Benvenuti nella nostra categoria di articoli a tema recensioni film, serie TV e videogame su www.popspace.it. Siamo qui per offrirti le recensioni più aggiornate e dettagliate sui titoli che ami. Sia che tu sia interessato a film, serie TV o videogame, troverai informazioni approfondite e opinioni imparziali per aiutarti nelle tue scelte.
Le nostre recensioni film coprono una vasta gamma di generi, dalle commedie agli action movie, dai film d’animazione ai thriller. Siamo appassionati di cinema e desideriamo condividere con te le nostre opinioni sui film più attesi e le ultime uscite.
Per quanto riguarda le recensioni serie TV, ti terremo aggiornato sulle nuove stagioni delle tue serie preferite, offrendoti un’analisi delle trame, dei personaggi e della qualità della produzione. Ti forniremo anche suggerimenti su nuove serie da scoprire e binge-watch.
Per gli amanti dei videogame, troverai recensioni dettagliate sui giochi più recenti per console, PC e dispositivi mobili. Saremo onesti e obiettivi nel valutare le meccaniche di gioco, la grafica, la trama e l’esperienza generale offerta da ciascun titolo.
Ecco alcuni esempi di recensioni film, serie TV e videogame di fama mondiale che potresti trovare su www.popspace.it:
Recensione del film “Avengers: Endgame”: Un’epica conclusione della saga degli Avengers, che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo. Valuteremo l’azione, la trama e le performance degli attori per aiutarti a capire se questo film è all’altezza delle aspettative.
Recensione della serie TV “Game of Thrones”: Una delle serie TV più popolari di tutti i tempi, seguiremo la trama intricata, discuteremo i personaggi principali e valuteremo la qualità complessiva delle otto stagioni.
Recensione del videogioco “The Last of Us Part II”: Un gioco di avventura post-apocalittica molto atteso, esamineremo la grafica, la trama, il gameplay e daremo un’opinione sulla sua rilevanza nel panorama videoludico.
Recensione del film “La La Land”: Un omaggio ai musical classici, esploreremo la colonna sonora, le performance degli attori e la regia per darti un’idea di questo film vincitore di numerosi premi.
Recensione della serie TV “Stranger Things”: Una serie di successo ambientata negli anni ’80, analizzeremo il fascino retro, la trama avvincente e il cast di giovani talenti.
Questi sono solo alcuni esempi di recensioni film, serie TV e videogame che potrai trovare su www.popspace.it. Siamo qui per aiutarti a prendere decisioni informate e fornirti consigli sulle ultime novità dell’intrattenimento. Esplora la nostra categoria di articoli a tema recensioni e troverai sicuramente contenuti che ti appassioneranno.
Ripercorriamo insieme in questa recensione la parte 3 della stagione finale (4) dell’anime “Attack on Titan”! *Rumbling, rumbling*
È uscito il primo episodio della terza parte della quarta stagione… Solo a dirlo già ci si perde. La scelta di diluire così tanto la stagione finale di Attack on Titan secondo me purtroppo rende difficile rimanere al passo, a meno di non farsi ogni volta un rewatch di almeno le ultime stagioni.
Detto questo, parliamo dell’episodio in questione. Suddiviso in due capitoli, l’episodio non perde tempo a ricordarci in che situazione allucinante si trovi il mondo in questo momento, come non perde tempo a ricordarci quanto cruda possa essere la realtà di AoT, in caso ce ne fossimo dimenticati.
—— SPOILER DA QUI IN POI ——
Il primo capitolo si concentra in particolare su Eren, che vediamo nelle fasi di pianificazione del suo progetto di calpestare la terra con il Boato. Vediamo un lato del personaggio altamente vulnerabile, un’anima lacerata da un’infanzia trascorsa aspettando il momento di poter varcare un muro e vedere il mondo, per poi scoprire che il mondo rifiuta le persone come lui.
Il suo conflitto interiore è palpabile. Da un lato, la sete di annientare quel mondo che ha disilluso tutte le aspettative di libertà che sembrava avere in serbo. Dall’altro, il dolore per tutte le persone innocenti che con esso verranno distrutte, travolte dalla furia cieca di un ragazzo che ha decisamente troppo potere in questo momento.
Bisogna ricordarsi infatti che Eren, oltre al Gigante Fondatore ed al Gigante d’Attacco, possiede adesso anche il Gigante Martello ed il potere del Gigante Bestia, dal momento che Zeke è nelle mani del fratellastro.
Eren non ce l’ha con gli eldiani che in questo momento stanno cercando di fermarlo (i nostri Connie, Jean, Armin, Mikasa, Rainer, Pieck e Levi), ma anzi li sfida a fermarlo, se è quello che vogliono fare. Non vuole privare nessun eldiano della sua libertà, concetto che ancora insegue, ed è proprio in nome di questo ideale che lui si sente libero di perseguire il fine che si è prefisso.
In questo episodio abbiamo salutato uno dei personaggi a cui il pubblico, me inclusa, era più affezionato, ovvero Hange Zoe, che, in una francamente quasi incredibile scena di combattimento, si sacrifica per permettere ad i suoi compagni di sfuggire ai giganti del Boato.
Nominando Armin come suo successore, Hange sceglie di dare la vita per i suoi, dopo un’ultima conversazione con Levi che mostra, al di là delle battute e del sarcasmo, quanto il loro legame significasse per entrambi. Per non parlare della scena che mostra Hange riunita ad Erwin e ad altri abitanti di Paradis, un ricongiungimento breve ma significativo.
Soffermiamoci per un secondo sulla dinamica tra Armin e Annie. Come lei stessa riconosce, il piccolo flirt che ha iniziato ad instaurarsi tra i due sembra un po’ fuori luogo nel bel mezzo della tragedia che li circonda. In più, mi sembra un po’ strumentale cercare di spingere una sotto trama romantica proprio ora che ci avviciniamo al gran finale, e la mia sensazione è che la questione non finirà bene.
Annie, in questo episodio, decide di non unirsi al gruppo che affronterà Eren. Non soltanto perché ha combattuto fin dall’infanzia, ma anche perché secondo lei l’umanità non merita di essere salvata. Sembra abbastanza palese che nel prossimo episodio la sua posizione cambierà, dal momento che Falco sembra avere un’idea su come, unendo i loro poteri, possano affrontare il Fondatore.
Ah, non ho ancora menzionato che finalmente ci siamo liberati di Floch, che anche in punto di morte ha dovuto rompere il non dico cosa.
L’episodio si conclude con ciò che rimane del gruppo di ricerca che raggiunge finalmente Eren, la cui forma da Fondatore vista per intero fa molto più ridere di quanto avessi potuto intuire dai poster che erano stati condivisi finora, con quelle braccia penzolanti e le gambe in fondo.
Tra una brutale scena di calpestamento e l’altra, è evidente come la critica alla guerra continui anche in questa fase della storia. Ciò è evidenziato anche dal discorso che un capitano marleyano fa ad alcuni sopravvissuti, eldiani e non, esprimendo il suo rammarico per come gli adulti hanno trattato con futile odio i loro simili.
Le sue parole sono giuste, ma volevo anche prenderlo e dirgli “Ti svegli solo ora che un esercito di giganti incandescenti sta calpestando le vostre città? Un po’ tardi, non credi?”.
L’episodio ha unito momenti strazianti a momenti di riflessione e momenti quasi divertenti, ma il tono generale è terribilmente tragico, in pieno stile Attack on Titan.
Ecco la recensione del videogioco “Pronty: Fishy Adventure”, un MetroidVania dalla grafica accattivante che nasconde macabri segreti!
Pronty, partenza, via!
Ecco un gioco 2D dalla grafica colorata e dallo stile fumettistico, che tuttavia non deluderà chi non vuole rinunciare ad una bella dose di sfida e di nemici fatti a brandelli.
In questo platformer subacqueo, l’umanità ha trovato un modo per sopravvivere al di sotto del livello del mare, e Pronty è una delle creature che la proteggono.
Quando la civiltà sottomarina è in pericolo a causa di un’antica minaccia, Pronty ed il suo fidato giavellotto-pesce meccanico Bront si troveranno ad esplorare le rovine di Royla per cercare di proteggerla dai mostri che l’hanno invasa. Quella che un tempo era una grande città, è adesso una perduta Atlantide che nasconde tanti ricordi quante insidie.
Se deciderete di tuffarvi in questo MetroidVania single-player per cercare di risolvere il mistero dietro la caduta di Royla, preparatevi ad un’avventura stimolante che non faticherà a prendervi all’amo!
Recensione
Pronty è un gioco dalla lore intricata e dai sottotoni piuttosto macabri. Un mondo in declino, alla mercé di creature geneticamente modificate che non esiteranno ad attaccarvi. Una popolazione scomparsa che ha lasciato dietro di sé intelligenza artificiale e biomeccanica a gestire suo disastro.
Pronty, o meglio, Pronty SW-417, è solo una delle creature che portano questo nome e che sono state assegnate alla protezione del genere umano, così come Bront non è l’unico pesce-giavellotto in circolazione, ma anzi un compagno che viene assegnato ad ogni Pronty.
La grafica è accattivante e ben fatta, ho particolarmente apprezzato i cambi di luce nelle varie zone della mappa ed il modo in cui questi si riflettono sui colori del personaggio.
Il gioco viene incontro a chi sceglie di immergersi in questa avventura esplorativa, offrendo la selezione tra diversi livelli di difficoltà, i quali si vanno ad applicare ai nemici che si incontrano lungo il percorso.
Tuttavia, la difficoltà di gioco non è tutto: attraverso un sistema di slot, potrete infatti configurare il vostro personale stile di combattimento, scegliendo quali mosse ed abilità favorire rispetto ad altre.
Anche Pronty si può personalizzare. Si parte da due skin di default (una carina ma che mi ha fatto pensare a un incrocio tra “Luca” della Disney ed un Pokémon, l’altra a mio parere più originale ed interessante), per poi arrivare ad altre skin che possono essere sbloccate più avanti nel gioco, in maniera più o meno facile.
Anche se nel bel mezzo di una boss fight il boss ha deciso di andarsene e lasciarmi lì nell’arena da cui non potevo uscire (una volta tornata all’ultimo salvataggio, l’ho riaffrontato e per fortuna non mi ha abbandonato lì), il gameplay è fluido e non presenta particolari ostacoli.
Essendo un gioco basato sull’esplorazione, può capitare di rimanere “bloccati” qualche volta, nel senso che non si sa bene come o dove procedere, ma questo è parte integrante dello stile del gioco stesso.
L’unica parte che mi è apparsa un po’ carente era l’aspetto linguistico (nello specifico, ho giocato il gioco in inglese). In alcuni punti, la punteggiatura o l’aspetto grammaticale non erano al meglio, e alcune parole erano diverse tra testo scritto e doppiaggio. Sono aspetti su cui si può soprassedere, in quanto le sviste sono poche e le cutscene non sono moltissime.
Nel complesso, “Pronty: Fishy Adventure” è un buon titolo, con finali multipli e lore ben curata, perciò, soprattutto se già l’avevate adocchiato, correte ad aggiungerlo alla vostra collezione!
E se l’avete giocato, fateci sapere cosa ne pensate!
Recensione del nuovo film di Aronofski con Fraser, candidato a tre oscar, The Whale, presentato al Festival di Venezia
The Whale è una film magnifico, che riesce perfettamente nel suo intento. Raccontare una storia, una storia toccante, cruda e anche estremamente edificante. Ho pianto in sala dopo tanto tempo alla visione della strabiliante performance attoriale di Brendan Fraser.
A cominciare dall’esordio, si capiscono subito le intenzioni del regista di essere il più trasparente possibile, senza filtri. Raccontare la dura e cruda verità di storie come quella di Charlie. Ed è impossibile non riuscire ad empatizzare col protagonista, anche se non si è nelle stesse condizioni o non si ha qualcuno di vicino nelle stesse condizioni. Il personaggio di Charlie è talmente umano che ci si può ritrovare chiunque. Nelle scelte di vita, nel non sapersi limitare, nel cadere negli eccessi, nel farsi schifo riconoscendo di star sbagliando, ma comunque continuare a farlo.
E qui si parla di obesità, ma si potrebbe parlare benissimo di qualsiasi altro condizione, di alcool, di ludopatia o che so io. È funzionale però al film l’obesità perché impone dei limiti fisici, per cui il protagonista ha bisogno di comprimari, anch’essi scritti egregiamente. Tutta la cornice che Aronofski costruisce gira intorno a Charlie, e i personaggi si intrecciano perfettamente in una serie di colpi di scena e scene toccanti che coronano il racconto di una tragedia umana, limitata a un piccolo appartamento completamente trasandato e di cui è recluso l’accesso a praticamente chiunque.
Il film è tratto da un’opera teatrale, e ne si vedono spesso i residui. Innanzitutto l’ambientazione circoscritta alla casa di Charlie, e poi molte scene hanno un’impronta teatrale ben riconoscibile. Gli stessi dialoghi o la semina degli elementi di trama, ma questi sono solo dei punti di forza per la pellicola, che riesce in tutto e per tutto a smuovere lo spettatore dal punto di vista emotivo.
Il cast è perfetto, ho amato la performance di Brendan Fraser. Il suo è stato un lavoro mastodontico, una preparazione impeccabile nell’interpretazione di un tema delicato su cui non si poteva sbagliare. E lui è stato perfetto. Ogni smorfia, ogni “I’m sorry”, ogni sguardo, ogni morso vorace, ogni movimento è stato maniacalmente preparato e ben attuato. Sadie Sink (ti prego calpestami) perfettamente a suo agio nel personaggio di Ellie. Ma in generale l’intero cast, seppur ridotto è azzeccato e attorialmente di qualità.
La regia molto intima di Aronofski si concentra soprattutto sull’espressività dei personaggi con inquadrature spesso strette. La scenografia e il make up hanno fatto davvero un lavoro strepitoso. Non so come Fraser siano riusciti a trasformarlo in un obeso perennemente sudato.
Penso che il film abbia delle scene molto forti e toccanti. E anche alcuni dettagli particolarmente significativi. In generale le tematiche sono trattate con enorme rispetto ed efficace interpretazione. Le motivazioni dei personaggi non sono mai banali e tutto si incastra perfettamente. In questa storia non ci sono buoni o cattivi. Tutti hanno sbagliato e tutti sono vittime. Charlie ha perso Alan, ma ha abbandonato Ellie, Ellie è ribelle, ma il padre l’ha abbandonata a soli 8 anni. E anche gli altri personaggi sono sia vittime che carnefici. Lo stesso Charlie nel corso del film passa da essere colpevole di essere obeso a essere vittima dell’obesità. La morale del film è infatti che tutti sbagliano, ma nessuno nel film smette di essere se stesso. E nel finale Charlie ce lo ricorda, con quella scena per me fortissima in cui fa l’ultimo discorso alla sua classe.
La psicologia dei personaggi si racchiude poi tutta nella frase chiave del film, che comincia la storia e la conclude, ovvero il tema di Ellie su Moby Dick. Quelle frasi che sembra riescano a guarire Charlie, esprimono poi il vero senso del film. E lo fanno con la scena finale in cui allegoricamente muore the Whale, riuscendo a fare ciò che Ellie gli aveva chiesto a metà pellicola.
In conclusione, il film è un vero e proprio pugno allo stomaco che inevitabilmente smuove la coscienza dello spettatore, raccontando la drammaticità di una storia in cui si analizza non solo la difficoltà e la precarietà dell’obesità, ma anche il sapersi accettare, l’autostima, i legami familiari, il rapporto religione e vita, l’adolescenza e l’uomo e la sua umanità, il tutto coronato da una performance attoriale strabiliante di un Brendan Fraser in stato di grazia, che spero riesca a vincere l’oscar come miglior attore, a cui è candidato.
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Recensione dell Ep.07 della St.1 della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi
Questa è la recensione della settima puntata di The Last of Us, che è certamente diversa dalle altre, ma è anche molto emozionante. Se nella sesta puntata si può notare una certa fretta nel raccontare gli eventi che portano avanti la trama orizzontale, qui l’episodio inizia e finisce nello stesso punto.
https://youtu.be/6iC4xzNyuQk
“Left Behind” è un flashback riguardante il passato di Ellie lungo tutta una puntata, in cui si fa la conoscenza di un personaggio fondamentale per la caratterizzazione del personaggio, Riley Abel. Orfana, è sopravvissuta all’apocalisse e cresciuta a Boston e del rapporto con Ellie sappiamo che a un certo punto la abbondona e in questo flashback ci viene narrata una serata in cui si rincontrano e lei porta Ellie in un centro commerciale, dove poi si procurerà la cicatrice zombie.
La gestione dei tempi e delle dinamiche tra i personaggi l’ho trovata molto curata, seppur forse un po’ lenta nella parte centrale. La fotografia in alcuni frangenti non è che mi abbia fatto impazzire (si vedeva il riflesso giallo sulla faccia degli attori) però l’ambientazione anni ’80 l’ho trovata rispettosa e coerente. Anche tutte le varie citazioni che contiene sono riuscito ad apprezzarle, poiché mai banali.
In generale la puntata la promuovo con sufficienza piena, abbastanza in linea con le sue precedenti. Un livello di qualità molto alto per una serie, dato dal cast, dalla sceneggiatura e dalla regia. Una caratteristica di questa serie è che riesce ad avere trame verticali interessanti e una trama orizzontale quasi a episodi.
Non racconta una storia lineare o composta da più sottotrame incentrata su una storia apocalittica di zombie, ma piuttosto si concentra su narrare singole storie che sono correlate con un mondo apocalittico. L’intento non è quindi di creare una serie alla The Walking Dead, ma di raccontare una società e le diverse reazioni a un’apocalisse.
In conclusione, la puntata è assolutamente promossa e spero davvero che le ultime due puntate rimangano della qualità di queste. Mancano solo due puntate quindi vedremo in che modo chiuderanno questa stagione e a cosa preferiranno dare minutaggio. Noi ci vediamo a un’altra recensione i The Last of Us
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Recensione del nuovo film Marvel Ant-Man and The Wasp Quantumania, la pellicola che apre la fase 5 dell’MCU
Il film che apre la fase 5 dell’MCU è a dir poco deludente. Doveva riaccendere le speranze per questo Universo dopo una fase 4 molto sotto tono e confusionaria, invece per quanto mi riguarda le ha abbassate ancora di più. Se Black Panther Wakanda Forever era un film inutile e abbastanza noioso, questo posso definirlo addirittura brutto. Avete presente tutte le caratteristiche dei primi due Ant-Man, ecco qui non ci sono.
Partiamo dalla storia. Pretesto di trama abbastanza debole e pigro, che si sviluppa nei modi più banali di sempre e che a tratti non torna. Il montaggio, a tratti incomprensibile, rischia anche di non far capire bene alcuni risvolti di trama. La vicenda abbraccia un cast abbastanza ampio, ma non riesce a valorizzare nessuno in particolare, rendendo piatto qualsiasi personaggi. Scott sembra un qualsiasi supereroe Marvel dalla battuta facile.
Il resto dei personaggi è un totale flop. Hank Pym è un vecchietto rincoglionito, Janet non si capisce perché non abbia detto di Kang, capisco che lo abbia aiutato ma non lo sapeva. Cassie non mi sta particolarmente simpatica, però forse è la più riuscita. Hope praticamente inesistente. M.O.D.O.K. è inutile, ridicolo e un pugno nell’occhio. Mi sembra quasi superfluo dire quanto sia stata un’occasione sprecata. Le interazioni tra i personaggi in generale mi sono sembrate piuttosto sterili: i personaggi non compiono effettivi archi evolutivi all’infuori di Cassie (non è che Janet si pente per quello che ha fatto o cerca di rimediare). Kang è la delusione più grande.
È vero che nei fumetti Kang ha diverse caratterizzazioni, ma quello che sinceramente mi aspettavo era quella molto in stile Thanos, soprattutto perché dovrebbe essere il main villain della fase 5, quindi in grado di reggere una intera fase come antagonista principale. Quello che a me invece è parso, è un qualunque cattivo del MCU, carismatico fino a un certo punto, immerso nelle sue smorfie, e addirittura battuto abbastanza facilmente da Ant-Man. So che ne hanno mostrati altri e quindi probabilmente la minaccia è un esercito di Kang, ma a me la performance attoriale di Jonathan Majors non ha convinto. Secondo me non ha centrato la caratterizzazione del personaggio.
Il world building è un’altra occasione sprecata, perché alcune cose erano interessanti, ma hanno creato un intero universo nuovo e lo hanno approfondito nulla, non mi è assolutamente venuta voglia di esplorarlo. E sinceramente in alcuni frangenti c’erano anche dei problemi nella computer grafica, non sempre impeccabile, nonostante non sia un reale problema.
Due parole sulle scene post credit, di cui ho apprezzato la visione, ma mi sembrano sempre più delle scene per incrementare un hype che non verrà coronato, ma è solo un assaggio, tanto fumo e poco arrosto.
In conclusione, una pellicola del grande potenziale, di cui funziona molto la colonna sonora (ma la versione epic di Goodbye Yellow Brick Road?) e poco altro. Ant-Man abbassa ancora di più le aspettative per questa fase 5 che vorrei tanto mi sorprendesse, così come Kang, che vedo sempre di più, già da Loki, un flop.
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Per la recensione manga di oggi parleremo di Pluto e del suo paradossale messaggio che Naoki Urasawa è riuscito a trasmettere
Questa recensione non la volevo fare. Per quanto io voglia esprimere davvero quello che ho provato durante la lettura di questa opera, è come se mi sentissi legato o imprigionato a delle catene che cercano in tutti i modi di sabotare quello che vi voglio trasmettere. Sarà la grande importanza dall’opera o questa mia sindrome dell’impostore che mettono sulle mie spalle un grave fardello. A guardarla sotto un occhio oggettivo, è sicuramente vero che tutto questo, tutto ciò che sto provando, non sia considerato da tutti una cosa positiva, ma nel profondo del mio cuore, e dopo la lettura di questa opera, so bene di essere fortunato. Fortunato per cosa vi chiederete? Che senso ha sentirsi speciali nel provare delle emozioni negative? Il fatto è che abbiamo già “incontrato” tutto ciò che possiamo interiormente provare: Felicità, tristezza, odio, oppure paura o sorpresa e questo nostro expertise ci porta a voler eliminare, come autodifesa, tutti quei sentimenti negativi. Ma provate a pensare a qualcuno progettato senza la possibilità di provare emozioni, in un mondo in cui tutti attorno a lui si riempiono la bocca di queste fantomatiche e tanto osannate emozioni e di quanto siano importanti e preziose. Questi sono i robot, veri e propri umani fatti di latta, la cui vera unica mancanza sono la ciccia e queste tanto agognate emozioni. Ma se un robot provasse emozioni? Cosa potrebbe essere considerato? Si potrebbe davvero considerare un umano oppure no? Potrebbe davvero esistere qualcosa di così perfetto? È da qui che inizia la nostra recensione di Pluto
Benvenuti in questa alquanto pesante e paradossale recensione di Pluto, un manga possiamo dire con i controcazzi, scritto e disegnato dal nostro Naoki Urasawa, considerato da molti uno dei migliori, se non il migliore, mangaka contemporaneo. Con Pluto, composto da 8 volumi editi da Planet Manga, Urasawa riprende una delle storie più icone e più famose di Osamu Tezuka, cioè Astro Boy considerato da tutti come uno dei cardini della tradizione dei manga giapponesi. Con molta audacia e soprattutto coraggio, Urasawa fa suo questa intramontabile storia e mediante la sua mano la rinterpreta in una chiave di lettura più thriller, fantascientifica e poliziesca. Badate bene che riuscire a creare qualcosa di così unico, rifacendosi a una delle storie più famose del Giappone e forse anche del mondo, non è assolutamente una cosa da poco, ma Urasawa ci riesce in modo perfetto. Una caratterizzazione dei personaggi fenomenale, una trama ben congeniata e ben raccontata, ma soprattutto un’emotività da togliere il fiato, marcheranno ogni singola pagina di questo favoloso manga. Ma d’altronde Urasawa è Urasawa e con i suoi capolavori come 20th Century Boys e Monster non ha mai deluso nessuno. Ma prima di entrare nel dettaglio di questa recensione vi voglio fare un sunto della trama di Pluto:
[Recensione] Pluto
“Ehi tu! Guarda che gli umani devono passare per di qua!” “Ma io non sono robot, signore” “Ah cavolo di questi tempi, non si riesce davvero a distinguere un essere umano da un robot, allora per di qua!”. Questo potrebbe essere un piccolo indizio del tipo di mondo in cui ci troviamo nelle vicende narrate all’interno di Pluto: Ci troviamo parecchi anni avanti rispetto al nostro attuale presente, in una distopica e decisamente molto tecnologicamente avanzata Terra, in cui le macchine volano in alto nei cieli, e le case fluttuano raggruppate in quartieri come in delle cupole marziane. Tra tutte queste innovazioni e questo progresso tecnologico però, ciò che bazzica subito all’occhio, non sono le macchine volanti o i super grattacieli ma bensì i robot. Progettati per aiutare e assistere l’uomo in qualsiasi mansione, i robot pullulano per tutte le strade e gli edifici di questo nuovo mondo super dispotico e “blaze runniano” vivendo una loro vita, molto simile a quella umana. Pur essendo equipaggiati con le più potenti armi in commercio i robot non sono un pericolo pubblico e non lo saranno mai! Sviluppati con una intelligenza artificiale, quasi perfetta, nessuno robot è in grado di provare emozioni e nessun robot può, per volere mondiale, uccidere o ferire un umano. I robot di questo mondo non sono altro che delle fredde macchine calcolatrici fatte di lamiera, che non fanno altro che starsene li a prendere ordini. Ma è davvero così? C’è qualcosa però che si sta agitando nel fondo delle viscere di questo mondo, c’è qualcosa che si sta svegliando, qualcosa di molto triste e colmo di rabbia; un odio spaventoso si è risvegliato. Qualcosa o qualcuno sta iniziando ad eliminare i sette robot più forti e importanti del pianeta, insieme ad alcuni esponenti umani pro-robot, lasciandosi alle spalle di questi misteriosi omicidi, un simbolo, un paio di corna. Da qui partirà il mozzafiato thriller poliziesco, che con il detective robot Gesicht, uno dei membri dei sette robot più potenti del globo, andrà sempre più a fondo in questo macabro e contorto mistero.
[Recensione] Pluto
Il disegno di Urasawa è una garanzia, dettagli paurosi, tavole pulite, ma all’occorrenza si sporcano per dare spazio ad una emotività sublime da perdere il fiato. Questa emotività che traspare dai volti e dalle scene di quest’opera è incredibile e permette al lettore di entrare a pie pari all’interno dei sentimenti dei personaggi. Un disegno lineare, pulito e solido va in contrasto con una scrittura dolce, appassionante, ma alle volte anche pesante che legano il lettore alla storia, facendogli mangiare tutto d’un fiato questi 8 volumi. Se dovessi scegliere cosa permette a Pluto di renderlo una opera come nessun’altra è proprio la sua umanità che traspare da esso. Certo i sentimenti delineati tra le pagine di questo manga sono molto accentuati e tendono a cogliere il lettore o impreparato oppure a scaturire in lui una sorta di empatia mista a compassione durante tutto l’arco narrativo. La pelle d’oca è assicurata e andando avanti nella lettura posso assicurarvi che si farà sempre più presente, portandovi chissà, anche a qualche lacrimuccia. Ma il vero protagonista qui è la già citata umanità che traspare durante tutta la lettura. È come se il lettore venisse costantemente messo in discussione, portandolo allo smarrimento e a un quasi dubbio esistenziale: “Sono davvero Robot quelli che sto vedendo?”. Le domande saranno tante e le risposte alle vostre domande ancora meno, ma una domanda in particolare rimarrà incastonate al vostro cuore: “Come può un robot essere più umano di un essere umano?”. Per quanto il concetto di umanità sia qualcosa di gigantesco e anche di molto soggettivo, credetemi, in questo manga riuscirete a sentirlo scorrere nei vostri occhi e a farlo vostro, qualunque esso sia.
[Recensione] Pluto
Da prendere assolutamente in considerazione ci sono anche i personaggi e la loro evoluzione durante tutto il manga: Essi sono caratterizzati e scritti in modo ognuno completamente peculiare dall’altro e l’evoluzione di essi, elaborata in modo armonioso con il susseguirsi degli eventi, permetterà una immersione completa nelle tavole di questa fantastica opera. I volti, gli sguardi, i movimenti, sono una orchestra incredibile di emozioni quasi surreali che graveranno enormemente sul vostro cuore, rendendo questa vostra lettura unica e indimenticabile. Questo buon architettato viaggio che viene intrapreso insieme a questa presa di coscienza dei personaggi, creerà una miscela fondamentale per l’evoluzione di quest’ultimi perché ci permetterà di entrare dentro la loro umanità e dentro le loro emozioni. Ma se i principali protagonisti sono robot, come fanno a provare emozioni? È qui che si fonda il paradosso dell’umanità; come può qualcosa di non umano e di predestinalmente apatico, diffondere così tanta umanità e così tante emozioni? Ed è proprio attraverso questa evoluzione che tu, insieme ai personaggi della storia riuscirai a comprendere questo mistero e a farlo tuo. È questa la magia che regala Pluto.
In conclusione, anche se potremmo stare qui a discutere per ore, vi voglio veramente consigliare questo pesantissimo ma anche appagante viaggio, che vi riempirà il cuore di umanità e di vere emozioni. Una storia coinvolgente, appassionante e piena di colpi di scena, che vi farà rimanere attaccati alle pagine pulite decise e piene di significato di questa opera fantastica. Ciò che rende quindi un essere umano tale, non è ciò di cui è composto; che sia metallo o carne, ciò che rende davvero chi siamo è la nostra umanità e ciò che ne consegue. Perciò Pluto colpirà ognuno di voi in modo diverso, nel modo più opportuno scelto proprio da voi.
Recensione dell Ep.05 della St.1 della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi
Questa è la recensione della quinta puntata di The Last of Us, che riesce in tutto e per tutto a adattare un passaggio del videogioco in modo, a mio avviso molto efficace. La narrazione dei nostri protagonisti prosegue in modo organico e facciamo conoscenza di Henry e Sam, che è stato reso muto e sinceramente penso sia una trovata intelligente. La dinamica tra questi due nuovi personaggi è sicuramente ben curata e riesce a farci affezionare ai due. Inoltre viene sviluppato meglio il background di Henry, di cui conosciamo meglio i moventi e l’interiorità, che ci fanno empatizzare meglio con il personaggio.
Mi è piaciuta molto la scelta della modalità in cui si rapportano i personaggi analoghi. Come Henry dialoga con Joel, così come Sam rivede in Elly quasi come una sorella maggiore su cui appoggiarsi e che vede addirittura senza paure, e come Elly cerchi di insegnare a Sam quello che sa
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In conclusione, posso dirmi soddisfatto della puntata e in generale della serie finora, che è riuscita sempre a mantenere una qualità molto alta e una attenzione del pubblico costante. Ora attendo con trepidazione la sesta puntata sperando riescano a mantenere il livello alto delle prime cinque puntate. Noi ci vediamo a una prossima recensione di The Last of Us
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Oggi per la rubrica recensione manga Critical Hit, parleremo di Buonanotte PunPun un’opera commovente ma anche riflessiva.
Non è facile. Non lo è affatto. Quello che sto cercando di creare non è qualcosa di così semplice, di così immediato. Potrei risultare addirittura arrogante e presuntuoso nel trattare temi di così tale spessore. Chi sono io per poter parlare della vita, dei suoi mali, dei suoi dolori, delle sue gioie e delle sue soddisfazioni? Sono piccolo esattamente come ognuno di voi, ma in questa mia piccolezza voglio raccontarvi ciò che ho davvero provato insieme al mio nuovo amico, PunPun. La vita per quanto grande e per quanto possa essere il dono più bello di tutti, continua costantemente a mettermi davanti questa domanda: lo è davvero? Il moto impetuoso e ciclico della vita colpisce chiunque, colpisce indistintamente e senza un reale motivo: c’è chi sta bene e chi sta male ed è proprio in questo male che bisogna davvero lavorare, bisogna davvero lottare. Per quanto banale possa sembrarvi, la vita è come un viaggio, brutto o bello che sia e come tale va affrontato fino alla fine, a discapito di tutto, senza mai arrendersi. E con una semplicità inaudita Buonanotte PunPun racconta di una vita, di un qualcosa di così gigantesco, di così complicato e di così pesante da far contorcere le budella. Ma come possono essere complicate le nostre vite, lo è anche quella di PunPun; un viaggio irto di imponenti montagne da scalare, pieno di ostacoli da affrontare ma soprattutto pieno di tristezza. PunPun riuscirà a comprendere sé stesso e ad arrivare in cima a queste inarrivabili vette imposte dalla propria vita? Benvenuti nella recensione di Buonanotte PunPun.
Il soggetto di oggi non è affatto uno di quelli semplice, uno di quelli che bastano quei 10 minuti di recensione per davvero apprendere ciò che si ha davanti. Ho tutt’ora i brividi a ripensare a quello che ho letto e a scrivere questa recensione e proprio per questo cercherò di essere il più spontaneo e schietto possibile. Buonanotte PunPun è un manga slice-of-life drammatico, con qualche schizzo qua e là di “horror” psicologico raccolto in 13 volumi totali, edito da Planet Manga e scritto e illustrato da Inio Asano. Asano è un mangaka che si fa riconoscere, un mangaka che grazie al suo tratto tondo e quasi divertente mischia in un contrasto armonioso una narrazione struggente e pesante, creando opere uniche e mai ripetitive, ma soprattutto molto commoventi. What a Wonderful World! Solanin o La fine del mondo e prima dell’alba sono solo alcune delle opere prodotte dal mangaka e fortunatamente la nostra editoria, di buon occhio ha portato in Italia ogni suo manga concepito! Quindi non avrete problemi a recuperarvi tutto ciò che ha creato Asano. Poche chiacchere e addentriamoci davvero all’interno di questo straziante manga che commuove emoziona e non si lascia dimenticare. Eccovi la trama.
Il mondo di un bambino e la sua adolescenza sono un qualcosa di unico, un attimo sfuggente, un fulmine tra le nuvole, una cometa in una notte d’estate, un qualcosa che ti viene dato inconsciamente e che ti scivola di dosso in un secondo senza neanche accorgertene. Seppur essendo un pensiero postumo a tale periodo, un bambino di certo queste domandone non se le pone, la sua visione del mondo innocente e gioiosa trasforma quell’attimo sfuggente in un lungo e fantastico viaggio verso la ricerca del mondo, verso la ricerca di ciò che ci sta attorno e anche di ciò che abbiamo dentro. Ed inizia proprio qui la nostra avventura, con un piccolo PunPun Punyama che ha le sembianze di un piccolo uccellino stilizzato, che vive la sua piccola e normale vita con i suoi due genitori e lo zio, fratello della madre, Yuichi Onodera. Quella di PunPun però non sarà una vita normale, non sarà una vita tranquilla, quella di PunPun sarà una vita difficile. Con la crescita e con lo scorrere delle pagine, in questa sua scoperta del mondo e di sé stesso PunPun si farà si più grande ma sempre meno speranzoso e sempre meno felice. I suoi sogni, i suoi obiettivi tutto ciò in cui credeva inizierà piano piano a restringersi, fino a diventare qualcosa di talmente tanto piccolo da essere quasi insignificante. Questa è la storia della scoperta, dell’incontro, della speranza, della desolazione, del rimpianto e dell’ossessione, questa è la storia del nostro caro amico PunPun. Durante tale viaggio lo accompagneremo durante tutta la sua infanzia fino addirittura a superare la sua adolescenza, che gli permetteranno di capire quanto è crudele il mondo (e quanto può non esserlo) ma soprattutto sé stesso. In un mondo così difficile, difficile sarà anche il suo viaggio e questo PunPun lo sa bene.
Recensione Buonanotte PunPun
Io spesso mi ostino a ribadire che la trama non è davvero così fondamentale all’interno di una storia. La parte clou di un’opera e ciò che la rende di tale spessore, a mio avviso, è soprattutto come essa viene raccontata. Perché puoi avere la trama più intrigante del mondo ma se non la concretizzi e non riesci a raccontarla a dovere, non ci uscirà mai nulla di buono. Raccontare di terre fantastiche o di galassie lontane lontane dove l’immaginazione ne fa da padrona è sicuramente impegnativo, ma quando si va a raccontare di quell’elemento tanto complesso ma altrettanto delicato da far girare la testa, che è la vita, come ci si deve comportare? È davvero incredibile come Asano riesca a raccontare questa vita, la vita di PunPun, con una semplicità ma al tempo stesso con una pesantezza che non hanno eguali. D’altronde la vita è proprio questo: felicità e tristezza legati insieme dalla scoperta e questo Asano lo mette nero su bianco. Mostruosa è la sceneggiatura di questo manga, per non parlare della qualità dei dialoghi, dell’armonia dei disegni misti ai realistici scenari, dalle innumerevoli esplosioni di emozioni che inondano le tavole di questo favoloso manga, tutto accompagnato da un’espressività da togliere il fiato. Ma il punto fondamentale, il punto più importante del manga è soprattutto l’evoluzione umana che attraversa PunPun. Ed è proprio sopra questa scoperta che naviga la storia di questo manga, il viaggio della vita di PunPun che parte dalla sua fanciullezza fino ad arrivare all’età matura, sarà la nostra barca che ci accompagnerà durante la crescita e l’evoluzione di PunPun. Il nostro protagonista subisce una vera e propria trasformazione durante l’arco di tutto il manga ed è proprio questa evoluzione che porta il lettore ad affezionarsi a PunPun, a compatire per lui, ma soprattutto a piangere per lui. Ogni sfumatura di questo suo delicato e articolato passaggio che ognuno di noi sperimenta, dei suoi sentimenti, dei suoi dubbi, dei suoi pensieri, viene eccezionalmente disegnato su carta e donata al lettore, creando così un senso di devaju e di autocoscienza interiore. Rivedersi bambino, o ragazzetto non è una cosa semplice, ma questo manga riesce spettacolarmente a ricreare esattamente ciò che un bambino o un ragazzo prova nella sua vita, creando quasi un senso fastidioso di nostalgia che ti pizzica in gola. La scoperta del primo amore, il primo bacio, l’incontro della propria sessualità, le prime ossessioni, i primi sogni, ma anche le prime delusioni sono alcuni degli elementi che incontrerete dentro questo favoloso manga
Questo dualismo che semplifica il concetto di vita e il suo contenuto, si ritrova fortemente anche all’interno del disegno di Asano. I sentimenti sopra citati, che per nessuna ragione al mondo si staccheranno da voi, come una gomma attaccata alla suola delle vostre scarpe, sono perfettamente rappresentati grazie proprio a questo dualismo utilizzato nella tecnica di disegno di Asano. Il tratto tipico di Asana con cui è conosciuto maggiormente, cioè quello tondo, dolce, soffice ma allo stesso tempo molto dettagliato, si alterna ad un disegno freddo, spigoloso e spietato, quasi rabbioso. Se il primo viene utilizzato maggiormente, ma non solo, per la rappresentazione delle scene tranquille o di vita quotidiana dove Asano va ad esaltare quei sentimenti più agrodolci, il secondo, con spennellate spesse e caotiche, come una bomba esplode in un impeto di ira, nelle scene più pesanti e drammatica del manga, portando al risalto dei più oscuri sentimenti dei personaggi. Un altro punto a favore che permettono al lettore di immedesimarsi maggiormente all’interno della storia sono sicuramente gli sfondi iper realistici, tanté che essi sono effettivamente ripresi da foto di paesaggi reali, in seguito ricalcati a mano dal mangaka. Questi scenari danno al manga quel senso di realismo in più che permette di rendere quest’esperienza molto più vicina a sé di quanto non lo sia già e collegare le emozioni del lettore a quelle di PunPun addentrandosi così più in profondità in quel mondo lontano ma molto simile al nostro.
Sicuramente una delle particolarità di Buonanotte PunPun è indubbiamente come viene rappresentato il nostro nuovo amico PunPun. Le sue sembianze infatti sono quelle di un uccellino stilizzato con un becco lungo un corpo ovale e semplici braccia (anche se spesso non le avrà) e gambe a rametto. Ma non solo lui sarà affetto da questa “trasformazione” lo saranno anche la sua famiglia come il padre la madre e suo zio Yuichi. Questo rendere PunPun molto più anonimo e con così pochi dettagli permette al lettore di immaginarsi a seconda della propria immaginazione il protagonista di questo viaggio: che rimanga un uccellino stilizzato, che prenda delle sembianze più “normali” o che PunPun diventi la nostra stessa ombra, ciò che lo rende così unico è senza alcun dubbio la sua umanità. Questa sua umanità che permette al lettore di rivedersi o meno in lui, crea questo forte legane con entrambi e a volte riesce a fondersi insieme al lettore stesso diventando così un tutt’uno. Asano riesce a dare una profonda umanità a questo uccellino stilizzato, ma non solo! È impressionante come Asano sia in grado, oltre alla storia di PunPun, di sviluppare in modo lineare ma anche intrecciato molte altre storie, anch’esse tutte umane, proprio come quella di suo zio Yuichi, un personaggio secondario ma importantissimo del manga. Un character design unico e inconfondibile si fonde ad una storia ben studiare e piena di umanità, che tra le sue tante sottotrame e personaggi secondari, si farà amare alla follia, senza farvi stancare della lettura del manga. Legherete con TUTTI i personaggi del manga e saranno per voi tutti indimenticabili.
Arrivati alla conclusione di questa recensione/analisi/chiamatela come vi pare, mi rimane unicamente da consigliarvi caldamente la lettura di questa opera. Pur non essendo un manga per tutti con le sue tematiche pesanti come l’inadeguatezza dei giovani nella società, le problematiche familiari e l’ossessione del primo amore (la recensione verrebbe troppo lunga se dovessi integrare ogni tema che scaturisce dal manga) e i suoi avvenimenti abbastanza cruenti e destabilizzanti come la morte, la depressione, mi sento in dovere di almeno spronarvi a farvi incominciare la storia che ha voluto raccontare il maestro Asano, dei suoi dettagli e delle sue emozioni che sprigiona.
Buonanotte PunPun parla di un viaggio, di quel viaggio che noi tutti siamo costretti ad affrontare, quell’odissea del ragazzo comune che di comune non ha nulla. In questa vita nelle sue scoperte, nei suoi sentimenti, nelle sue gioie e nella sua infelicità, non può essere definita tale se non proprio grazie a ciò che la forma, che la sostiene e che la rende unica. Questo è il messaggio che secondo me vuole lanciarci Asano: definire la vita brutta o bella è qualcosa di banale e riduttivo. La vita è un qualcosa di unico che va tenuta stretta a sé con le unghie e con i denti e mai lasciata andare. Forse il vero obiettivo della vita non è la felicità ma la pura e consolidata conoscenza di sé stessi. Quando riusciremo a comprendere cosa siamo noi, i nostri punti di forza, quelli di debolezza, il nostro carattere, i nostri pregi e difetti, forse sarà proprio lì che potremmo dire che stiamo vivendo davvero. Durante tutto il suo viaggio, ricolmo di peripezie e di ostacoli, forse anche PunPun lo ha capito, forse anche PunPun ha finalmente iniziato a vivere.
Recensione dell Ep.03 della St.1 della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi
Questa terza puntata è a dir poco strabiliante! Premessa doverosa, ho giocato il primo videogioco ma non mi ricordo quasi nulla, perciò parlerò praticamente da utente che non conosce The Last of Us. In pratica, non ho idea di chi sia Bill. Non so se è importante ai fini della storia o se non lo rivedremo mai più, ma posso dire che per ora è il mio personaggio preferito della serie.
https://www.youtube.com/watch?v=6iC4xzNyuQk
Certo, siamo ancora alla terza puntata della prima stagione, quindi è ancora un po’ presto, devono ancora sviluppare bene Joel e Ellie, ma per ora ho visto una scrittura molto attenta per questo personaggio. Una terza puntata diversa dalle precedenti: se la prima è stata principalmente di narrazione e la seconda più di action scenes, questa terza si concede una pausa dalla trama principale e va a sviluppare una linea secondaria praticamente in toto. Dal momento in cui Bill inizia a vivere isolato, a quando si incontra con Frank a quando poi muore, tutto in una puntata.
Da un punto di vista prettamente narrativo, di sceneggiatura, di scrittura, questa puntata è assolutamente perfetta. Perfetta dal punto di vista della profondità dei personaggi, dell’evoluzione che quest’ultimi compiono, dell’emotività che trasmettono e anche del modo in cui affrontano le tematiche che si propongono di trattare. Una storia d’amore commovente, romantica e piena di pathos, e che in modo molto sottile racconta anche uno spaccato del mondo di The Last of Us.
A primo impatto, infatti, può sembrare una bella storia che non c’entra poi così tanto con quello che si sta raccontando nel main plot, quasi una puntata spin off su personaggi che non rivedremo più e che non avevamo mai visto prima. Ed invece è molto utile all’economia della storia principale in quanto racconta quello che è successo alle persona in questi 20 anni. Le vite sono andate avanti, e i sopravvissuti, dopo il disastro, in qualche modo dovevano continuare a condurre una vita molto diversa da quella che avevano prima.
Ma non ci dimentichiamo anche la linea di Joel ed Ellie, anche quella molto interessante. Si inizia a vedere come si costruisce il loro rapporto, che fino ad ora era “ostacolato” dalla presenza di Tess. La sua uscita di scena è anche un pretesto molto efficace per far interagire i due personaggi principali. Ora si sono in pratica gettate le basi per poi quello che dovrà essere tutto ciò che ci dobbiamo aspettare dalle prossime puntate, a partire dall’abbigliamento.
In conclusione, questa puntata è assolutamente promossa, e probabilmente da insegnare nelle scuole di sceneggiatura per le serie tv. Ora attendo settimana prossima con molta trepidazione e molta curiosità perché ogni puntata migliora e si prospetta una prima stagione di altissimo livello. CI vediamo quindi alla prossima recensione di The Last of Us.
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Qui il sito ufficiale di HBO per informazioni più ufficiose.
Recensione dell Ep.01 della St.1 della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi
Premessa doverosa: ho giocato, ormai molti anni fa, soltanto al primo capitolo della saga di The Last of Us, quindi ho solo dei piccoli ricordi generali sul videogioco, ma credo anche che questa serie si possa vedere tranquillamente anche senza aver giocato ai videogiochi.
https://www.youtube.com/watch?v=h9RokZaHazk
Detto ciò, posso ritenermi pienamente soddisfatto di questa prima puntata, un episodio molto efficace come primo di nove. Non avevo assolutamente nessun tipo di alte aspettative, solamente una genuina curiosità sul fatto che è una trasposizione videoludica di un videogioco molto rinomato e il cui primo capitolo ho anche apprezzato. Ma se la serie fosse stata una ciofeca come gran parte dei prodotti che tentano di riportare ai media cinematografico o seriale nel medium videoludico, non mi avrebbe fatto né caldo né freddo. Anche se avevo buoni presentimenti dopo la visione dei trailer che mi hanno tutti convinto.
Come mi ha convinto appunto questa prima puntata, una puntata di una durata forse troppo eccessiva (77 min, mentre alcune saranno anche di 42 min), ma che comunque si prende il giusto tempo per introdurre i personaggi e soprattutto il contesto in cui si verificano le vicende principali. Gli USA devastati da 20 anni di pandemia e guerra civile si sentono molto presenti grazie alla scenografica minuziosamente curata e ai costumi/trucco. Inoltre posso sentirmi soddisfatto anche dell’ottima resa dei Clicker.
Il cast secondo me è molto azzeccato. Pedro Pascal si riconferma per me un attore strabiliante, al di là della interpretazione di Joel, di cui posso dire solo che mi sembra coerente, ma non sono sicuro. Lo stesso vale per Bella Ramsey come Ellie, che ho trovato molto intrigante. La Sarah Miller mi è sembrata perfetta, grazie anche alle inquadrature di Craig Mazin, sempre molto strette, che non lasciano respiro allo spettatore, che lo fanno sentire col fiato sul collo perché qualcosa sta per accadere, qualcosa che è preannunciato nei primi minuti di questa puntata. Esordio per quanto mi riguarda molto efficace, nato dalla penna di quel mostro di Neil Druckman, per ora pienamente sul pezzo.
La storia per ora è molto intrigante e mi pare anche piuttosto fedele al videogioco, anche se di qualche dettaglio non avevo memoria, ma magari mi ricordo male io. I personaggi si muovono in modo molto omogeneo e i dialoghi sono molto azzeccati per i tipi di caratteri che ritroviamo. Le scene di panico stradale o in generale quelle che hanno molte comparse sono dirette magistralmente e ho apprezzato tantissimo la scena nel pick-up, molto fedele al videogioco. Si respira ampiamente la guerra civile, mentre il problema dell’infezione sembra un po’ il covid di adesso, che ancora c’è ma a nessuno sembra importi più.
In conclusione, un primo episodio molto convincente, che riesce a riportare in quel mondo anche chi ci ha vissuto di sfuggita, e sono sicuro che riesce a stregare anche chi non ne sa nulla della saga Naughty Dog con personaggi e vicende interessanti. Sono molto curioso di vedere come andrà avanti e spero che il livello della qualità rimanga questo. In ogni caso ne riparleremo nella prossima recensione della serie di The Last of Us
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Recensione del secondo capitolo della saga di Avatar creata da James Cameron nel 2009 “La via dell’acqua”
Avatar 2 la via dell’acqua è veramente un capolavoro del cinema! E ovviamente mi riferisco al tipo di esperienza che offre, dal punto di vista visivo soprattutto ma anche dal mio punto di vista anche sonoro. Certo, la sceneggiatura è a tratti pigra e con alcuni cliché tranquillamente evitabili, ma la trama è sicuramente più articolata del primo capitolo. Si esplorano meglio i personaggi già introdotti nel prime e se ne presentano tanti altri, caratterizzati al punto giusto, anche quando hanno poco minutaggio. Le nuove ambientazioni che vedono protagoniste l’acqua e le sua fauna e flora stupisce in ogni singolo frame. È quindi impossibile non rimanere sbalorditi da qualsiasi elemento presentato del pianeta Pandora. Dalle creature, ai coralli, al villaggio e ai Na’ vi dell’acqua.
Inoltre Cameron si è superato andando anche un po’ a rischiare poiché ha scelto delle ambientazioni assai ostiche da realizzare. In primis le scene in acqua, che sono difficilissime da animare in computer grafica. E poi la battaglia finale, oltre ad avere una fotografia allucinante, è un misto tra acqua e fuoco, che riesce a dare spessore ed epicità agli eventi in corso.
Dal punto di vista visivo quindi siamo 10 anni avanti al resto delle pellicole che normalmente troviamo in sala, una vera goduria per gli occhi. E già questo, a mio avviso, è un buon 80% del lavoro. Il restante 20% è alquanto soddisfacente, nonostante alcuni dettagli abbiano fatto un po’ storcere il naso. Innanzitutto il pretesto di trama mi sembra piuttosto debole: dato che dobbiamo rendere mansueti i nativi di Pandora e renderli non una minaccia, focalizziamoci su Jake e basta. Io capisco che è colui che ha fatto partire l’insurrezione, il guerriero più valoroso, il capotribù, ma si tratta comunque di un singolo, e mi sembra inutile dover usare tutta una serie di armamenti per combatterlo, soprattutto dopo che se n’è andata dalla foresta e si è nascosto lontano dalle zone interessate.
Però comunque si tratta di una singola “banda” scelta apposta e le navi con cui gli umani cacciano i tulkun. Inoltre alcune dinamiche sul finale un po’ prevedibile denotano una sceneggiatura piuttosto pigra, ma nel complesso ampiamente sufficiente.
Ho apprezzato molto la caratterizzazione di alcuni personaggi, soprattutto del lato giovane del cast. Kiri mi ha stregato, spero tanto che in futuro avrà un ruolo centrale per i risvolti narrativi, perché sembra davvero un personaggio molto intrigante e su cui poter costruire davvero delle cose interessanti. Finalmente i personaggi secondari hanno un’importanza rilevante, a differenza del prima. Qui la famiglia Sully è quasi la protagonista della storia, nonostante in realtà si percepisce la volontà di Cameron di enfatizzare e far spiccare tra tutti il personaggio di Jake.
La caratterizzazione dei personaggi però richiede molto tempo, e le conseguenze sono una parte centrale piuttosto lenta e ridondante che, al netto dello sfoggio virtusistico di Cameron, poteva essere tranquillamente asciugata di una mezz’ora buona, ma sta allo spettatore decidere se ritenere valida di una visione seppur lenta una serie di sequenze in cui in pratica si mostra come i personaggi si ambientano nel nuovo habitat. Al contrario nel primo film semplicemente venivano mostrate alcune scene di warm up e addestramento da parte di Jake, unito a un voice over che spiegava il processo di adattamento alla nuova vita su Pandora
La scelta di riutilizzare il colonnello Miles Quaritch come villain è per me un’arma a doppio taglio. Da un lato bene, perché il personaggio compie anche un piccolo arco evolutivo, dall’altro rischia di essere lo stesso identico villain del primo film, con in più una banda di sgherri di cui non sappiamo praticamente nulla. Personalmente non mi ha dato fastidio, ma ero curiosi di vedere qualcosa di diverso dal primo film.
In generale, per tutta la visione si ha l’impressione di vedere il primo capitolo più allungato, più in grande, più lungo, con le stesse situazioni riproposte meglio e più dettagliatamente. Questo per me non è un difetto, ma va riconosciuto che se il precedente del 2009 non è piaciuto, difficilmente questo seguito avrà giudizio diverso.
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Ecco una lista delle coppie di serie tv che, secondo Reddit (e non solo), sono tra i migliori esempi del trope enemies to lovers!
Molte storie d’amore in TV nascono tra personaggi che sono prima amici o conoscenti. Altre volte, invece, si ricorre al trope dell”enemies-to-lovers”, che è efficace perché porta con sé molte scene emotive e drammatiche. Queste sono le 10 (+4) migliori coppie di serie TV Enemies to Lovers
Gli utenti di Reddit hanno discusso su quali siano le migliori coppie che non si sopportano al momento dell’incontro e che non immaginerebbero mai l’altra persona come un possibile interesse amoroso. Con il passare del tempo, questi personaggi arrivano a vedersi sotto una luce diversa e più positiva e vivono storie d’amore epiche che x fan ricordano ancora.
Nota bene: se avessi scritto di mio pugno l’articolo, avrei sicuramente inserito anche altre coppie, perciò è proprio quello che ho deciso di fare. Se scorrete fino in fondo all’articolo troverete le mie personali menzioni d’onore per serie con coppie enemies to lovers!
Ecco dunque una lista che include alcune delle migliori coppie di serie tv che seguono il trope enemies to lovers!
Buffy e Spike – “Buffy l’ammazzavampiri”
Ci sono molti episodi importanti incentrati su Buffy e Spike e il pubblico ha opinioni discordanti sul loro rapporto. Buffy Summers non ha altra scelta se non quella di odiare Spike fin dall’inizio perché, ovviamente, è un vampiro malvagio, ma con il passare del tempo scopre un altro lato di lui.
Veronica e Logan – “Veronica Mars”
Logan Echolls sarà anche un buon amico di Duncan Kane, il fidanzato di Veronica, ma Logan e Veronica si odiano e non immaginano mai di entrare in sintonia, di trovare punti in comune e di sentirsi l’uno l’anima gemella dell’altra entro la fine della serie. Quello che finisce per unirli è che entrambi i personaggi si sentono diversi dagli altri.
Devi e Ben – “Non ho mai…”
Cr: Netflix
La protagonista brillante e divertente Devi Vishwakumar non sopporta il suo compagno di classe Ben Gross, ma alla fine della prima stagione i due iniziano a vedersi sotto una luce diversa.
Il posto di Ben nella vita di Devi è una parte importante del suo sviluppo e della sua crescita. Mentre Devi affronta il lutto per la morte del padre e cerca di essere popolare, si rende conto che Ben è una persona gentile e ha una buona influenza su di lei.
Elizabeth e Darcy – “Orgoglio e pregiudizio”
Cr: BBC
L’amato romanzo di Jane Austen è sempre attuale, e per il redditor tereyaglikedi la coppia “Elizabeth Bennet/Fitzwilliam Darcy” è un esempio perfetto di come questo trope può essere impiegato. Il fan ha continuato: “Orgoglio e pregiudizio è, ai miei occhi, la storia per eccellenza di enemies to lovers”, e non ha torto.
Elizabeth è un personaggio forte che vuole vivere la vita alle sue condizioni e trova il signor Darcy presuntuoso e sgradevole. Attraverso una serie di vicende, l’eroina si rende poi conto che lui è migliore di quanto pensasse inizialmente.
Joey e Pacey – “Dawson’s Creek”
Per molto tempo, Joey vede Pacey come il migliore amica sfacciato e immaturo di Dawson Leery e non immagina mai che lui possa tenere a lei. Quando passano più tempo insieme, i due personaggi si capiscono meglio e si rendono conto di essere entrambi spiritosi, intelligenti e più compassionevoli di quanto gli altri credano.
Anche se Joey Potter ha diversi interessi amorosi in Dawson’s Creek, la sua storia d’amore con Pacey Witter è avvincente e memorabile.
Sookie ed Eric – “True Blood”
Sookie Stackhouse ed Eric Northman sembrano gli ultimi personaggi destinati a innamorarsi, soprattutto perché lui è un vampiro. Nella terza stagione, la loro storia d’amore si accende quando Eric si rende conto che Sookie è una faerie e lei riesce a fidarsi di lui, dimostrando quanto tengono l’uno all’altra.
Per PrincessRapBattles su Reddit, la coppia Eric/Sookie di True Blood è “una slow burn di 4 stagioni e vale davvero la pena vederla”.
CeCe e Schmidt – “New Girl”
I personaggi hanno una dinamica interessante e sono ottimi l’uno per l’altra, bilanciandosi a vicenda e dimostrando che gli opposti possono attrarsi. CeCe è più responsabile e matura, mentre Schmidt è più propenso al divertimento, ed è bello vederli costruire una vita insieme.
New Girl si concentra soprattutto sulla lunga storia d’amore di Jess Day e Nick Miller, ma anche i personaggi secondari vivono intense storie romantiche. Il redditor DonRicardo1958 ha commentato: “Cece detesta totalmente Schmidt all’inizio di New Girl. Finisce per sposarlo”.
Zoe e Wade – “Hart of Dixie”
Zoe non vede Wade come un possibile interesse amoroso per molto tempo. Sembra che all’inizio non le piaccia, e le ci vuole un po’ per vedere le sue buone qualità. Alla fine di Hart of Dixie, Zoe ha capito che può essere felice in una piccola città e che può bilanciare il suo amore per l’attività di medico con l’appartenenza ad una accogliente comunità.
Leslie e Ben – “Parks and Recreation”
Ben e Leslie hanno un rapporto particolarmente interessante e profondo che va oltre i trope e i cliché delle sitcom. I due affrontano il problema del loro entusiasmo per il proprio lavoro e della necessità di trovare un equilibrio tra ciò che ciascuno vuole e lo stare insieme.
Leslie Knope non è una grande fan di Ben Wyatt all’inizio, perché lui vuole che lei licenzi delle persone per risparmiare soldi e questo la infastidisce.
Emma e Uncino – “C’era una volta”
Nella seconda stagione, Emma è concentrata sul tornare a Storybrooke e si scontra con Uncino, ritenendolo un ostacolo sul suo cammino. Invece, col tempo Emma e Uncino si rendono conto di quanto tengono l’uno all’altra e la loro storia d’amore diventa parte del suo viaggio.
Eccoci arrivati alla parte delle mie personali menzioni d’onore: fateci sapere cosa ne pensate!
Kate e Anthony – “Bridgerton”
Cr: Netflix
Se la prima stagione della serie Bridgerton punta sul trope del fake dating, la seconda è decisamente improntata all’enemies to lovers.
Quando Kate e Anthony si incontrano, partono con le premesse peggiori. Lei lo considera un nobile superficiale e maschilista e lui la trova irritante e decisamente testarda. Potrebbero andare per la propria strada e non vedersi mai più, se non fosse che la ragazza che Anthony ha scelto di sposare per necessità di una moglie è proprio la sorella di Kate.
Catra e Adora – She-Ra e le principesse guerriere
La relazione tra Catra e Adora è a dir poco rocambolesca. Da migliori amiche a nemiche mortali, almeno secondo una di loro, per arrivare ad un lieto fine passando per molta, molta frustrazione.
La serie è piena zeppa di rappresentazione LGBTQ+, di tensione, di risate, di vari tipi di relazioni tossiche e di crescita, che in gran parte comporta il riconoscere queste situazioni tossiche come tali, capirle, ma capire anche che non andrebbero subite, da nessuno.
Jae Young e Sang Woo – “Semantic Error”
Quando Sang Woo, uno studente di informatica fissato con l’ordine e la disciplina, fa notare (facendo nomi e cognomi) che le persone che non partecipano ai progetti di gruppo non dovrebbero riceverne i crediti, a molti studenti vengono sottratti crediti che già contavano di avere. Tra questi c’è Jae Young, studente d’arte alla mano e spensierato. Ora che Jae Young non può più andare all’estero a studiare, la sua missione diventa una sola: rendere la vita di Sang Woo impossibile.
La breve serie coreana è tratta da un web comic anch’esso chiamato Semantic Error.
Misaki e Usui – “Kaichou wa Maid-sama!”
Misaki è la prima presidentessa del consiglio d’istituto donna da quando la Seika High School ha smesso di essere una scuola maschile. Volenterosa e disposta a tutto per il prossimo, è fermamente intenzionata a difendere le poche ragazze della scuola da quei perditempo pervertiti dei ragazzi.
Tra questi c’è Usui, misterioso ragazzo dalla fama di playboy, e quindi esattamente il genere di ragazzo che Misaki disprezza. Le cose a scuola si complicano quando Usui scopre il più grande segreto di Misaki: per supportare economicamente la sua famiglia, lavora in un Maid Cafè. La cosa fa impazzire Misaki, ma sorprendentemente Usui sceglie di non dirlo a nessuno. Allora perché continua a tormentarla?
Purtroppo l’anime non racconta tutta la loro storia, ma il manga da cui è tratta lo fa!
Avete giocato “Hollow Knight” e cercate titoli che abbiano caratteristiche similari? Ecco 14 dei migliori giochi simili a “Hollow Knight”!
Il mega successo indie Hollow Knight trae evidente ispirazione da molti titoli precedenti, sintetizzando queste influenze in un’identità unica e di successo. L’atmosfera e la storia ricordano Dark Souls, l’esplorazione Super Metroid e i combattimenti i classici platformer d’azione come Mega Man.
Essendo stato ispirato da una serie di classici videoludici, è possibile ritrovare le caratteristiche genetiche di Hollow Knight anche in altri titoli contemporanei. Che si tratti di platformer, RPG o giochi d’azione, oltre che di titoli indipendenti e AAA, chi è fan di Hollow Knight può trovare aspetti del gioco che ama in molti altri titoli presenti sul mercato.
La lista non includerà il sequel di prossima uscita, Hollow Knight: Silksong, ma vale la pena menzionarlo. Chi è appassionato di Hollow Knight attende da tempo il suo sequel, che si concentrerà su Hornet, uno dei personaggi più memorabili del franchise. Nell’ attesa, potete cimentarvi con altri titoli che presentano aspetti simili a Hollow Knight.
Ori And The Blind Forest
Come Hollow Knight, anche Ori and the Blind Forest è un platformer Metroidvania. Nel bellissimo mondo del gioco, pieno di grotte, rovine e foreste, si può godere di meccaniche platform presenti anche in Hollow Knight, come l’arrampicata, il doppio salto e lo scatto.
Ori and the Blind Forest privilegia il platforming rispetto al combattimento, quindi le battaglie sono meno intense. Il gioco è più rilassato rispetto ad altri Metroidvania, il che rende l’esplorazione del mondo e la risoluzione di enigmi un’esperienza più serena e divertente.
Guacamelee! 2
Sviluppato dai Drinkbox Studios, Guacamelee! 2 vede il suo protagonista, Juan Aguacate, balzare in una linea temporale oscura dove deve fermare un luchador che è stato corrotto dalla sua maschera. La serie Guacamelee! è considerata da molti come uno dei migliori Metroidvania grazie alla sua grafica brillante, alla musica impeccabile e alle coinvolgenti meccaniche platform.
Ciò che in particolare rende Guacamelee! 2 simile a Hollow Knight è il suo gameplay non lineare, che permette di svolgere missioni secondarie e di trovare i segreti che il mondo potrebbe nascondere. Il gioco presenta anche una serie di PNG carismatici che potrebbero ricordare a chi lo gioca gli iconici personaggi di Hollow Knight, come Hornet e Quirrel.
Salt And Sanctuary
Sia Salt and Sanctuary che Hollow Knight riprendono alcuni aspetti del popolare gioco Dark Souls. Infatti, alcunə giocatorə considerano Salt and Sanctuary un sottovalutato gioco Soulslike. In questo titolo, dovrete schivare e strisciare per sconfiggere boss impegnativi e porre fine al ciclo di guerra creato dal Dio senza nome.
Richiamando il fascino di Hollow Knight, Salt and Sanctuary permette di personalizzare i propri personaggi, dalla scelta della classe di partenza alla modifica delle statistiche del personaggio. E, proprio come in Hollow Knight, in Salt and Sanctuary si muore spesso.
Hades
Nel gioco indie Hades, dovrete controllare Zagreus e aiutarlo a trovare la strada per la superficie attraversando le diverse aree del mondo sotterraneo. Il gioco impiega meccaniche hack-and-slash, utilizzando armi che possono essere potenziate grazie ai boon divini disponibili su ogni piano.
Ciò che rende Hades simile a Hollow Knight è la sua brutale meccanica roguelike. In entrambi i titoli ci si aspetta che chi gioca muoia spesso, per mano di boss terrificanti o di trappole ingegnose.
Rain World
Il gioco di esplorazione/sopravvivenza Rain World, tristemente sottovalutato, vede ələ protagonista lottare per sopravvivere a feroci predatori mentre esplora una megastruttura in rovina, cercando di scoprirne i segreti. Il gioco è caratterizzato da una difficoltà spietata e da ambienti ostili, oltre che da un’esplorazione open-ended e da obiettivi e storia misteriosi.
Molte di queste caratteristiche dovrebbero suonare abbastanza familiari a chi è fan di Hollow Knight, ma bisogna fare attenzione al fatto che Rain World è forse ancora più intransigente nella sua difficoltà e ostilità nei confronti di chi si approccia al gioco per la prima volta. Non rivela alcun tipo di obiettivo chiaro, la maggior parte dei nemici può uccidere con un solo colpo e la minaccia sempre presente di uno scroscio di pioggia può interrompere bruscamente i vostri progressi.
Tuttavia, chi ha pazienza e occhio per i dettagli troverà in Rain World una delle tanto ricercate “gemme sottovalutate” del mondo dei videogiochi.
Bloodstained: Ritual Of The Night
La metà “vania” di “Metroidvania” deve gran parte della sua eredità a Koji Igarashi, che ha lavorato a molti dei vecchi titoli Castlevania più memorabili. Dopo aver lasciato la Konami, ha fatto un ritorno trionfale al genere con il progetto Kickstarter Bloodstained: Ritual of the Night.
Bloodstained attinge deliberatamente agli elementi di design che hanno reso i giochi classici di Castlevania così amati, ma allo stesso tempo apporta un tocco di modernità, per garantire la freschezza del gioco. Essendo un altro titolo del genere Metroidvania, chi è fan di Hollow Knight troverà pane per i suoi denti in questa lettera d’amore ai classici di Castlevania.
Celeste
Il famigerato Sentiero del Dolore è la sfida platform più difficile presente in Hollow Knight e veteranə del gioco assicurano che il titolo è azzeccato. Il Sentiero richiede di eseguire salti e corse ultraprecise attraverso un numero assolutamente assurdo di seghe micidiali e pozzi della morte senza fondo, assicurando che solo chi è più forte ce la possa fare.
Il gioco indie di successo Celeste è un po’ come se si volesse creare un intero gioco incentrato sul Sentiero del Dolore [Path of Pain, ndt]. Il risultato, pur essendo impegnativo, è uno dei platform 2D più divertenti degli ultimi tempi. Spinge i riflessi e la velocità di reazione di chi lo gioca al limite, costringendo a superare sfide sempre più precise man mano che il gioco va avanti.
Dark Souls
Sebbene il mantra “È il Dark Souls di…” sia diventato un po’ stantio negli ultimi anni, è ancora un termine accurato per descrivere Hollow Knight, un gioco che si ispira deliberatamente a Dark Souls e, più in generale, ai cosiddetti giochi “Soulslike”. Al di là della difficoltà, Hollow Knight è meccanicamente simile ai titoli Souls per il suo sistema di respawn, che costringe chi gioca a tornare sul luogo della sua morte per poi dover recuperare la sua anima e il suo denaro.
Inoltre, l’atmosfera cupa, l’esplorazione open-ended e la storia poco intuitiva di Hollow Knight sembrano ispirarsi proprio a titoli di FromSoftware come Dark Souls. Senza avventurarsi troppo nel territorio degli spoiler, anche alcuni dei finali di Hollow Knight assomigliano a quelli di Dark Souls.
Hyper Light Drifter
Hyper Light Drifter non somiglia molto a Hollow Knight esteticamente, in quanto presenta una prospettiva con telecamera dall’alto ed un’estetica fantascientifica. Tuttavia, include alcuni degli elementi di design che hanno reso Hollow Knight così amato.
In Hyper Light Drifter prenderete il controllo di un vagabondo solitario, armato di blaster e spada, mentre esplora le rovine di un mondo fantascientifico abbandonato. L’atmosfera tipica dell’esplorazione di resti di una civiltà un tempo grandiosa (come City Of Tears), che rende Hollow Knight così coinvolgente, è presente anche qui, così come il suo combattimento frenetico e impegnativo, il che significa che Hyper Light Drifter si merita decisamente un’occasione.
Shovel Knight
Shovel Knight è una vera e propria lettera d’amore ai platformer d’azione dell’era a 8 e 16 bit, le cui influenze più evidenti sono i vecchi titoli Mega Man e Castlevania dell’epoca del NES. Shovel Knight rievoca con grande maestria la grafica e lo stile artistico dei giochi di quell’epoca e offre un’azione a scorrimento laterale e boss fight avvincenti per suggellare il tutto.
Chi ha giocato a Hollow Knight si sentirà probabilmente a proprio agio nell’affrontare i vari nemici e boss di Shovel Knight, soprattutto vista l’enfasi posta sul combattimento corpo a corpo (questa volta con le pale invece che con i pungiglioni, però). Lo Shovel Knight può persino usare la sua pala per saltare sopra nemici, proprio come il Cavaliere in Hollow Knight!
Cave Story
Come Hollow Knight, Cave Story è un Metroidvania indie incentrato su combattimenti ad alta velocità ed esplorazione coinvolgente. In Cave Story navigherete in un’enorme civiltà sotterranea e affronterete vari nemici e boss lungo il percorso. L’esplorazione è gratificante, ottenere una nuova arma o un nuovo potenziamento è emozionante e i controlli sono fluidi e reattivi, il che rende i combattimenti adeguatamente intensi.
La parte migliore di Cave Story è che il gioco è ancora completamente gratuito sul sito web freeware originale, anche se versioni migliorate del gioco sono disponibili per l’acquisto su Steam e sulla maggior parte delle console moderne. Chi è fan di Hollow Knight dovrebbe comunque dare un’occhiata a questo gioco, soprattutto perché può essere provato gratuitamente.
Dead Cells
In un ambizioso ibrido tra elementi di genere Metroidvania e roguelike, Dead Cells offre l’avvincente esplorazione del primo con tutta la coinvolgente rigiocabilità del secondo. I combattimenti in 2D e l’esplorazione a ostacoli saranno immediatamente familiari a chi ha giocato a Hollow Knight e a chi è fan dei Metroidvania in generale, ma gli elementi RPG e il tocco roguelike mantengono l’esperienza nuova.
Dead Cells presenta un sistema di permadeath che impone di tornare nel dungeon senza il proprio equipaggiamento e le proprie armi dopo la morte. Questo sistema potrebbe sembrare spietato, ma finisce per rafforzare il valore del gioco con una rigiocabilità accattivante.
Super Metroid
Da moltə considerato uno dei migliori Metroidvania mai realizzati, se non il migliore, Super Metroid è il classico archetipo da cui tutti gli altri titoli del genere traggono la loro ascendenza. Nonostante la sua età, merita ancora la reputazione di uno dei più grandi giochi mai prodotti, grazie alla sua atmosfera unica, agli emozionanti potenziamenti e alle avvincenti ambientazioni ed esplorazioni.
Hollow Knight sfoggia queste influenze con orgoglio, prendendo in prestito molti dei concetti di design introdotti nei titoli classici di Metroid, che sono tra le cose che chi è fan della serie deve conoscere. In particolare, la progressione è limitata da potenziamenti e da una vasta mappa sotterranea. Se siete fan di Hollow Knight e non l’avete ancora fatto, dovreste assolutamente dare un’occhiata a Super Metroid, perché sarà sicuramente un’esperienza avvincente.
Mega Man Zero
Hollow Knight è noto per i suoi frenetici combattimenti melee con i boss, in cui bisogna muoversi tra gli schemi di attacco dei nemici alla ricerca di un’apertura per colpire. Si tratta di un’esperienza adrenalinica, punitiva e gratificante, un trionfo del combattimento in 2D che reca una straordinaria somiglianza con la serie Mega Man Zero, che vanta molti giochi incredibili all’interno del suo franchise.
Mentre la maggior parte dei titoli di Mega Man ricorda almeno in parte l’azione di Hollow Knight, è la serie Zero, grazie al suo ritmo incalzante, ad assomigliare di più alle frequenti battaglie con i boss e all’attenzione per i combattimenti corpo a corpo. Zero ha anche la reputazione di essere eccezionalmente difficile, quindi chi è fan di Hollow Knight dovrebbe sentirsi a casa nel passaggio a Mega Man.
Da “Diablo” a “Hades”, i dungeon crawler hanno una lunga storia alle spalle, ma quali sono i 10 migliori videogiochi di questo genere?
Sin dall’uscita del gioco Pedit5 nel 1975, il genere dei dungeon crawler è stato un sottogenere popolare e duraturo dei giochi di ruolo.
Secondo Metacritic, tra le centinaia di dungeon crawler esistenti, titoli come Hades spiccano tra gli altri: ma quali sono i 10 migliori giochi che fanno parte questo genere?
Nota: le classifiche di Metacritic sono soggette a cambiamenti
10. Enter the Gungeon (2016) – 87
Enter the Gungeon è uno sparatutto del 2016 che si ispira a titoli retro run-and-gun dal ritmo frenetico come Zombies Ate My Neighbors. Dopo che un proiettile gigante è caduto dallo spazio e si è schiantato sul pianeta Gunymede, dall’impatto è nata una pistola magica in grado di uccidere il passato. Per proteggere quest’arma, è stata costruita una grande fortezza mutaforma intorno alla sua posizione, sorvegliata dal Culto dei Gundead.
Nonostante i pericoli, gli avventurieri conosciuti come Gungeoneers si recano nel Gungeon per cambiare il proprio passato. Nei panni di uno di questi Gungeoneer, si devono evitare trappole, trovare tesori e combattere mostri. Oltre al gameplay impegnativo che mescola bullet hell e roguelike, questo gioco è unico per l’immensa varietà di armi che possono sparare qualsiasi cosa, dai missili agli arcobaleni.
9. Guild of Dungeoneering (2015) – 88
Ispirato ai classici giochi di ruolo da tavolo, Guild of Dungeoneering è un roguelike a turni del 2015 in cui il giocatore è incaricato di costruire il dungeon piuttosto che controllare direttamente gli eroi. Utilizzando le proprie carte, i giocatori posizionano le stanze del dungeon, i mostri, le trappole ed il bottino che i personaggi non controllati dai giocatori incontreranno.
Oltre a svolgere il ruolo di dungeon master, in questo gioco è possibile personalizzare i propri eroi, costruire nuove stanze nella Gilda per attirare nuove classi di personaggi e ottenere carte migliori da utilizzare in futuro. Grazie a un simpatico stile artistico di schizzi disegnati a mano, i giocatori si sentiranno come se stessero davvero giocando a una campagna tradizionale di Dungeons & Dragons da tavolo.
8. Torchlight II (2012) – 88
Sviluppato dall’ex staff di Blizzard North che ha lavorato ai giochi di ruolo a sfondo horror Diablo e Diablo II, il gioco di ruolo d’azione Torchlight II del 2012 si presenta come quello che avrebbe dovuto essere Diablo III, ovvero un’esperienza coinvolgente, veloce e ben rifinita.
Ambientato anni dopo gli eventi del gioco originale Torchlight del 2009, uno dei personaggi giocabili del primo gioco, l’Alchimista, decide di usare i guardiani elementali per potenziare il cuore di Ordrak, in modo da poter distruggere tutta l’ambra e curare la sua piaga dell’ambra.
Per impedire all’Alchimista di distruggere la terra, il personaggio personalizzato con cui si gioca dovrà attraversare dungeon generati casualmente, combattere mostri e ottenere bottini. A differenza del primo Torchlight, questo gioco presenta una campagna più lunga, un maggior numero di luoghi non sotterranei, una modalità cooperativa ed altre meccaniche.
7. Slay the Spire (2019) – 89
Sebbene giochi come Spelunky e The Binding of Isaac abbiano rivitalizzato il genere roguelike nell’era moderna, il gioco del 2019 Slay the Spire ha reso popolare l’idea di combinare i generi roguelike e deckbuilding. Nei panni di uno dei diversi personaggi predeterminati con statistiche e abilità specifiche, chi gioca cerca di raggiungere la cima della guglia titolare progredendo attraverso i piani generati proceduralmente.
Combattendo nemici e affrontando diversi avvenimenti, si guadagnano e si perdono carte, che permettono di sviluppare il proprio mazzo. Per x giocatorx che non amano la frustrazione dei roguelike tradizionali, questo gioco permette di mantenere i progressi per sbloccare nuove cose a ogni run successiva.
6. Curse of the Dead Gods (2021) – 90
Sebbene Darkest Dungeon sia un eccellente dungeon crawler, le tribolazioni che gli eroi possono sperimentare durante i loro viaggi possono sembrare frustranti e persino ingiuste per alcunx giocatorx.
Al contrario, il roguelike isometrico Curse of the Dead Gods, del 2021, ha un sistema di de-buff progressivo che per lo più vivacizza il gioco piuttosto che rendere le situazioni debilitanti. Il gioco segue un esploratore di nome Caradog McCallister che entra in un antico tempio alla ricerca di conoscenza e potere.
Tuttavia, questi viene ben presto maledetto dal Dio della Morte, Xbeltz’aloc, e si ritrova intrappolato in un labirinto senza fine. Man mano che il giocatore esplora i dungeon randomizzati e combatte i nemici, il contatore della maledizione di McCallister aumenta, ostacolando le sue abilità, ponendo ulteriori sfide e, sorprendentemente, offrendo utili opportunità.
5. Crypt of the NecroDancer (2015) – 92
Sebbene il suono sia un elemento importante per qualsiasi videogioco, il gioco ritmico roguelike del 2015 Crypt of the NecroDancer è uno dei pochi in cui il suono è parte integrante del gameplay.
Dopo la scomparsa del padre, famoso cacciatore di tesori, Cadence cade accidentalmente nella Cripta del NecroDanzatore, proprio quello che stava cercando. Ora deve farsi strada attraverso la cripta per recuperare il suo cuore, ritrovare suo padre e sconfiggere il NecroDanzatore.
Mentre esplora i dungeon e combatte i nemici, sarà necessario muoversi al ritmo della musica di sottofondo per diventare più forte, e si rischiano ferite o addirittura la morte se si perde il ritmo. Il successo di questo titolo ha portato al gioco crossover Cadence of Hyrule del 2019, e recentemente è stato annunciato un sequel intitolato Rift of the NecroDancer.
4. The Binding of Isaac: Rebirth (2014) – 93
Dal momento che il dungeon crawling dei videogiochi affonda le sue radici nei roguelike classici, non sorprende che uno dei roguelike moderni più iconici, The Binding of Isaac: Rebirth, sia anche uno dei dungeon crawler più acclamati dalla critica.
Sviluppato come remake ampliato dell’originale The Binding of Isaac del 2011, questo gioco del 2014 segue ancora una volta il protagonista Isaac, costretto ad attraversare il labirinto sotto casa sua dopo che sua madre ha deciso di sacrificarlo.
Durante la navigazione nei sotterranei della madre di Isaac, si dovranno combattere vari nemici e boss utilizzando gli oggetti trovati lungo il percorso. Oltre all’aggiunta di nuovi mostri, oggetti e tipi di stanze, questo remake ha permesso a unx secondx giocatorx locale di partecipare al gioco.
3. Hades (2020) – 93
Sviluppato dalla Supergiant Games, che in precedenza aveva realizzato i premiati titoli Bastion, Transistor e Pyre, Hades è un roguelike d’azione del 2020 che ha dimostrato che il genere può raccontare storie coinvolgenti e ben scritte anche con elementi random.
Quando il protagonista, Zagreus, figlio del dio greco Ade, scopre che sua madre è in realtà la dea greca Persefone, decide di farsi strada attraverso gli Inferi per raggiungere il regno mortale e incontrarla.
Mentre si fa strada attraverso i sotterranei in continuo mutamento, deve combattere contro vari nemici e boss, tra cui suo padre. Ogni volta che muore, però, non perde tutti i suoi progressi, perché torna semplicemente a casa sua dove può sviluppare relazioni, potenziare abilità, sbloccare armi ed altro ancora.
2. Diablo (1996) – 94
Sebbene i dungeon crawler siano più antichi del genere dei GDR d’azione, molti dei moderni dungeon crawler sono anche dei GDR d’azione, per cui non sorprende che il gioco che ha reso popolare i questo tipo di RPG, l’originale Diablo del 1996, sia anche uno dei dungeon crawler più apprezzati al giorno d’oggi. Ambientato nella piccola città di Tristram, il personaggio personalizzato da chi gioca deve attraversare una serie di dungeon per raggiungere l’inferno e sconfiggere il potente demone Diablo.
Sebbene la storia del gioco sia abbastanza standard, l’atmosfera gotica e cupa di Diablo e l’incredibile colonna sonora rendono l’esperienza di gioco estremamente interessante. Mentre si combattono i nemici e si completano le missioni assegnate casualmente, si percepisce una tensione inquietante che pochi altri giochi sono in grado di riprodurre.
1. Persona 5 Royal (2019) – 95
Uno dei franchise classici che hanno affermato il genere dei dungeon crawler è quello di Megami Tensei, iniziato nel 1987 con Digital Devil Story: Megami Tensei. Nonostante la sua lunga storia, le versioni moderne hanno continuato a mantenere le loro radici dungeon-crawling, come dimostra il premiato JRPG Persona 5 Royal del 2019.
Creato come espansione aggiornata dell’originale Persona 5 del 2016, il gioco segue un gruppo di liceali che scoprono un regno soprannaturale noto come Metaverse, dove possono usare esseri chiamati “Personas” per combattere nemici chiamati “Shadows” al fine di cambiare il cuore di individui corrotti. Oltre agli aspetti di simulazione sociale, nel gioco si passa la maggior parte del tempo a combattere attraverso vari dungeon.
Ecco la nostra recensione spoiler free di “Dampyr”: opera prima di Riccardo Chemello, film apripista del Bonelli Cinematic Universe.
Ieri, 27 ottobre, a Roma abbiamo avuto il piacere e l’onore di gustare in anteprima l’opera prima di Riccardo Chemello per la Bonelli Entertainment: Dampyr.
Wade Brigg è Harlan in Dampyr (2022)
Il figlio del diavolo è il primo volume dei quasi 300 albi della collana pubblicata da Sergio Bonelli a inizio anni 2000, ed è proprio questo volume che l’omonima pellicola va ad adattare.
Come i più nostalgici già sapranno, il “Dampyr”, interpretato da Wade Briggs, è liberamente ispirato dal personaggio di Ralph Fiennes in Strange Days, mentre Tesla ( Frida Gustavssson ) ad Annie Lennox.
Frida Gustavssin è Tesla, vampira ribelle.
Un “Dampyr” è il risultato dell’unione fra un vampiro ed un’umana. I suoi poteri sono molteplici, invecchia molto più lentamente degli esseri umani e le sue ferite si rimarginano in poco tempo. Ma il suo potere più grande è quello di riuscire ad uccidere i vampiri ed i ben più temibili Maestri della Notte con il suo sangue, ibrido e quindi per loro estremamente nocivo.
È proprio così che inizia il viaggio di Harlan Draka. Insieme al suo amico/manager Yuri, inganna i cittadini dei villaggi rurali fingendosi un Dampyr che scaccia e uccide i vampiri, portando pace e tranquillità. Harlan in primis non crede ai vampiri, ma ben presto cambierà idea, quando conoscerà Tesla e Kurjak, una vampira e un capitano dell’esercito a cui i suoi soldati hanno voltato le spalle. Harlan scoprirà così di essere davvero un Dampyr, figlio di una donna umana e di Draka, un Maestro della Notte. Gli sceneggiatori Mauro Boselli ( nonché originario autore insieme a Colombo) e Giovanni Masi hanno saputo trasportare su pellicola un cult del fumetto italiano, senza scadere nello scontato o nel prevedibile.
Stuart Martin é Kurjak
Questo film è letteralmente una boccata d’aria fresca per il cinema italiano. Un’impresa in cui nessuno ancora si era cimentato. La nascita della Bonelli Entertainment è l’inizio di qualcosa di più grande, la nascita di un percorso che si spera ci proponga prodotti di livello, come Dampyr.
Nonostante alcuni critici lo abbiano classificato come lo “scimmiottamento” anche se ben riuscito dei cinecomics Marvel, personalmente ritengo che il prodotto finale sia degno di nota.
In primis perché per una delle prime volte in assoluto ci si è rivolti ad una troupe cinematografica per la maggior parte composta da maestranze italiane. Ammettiamolo, l’intervento internazionale è sempre di grande aiuto, anche se non sempre sinonimo di qualità.
E poi perché tutto ciò che viene creato dal nulla ( in questo caso per quanto riguarda la realtà italiana) viene sempre aspramente criticato.
Bonelli e i suoi fumetti ha un grandissimo potenziale, basti ricordare la quantità ( e qualità ) di fumetti che la grande casa editrice ha al suo attivo, potenzialmente trasformabili in adattamento per il piccolo e grande schermo. Personalmente adorerei l’idea di vedere un fumetto come Julia o Martin Mystere trasformato in serie televisiva, e non credo di essere l’unica.
Il futuro della Bonelli Enterprise o BCU?? É in cantiere una serie su Dylan Dog, altro capolavoro dell’ editrice italiana, sicuramente Dampyr avrà un seguito in cui sarà più centrale il suo rapporto con il padre Draka, che citando lo stesso interprete dell’ antagonista Gorka, è un rapporto un po’ alla Star Wars, fra Luke e Darth Fener. Draka è per antonomasia un antagonista ambivalente : lui ha prodotto il “il figlio del diavolo” , allo stesso tempo lo adora e lo odia.
I Draka, Maestro della Notte
Insomma, sono davvero rimasta sorpresa da questa produzione, e nonostante avessi qualche preoccupazione sul trasferimento un pellicola di questo grande fumetto, sono qui per garantirvi che le nostre aspettative sono state rispettate e anzi, notevolmente soddisfatte. Bonelli Entertainment , ad maiora, soprattutto dopo la magnifica presentazione del nuovo logo animation!
Da domani 28 ottobre 2022 il film Dampyr sará presentato in oltre 300 copie da Eagle Pictures in Italia, mentre internazionalmente da Sony Pictures.
Con un budget di circa 15 milioni di euro, inizia cosí la storia della Bonelli Cinematic Universe. ( Anche se Mauro Boselli non accetta questa dicitura, gli chiediamo umilmente scusa, ma la utilizziamo lo stesso, seguendo cosí la dicitura propria della Bonelli Editore ).
Parte della troupe e del cast alla prima visione mondiale a Roma, 27/10/22.
Recensione della prima stagione de “Gli Anelli del Potere”, la nuova serie Prime Video che attinge agli scritti di Tolkien
È uscita oggi l’ottava e ultima puntata della prima stagione de “Gli Anelli del Potere” su Prime Video. Partiamo dal presupposto che avevo alte aspettative per questa serie, perché insomma andare a trattare la materia Tolkeniana necessitava una certa qualità in tutti i campi. Soprattutto dopo l’esperienza di “Lo Hobbit”, al fandom serviva di risollevarsi un po’ anche sul piano cinematografico e seriale.
E a mio parere le aspettative sono state soddisfatte. La qualità c’è in tutti gli ambiti: la scrittura presenta storie interessanti, risvolti narrativi coinvolgenti, personaggi e dinamiche intrattenenti. La regia, nonostante alcune scelte artistiche discutibili, è sicuramente di un ottimo livello, con degli spunti anche interessanti. Gli effetti speciali, il trucco, i costumi e le scenografie sempre convincenti (a me non ha dato fastidio il mannaro in una CGI più scadente), mai fuori tono o non relazionabili all’immaginazione Tolkeniano. Le musiche e il sonoro ammalianti e ispirate, veramente una componente impattante. La recitazione degli attori sempre impeccabile, a tratti stupefacente.
Ma parliamo della narrazione, che è sicuramente il fulcro della serie. Si tratta comunque di un fantasy, perciò ha bisogno dei suoi tempi per introdurti le dinamiche di un mondo immaginario e nel frattempo mandare avanti la trama. Colpevole anche la presenza di diverse linee narrative che si alternano all’interno di ogni puntata, e che quindi talvolta smorzano i ritmi quando magari sembrano cominciare ad incalzare.
Le varie sottotrame le ho trovate tutte molto interessanti, forse la più debole quella dei Pelopiedi, che parte a bomba ma poi rimane sempre nello stesso punto, non avanza poi così tanto. Si riprende un po’ sul finale ma nella parte centrale viene un po’ accantonata. La mia preferita è invece quella delle Terre del Sud, che comprendeva quindi la storia di Arondir, Adar e Theo. L’ho trovata molto brillante, sempre con misteri da scoprire e mai noiosa. Con leggeri cali invece quella di Galadriel e Numenor, che ha preso molto spazio e abbraccia diversi personaggi, e quindi talvolta risulta leggermente pesante.
La storyline invece di Elrond e Durin è invece molto interessante, ma forse troppo corta. La chimica che si crea tra i due personaggi è perfetta e anche gli elementi presentati sono intriganti. La questione del Mithril e del Balrog, del conflitto tra Durin e il padre e il personaggio di Nisa, sarà che i nani sono la mia razza preferita, ma tronare nelle aule di Moria mi ha veramente appagato. Ma anche quando ci si spostava al cospetto di Gil-Galad, non ci si è mai annoiati. I dialoghi di questa linea sono allucinanti, e nell’adattamento è stato fatto un ottimo lavoro.
La scrittura è sicuramente il trionfo della serie. Sono riusciti a mettere in scena intrecci narrativi che funzionano e a presentare personaggi tutti interessanti. Questa prima stagione è anche riuscita a costellarsi di misteri via via rivelati, e quindi a intrattenere invogliando lo spettatore ad andare avanti con la trama. Lo Straniero, il pugnale, Adar, Brownye e Arondir, Sauron, L’Abitante, Halbrand, Isildur. Tutti misteri gestiti a mio parere egregiamente.
Gli stessi personaggi sono tutti gestiti molto bene. Vengono esplorati le loro psicologie, le loro debolezze, i loro obiettivi, i loro punti di forza. Anche le ambientazioni sono, oltre che suggestive, ognuna diversa dall’altra, ognuna con caratteristiche che le contraddistinguono, ognuna portatrice di toni, temi e atmosfere diverse. Ed è un punto di forza il riuscire ad amalgamare tante trame diverse in modo molto organico, senza dare protagonisti e personaggi secondari.
Per me infatti, Gli Anelli del Potere è una serie che racconta le storie di personaggi provenienti da parti diverse della Terra di Mezzo, non più quindi di uno specifico gruppo di personaggi che si muove più o meno unitamente, o comunque relativo uno all’altro. Qua ad esempio le storyline dei Pelopiedi e di Elrond apparentemente per adesso sembra non abbiano alcun collegamento, anche se sono ambientate nello stessi universo.
E adesso ci aspetta una seconda stagione alla quale hanno apparecchiato un parterre di storie, personaggi e ambientazioni molto ricco. Mi aspetto ovviamente un po’ meno fanservice, necessario in una prima stagione, così come mi aspetto un po’ meno commercialità, nonostante non l’abbiamo praticamente mai vista, salvo minuscoli frangenti.
In conclusione, la serie è davvero un trionfo in tutti i campi e sembra anche avere il potenziale per diventare un colossal. La storia è interessante, i personaggi accattivanti, le atmosfere ad ampio respiro. Mai una sbavatura, mai un calo di qualità, mai impressioni di annoiarsi, insomma imperdibile. Spero davvero riesca a mantenere un livello molto alto e che il successo riesca a ripagare il budget molto cospicuo.
Qui il sito ufficiale di Prime Video per informazioni più ufficiose.
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