduta spiritica dalla dubbia validità e provare a screditarla. L’uso che è stato fatto del palazzo e dei suoi ambienti mi è piaciuto particolarmente, in quanto è stata sfruttata a pieno la particolarità di Venezia e dei suoi canali. Insomma, la storia, a differenza di Assassinio sul Nilo, si porta dietro un fascino tipico di Venezia e dei suoi palazzi rinascimentali.

Nonostante le inaccuratezze storiche su cui possiamo sorvolare, sono state utilizzate bene le atmosfere horror e si riesce a percepire quello stile dei gialli di Agatha Christie. Il caso è tanto intrigante quanto la sua risoluzione, che non lascia alcun tipo di dubbi o inverosimilità.

La caratteristica però che differenzia un buon film giallo da uno mediocre è la caratterizzazione dei personaggi secondari, che costituiscono i principali sospettati del caso. Come anche nei capitoli precedenti, tutti i comprimari hanno ricevuto la giusta attenzione, creando un cast molto fornito e un ventaglio di personaggi ampio e interessante.

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Poirot ha ovviamente la scena per tutta la seconda parte del film, confermandosi un personaggio che amo visceralmente, sia come è stato interpretato sia come è stato scritto, di cui non smetterò mai di aver voglia di guardare i film, se questa qualità verrà mantenuta anche per i prossimi capitoli.

Personalmente ho apprezzato tantissimo l’atmosfera horror, mai fuori luogo o stonante nel contesto, benché preferisca il Poirot più classico, che insomma non ha a che fare col presunto paranormale. Ma trovo che l’espediente di Halloween abbia senza dubbio dato una marcia in più a quelle che in fondo erano poche scelte narrative palesemente horror.

assassinio venezia
assassinio venezia v

In conclusione, il film è un ottimo terzo capitolo nonostante si possa vedere tranquillamente a sé stante. Le tinte horror e i toni cupi fanno da protagoniste a una storia gialla intrigante, dall’indagine avvincente, le atmosfere rinascimentali e una risoluzione originale e ben pianificata. I personaggi secondari sono ben caratterizzati ma ovviamente non rubano la scena a un sempre all’altezza Branagh nei panni di Poirot.

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L’Esperienza Visiva Senza Compromessi: Il Monitor MSI MEG 342C QD-OLED

LEsperienza Visiva Senza Compromessi La Recensione del Monitor MSI MEG C QD OLED

Il mondo dei monitor da gioco è in continua evoluzione, spingendo costantemente i limiti delle prestazioni visive. MSI, un nome di fiducia nell’ambito del gaming e della tecnologia, ha recentemente introdotto il monitor MEG 342C QD-OLED, una potente macchina da gioco progettata per soddisfare le esigenze dei videogiocatori più esigenti. In questa recensione, esamineremo da vicino questo monitor per scoprire se riesce a vivere fino alle aspettative.

Design e Costruzione

Il MEG 342C QD-OLED si fa notare immediatamente per il suo design accattivante. Il pannello OLED da 32 pollici è incorniciato da bordi sottili, il che significa che la maggior parte dello spazio frontale è dedicata all’immagine. Questo design minimale offre un’esperienza immersiva, permettendo ai giocatori di essere completamente coinvolti nel mondo virtuale. Il supporto in metallo conferisce stabilità e una sensazione di robustezza al monitor. La base è abbastanza ampia da garantire stabilità, ma non così ingombrante da occupare troppo spazio sulla scrivania.

Qualità dell’Immagine e Prestazioni

Ma ciò che rende davvero speciale il MEG 342C QD-OLED è la sua qualità dell’immagine. Il pannello OLED offre colori incredibilmente vividi e neri profondi, grazie all’assenza di retroilluminazione. Questo significa che ogni pixel può essere spento individualmente, creando un contrasto infinito e risultati visivi eccezionali. La risoluzione 4K fornisce dettagli straordinari, rendendo i giochi e i contenuti multimediali più coinvolgenti che mai.

Inoltre, la tecnologia Quantum Dot assicura una gamma di colori precisa e brillante, che offre un’esperienza visiva realistica. Questo monitor copre il 95% dello spazio colore DCI-P3, il che significa che puoi godere di immagini con colori fedeli alla realtà.

Il refresh rate di 165Hz e il tempo di risposta di 1ms rendono questo monitor ideale per il gaming. L’immagine è fluida e reattiva, e i giocatori competitivi apprezzeranno il vantaggio che questo monitor può offrire. La certificazione VESA DisplayHDR 600 porta l’esperienza visiva a un livello superiore, offrendo immagini mozzafiato e dettagliate.

Caratteristiche Aggiuntive

Il MEG 342C QD-OLED è dotato di alcune funzionalità aggiuntive che lo rendono ancora più attraente. La funzione di illuminazione notturna intelligente protegge i tuoi occhi durante le sessioni di gioco prolungate, riducendo l’affaticamento oculare. Inoltre, il monitor è dotato di una serie di porte, tra cui HDMI, DisplayPort e USB, per una connettività versatile. Questo ti consente di collegare facilmente tutti i tuoi dispositivi preferiti, dal PC alla console.

MSI MEG C QD OLED
MSI MEG C QD OLED

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Conclusione

In conclusione, il monitor MSI MEG 342C QD-OLED è una vera delizia per gli occhi dei videogiocatori e degli appassionati di contenuti multimediali. La qualità dell’immagine OLED, la risoluzione 4K, e le prestazioni di gioco impressionanti lo collocano tra i migliori monitor disponibili sul mercato. Se sei alla ricerca di un’esperienza visiva senza compromessi, questo monitor è una scelta eccellente.

MSI dimostra ancora una volta di essere all’avanguardia nella tecnologia del gaming, offrendo un prodotto che soddisferà anche i gusti più esigenti. Il MEG 342C QD-OLED è un investimento che sicuramente ripagherà in termini di prestazioni e qualità dell’immagine.

OPPENHEIMER, il biopic sul Prometeo del ‘900 – [Recensione]

Oppenheimer recensione copertina

Recensione del nuovo biopic di Nolan, Oppenheimer, il fisico che ha lavorato alla bomba atomica e ha diretto il progetto Manhattan.

Wow, wow, wow! Questa è stata la mia principale reazione durante la visione del film! Il nuovo blockbuster di Cristopher Nolan risolleva il regista dopo un periodo di pellicole non molto riuscite, aggiungendo alla sua filmografia uno dei migliori film degli ultimi 5 anni. Ma andiamo per gradi.

Oppenheimer è un’opera tratta dal romanzo di Bird e Sherwin “Oppenheimer, Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica”, a cui Nolan si è fondamentalmente ispirato per raccontare la storia di uno dei personaggi più controversi di tutto il ‘900: Robert J. Oppenheimer. Fisico di successo, ma con impulsi a tratti omicidi in gioventù, Robert affronta un viaggio alla scoperta della pietra che, sollevata, scopre il serpente che distruggerà nel 1945 Hiroshima e Nagasaki, insieme a 210.000 morti e 150.000 feriti.

Il film è essenzialmente tre ore di dialoghi che però abbracciano un ventaglio ampio di personaggi interpretati tutti da un cast stellare, azzeccato anche nei ruoli di sfondo. Il ritmo dei dialoghi segue quello del flusso dei pensieri del dottor Oppenheimer, che all’inizio, preso dai suoi nuovi studi nella fisica quantistica, è tormentato da repentine visioni di un mondo oltre la realtà, mentre via via che si accorge di quello che sta facendo e di come sta cambiando il mondo, diventa sempre più riflessivo e pensieroso.

La trama ci presenta un alternarsi di linee temporali diverse, all’inizio quasi disorientanti ma che dopo poco rivelano l’intento di un intreccio che andrà a convergere in un finale realmente accaduto, districato magistralmente dagli sceneggiatori. La storia narrata si concentra principalmente sulla psicologia del protagonista, interpretato egregiamente da Cillian Murphy, ormai attore affermato che ha sempre lavorato bene con Nolan, di cui il pubblico ha oramai imparato ad apprezzare le doti recitative, soprattutto la mimica degli occhi, in questa pellicola usata molto sapientemente nella parte finale.

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Barbie di Greta Gerwig: quasi un miliardo di dollari al botteghino.

Il film ha sicuramente tanti altri personaggi a cui fa affidamento la trama ma essenzialmente, lo dice il titolo, si esplora il cammino di un uomo che nella sua professione, ha dovuto scontrarsi con un mondo che da un lato non gli competeva, da un lato non era pronto ad affrontare, diventando addirittura quasi un politico. L’impianto visivo e acustico messo in scena permette un’esperienza totale delle fasi cruciali di uno degli eventi più importanti della storia della scienza del ‘900, di cui Oppenheimer è stato l’ammaestratore. Il sonoro merita un oscar per come hanno saputo sfruttare i silenzi e i rumori assordanti, accompagnato da una regia e un montaggio mostruosi e una colonna sonora in stato di grazia di Goransonn.

Elogio va anche a Robert Downey J., il quale finalmente rivela le sue capacità attoriali sfruttabili non solo per i supereroi ma anche per film di spessore, grazie a una performance brillante per un personaggio capace di farsi odiare dal pubblico tale da offuscare per un attimo le motivazioni per cui lui accusa Oppenheimer. Nolan infatti, pare evidente, non rimane neutrale sulla sua figura, nonostante riesca in modo magistrale a rappresentare un uomo per come storicamente era, esprime implicitamente un giudizio su uno degli artefici principali del progetto Manhattan, il quale ha portato a una delle catastrofi più controverse della storia per cui l’America non ha ancora scontato la pena.

La mia lettura del film, il cui scopo principale è raccontare la storia di un uomo, non dare un messaggio preciso, prevede una opinione personale a priori. Nolan ci mostra come un fisico non sia un politico, come vediamo nella scena agghiacciante con Truman, come l’uomo è fragile e spesso ingenuo. Oppenheimer non era certo una persona qualunque, la sua vita fuori dalla professione era tanto travagliata quanto trascurata, piena di ferite e problemi. Un genio che di fronte al progresso e alla paura ha preso delle scelte che forse non gli competevano. Noi non sappiamo cosa significhi aver vissuto durante la Seconda Guerra Mondiale, se la paura di quello che avrebbero potuto fare i nazisti o i giapponesi potesse essere una giustificazione.

Certo è che Nolan evidenzia più volte le motivazioni a favore e contro e, riflettendo con un amico mi sono accorto, si schiera, dando alla luce un’opera che a fine visione ti lascia un enorme macigno sulla coscienza, sulla schiena e nella pancia, tanto che continui a pensarci, continui a pensare alla scena finale con uno dei dialoghi più belli del film, quello tra Oppenheimer e Einstein, che lascia spazio a domande da elaborare e digerire per sempre, fino a che l’umanità non troverà una soluzione a questa questione ancora scottante in tempi di guerra come i nostri.

Oppenheimer recensione

In conclusione, il film merita una visione anche solo per l’impianto tecnico e la maestria di chi ci ha lavorato. Una storia narrata magistralmente che racchiude la vita di un uomo ancora oggi controverso la cui opinione del pubblico mondiale è tuttora spaccata in due, affrontata egregiamente da un regista, Nolan, che non si limita a presentare la questione in quanto tale, ma ne racconta gli aspetti più salienti per una lettura più profonda di una storia vera che ha ancora tanto da insegnare all’umanità.

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[Recensione] Barbie: la realtà non è così perfetta come sembra

Barbie movie

La pellicola Barbie – firmata Greta Gerwig – ci mostra il lato nascosto e fragile della famosa icona dai capelli d’oro.

Numeri da record in soli due giorni per l’uscita al cinema di Barbie, il nuovo film di Greta Gerwig – uscito al cinema il 20 luglio in Italia – che riesce ad ottenere 22.3 milioni di dollari con le anteprime negli USA.

In questo film il cast stellare composto da Margot Robbie (Barbie stereotipo), Ryan Gosling (Ken stereotipo), America Ferrera (Gloria) e tanti altri, ci accompagna in una comica avventura alla ricerca dell’identità di Barbie nel mondo reale.

Tuttavia, oltre le stelle e il mondo perfetto dai colori pastello di Barbieland ideato dalla Gerwig c’è molto più di ciò che possiamo pensare.

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frame del film Barbie

La trama – Attenzione spoiler!

Dopo un’esaustiva introduzione ispirata dal film di Kubrick, 2001: Odissea nello Spazio, veniamo catapultati nel mondo rosa e utopico di Barbieland. Qui risiede una società matriarcale dove le donne sono tutte di successo, sicure di sè e ricoprono posizioni lavorative di grosso calibro. La realtà utopica della terra delle bambole subisce un cambiamento radicale quando la nostra protagonista viene colpita da pensieri intrusivi sulla sua mortalità.

La sua routine, una volta perfetta, viene stravolta, insieme al suo corpo, che inizia a cambiare, e che presenta sempre più imperfezioni. Dopo un incontro con Barbie stramba (Kate McKinnon) – una barbie emarginata – comprende che per curare il suo problema è costretta andare nel mondo reale.

Qui la nostra Barbie stereotipo, affronta tutte le difficoltà del mondo umano. Nel suo viaggio incontra i CEO della Mattel, che cercano di catturarla, e la sua proprietaria Gloria. La donna ha trasferito inavvertitamente le sue preoccupazioni sulla bambola durante una crisi d’identità.

Nel frattempo, Ken stereotipo, che si ritrova nel mondo reale insieme a barbie dopo essersi nascosto nella sua decappottabile, viene a conoscenza del patriarcato e per la prima volta sente di essere importante. Tornato a Barbieland inizia a convertire tutti i Ken al sistema patriarcale, prendendo il sopravvento sulle Barbie e sul loro mondo.

Una volta tornata a Barbieland, portando con sé Gloria e la figlia adolescente Sasha – che in primo luogo disprezzava le Barbie per aver incoraggiato uno standard di bellezza irrealistico – per convincere Ken a riportare tutto all’ordine iniziale.

Quando Ken per la prima volta snobba Barbie questa si rivolge a Barbie stramba per attuare un piano. Insieme alle altre Barbie, manipolano i Ken e mettendoli l’uno contro l’altra si riprendono lentamente il loro potere.

Per la prima volta, Barbie e Ken stereotipo si confrontano, ammettendo i propri fallimenti e Barbie spinge Ken ad acquisire una propria identità. La nostra Barbie stereotipo ora si ritrova senza uno scopo, e con l’aiuto del fantasma di Ruth Handler – co-fondatrice della Mattel – decide di diventare umana e tornare nel mondo reale, chiamandosi come l’originale ispirazione della bambola Barbara Handler.

Barbie

La fragilità umana in una realtà perfettamente imperfetta

Dietro i colori pastello, il rosa shocking e l’apparente perfezione si nasconde molto più di ciò che pensiamo. Il film, scritto da Greta Gerwig e Noah Baumbach, è in realtà un’attenta visione della società odierna. Oltre il sottile strato di ironia e stereotipi si nasconde una forte critica verso la mascolinità tossica e l’inseguimento di canoni di bellezza impossibili.

La giovane Sasha, figlia di Gloria – la proprietaria della Barbie stereotipo – non manca infatti di criticare la bellissima bambola bionda per essere un modello sbagliato per le giovani donne, incoraggiando degli standard di bellezza impossibili e il consumismo superficiale. Barbie quindi, colpita da queste parole viene disillusa, essendo il suo scopo quello di aiutare le giovani donne a diventare forti e indipendenti.

Prendendo invece in esame Ken, la bambola dopo essersi abituato al modello patriarcale, cerca di nascondere la sua insicurezza e la sua fragilità, ammettendo però poi di sentirsi inutile e di non avere un’identità senza la propria Barbie, cosa che ha colpito tutti gli altri Ken e li ha portati a “sottomettere” le altre bambole. Così la nostra protagonista cerca in tutti i modi di incoraggiarlo a trovare una propria strada e un proprio scopo. Tuttavia, si renderà presto conto di essere lei stessa a non avere più uno scopo. Così, insieme a Ruth Handler, ci farà riflettere su quanto sia bello essere semplicemente esseri umani in una realtà perfettamente imperfetta.

THE FLASH, IL NUOVO FILM DEL DCEU – [Recensione]

the flash recensione

Recensione di “The Flash”, il nuovo film del DCEU diretto da Andy Muschietti con protagonista Ezra Miller nei panni del velocista scarlatto

Le aspettative per questo film sono cambiate nel corso del tempo, complici tutte le complicazioni e le controversie che ha subito la produzione di questa pellicola. All’inizio avevo grande hype poiché era stato annunciato dovesse fare un reboot, poi dopo i cambiamenti in casa DC ho iniziato a sentire la puzza di scritture su riscritture, di aggiustamenti e mutamenti di personaggi e dinamiche narrative. Tuttavia alle premiere e alle anteprime avevano parlato bene di quello che Gunn aveva definito “miglior cinecomic di sempre”.

Dopo la visione del film posso ritenermi piuttosto deluso. Sia chiaro, per me non è un brutto film, mi ha divertito, non mi ha mai annoiato e non ho nemmeno notato la così tanto incriminata CGI assassina. Però, mi ha lasciato davvero l’amaro in bocca. Ha davvero dei difetti che si poteva risparmiare e alla fine non riesci davvero a dire “è proprio un bel film”. Ma andiamo con calma con la recensione di The Flash.

Il film parte con una situazione piuttosto ambigua, insomma la scena dei neonati l’ho trovata non fastidiosa né aberrante, semplicemente non necessaria, o almeno non avrei mai scelto questa circostanza per spiegare meglio i poteri e vedere in azione Flash. Non la trovo per nulla cinematograficamente spettacolare né un’intuizione geniale. Scelta narrativa poco efficace a mio avviso.

Il background del personaggio di Barry è costruito bene e da una parte mi fa anche ridere che a distanza di due settimane siano usciti due film che parlano di Multiversi e eventi canon. Il modo in cui Barry ha l’idea per tornare indietro è estremamente casuale e poco preparata, così quanto è inutile Iris West durante tutto il film.

La coppia dei due Barry mi è piaciuta, devo dire che funzionano bene insieme, anche se la scena se la prende tutta il Batman di Keaton, assolutamente sul pezzo, carismatico e mai fuori luogo. Supergirl per quanto buttata lì senza una costruzione necessaria, risulta pertinente con la trama. Ben Affleck ne esce senza dubbio apprezzabile nel suo Batman davvero sensato per la prima volta in questo DCEU.

I problemi sorgono tanti nella totalità del film. L’idea di un cinecomic il cui protagonista è un supereroe introdotto in un altro film e qui per la prima volta se ne raccontano le origini e l’universo che lo circonda. Il modo in cui conosciamo l’evento che gli ha dato i poteri, i personaggi che fanno parte dell’universo che caratterizza il personaggio di Flash, è talmente di contorno che la storia svia e si parla del Batman prima di Affleck, poi di Keaton, poi di Batman vs Superman, insomma della Terra di Barry non si parla mai. E nel suo primo film Barry già viaggia nel tempo (nonostante non abbia capito ancora se quello che succede nella Snyder Cut è canon o no, in teoria no).

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La frettolosità che ha caratterizzato questo universo cinematografico nel rincorrere la concorrenza si riflette ancora una volta in questa pellicola, in cui anche il multiverso viene spiegato ma lasciando tanti dubbi, soprattutto con la scena post credit. La spiegazione con gli spaghetti non riesce a rispondere a molte domande. Non si chiarisce mai veramente se esistono già dei mondi paralleli tra cui si può viaggiare oppure ogni volte che si viaggia nel tempo si creano delle linee temporali diverse.

 La questione del “creando un nuovo futuro creai anche un nuovo passato” fa presuppore che esitano universi alternativi, in quanto Keaton parla di multiverso e nella scena dei camei si fa intendere che esistono già delle versioni alternative dei supereroi che conosciamo, ma poi ci si chiede come si faccia a viaggiare tra questi mondi andando indietro nel tempo, in cui si può non alterare gli eventi se non si hanno interazioni. Insomma durante e dopo la visione non sempre mi è stato chiaro il meccanismo su cui si basa praticamente tutto il film.

Il villain del film non è molto chiaro, però tutto sommato si riesce abbastanza a seguire quella che è una trama abbastanza scorrevole, anche senza un vero e proprio scontro finale. Il personaggio di Barry trovo compia un arco evolutivo interessante, e anche il messaggio del film è molto chiaro, seppur utilizzato in un contesto supereroistico in cui assume una concezione un po’ più particolare, ma tutto sommato arriva allo spettatore.

The Flash Il trailer finale mostra Alfred e i due Batman

In conclusione, il film presenta le tracce di un DCEU lacerato dai problemi di produzione, dai cambiamenti interni e dalle scritture e riscritture degli sceneggiatori non sempre al top. Al netto di un multiverso spiegato malissimo e alcune scelte narrative o pigre o insensate, il film riesce a divertire con una funzionante coppia di Ezra Miller accompagnata dal carismatico Batman di Keaton, in una storia seppur frettolosa nel worldbuilding, scorrevole e che riesce a infondere un messaggio semplice ma chiaro.

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4 giochi della Cozy & Family Friendly Games Celebration di Steam da provare – Parte 1

giochi della Cozy Family Friendly Games Celebration di Steam da provare Parte

Steam ha celebrato i “Cozy & Family Friendly Games” sulla sua piattaforma, ed ecco 4 giochi di cui ho provato la demo che vi consiglio!

La “Cozy & Family Friendly Games Celebration” di Steam punta a mettere in luce giochi rilassanti ma anche d’azione che possano essere giocati a tutte le età, con grafiche diverse ma sempre accattivanti e meccaniche tra le più disparate.

Gli eventi di questo tipo proposti da Steam promuovono solitamente anche varie demo da provare, di giochi sia già pubblicati che in arrivo, così che il pubblico possa farsi gratuitamente un’idea di un certo titolo prima di acquistarlo.

Ne ho provate diverse, e queste sono quattro tra le demo che più mi hanno colpito e che consiglio anche a voi di provare! In arrivo anche una seconda parte dedicata ai giochi co-op!

NOTA BENE: anche se la dicitura dell’evento include la dicitura “family friendly”, alcuni dei giochi di seguito elencati hanno delle restrizioni in base ai contenuti, anche se si tratta di restrizioni soprattutto riferite ad età molto giovani.

Carto

Link a Steam!

Carto è un puzzle game d’esplorazione con una meccanica davvero interessante. Il gioco comincia con un solo frammento di una mappa che via via va ricostruita, ma non è tutto. Il mondo intorno a voi rappresenta esattamente la mappa di cui disponete, grande o piccola che sia, niente di più e niente di meno.

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Non solo non potete muovervi al di fuori dei territori che avete scoperto a meno di non trovare altri pezzi, ma dovrete trovare un modo per disporli in modo che combacino con i pezzi già ottenuti per poter continuare ad esplorare!

Ho adorato le premesse di questo gioco e le grafiche disegnate a mano, si tratta decisamente di un “cozy game” con una concetto ben realizzato ed una classica ma avvincente trama a legare il tutto.

Potion Permit

Link a Steam!

Confesso che avevo qualche remora prima di provare la demo di questo gioco, in quanto si presenta come l’ennesimo sim/GDR giapponese di turno. Tuttavia, provandolo si è rivelato un gioco davvero valido e coinvolgente, con un buon livello di personalizzazione del personaggio (che tutti sappiamo essere fondamentale in un GDR) e perfino un cane a cui poter dare il nome che preferite.

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Lo scopo del gioco, almeno all’inizio, è convincere gli abitanti del villaggio che siete davvero lì per aiutarli con le vostre doti di alchimia, nonostante loro abbiano pregiudizi su chi viene dalla città a causa di un passato incidente.

Ho trovato molto interessante il modo in cui vanno preparate le pozioni: ogni ingrediente fa parte di una “classe” ed ha una “forma” tipo blocco di Tetris. Ogni pozione richiede che riempiate una determinata forma con una serie di blocchi, indicando a quali classi devono appartenere (è un po’ difficile da spiegare a parole, ma si tratta fondamentalmente di un puzzle).

Gourdlets

Link a Steam!

In questa lista di giochi rilassanti non poteva mancare un sandbox assolutamente senza obiettivi né punteggi, un gioco in cui l’unico scopo è divertirsi e soddisfare la propria creatività.

I Gourdlets sono adorabili esserini che arrivano in treno sulla vostra isola, tutto il resto lo decidete voi. Se costruire un’isola grande o piccola, con deserti o foreste, con grandi città o solo qualche casa in qua e in là. La grafica in pixel art è davvero accattivante, come lo è il fatto di poter decidere praticamente tutto, dalla disposizione di oggetti e case all’arredamento delle case stesse.

Wavetale

Link a Steam!

Wavetale è probabilmente il gioco di questa lista che più mi ha colpito. Ho trovato la sua grafica veramente bella e particolare, e l’atmosfera un po’ distopica con un tocco sovrannaturale ma allo stesso tempo nostalgico mi ha convinto.

Le dinamiche sono belle e piuttosto intuitive. Il solo fatto di poter sfrecciare sull’acqua a tutta velocità per poi schizzare in aria con un salto, planando poi con il retino, tra rovine mezze sommerse vale il dare un’occasione a questo gioco.

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Ho apprezzato molto anche la libertà di esplorazione e la fluidità dei controlli. La storia di Sigrid e di sua nonna, poi, coinvolge fin da subito, come anche il mistero dietro la creatura marina che sembra aiutare Sigrid nonostante la diffidenza di sua nonna.

Nel prossimo articolo recensione parlerò di 3 giochi co-op di cui ho provato la demo durante la “Cozy & Family Friendly Games Celebration” di Steam, perciò attivate le notifiche del sito e seguiteci su instagram, dove posto mini video-recensioni di questi titoli!

Avete provato queste demo o questi giochi? Fatecelo sapere!

SPIDER-MAN: ACROSS THE SPIDER-VERSE [Recensione]

spider man

Recensione di “Spider-man: Across the Spider-Verse” il nuovo film di Sony, secondo capitolo dello Spider-man di Miles Morales

Il nuovo film della Sony in collaborazione con Marvel è una vera e propria bomba! Dopo il grande successo mediatico del precedente film, per questo secondo hanno aumentato ancora di più la qualità su tutti i fronti. L’animazione è allucinante, sfiora vette mai raggiunte, la sceneggiatura è davvero impeccabile, la regia spettacolare e la colonna sonora perfettamente riuscita.

Ho trovato molto intelligente la scelta di iniziare il film con scene che ci catapultano subito nella storia di Spiderwoman, di cui ci vengono riassunti gli eventi salienti. Mettere in scena con grafiche e animazioni diverse il background di uno dei comprimari più importanti della film ha permesso di empatizzare molto col personaggio do Gwen, che personalmente trovo il più riuscito, e a cui mi sono affezionato di più.

Trova molto spazio all’interno della pellicola anche il “worldbuilding” di cui ho apprezzato tantissimo la cura per i dettagli. Ci viene chiarito, anche se con un solito spiegone, come funziona il multiverso, le sue regole e le sue potenzialità, altro che MCU. Inoltre ovviamente il maggior minutaggio ce lo ha Miles, il protagonista di questa storia, che nonostante i molti personaggi secondari che gli fanno da cornice e che vengono presentati durante il film, non perde mai il ruolo di main character.

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Miles compie un arco evolutivo davvero interessante, a tratti il solito viaggio dell’eroe ma in realtà nasconde un pathos molto azzeccato. Il suo rapporto con la famiglia e con la maschera nasconde in realtà i problemi della vita di ogni adolescente, che non riesce a tirare fuori e a mostrare quello che è. Inoltre ciò che lo rende davvero interessante è l’estrema umanità che dimostra anche quando viene mostrato come è palesemente nel torto ma decide di andare contro al destino e andare oltre alle regole impostegli.

Qui mi collego alla questione villain, in questo film quasi controversa. Inizialmente sembra essere La Macchia, poi diventa Miguel (Spiderman 2099) e infine troviamo il Miles di terra 42, Prowler. Trovo funzionale questa divisione di antagonisti per capire la complessità della storia in cui vengono trattati temi diversi con personaggi diversi. Il character design e il background che preferisco sono tra i tre quelle di Spiderman 2099.

Per quanto riguarda gli altri Spiderman trovo Spider Punk molto centrato, puntuale e divertente. Scelta molto giusta non soffermarsi su troppi Spiderman ma su un piccolo gruppo e caratterizzarlo al punto giusto da non renderli protagonisti ma un minimo tridimensionali.

Spider Man Across the Spider Verse Nuovo trailer rivelato
Spider Man Across the Spider Verse

In conclusione, il film è uno dei picchi massimi sia nell’animazione che nel genere cinecomic. Una storia che coinvolge un ventaglio ampio di personaggi senza dimenticarsi di un protagonista con cui è impossibile non empatizzare. Animazione spettacolare di uno dei migliori film su Spiderman, connubio tra un sequel migliore del precedente e un film di supereroi maturo ma anche molto divertente.

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[Recensione] La Sirenetta live-action: un’Ariel mai vista prima

La Sirenetta live action

La Disney torna al cinema con un coloratissimo remake live-action del classico del 1989 La Sirenetta, mostrandoci un’Ariel mai vista prima.

La Sirenetta di Rob Marshall è arrivata sullo schermo il 24 maggio di quest’anno tra i pareri discordanti dei fan della Disney che rivendicano la bellezza dei classici originali e quelli entusiasti delle novità portate dai live-action e dai nuovi progetti della multinazionale.

L’attrice Halle Bailey – conosciuta per il ruolo di Sky Forster nella serie Grown-ish e per la sua attività musicale nel duo Chloe x Halle – ha dato un’interpretazione speciale della famosa principessa, dando modo allo spettatore di conoscere un’Ariel mai vista prima, più coraggiosa, intraprendente e strategica.

Nel corso del film abbiamo inoltre modo di approfondire la storia del principe Eric, interpretato da Jonah Hauer-King. Dal ruolo di personaggio secondario a cui era relegato nel classico del 1989, Eric passa in primo piano ottenendo il ruolo di co-protagonista. Infatti, abbiamo avuto modo di scoprire nuovi dettagli sulla sua vita a corte, sulla famiglia e sulla sua personalità, messa quasi a paragone con quella della nostra sirenetta, avvicinandoli e rendendoli più simili a livello umano, esprimendo la voglia di libertà e di cambiamento nella loro vita.

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Ariel e gli altri protagonisti
Ariel e gli altri protagonisti del live-action

Le aggiunte nella trama del live-action possono a primo impatto sembrare superflue, tuttavia, gli approfondimenti sulle storie individuali dei personaggi e sugli eventi – come la scena del naufragio della nave del principe e del salvataggio di Ariel – ci permettono di immergerci maggiormente all’interno della storia e di farci quasi diventare “parte del loro mondo.”

Il live-action tra pecche e piacevoli sorprese

Molti fan su internet hanno espresso il proprio disappunto riguardante la scelta del cast. Secondo alcuni, la scelta di Halle Bailey per il ruolo di Ariel non è propriamente la più azzeccata: la Disney è stata accusata di praticare blackwashing, – una pratica dell’industria cinematografica in cui un attore di origine africana ottiene il ruolo di un personaggio storicamente di un’altra etnia – che per alcuni rappresenta una forma di rivalsa per la comunità nera, spesso messa da parte in passato.

Personalmente, prima di vedere il film al cinema, anch’io mi sono ritrovata ad avere dei dubbi sulla scelta di alcuni attori (e doppiatori), eppure mi sono ritrovata piacevolmente sorpresa e non ho potuto fare a meno di emozionarmi davanti alla bravura della Bailey nella recitazione e nell’interpretazione dei brani composti da Alan Menken, soprattutto in Part of Your World.

Altri dubbi che mi erano sorti prima di vedere il risultato finale in sala erano quelli riguardanti l’uso della CGI per la costruzione dei personaggi Sebastian, il granchio consigliere di Tritone, e Flounder, il migliore amico di Ariel. Nonostante ciò, il live-action è una piacevolissima sorpresa a livello visivo, diventando una storia dai toni contemporanei, rivisitata nel segno dell’inclusione e della diversità, con l’aggiunta di un messaggio di stampo ecologista da parte di re Tritone – interpretato da Javier Bardem – che condanna l’uomo per aver influito negativamente sul destino dell’ambiente marino.

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Il film, nonostante l’accoglienza con alcune controversie negative, è stato apprezzato particolarmente dai critici ma meno dal pubblico. Sul sito di recensioni Rotten Tomatoes il film ha il 67% di gradimento sulla base di 243 recensioni e un gradimento totale del 57% basato su più di 25.000 recensioni di utenti non registrati. L’audience verificata gli attribuisce invece il 95%.

Fonte: Wikipedia

[Recensione] La Casa – Il Risveglio del Male

Evil Dead Rise

La saga cult di The Evil Dead, ideata dal regista Sam Raimi, torna al cinema con un nuovo film La Casa – Il Risveglio del Male

Dopo esattamente dieci anni dall’uscita dell’ultimo titolo, il famoso Necronomicon dai denti aguzzi è tornato a mietere vittime, questa volta prendendo di mira una piccola famiglia di Los Angeles e i suoi vicini d’appartamento. La Casa – Il Risveglio del Male di Lee Cronin può essere considerato sia un sequel della saga, che come un reboot vero e proprio, e il suo finale aperto fa presagire delle nuove vie per uno sviluppo futuro del franchise, in quanto il regista ha dichiarato:

“Parlando in termini di quello che si potrebbe fare continuando la saga, credo ci sia un potenziale enorme”

In Italia La casa – Il Risveglio del Male ha superato i 2 milioni di euro al box-office, raggiungendo il record di incassi più alto per la saga, posizionandosi tuttavia solo al nono posto nella classifica degli incassi italiani, senza riuscire a superare titoli come Super Mario Bros e Guardiani della Galassia Vol. 3, che ha invece incassato 8 milioni in sole due settimane.

La Casa Il Risveglio del Male Recensione
Un frame di La Casa – Il Risveglio del Male

Recensione: punti di forza e punti deboli

Da amante degli horror non potevo perdermi l’uscita di questo titolo al cinema, che ha creato grande scalpore nella comunità dei cultori del genere. Nonostante la trama molto semplice, il film ha degli sviluppi interessanti riguardo il piano dell’azione. Non ci sono momenti morti ed è in grado di tenerti incollato allo schermo con i suoi attimi di tensione e molti jumpscare.

Per quanto il tutto si presenti quasi impeccabile, c’è una particolare pecca da analizzare. Fin dai primi minuti del film, in cui vediamo Jessica – la ragazza posseduta nella scena finale – già in preda al demone, attaccare la sua amica Teresa e il suo fidanzato Caleb, decapitato con il suo stesso drone, viene fatto un uso fin troppo evidente della CGI, dandoci una rappresentazione della testa mozzata di Caleb visibilmente cartoonesca.

Mettendo però da parte questo trascurabile difetto, la recitazione si presenta davvero ottima, grazie anche alla presenza di giovani attori come Morgan Davies – apparso precedentemente in altri film e cortometraggi minori – nei panni di Danny, di Gabrielle Echols in veste di Bridget, e della giovanissima Nell Fisher, che nella sua prima apparizione sul grande schermo interpreta la piccola Kassie. I tre sono affiancati dall’attrice australiana Lily Sullivan e da Alyssa Shutterland, conosciuta per il suo ruolo minore nel film Il diavolo veste Prada.

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Secondo il regista Raimi, le possibilità per la saga sono ancora tutte da esplorare, di conseguenza sarà meglio tenere occhi e orecchie aperti per catturare ogni probabile novità sul futuro de La Casa.

Fonti: movieplayer.it, Box Office Italia (movieplayer.it), NoSpolier.it

[Recensione] Homunculus – L’inetto nella società – Critical Hit

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L’inetto nella società è qualcosa di alquanto paradossale ma allo stesso tempo molto comune. Ecco la recensione manga di Homunculus

La società esiste da sempre. Nasce fin dall’inizio dell’essere umano e con esso si è formata ma soprattutto si è evoluta. Questo agglomerato di persone, ma anche di regole e restrizioni visibili o invisibili, all’inizio era qualcosa improntata meramente alla sopravvivenza del singolo e di conseguenza anche della società. Con il passare degli anni la modernizzazione e l’educazione, hanno cambiato gli standard della società, evolvendosi seguendo le esigenze delle persone facenti parte di questo sistema da noi creato. Non fraintendetemi, la società tutt’oggi si concentra sulla sopravvivenza del singolo, ma in un modo molto differente. Con le nuove regole invisibili e le miriadi di restrizioni che ci vengono imposte è quasi come se il nostro vero nemico non fossero più la sopravvivenza, bensì la società stessa che ci inculca regole ferree e intransigenti. Dalla società non si scappa e chi ci prova viene additato come estraneo e allontanato da tutti. E quindi un uomo che non si sente parte di questa società cosa dovrebbe fare? Mescolarsi tra la folla e accettare le regole da essa imposte oppure scappare e cercare di ritrovare se stesso? So che la risposta potrebbe sembrare semplice, ma se ci pensate non è così e Homunculus (e forse questa recensione) potrebbe aiutarvi a trovarla.

Bentornati nella mia rubrica Critical Hit, dove andremo a recensire e un pò analizzare manga di svariati generi e categorie. Per la puntata di oggi abbiamo Homunculus un thriller psicologico con qualche vena horror qua e là, composto da 15 volumi totali editi da Planet Manga. Il mangaka dietro questa ottima opera è Hideo Yamamoto che inizia la serializzazione del manga nel lontano 2003 per poi concluderlo nel 2011.  Yamamoto che ha quasi esclusivamente lavorato a opere seinen, di cui Homunculus fa parte date le sue tematiche mature e per scene un po’ grottesche, fa uno splendido lavoro nel raccontare una storia per veicolare un messaggio che a tratti risulta quasi essere personale. Il manga è pieno di significato e trasmette con se una forte critica sociale, ma che sotto nasconde anche una critica al singolo, che sia il mangaka stesso o ognuno di noi. Utilizzando la figura dell’inetto (o per lo meno quello che la società considera tale) o dello stramboide Yamamoto fa immedesimare il lettore all’interno del protagonista per portarlo ad una riflessione interiore. Opere come Ichi the Killer e Hikari Man adottano esattamente questi personaggi strambi, inetti e particolari per veicolare qualcosa che a primo impatto potrebbe sembrare nascosto, ma che guardando affondo si trova in ognuno di noi. Bando alle ciance e addentriamoci più a fondo in questa ottima opera che vi farà sicuramente riflettere.

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recensione homunculus

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Spesso i contrasti che esistono in una società, non sono solo nascosti, velati o “sotto pelle” ma sono percepibili molto bene anche ad occhio nudo soprattutto nelle metropoli come quella di Tokyo. Poterli vedere così spudoratamente non fa altro che confermare quanto questi siano spesso paradossali da fare quasi ridere. Se da una parte vediamo grattacieli infiniti con hotel di lusso a 5 stelle super, in cui i ricchi guardano dall’alto delle loro superbe ricchezze, dall’altra parte, quella bassa, troviamo parchi pieni di tendopoli di senzatetto che a loro volta, dal basso delle loro povertà, guardano invidiosi i ricchi. Ma chi si trovasse esattamente tra i due? Una persona che decide di non voler far parte di nessuna delle due perché nauseato da entrambe? Questa è la storia di Susumu Nakoshi, un senzatetto che per l’unione di più eventi del passato decide di non decidere e di stazionarsi tra un edificio super pacchiano e una tendopoli in un parco pubblico, dormendo nella sua macchina. Dopo uno strano incontro di un suddetto medico, Nakoshi decide di sottoporsi ad uno strano intervento al cranio: aprirsi un buco in testa per la cifra di 700000 yen (circa 5k euro). Questo esperimento porterà il nostro protagonista a sbloccare il suo sesto senso, cioè vedere gli Homunculus, la rappresentazione fisica del subconscio umano delle persone. Cosa comporterà questa sua nuova abilità? Il nostro protagonista riuscirà a liberarsi da ciò che lo perseguita o lo ossessionerà fino alla fine?

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Secondo il mio parere chi ne fa davvero da padrone in questo manga è il protagonista. Il mangaka si concentra quasi unicamente sul viaggio mentale e psichico che il nostro Nakoshi affronterà durante tutto l’arco narrativo. Si sofferma sulla sua evoluzione e sulle riflessioni che dovrà affrontare con il suo nuovo potere, per scoprire finalmente chi è davvero. Utilizzando la figura dell’inetto, del personaggio particolare, strambo e inusuale Yamamoto cerca infatti di nascondere questo viaggio che si direbbe anormale e di rivolgerlo ad un pubblico di persone che la società considera normali. Ma Nakoshi non è un uomo come gli altri. Anzi per essere precisi lo era, era esattamente un uomo come gli altri, un uomo che aveva tutto e che non poteva chiedere nulla di più: Soldi, potere e donne, tutto ciò che ogni uomo come ben inculcato dalla società punta a raggiungere. È da qui che parte il suo viaggio proprio quando Nakoshi decide di non voler più essere un uomo come gli altri e decide di voler davvero scoprire se stesso. Un personaggio misterioso che con l’andare avanti della trama inizierà a mostrare tutti suoi lati più nascosti facendoci capire come la ricerca di se stessi possa portare dolore e pazzia ma anche quanto possa essere positiva. Tra quel purgatorio in cui si trova, nel mezzo tra grattacieli super lussuosi e parchi pieni di tendopoli di senzatetto, Nakoshi dovrà lottare con il suo passato e combattere ciò che realmente è e cercare di abbandonare quel percorso che la società gli aveva imposto e che tutt’ora non riesce a dimenticare. Questo suo complesso viaggio rende questo personaggio uno dei più intriganti e intricati che abbia mai visto, rendono Homunculus un messaggero delle criticità della società ma anche dell’animo umano.

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La seconda tematica che circonda l’opera è sicuramente la società. Si traspare da ogni sua opera che Yamamoto ha a cuore il tema e la critica della società che rappresenta sempre come spietata e senza compromessi. Vediamo nel manga una società che con le sue regole visibili e invisibili costringe un uomo a cambiare totalmente e a perdere di vista ciò che ha davvero di importante davanti a se. Che sia una persona cara o addirittura se stesso, la società cambia ognuno di noi esattamente come vuole, ma come capirà Nakoshi spetta a noi integrarci o meno ad essa. Oltre a questa critica della società, raffigurabile ad una coperta che copre l’intera vicenda, sotto di essa c’è qualcosa di più velato di più intimo, che si nasconde sotto la maschera della critica della società. Troviamo un uomo che è alla ricerca di se stesso, del suo vero io. Un uomo indeciso che inizia un viaggio, questa sua ricerca verso l’io che diventerà sempre più opprimente e ossessiva. Viene messo in risalto quanto l’animo umano sia profondamente debole, quanto non riesca a liberarsi di quelle convinzioni che lo sorreggono ogni giorno nella sua vita. Nakoshi intrappolato in questa sua debolezza cercherà in tutti i modi di comprendere se stesso e spezzare tutte quelle convinzioni che ormai facevano parte di lui, e forse infondo riuscendo a capire se stesso.

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Devo essere sincero quando faccio le mie recensioni e sono costretto ad affermare che a primo impatto il disegno di Homunculus non mi è piaciuto, un disegno quasi abbozzato, un po’ lasciato così, sporco e crudo, quasi poco lavorato. L’unica sensazione che mi ha davvero trasmesso questo disegno così particolare è sincerità: un disegno pensato in questa maniera probabilmente vuole far principalmente riflettere sulle tematiche che sprigiona e perciò non vuole soffermarsi troppo sui tecnicismi e sulla bellezza visiva. Ed è proprio questo tema, quello della bellezza, che il mangaka vuole mettere in risalto. Il concetto di bellezza dettata dalla società è un tema, molto presente e molto importante all’interno dell’opera e su cui vertono molti passaggi della trama. Una bellezza impossibile da raggiungere, una bellezza che è ovunque ma che nessuno riesce mai a raggiungere, una bellezza ossessiva e opprimente che purtroppo non riesce ad andarsene dagli occhi di nessuno. Ammaliato dalla trama e dal protagonista e proseguendo con la lettura sicuramente il tratto del disegno si è lasciato far piacere soprattutto grazie alla linea molto realistica e spigolosa del mangaka. Non ha però aiutato l’uso della 3D grafica che, anche se nascosta bene e non così palese, in alcune scene fa decisamente storcere il naso. Personalmente però ho apprezzo l’uso di questa tecnologia, mostrando come il mangaka voglia cercare di reinventarsi e di stare al passo con i tempi (o magari è solo pigrizia ma non mi sembra questo il caso).

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Homunculus è un manga molto criptico e molto metaforico, ma non così tanto da non fa capire cosa si sta leggendo, ma quello che basta da lasciare nel lettore una sorta di velato dubbio che instaurano un senso di incredulità mista a irrealistico. È come se per qualche scena ci si staccasse dalla realtà e atterrassimo in un altro pianeta con altre leggi che lo comandano per poi rifiondarci immediatamente sulla nostra e solita quotidianità. È proprio questa cripticità non troppo pesante che permette di rendere il manga molto coinvolgente e intrigante spingendo il lettore alla lettura costante del manga. Pur essendo all’inizio sicuramente spiazzante, a poco a poco questo cripticità inizierà sempre a farsi più chiara e, grazie ad una struttura di trama degna di nota, più capibile. La trama è proprio ciò che unisce tutte queste tematiche e riesce veramente a mostrarci le varie sfaccettature sia della società ma in fondo in fondo anche della psiche umana . Una trama scritta con i controcazzi che lega il lettore fortemente ad ogni personaggio sia principale che secondario e che vi consiglio caldamente di recuperare.

In conclusione a questa recensione, Homunculus è un manga che porta il lettore a riflettere e a farlo aprire gli occhi su quelle criticità che caratterizzano la società moderna società ma che in fondo ognuno di noi porta con se. Un disegno con un forte significato, personaggi ben scritti e una trama che lega il tutto perfettamente. Non posso che consigliarvi fortemente il recupero se non lo avete già fatto di questa fantastica opera che forse vi farà capire chi siete o forse chi non siete davvero.

Fonte

GUARDIANI DELLA GALASSIA VOL. 3 – [Recensione]

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Recensione di “Guardiani della Galassia vo. 3”, il nuovo film della Marvel diretto da James Gunn che chiude la trilogia

Avevo molte aspettative per il nuovo film della Marvel diretto da James Gunn. Per prima cosa c’erano stati dei litigi all’interno di Disney che avevano portato Gunn ad allontanarsi dalla Marvel e addirittura a passare alla DC dove ha diretto The Suicide Squad e Peacemaker, e quindi tra il secondo e il terzo capitolo sono passati 6 anni, un periodo considerevole per rifinire al meglio la pellicola.

Inoltre è inutile negare la paura che un ultimo capitolo potesse rovinare un franchise così apprezzato e ben riuscito come quello de I Guardiani della Galassia. Invece James Gunn riesce in un solo film a fare quello che è riuscito a fare nei due precedenti, e quindi a raccontare questi personaggi in modo assolutamente egregio e efficace.

Un film splendido, sotto tutti i punti di vista, che riesce inevitabilmente a fine pellicola a lasciare un vuoto nello spettatore di una potenza indescrivibile, perché ancora una volta questi personaggi, questa squadra entra nel sangue e ti fa sentire parte di un’avventura a cui tutti vorremmo partecipare.

Il film è un terzo capitolo che riesce a prendere in considerazione tutti i personaggi, mettendo in scena i loro difetti, le loro debolezze, i loro pregi e i loro sogni. Ogni personaggio trova spazio all’interno della trama, tutti sono importanti e tutti compiono un arco evolutivo che li porta a una degna conclusione. Le dinamiche che si creano sono sempre molto azzeccate e le interazioni fra i componenti dei Guardiani ricalcano lo stile di Gunn che avevamo già visto nei primi due capitoli.

Inevitabile parlare della sottotrama di Rocket, una linea assolutamente strappalacrime, dalla potenza emotiva impattante, che conferisce al personaggio di Bradley Cooper, a cui possiamo finalmente dare un’origine e un background narrativo. Alcuni dicono che questo gli ha tolto l’importanza, io credo che in un film corale, sia un espediente assolutamente lecito e funzionale a una buona scrittura.

La questione è che tutta la storia parte da Rocket che si ferisce e lo mette fuori gioco, per poi tornare solo alla fine. Questo scatena poi la trama del film ma Gunn inserisce i flashback delle sue origini, per cui lo spettro del personaggio si percepisce durante tutta la visione, senza inficiarne il valore.

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Il punto più debole purtroppo della pellicola è la gestione dei personaggi secondari. Purtroppo quando si va a scrivere una sceneggiatura di un film corale come questo, i secondari perdono un po’ di attenzione, dato che ci si concentra più su i principali che necessitano una caratterizzazione ben definita, interazioni che si distinguono e psicologie che vanno sviluppate. Ne subiscono personaggi come Adam Warlock e L’Alto Evoluzionario.

L’interpretazione di Will Poulter nei panni di Adam Warlock appare molto macchiettistica non riuscendo a dare spessore a una delle figure più importanti dell’universo Marvel, rilegandolo a una comparsa piatta e poco utile. Il villain invece è sicuramente molto più approfondito e caratterizzato, rimane però uno dei tanti villain del MCU che è cattivo perché è cattivo.

Guardiani della Galassia Vol Trailer Poster e Trama
Guardiani della Galassia 3

In conclusione però, il film è assolutamente una perla all’interno dell’MCU, che riesce a fare quello che ormai i film di questo genere dovrebbero fare, ovvero raccontare una storia divertente e avventurosa attraverso dei personaggi a cui è inevitabile affezionarsi e fare il tifo per loro, aggiungendo note di malinconia, dando un messaggio che riesce a toccare lo spettatore, il tutto coronato da una regia di James Gunn in stato di grazia, che regala delle scene memorabili di azione, divertimento e tristezza.

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SUPER MARIO BROS-IL FILM – [Recensione]

Super Mario Primo Poster del Film

Recensione di “Super Mario Bros-Il film”, il nuovo film della Illumination tratto dalla celeberrima saga di videogiochi Nintendo

Ho finalmente recuperato “Super Mario Bros – Il film”, il nuovo film tratto dai videogiochi della Nintendo in collaborazione con Illumination. Premetto che non avevo molte aspettative per la pellicola, sapendo che la fama del brand non sarebbe certo stata infangata da un film animato, e che un brutto film tratto da un’opera videoludica non è una novità.

Allo stesso tempo però mi aspettavo che avrebbero usato le stesse carte che hanno fatto funzionare film come Sonic e Detective Pikachu, ovvero non provare a trasporre il videogioco ma creare una storia interessante ambientata nel mondo del videogioco. E sicuramente da questo punto di vista mi hanno soddisfatto, anche se potevano fare meglio

Di per sé non è un brutto film, anzi molto divertente, con animazioni pazzesche, adatto ai bambini e coloratissimo. Però a livelli di trama è davvero risicato. Insomma, non sappiamo nulla del cosa sia successo a Mario e Luigi prima di mettersi in società, del come sia arrivata lì Peaches, del perché Bowser sia cattivo, del perché esiste un mondo fantastico al di là di quello che conosciamo, o comunque come fa ad esistere.

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La trama ripercorre un po’ il viaggio dell’eroe, ma sostanzialmente gran parte di quello che accade sullo schermo è un pretesto per fare delle citazioni ai giochi o comunque del fanservice. Fatto bene, mai troppo, azzeccato, ma effettivamente insensato per le vicende. Perché esistono dei tubi che ti risucchiano o dei funghi su cui saltare, perché Peaches fa fare quella prova a Mario se poi non serve a nulla, perché devono prendere i Kart e andare su una pista arcobaleno?

Il film ovviamente non ha la pretesa di spiegare le motivazioni di queste scene, ma le presenta al pubblico e basta, perché forse hanno fatto questa scelta di rivolgersi a un pubblico giovane a cui non servono spiegazioni. Forse se avessero aumentato il minutaggio avrebbero sviluppato meglio alcuni aspetti più interessanti, e avrebbero potuto dare più equilibrio al ritmo, sempre frenetico, mai un momento per soffermarsi sulla psicologia dei personaggi. Però tutto sommato se preso come film per bambini e fan del brand è molto riuscito.

Annunciata Nintendo Direct sul film di Super Mario Bros
Annunciata Nintendo Direct sul film di Super Mario Bros

In conclusione, il film è realmente un’occasione sprecata, seppur divertente, ben animato e coloratissimo, la trama che ci propone è veramente risicata, che non riesce ad approfondire quasi nulla dei personaggi che presenta e del mondo che vediamo. Non sappiamo nulla sul passato dei protagonisti e i personaggi non hanno delle vere e proprie motivazioni che li spingono ad agire. Inoltre il mondo in sé non ci viene spiegato come nasce, perché esiste. Un film per bambini che è un pretesto per fare del buon fanservice, mi aspettavo di meglio.

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THE MANDALORIAN STAGIONE 3 – [Recensione]

the mandalorian s cionfemrata

Recensione della stagione 3 di The Mandalorian, la serie Disney+ di Star Wars con “protagonista” Pedro Pascal

Dunque si è conclusa anche la terza stagione di The Mandalorian, l’unica serie di Star Wars che ha avuto realmente successo. Arrivati alla fine è inevitabile fare il confronto con le prime due stagioni. La prima mi aveva abbastanza divertito, anche grazie alla scelta narrativa di inserire principalmente trame verticali. La seconda invece mi aveva piuttosto deluso. Le aspettative, dunque, per questa terza stagione erano molto basse, anche perché dopo The Book of Boba Fett, le speranze di ripresa della storia erano messe molto a rischio. E in parte, infatti, non ci sono riusciti.

Le otto puntate non riesco a non giudicarle separatamente, tanta è la differenza che si può notare nella struttura narrativa, nella regia e nei dialoghi che c’è tra le diverse puntate. La serie parte piuttosto male, con puntate a dir poco noiose e che ripropongono sempre lo stesso brodo: Din Djarin e Grogu che fanno il buddy movie. Mi sembrava proprio di essere tornato alla prima stagione. Poi la terza puntata stupisce, quando per la prima volta si va a parlare di personaggi totalmente distanti dalla trama orizzontale. Facciamo infatti la conoscenza del Dottor Pershing e di Elia Kane, personaggi molto interessanti e dalla sottotrama intrigante. Oltre alle scene d’azione dirette molto bene, si respira proprio un’aria di Star Wars, finalmente non incentrata sul Mandaloriano e Grogu.

Poi la serie prosegue nel modo più banale e tedioso possibile, fino a ritornare un po’ sui suoi passi nel finale, con la puntata 6, che ritengo discreta e poi con l’ottima puntata 7 e infine con la puntata 8. Ecco parliamo dell’ottavo episodio. Dopo l’entusiasmante puntata precedente, ci si aspettava di tutto, e invece è stato piuttosto un raffazzonamento di tutta la semina effettuata nel corso di queste tre stagioni che richiedeva una conclusione degna. E in effetti tutto quello che succede ha senso e le conclusioni calzano più o meno, ma è come ci si arriva che risulta frettoloso.

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Forse il troppo hype creato dalla settimana puntata ci faceva sperare in qualcosa di più epico, ma effettivamente potevano chiuderla in un altro modo. Al di là di questo la puntata ha delle scene di combattimento molto fighe e in generale la regia ha un’ottima qualità. La serie ha standard molto alti, infatti per essere appunto una serie che va su una piattaforma streaming, con una qualità a tratti migliore di certi film che vanno al cinema.

In generale ho preferito i momenti in cui è effettivamente Bo Katan la protagonista e non Din Djarin, proprio perché il personaggio è molto carismatico, le si vede il volto a differenza di Djarin, il cui attore non fa nemmeno una comparsa, ahimè! Per il resto la sottotrama degli imperiali era interessante ma hanno deciso di non proseguire da quel lato, e secondo me avrebbero fatto meglio.

The Mandalorian Rivelato nuovo trailer con tante novita
The Mandalorian

In conclusione, la serie è piuttosto deludente, con alti e bassi spaventosi, alternando a puntate ricche di azione e risvolti narrativi interessanti, puntate smorte, noiose, dalla regia inguardabile e trame raffazzonate. Insomma, si poteva fare sicuramente meglio, vista l’inconsistente trama orizzontale che di fatto è stata narrata in modo non adeguato, forse troppo frettolosamente.

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