Recensione di Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri, il nuovo film fantasy Paramount ispirato al gioco di ruolo.
Questa è la recensione di Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri. Avevo grandi aspettative su questo film, nel senso ormai il gioco è talmente famoso da anni che un film era chiaro lo avrebbero fatto. Come in questo caso, però, film che hanno già un bacino di utenza ampio, che sono un primo capitolo e che necessitano di una certa fedeltà all’opera originale da cui si ispirano (in questo caso ludica), quando escono mi aspetto sempre siano il meglio che potessero fare.
D’altronde, in questo caso ad esempio, il gioco esiste da tantissimo, perciò se tu produttore o sceneggiatore hai deciso di far uscire il film su D&D nel 2023, significa che hai aspettato il prodotto migliore. In sostanza cosa intendo dire: se il film poi è una merda, mi girano perché un film su D&D non necessitava una data precisa per uscire, o non avevano fretta di nessun tipo, quindi io mi aspetto il miglior prodotto che potessero fare. Ma non è questo il caso.
Infatti sono rimasto piuttosto soddisfatto da questa pellicola, che ritengo assolutamente un’ottima trasposizione del gioco, divertente, avventurosa, che fa percepire molto le dinamiche del gioco. Una storia che si prende poco sul serio ma che riesce comunque nel suo intento. Il film in sé ha sicuramente un intreccio molto ricco, sviluppato però in modo molto disteso e con intuizioni davvero geniali e personaggi interessanti.
Il problema principale della pellicola, seppur davvero insignificante rispetto al convincente resto dei pregi, è infatti la sospensione dell’incredulità spesso messa alla prova. Insomma, non che quello che accade sia poco credibile, ma in alcuni frangenti si percepisce proprio quella sensazione del “eh vabbè, certo…”. Tuttavia, date le premesse del film e gli intenti che ha, direi che è anche accettabile come caratteristica. Certamente se vi aspettavate un film dalla epicità del Signore degli Anelli, o la lore spiegata ed esplorata del Trono di Spade, avete sbagliato film.
Ho apprezzato molto le scelte narrative che rimandano al gioco. In primis vabbè, la compagnia con membri di diverse razze e classi; e poi il fatto della crescita dei personaggi, l’artefatto antico, le missioni via via che si accumulano, il continuo cambio di programma, l’aiutante over power che salva la situazione e anche un pizzico di nosense. Ammetto che la scelta del drago ciccione che non sa sputare fuoco mi ha fatto morire, soprattutto perché se dovessimo immaginare una compagnia di amici che ha intrapreso questa campagna, direi che è molto scherzosa e ridanciana.
Dal punto di vista tecnico ritengo ci sia poco da dire, mi sono piaciute più o meno tutte le scena fantasy, dalle creature, alle coreografie dei combattimenti alle battaglie magiche. Forse ancora un fantasy piuttosto generico, non mi sembra niente di nuovo o caratteristico, elemento che va un po’ a rendere dimenticabili i franchise. Sicuramente però un bel lato fantasy che potrebbe sicuramente dare vita a una saga niente male.
Inoltre i personaggi presentati, dato che ognuno di loro ricopriva un ruolo diverso, hanno ricevuto la giusta importanza e il giusto spazio, tutti con le loro motivazioni e accomunati da uno stesso ideale. Ognuno riesce ad essere necessario al compimento della missione ed ognuno agisce secondo una psicologia presentata e sensata. Un film abbastanza corale, seppur se ne riconosca il protagonista, che riesce a far affezionare lo spettatore a tutti i personaggi.
Dungeons Dragons Lonore dei ladri
In conclusione, il film è davvero una sorpresa, una bella esperienza fantasy, avventurosa e divertente che riesce anche, seppur in maniera leggera a trasmettere un messaggio semplice ma efficace, grazie anche a un intreccio fitto e che non annoia mai. Tra i blockbuster usciti quest’anno sicuramente il migliore finora.
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Qui il sito ufficiale di Paramount, per informazioni più ufficiali.
Ormai Dungeons & Dragons sta diventando alla portata di tutti e questi sono alcuni consigli utili per la vostra prima partita!
Avete visto Dungeons & Dragons: Honor Among Thieves e volete provare il gioco che lo ha ispirato? Per fortuna, ci sono un sacco di strumenti per aiutarvi! Probabilmente non è mai stato così facile giocare a Dungeons & Dragons, grazie al suo attuale regolamento pensato per facilitare il gioco e a diversi strumenti relativamente nuovi, pensati per fungere da “rampa di lancio” per i potenziali nuovi giocatori. Sebbene possa sembrare intimidatorio giocare per la prima volta a un gioco di ruolo da tavolo, i creatori di D&D hanno lavorato per decenni per trovare i modi migliori per aiutare i giocatori a comprendere le basi del gioco in un breve periodo di tempo. Se state cercando di giocare per la prima volta a Dungeons & Dragons e volete dei consiglii utili su come iniziare o su cosa vi serve, continuate a scorrere per trovare alcuni consigli utili su come rendere la vostra prima partita un successo.
Prima di iniziare, è bene spiegare le basi di Dungeons & Dragons. Dungeons & Dragons è un gioco di ruolo da tavolo, un gioco di narrazione collaborativa in cui i giocatori si siedono attorno a un tavolo (di persona o virtualmente) e raccontano una storia insieme. Un giocatore è il Dungeon Master, che gestisce gran parte della struttura della storia. Descrive la scena di base, controlla PNG e nemici e prende la decisione finale sull’interpretazione delle regole. Gli altri giocatori controllano un singolo personaggio, che sono gli eroi della storia di Dungeons & Dragons. Ogni personaggio giocatore di D&D è definito meccanicamente dalla sua classe e dalla sua razza. Nella maggior parte dei casi, i giocatori creano il proprio personaggio scegliendo una classe e una razza prima di iniziare una campagna di D&D e poi danno vita al personaggio scegliendo una storia e una motivazione per il proprio personaggio.
Cosa mi serve per giocare a Dungeons & Dragons?
Dungeons & Dragons consigli utili
Se giocate di persona, avrete bisogno di due cose: un set di dadi poliedrici e la scheda del personaggio. La scheda del personaggio contiene tutte le statistiche e le abilità del personaggio e di solito viene compilata quando si inizia una campagna per la prima volta, sia come parte di una “Sessione Zero” (una sessione di pianificazione che ha lo scopo di mettere d’accordo tutti i giocatori di una campagna TTRPG per garantire una grande esperienza) sia da soli. Esistono diverse risorse online che possono aiutare i giocatori a compilare una scheda personaggio digitale, tra cui D&D Beyond.
Dungeons & Dragons utilizza una serie di dadi poliedrici per determinare se gli attacchi e le abilità di un personaggio hanno successo o meno e quanti danni subiscono in combattimento. Fortunatamente, i giocatori possono acquistare questi dadi in qualsiasi negozio di giochi da tavolo, che siano fisici o online. Basta cercare su Google “Dadi D&D” per ottenere un miliardo di risultati. Assicuratevi che il set comprenda un dado a venti facce (d20), un dado a dodici facce (d12), due dadi a dieci facce (d10), un dado a otto facce (d8), almeno un dado a sei facce (d6) e un dado a quattro facce (d4).
Quante persone servono per giocare a Dungeons & Dragons?
Tecnicamente, per giocare a Dungeons & Dragons sono necessari solo due giocatori: un Dungeon Master e un altro giocatore. Idealmente, il gioco è pensato per essere giocato con quattro personaggi e un singolo Dungeon Master, anche se le partite possono includere anche più personaggi.
Quando si decide se si vuole essere o meno un Dungeon Master, bisogna tenere presente che è di fatto l’organizzatore e il pianificatore del gruppo. I Dungeon Master devono fare molto più lavoro e preparazione rispetto ai giocatori, che di solito devono solo presentarsi alla partita pronti a giocare. I Dungeon Master di solito dedicano circa un’ora di lavoro preparatorio (lettura o determinazione dell’avventura, preparazione delle mappe, creazione di tabelle di statistiche per i mostri che i giocatori potrebbero incontrare) per ogni ora di gioco effettivo.
Sebbene possa essere allettante invitare tutti i vostri amici a giocare a Dungeons & Dragons, tenete presente che un gruppo più numeroso significa più potenziali conflitti di pianificazione. Una battuta ricorrente tra i giocatori di D&D è che il vero nemico di Dungeons & Dragons è la calendarizzazione. Di solito i giocatori devono dedicare dalle due alle quattro ore a sessione per giocare a Dungeons & Dragons. Solitamente è più facile fissare un’ora e un giorno specifico della settimana per programmare la sessione di D&D: le persone che si impegnano in quell’orario sono i giocatori, mentre chi non può impegnarsi può sempre partecipare come “personaggio ospite” che si presenta di tanto in tanto per dare una mano.
Di quali libri di regole ho bisogno per giocare a Dungeons & Dragons?
Ci sono molti libri di regole per Dungeons & Dragons, ma tecnicamente i giocatori non ne hanno bisogno per giocare! Le Regole di base di Dungeons & Dragons sono ampiamente disponibili online e contengono tutte le regole necessarie per giocare. Se volete investire in un regolamento fisico, i giocatori dovrebbero prendere il Manuale del Giocatore, che contiene le regole di base e materiale aggiuntivo per la costruzione del personaggio e altre risorse. Un Dungeon Master dovrebbe anche prendere il Manuale dei Mostri (che contiene blocchi di statistiche di mostri e PNG da usare in combattimento) e la Guida del Dungeon Master (che contiene diverse risorse per aiutare a pianificare una campagna e creare sessioni).
Continuando a giocare a Dungeons & Dragons, potreste voler investire in diversi libri di regole, come la Guida di Xanathar to Everything (che agisce come una sorta di espansione delle regole di base di D&D) o il Tomo dei nemici di Mordenkainen (che contiene ulteriori blocchi di statistiche dei mostri).
Qual è la migliore avventura da gestire per i giocatori alle prime armi di Dungeons & Dragons?
Dungeons & Dragons consigli utili
Dungeons & Dragons pubblica almeno una campagna completa all’anno, intesa come un’avventura completa dall’inizio alla fine. L’utilizzo di una di queste campagne presenta diversi vantaggi rispetto alla creazione di una campagna da zero. Una campagna pre-scritta richiede molto meno tempo per la preparazione rispetto a una campagna creata da sé, e di solito ci sono molte più risorse da utilizzare per i DM (tra cui mappe, dispense e altri gadget già pronti, e consigli online da parte di altri DM che hanno gestito la campagna).
Se siete alle prime armi con Dungeons & Dragons e state cercando un’avventura da gestire, l’avventura “migliore” è probabilmente la Miniera perduta di Phandelver, inclusa nel Dungeons & Dragons Starter Set. La Miniera Perduta di Phandelver è un’avventura relativamente semplice che permette ai giocatori di esplorare diverse trame in un’ambientazione relativamente contenuta. È stata a lungo considerata il gold standard per le avventure introduttive nella 5E e, nel corso di quest’anno, la Wizards of the Coast la trasformerà in una campagna più lunga.
Un’avventura alternativa che piace usare ai nuovi arrivati è “The Sinister Secret of Saltmarsh”, un’avventura classica di D&D aggiornata per l’edizione attuale nel libro Ghosts of Saltmarsh pubblicato nel 2019. “Il Sinistro Segreto di Saltmarsh” è un mistero in stile Scooby-Doo in cui i giocatori esplorano una casa infestata ai margini della città per trovare la fonte di strane luci. Quest’avventura piace perché sovverte le aspettative di ciò che i giocatori si aspettano da Dungeons & Dragons, mantenendo un equilibrio equo tra combattimento, esplorazione e gioco di ruolo – i tre pilastri di D&D.
Quali sono le regole più importanti da ricordare in Dungeons & Dragons?
Una delle maggiori esitazioni di molti aspiranti giocatori è la paura di non riuscire a ricordare tutte le regole. Anche se il combattimento può essere un po’ complicato, la maggior parte delle regole di base può essere riassunta nel tirare un d20 ogni volta che si deve fare un controllo. Se il DM vi chiede di “tirare per attaccare” o “tirare per la Persuasione”, dovete semplicemente tirare un d20 e aggiungere il modificatore corrispondente dalla vostra scheda del personaggio.
La maggior parte delle altre “regole” può essere definita seguendo l’etichetta di base del gioco da tavolo. Ascoltate il DM (che è l’arbitro finale delle regole) e non discutete quando prende una decisione. Inoltre, lasciate che i giocatori gestiscano i loro personaggi: anche se potete suggerire una linea d’azione durante il combattimento, in ultima analisi siete responsabili solo del vostro personaggio e alcuni giocatori si divertono a giocare di ruolo su cosa farebbe il loro personaggio invece di fare la mossa ottimale.
Durante un evento annunciato ieri, la Nintendo ha condiviso su YouTube un primo gameplay per “The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom”!
Scoprite le nuove abilità di Link in questo gameplay di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, presentato dal produttore della serie, Eiji Aonuma.
Non è la prima volta che vediamo un gameplay del nuovo gioco di Zelda, ma non abbiamo mai visto un filmato così dettagliato. La nuova presentazione offre uno sguardo molto più approfondito al gioco rispetto ai trailer e alle presentazioni precedenti. Si notano infatti ora molti cambiamenti, miglioramenti, differenze e, naturalmente, nuovi contenuti.
Qui di seguito potete leggere la descrizione ufficiale del Nintendo eShop:
Un’epica avventura attraverso la terra e i cieli di Hyrule vi aspetta in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom per Nintendo Switch. L’avventura è vostra e potrete crearla in un mondo alimentato dalla vostra immaginazione. In questo sequel di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, sarete voi a decidere il vostro percorso attraverso i vasti paesaggi di Hyrule e le misteriose isole che fluttuano nei cieli. Riuscirete a sfruttare il potere delle nuove abilità di Link per combattere le forze maligne che minacciano il regno?
Recensione di Shazam! Furia degli Dei, il nuovo film targato DC, secondo capitolo del Franchise del supereroe interpretato da Zachary Levi
Questa è la recensione di Shazam! Furia degli Dei. Il primo capitolo è una pellicola sicuramente divertente e ben riuscita in quanto film di intrattenimento. Nonostante il poco riscontro da parte del pubblico per il film del 2019, Shazam è il progetto su cui riponevo più speranze tra quelli in uscita quest’anno in casa DC. Soprattutto perché è quello che dovrebbe aver subito meno le influenze dei cambi di piani per quanto riguarda il DCU. E dopo la visione in sala di questo secondo capitolo, posso dirmi rimasto mezzo e mezzo.
Non che mi aspettassi il capolavoro o nulla di trascendentale o onirico. Però ecco, è inevitabile la definizione di “film del ca**o”. Esatto, un film divertente, che prova anche ad affrontare determinate tematiche in modo leggero, però ha evidenti problemi sotto molti punti di vista. La sceneggiatura è di un cliché tremendo, i villain non sono caratterizzati così bene, il finale è assolutamente insensato. Il film però riesce benissimo a gestire la Shazamiglia, dando a ognuno una caratterizzazione precisa e il giusto spazio, mantenendo però Billy come protagonista indiscusso. Le interazioni della Family per me sono ben riuscite e molto interessanti. Alcuni effetti speciali sono davvero spettacolari e la colonna sonora per me spacca.
Le scene post credits rivelano però la confusione in casa DC che probabilmente ha costretto il regista a inserire delle assolute inutilità, dato che non dovrebbe esserci (e un po’ lo spero) un seguito del Franchise di Shazam. Detto ciò, per me il finale è una dimostrazione di zero coraggio, che sinceramente mi sarei aspettato ma è un’occasione sprecata che poteva dare una conclusione degna al personaggio.
In generale il film è sufficiente, un cinecomic intrattenente con evidenti sfumature di pigrizia. Non capisco però il flop già annunciato, dato che ha raggiunto a malapena i 65 milioni di incassi il primo weekend. Secondo me un film migliore di tanti altri che hanno incassato molto di più. Staremo a vedere ma contando che in pratica sta per uscire qualsiasi film di intrattenimento (Jhon Wick 4, D&D, Super Mario Bros) difficilmente vedremo una ripresa, e sembra che la batosta stavolta è davvero forte. Forse hanno sbagliato ad annunciare la nuova gestione e i nuovi progetti quando ancora dovevano uscire alcuni prodotti, ma sinceramente continuo a non capire, dato che il primo era stato apprezzato. Forse la DC al cinema è davvero morta, anche se per me Black Adam è peggiore come film.
In realtà non ho molto altro da dire. Sono rimasto infastidito dai soliti cliché narrativi o dal semplice patto narrativo a cui non ho saputo credere (dai a volte come le sorelle si fanno fregare il bastone o la mela è veramente ridicolo). Però tutto sommato non posso dire sia un brutto film, alla fine alcune tematiche come la famiglia, l’abbandono secondo me sono arrivate. E comunque alcune scene d’azione a mio avviso funzionano. Poi ad alcune gag sono morto, tipo quella della lettera scritta da Steve.
shazam! furia degli dei
In conclusione, un film mediocre, nel senso che sta piuttosto nel mezzo, un 50 e 50. A mio parere si poteva fare molto meglio e il finale per me non esiste dato che non ha alcun senso, anche proprio la modalità in cui si svolgono i fatti è del tutto surreale e mi rifiuto di credere a quello che ho visto. Per il resto mi sono abbastanza divertito anche perché amo particolarmente il personaggio interpretato da Levi, che qui è perfettamente a suo agio.
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Recensione della prima stagione della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi
Questa è la recensione della prima stagione di The Last of Us. Avevo aspettative contrastanti riguardo a questa serie. Da un lato, i precedenti prodotti tratti da un videogioco non mi hanno mai fatto impazzire e spesso hanno trattato con poco rispetto le opere madri, tirando fuori sempre mediocrità scadenti. Dall’altro The Last of Us è un videogioco che si presta molto bene a una trasposizione nel medium della serialità, e quando si è saputo che il progetto sarebbe stato seguito da Druckman e Mazin, ho tirato un sospiro di sollievo. Erano i segnali che non avrebbero sbagliato facilmente, soprattutto perché il videogioco è talmente amato, che deludere i fan sarebbe stato troppo rischioso.
https://youtu.be/6iC4xzNyuQk
E a fine prima stagione, posso dire che la fiducia riposta nel progetto è stata ampiamente ripagata. Non solo questa prima stagione di “The Last of Us” è un’ottima trasposizione del primo capitolo del videogioco, ma è anche un’ottima serie tv se non si è giocato al corrispettivo videoludico targato Naughty Dog. E penso che difficilmente si sia creato un divario così grande di gradimento tra chi ha apprezzato i Joel e Ellie originali e chi li ha conosciuti per la prima volta.
La serie ripercorre abbastanza fedelmente la storia del primo capitolo, ovviamente con delle differenze necessarie per il cambio di medium, ma anche per scelte artistiche ben precise. La trama è prevalentemente orizzontale, ma spesso si verticalizza, raccontando le vicende di personaggi di cui in un episodio vediamo la comparsa e la morte. Ma questo non è necessariamente un punto di debolezza, ma bensì una caratteristica molto efficace che dà alla serie lo spazio di raccontare quello che si propone di raccontare.
The Last of Us, infatti, non è la classica storia di zombie ambientata un un mondo post apocalittico, ma è la storia di un padre che ha perso la figlia e di una figlia che ha perso i genitori. È quindi la storia di come umanamente questa situazione si svolgerebbe in un mondo in cui la normalità non esiste più, e quindi la si ricerca partendo dalle cose più banali, come avere un padre o avere una figlia. E da questo presupposto parte la scrittura di questa storia.
La serie infatti ha mantenuto pochissima della componente action o del gameplay in sé. Si contano sulle dita di una mano le apparizioni di Clicker. Tolta la lunga sequenza del “cecchino” nella quinta puntata, gli zombie sono una componente solamente di sfondo, di cui non si percepisce realmente il pericolo. E appunto le scene action non sono le parti principali della narrazione.
La semina effettuata nelle prime puntate riesce a intrattenere a livelli altissimi lo spettatore, che per tutto il corso della serie, se non ha giocato al videogioco, rimane incollato allo schermo per capire dove va a parare la trama. La storia infatti non si preoccupa più di tanto di fornire una lore o un world building al mondo che ha creato, ma piuttosto si concentra sul dare spessore ai personaggi che presenta. E ogni episodio esplora la psicologia, non solo di Joel e Ellie, che via via compiono un arco evolutivo dal punto di vista della caratterizzazione, ma anche dei vari comprimari che incontrano i due protagonisti. Ognuno diverso, ognuno con un background, un bisogno e un desiderio diverso, tanto da creare dei veri e propri capolavori di scrittura.
L’episodio a mio avviso migliore è infatti il terzo, in cui la trama orizzontale viene un po’ accantonata per lasciare spazio a una storia d’amore da manuale, che emoziona in quanto love story, ma inserita nel contesto di The Last of Us, che racconta un vero e proprio spaccato di vita nel mondo post-apocalittico in cui la serie è ambientata. Poi ovviamente ho apprezzato particolarmente anche altri episodi, come il prime e il quinto.
In generale la serie è riuscita a mantenere un livello di qualità molto alto e in modo costante. Dal punto di vista della regia, dei costumi, della scenografia, degli effetti speciali, del montaggio e della recitazione. Menzione speciale per la colonna sonora. Assolutamente una serie che con un budget molto corposo è riuscita a tirare fuori un prodotto di punta che con poca incertezza segnerà un punto di inizio per tutte quelle serie che si vorranno ispirare ai videogiochi, sia per quanto riguarda il rispetto con cui affrontare la trasposizione, sia per quanto riguarda la struttura della narrazione.
the last of us serie tv
In conclusione, posso ritenermi estremamente soddisfatto della serie, che finalmente dimostra che i videogiochi nel mondo della serialità possono funzionare. Pedro Pascal ha fatto una performance assolutamente di punta nella sua carriera e spero di tornare a vedere Bella Ramsey in un ruolo importante, magari al cinema. A questo punto aspetto con ansia e trepidazione la seconda stagione, di cui non ho giocato il videogioco e che mi dicono sia molto più complicata da trasporre rispetto alla prima.
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Ospiti speciali, cosplayer e gamer di fama nazionale, e tanti, tanti, videogiochi: sono solo alcune delle promesse del Giffoni Good Games!
Si inaugura questa estate il Giffoni Good Games, un evento dedicato interamente a videogiochi, e-sport, cinema, startup e nuove tecnologie. La missione che Giffoni si prefigge è puntare i riflettori sulle nuove generazioni, coinvolgendo talenti giovani e realizzando progetti creativi ed innovativi che abbiano un impatto positivo sul futuro della parte più giovane della società.
Il polo Giffoni Innovation Hub, creato appositamente a questo scopo, ha ideato l’evento pensando proprio a Millennial e Generazione Z. La prima edizione del Giffoni Good Games, che vedrà la partecipazione della società Fandango Club Creators in qualità di advisor, si terrà sabato 1 e domenica 2 luglio nelle strutture Giffoni Multimedia Valley, nel Comune di Giffoni Valle Piana (SA).
L’evento, patrocinato dal Comune campano e guidato proprio dal suo sindaco, Antonio Giuliano, occuperà l’intera cittadina del Sud Italia. Tra workshop, tornei, cosplay, trend e realtà virtuale, il Giffoni Good Games offrirà a gamer e non un luogo estremamente reale in cui potersi incontrare e confrontare, celebrando passioni comuni e l’importanza dell’industria videoludica.
OSPITI E SFIDE
Da sinistra, Dario Moccia, Ckibe, Nanni e Himorta
Sarà possibile mettersi in gioco nelle postazioni free-to-play o semplicemente osservare all’interno della Gaming Area e dell’E-sports Stage. La scelta sarà ampia e spannerà da grandi classici a titoli di prossima uscita. Ci saranno anche sale cinematografiche che, con i loro impianti moderni audio e video, ospiteranno alcuni tra i pro-player più noti d’Italia e le finali dei tournament e-sport più seguiti del paese.
Tra le finalissime più attese, quella del primo torneo videoludico organizzato tra università italiane dalla compagnia 2WATCH: l’University Master. La compagnia, che ricoprirà il ruolo di partner dell’evento, si occuperà di molti dei progetti legati all’intrattenimento e al metaverso. Sempre nel ruolo di partner troveremo l’azienda GL17CH, creata da Ciro Immobile (sì, proprio il calciatore), che organizzerà attività volte alla celebrazione dell’attività sportiva unendo sport reale e virtuale in un’esperienza energica e ambiziosa.
Un’area pensata appositamente per gli studi indipendenti di sviluppo, l’Indie Dev, accoglierà una selezione di titoli realizzati da realtà emergenti che non aspettano altro che essere giocati. Il Creator District, l’area dedicata a creator e relative community, riunirà ospiti da vasti ambiti della scena virtuale italiana, per portare di fronte al pubblico una serie di spettacoli, meet and greet, ed eventi di varia natura.
Da Twitch a TikTok, ecco alcuni dei nomi che presenzieranno al Giffoni Good Games, diversi dei quali saranno presenti grazie alla collaborazione con la Digital Agency eHappen:
Dario Moccia, streamer e content creator
Roberta “Ckibe” Sorge, illustratrice
Andrea “Shamzy” di Raimo, tiktoker
Davide Masella, collezionista e appassionato di cultura pop
Alessandro “Nanni” Pieri, chef e gamer
Mattia “Poly” Negri, che porterà il suo Poly Quiz Show
Antonella Arpa, alias Himorta, cosplayer più seguita d’Europa sui social
Alessia Giorgi, alias HontasG, gamer e attivista
Alessandra Neri, alias Kaaat, appassionata di gaming e musica
Sio, Nick e Lorro, creatori del Power Pizza Podcast
COSPLAY ED EVENTI
Tramite il supporto della startup Cosmeet, nata dal programma Giffoni for Kids proprio per organizzare eventi cosplay, sia chi fa del cosplay una professione che chi ne fa un hobby, da più o meno tempo, potrà assistere e partecipare a parate, sfide e sfilate dedicate a questa arte. Sarà presente anche un team che fornirà un servizio di piccole riparazioni ai costumi: S.O.S. Cosplay.
La M8, prima startup pensata per far incontrare romanticamente gamer (creata sempre da Giffoni for Kids), offrirà la possibilità di partecipare al format Speed Gaming, nel quale persone sconosciute verranno accoppiate per partecipare a sfide legate al mondo dei videogiochi.
Inoltre, grazie all’Academy Space, non mancheranno workshop, talk e panel a cui potrà prendere parte chiunque lo desideri. Lo scopo dell’evento rimane infatti quello di aiutare le nuove generazioni ad approfondire le loro passioni e metterle sulla giusta strada per diventare professionisti del settore.
Non temete, ci sarà anche zone apposta per narrativa e gadget di ogni tipo. Il giorno sabato 1º Luglio è inoltre prevista una serie di videoproiezioni: maratone di cinema, serie tv e anime che termineranno all’incirca insieme all’evento stesso, alle 22.
BIGLIETTI E COME ARRIVARE
I biglietti sono già disponibili su Vivaticket e fino al 31 marzo sarà in vigore la formula early bird, che permetterà di comprare l’abbonamento per entrambi i giorni dell’evento a 10 euro invece che a 20! Cliccate qui per essere reindirizzati alla pagina di acquisto!
Il Comune di Giffoni Valle Piana è raggiungibile in auto ed in bus da Salerno. Nei giorni dell’evento ci saranno più corse autobus del solito, e sul sito è già presente l’opzione di acquisto di un pacchetto che include sia il biglietto per la fiera che per il bus, grazie al partner EventinBus.
Magic: The Gathering ci ha abituati a tanti crossover di universi paralleli, come Warhammer 40,000 o Street Fighter, ma la prossima espansione potrebbe essere una delle più attese di sempre. Stiamo parlando del nuovo set de Il Signore degli Anelli : Racconti della Terra di Mezzo in uscita il 23 Giugno 2023 e già preordinabile. Diamo uno sguardo esclusivo alle prime carte del set, come Gandalf il Grigio e L’unico Anello
il Signore degli Anelli I Racconti della Terra di Mezzo Magic The Gathering
Partiamo subito da una delle più iconiche del set ” The One Ring ” illustrato da Veli Nystrom, che sarà un artefatto leggendario di 4 mana indistruttibile e ti darà protezione in tutto il prossimo turno.
il Signore degli Anelli I Racconti della Terra di Mezzo Magic The Gathering
Troviamo poi Il Mago per eccellenza ” Gandalf il Grigio ” illustrato da Aaron Miller nella versione standard e da Anato Finnstark in quella Full Art, che sarà una creatura leggendaria – Mago Avatar con ogni qualvolta lanci un incantesimo instantaneo o stregoneria, scegli uno che non è stato scelto: Puoi tappare o stappare un permanente / Gandalf il Grigio infligge 3 danni ad ogni avversario / Copia l’effetto bersaglio o stregoneria che controlli. É possibile scegliere un obiettivo diverso per la copia / Metti Gandalf in cima al mazzo del proprietario.
il Signore degli Anelli I Racconti della Terra di Mezzo Magic The Gathering
Non potevano mancare le iconiche terre base con le immagini tratte dalla mappa dei racconti di Tolkien. Troveremo La Contea che sarà una carta pianura, Mordor una palude, le Montagne Bianche una montagna, Bosco Atro una foresta e i Mari di Belegear un’isola.
il Signore degli Anelli I Racconti della Terra di Mezzo Magic The Gathering
L’espansione del set Il signore degli Anelli: I Racconti della Terra di Mezzo di Magic: The Gathering avrà due finestre di lancio principali, una il 23 Giugno 2023 ed l’altro a Novembre 2023, ed è la prima uscita di un’espansione completa come parte di Mondi Altrove, che porta l’emblematico mondo J.R.R. Tolkien in vita all’interno di Magic.
Ecco la lista completa di tutte le persone nominate e che hanno vinto un Oscar alla cerimonia degli Academy Awards 2023!
Gli Oscar 2023 sono giunti al termine! Everything Everywhere All At Once è stato il grande vincitore della serata, aggiudicandosi sette Oscar tra cui miglior film, regia, attrice protagonista, attrice non protagonista, attore non protagonista, sceneggiatura e montaggio. Vediamo insieme tutti i vincitori e i nominati!
Miglior film
Everything Everywhere All at Onceprodotto da Daniel Kwan, Daniel Scheinert e Jonathan Wang
Le altre nomination:
Niente di nuovo sul fronte occidentale prodotto da Malte Grunert
Avatar – La via dell’acqua prodotto da James Cameron e Jon Landau
Gli spiriti dell’isola prodotto da Graham Broadbent, Pete Czernin e Martin McDonagh,
Elvis prodotto da Baz Luhrmann, Catherine Martin, Gail Berman, Patrick McCormick e Schuyler Weiss
Ripercorriamo insieme in questa recensione la parte 3 della stagione finale (4) dell’anime “Attack on Titan”! *Rumbling, rumbling*
È uscito il primo episodio della terza parte della quarta stagione… Solo a dirlo già ci si perde. La scelta di diluire così tanto la stagione finale di Attack on Titan secondo me purtroppo rende difficile rimanere al passo, a meno di non farsi ogni volta un rewatch di almeno le ultime stagioni.
Detto questo, parliamo dell’episodio in questione. Suddiviso in due capitoli, l’episodio non perde tempo a ricordarci in che situazione allucinante si trovi il mondo in questo momento, come non perde tempo a ricordarci quanto cruda possa essere la realtà di AoT, in caso ce ne fossimo dimenticati.
—— SPOILER DA QUI IN POI ——
Il primo capitolo si concentra in particolare su Eren, che vediamo nelle fasi di pianificazione del suo progetto di calpestare la terra con il Boato. Vediamo un lato del personaggio altamente vulnerabile, un’anima lacerata da un’infanzia trascorsa aspettando il momento di poter varcare un muro e vedere il mondo, per poi scoprire che il mondo rifiuta le persone come lui.
Il suo conflitto interiore è palpabile. Da un lato, la sete di annientare quel mondo che ha disilluso tutte le aspettative di libertà che sembrava avere in serbo. Dall’altro, il dolore per tutte le persone innocenti che con esso verranno distrutte, travolte dalla furia cieca di un ragazzo che ha decisamente troppo potere in questo momento.
Bisogna ricordarsi infatti che Eren, oltre al Gigante Fondatore ed al Gigante d’Attacco, possiede adesso anche il Gigante Martello ed il potere del Gigante Bestia, dal momento che Zeke è nelle mani del fratellastro.
Eren non ce l’ha con gli eldiani che in questo momento stanno cercando di fermarlo (i nostri Connie, Jean, Armin, Mikasa, Rainer, Pieck e Levi), ma anzi li sfida a fermarlo, se è quello che vogliono fare. Non vuole privare nessun eldiano della sua libertà, concetto che ancora insegue, ed è proprio in nome di questo ideale che lui si sente libero di perseguire il fine che si è prefisso.
In questo episodio abbiamo salutato uno dei personaggi a cui il pubblico, me inclusa, era più affezionato, ovvero Hange Zoe, che, in una francamente quasi incredibile scena di combattimento, si sacrifica per permettere ad i suoi compagni di sfuggire ai giganti del Boato.
Nominando Armin come suo successore, Hange sceglie di dare la vita per i suoi, dopo un’ultima conversazione con Levi che mostra, al di là delle battute e del sarcasmo, quanto il loro legame significasse per entrambi. Per non parlare della scena che mostra Hange riunita ad Erwin e ad altri abitanti di Paradis, un ricongiungimento breve ma significativo.
Soffermiamoci per un secondo sulla dinamica tra Armin e Annie. Come lei stessa riconosce, il piccolo flirt che ha iniziato ad instaurarsi tra i due sembra un po’ fuori luogo nel bel mezzo della tragedia che li circonda. In più, mi sembra un po’ strumentale cercare di spingere una sotto trama romantica proprio ora che ci avviciniamo al gran finale, e la mia sensazione è che la questione non finirà bene.
Annie, in questo episodio, decide di non unirsi al gruppo che affronterà Eren. Non soltanto perché ha combattuto fin dall’infanzia, ma anche perché secondo lei l’umanità non merita di essere salvata. Sembra abbastanza palese che nel prossimo episodio la sua posizione cambierà, dal momento che Falco sembra avere un’idea su come, unendo i loro poteri, possano affrontare il Fondatore.
Ah, non ho ancora menzionato che finalmente ci siamo liberati di Floch, che anche in punto di morte ha dovuto rompere il non dico cosa.
L’episodio si conclude con ciò che rimane del gruppo di ricerca che raggiunge finalmente Eren, la cui forma da Fondatore vista per intero fa molto più ridere di quanto avessi potuto intuire dai poster che erano stati condivisi finora, con quelle braccia penzolanti e le gambe in fondo.
Tra una brutale scena di calpestamento e l’altra, è evidente come la critica alla guerra continui anche in questa fase della storia. Ciò è evidenziato anche dal discorso che un capitano marleyano fa ad alcuni sopravvissuti, eldiani e non, esprimendo il suo rammarico per come gli adulti hanno trattato con futile odio i loro simili.
Le sue parole sono giuste, ma volevo anche prenderlo e dirgli “Ti svegli solo ora che un esercito di giganti incandescenti sta calpestando le vostre città? Un po’ tardi, non credi?”.
L’episodio ha unito momenti strazianti a momenti di riflessione e momenti quasi divertenti, ma il tono generale è terribilmente tragico, in pieno stile Attack on Titan.
Ecco la recensione del videogioco “Pronty: Fishy Adventure”, un MetroidVania dalla grafica accattivante che nasconde macabri segreti!
Pronty, partenza, via!
Ecco un gioco 2D dalla grafica colorata e dallo stile fumettistico, che tuttavia non deluderà chi non vuole rinunciare ad una bella dose di sfida e di nemici fatti a brandelli.
In questo platformer subacqueo, l’umanità ha trovato un modo per sopravvivere al di sotto del livello del mare, e Pronty è una delle creature che la proteggono.
Quando la civiltà sottomarina è in pericolo a causa di un’antica minaccia, Pronty ed il suo fidato giavellotto-pesce meccanico Bront si troveranno ad esplorare le rovine di Royla per cercare di proteggerla dai mostri che l’hanno invasa. Quella che un tempo era una grande città, è adesso una perduta Atlantide che nasconde tanti ricordi quante insidie.
Se deciderete di tuffarvi in questo MetroidVania single-player per cercare di risolvere il mistero dietro la caduta di Royla, preparatevi ad un’avventura stimolante che non faticherà a prendervi all’amo!
Recensione
Pronty è un gioco dalla lore intricata e dai sottotoni piuttosto macabri. Un mondo in declino, alla mercé di creature geneticamente modificate che non esiteranno ad attaccarvi. Una popolazione scomparsa che ha lasciato dietro di sé intelligenza artificiale e biomeccanica a gestire suo disastro.
Pronty, o meglio, Pronty SW-417, è solo una delle creature che portano questo nome e che sono state assegnate alla protezione del genere umano, così come Bront non è l’unico pesce-giavellotto in circolazione, ma anzi un compagno che viene assegnato ad ogni Pronty.
La grafica è accattivante e ben fatta, ho particolarmente apprezzato i cambi di luce nelle varie zone della mappa ed il modo in cui questi si riflettono sui colori del personaggio.
Il gioco viene incontro a chi sceglie di immergersi in questa avventura esplorativa, offrendo la selezione tra diversi livelli di difficoltà, i quali si vanno ad applicare ai nemici che si incontrano lungo il percorso.
Tuttavia, la difficoltà di gioco non è tutto: attraverso un sistema di slot, potrete infatti configurare il vostro personale stile di combattimento, scegliendo quali mosse ed abilità favorire rispetto ad altre.
Anche Pronty si può personalizzare. Si parte da due skin di default (una carina ma che mi ha fatto pensare a un incrocio tra “Luca” della Disney ed un Pokémon, l’altra a mio parere più originale ed interessante), per poi arrivare ad altre skin che possono essere sbloccate più avanti nel gioco, in maniera più o meno facile.
Anche se nel bel mezzo di una boss fight il boss ha deciso di andarsene e lasciarmi lì nell’arena da cui non potevo uscire (una volta tornata all’ultimo salvataggio, l’ho riaffrontato e per fortuna non mi ha abbandonato lì), il gameplay è fluido e non presenta particolari ostacoli.
Essendo un gioco basato sull’esplorazione, può capitare di rimanere “bloccati” qualche volta, nel senso che non si sa bene come o dove procedere, ma questo è parte integrante dello stile del gioco stesso.
L’unica parte che mi è apparsa un po’ carente era l’aspetto linguistico (nello specifico, ho giocato il gioco in inglese). In alcuni punti, la punteggiatura o l’aspetto grammaticale non erano al meglio, e alcune parole erano diverse tra testo scritto e doppiaggio. Sono aspetti su cui si può soprassedere, in quanto le sviste sono poche e le cutscene non sono moltissime.
Nel complesso, “Pronty: Fishy Adventure” è un buon titolo, con finali multipli e lore ben curata, perciò, soprattutto se già l’avevate adocchiato, correte ad aggiungerlo alla vostra collezione!
E se l’avete giocato, fateci sapere cosa ne pensate!
Recensione del nuovo film di Aronofski con Fraser, candidato a tre oscar, The Whale, presentato al Festival di Venezia
The Whale è una film magnifico, che riesce perfettamente nel suo intento. Raccontare una storia, una storia toccante, cruda e anche estremamente edificante. Ho pianto in sala dopo tanto tempo alla visione della strabiliante performance attoriale di Brendan Fraser.
A cominciare dall’esordio, si capiscono subito le intenzioni del regista di essere il più trasparente possibile, senza filtri. Raccontare la dura e cruda verità di storie come quella di Charlie. Ed è impossibile non riuscire ad empatizzare col protagonista, anche se non si è nelle stesse condizioni o non si ha qualcuno di vicino nelle stesse condizioni. Il personaggio di Charlie è talmente umano che ci si può ritrovare chiunque. Nelle scelte di vita, nel non sapersi limitare, nel cadere negli eccessi, nel farsi schifo riconoscendo di star sbagliando, ma comunque continuare a farlo.
E qui si parla di obesità, ma si potrebbe parlare benissimo di qualsiasi altro condizione, di alcool, di ludopatia o che so io. È funzionale però al film l’obesità perché impone dei limiti fisici, per cui il protagonista ha bisogno di comprimari, anch’essi scritti egregiamente. Tutta la cornice che Aronofski costruisce gira intorno a Charlie, e i personaggi si intrecciano perfettamente in una serie di colpi di scena e scene toccanti che coronano il racconto di una tragedia umana, limitata a un piccolo appartamento completamente trasandato e di cui è recluso l’accesso a praticamente chiunque.
Il film è tratto da un’opera teatrale, e ne si vedono spesso i residui. Innanzitutto l’ambientazione circoscritta alla casa di Charlie, e poi molte scene hanno un’impronta teatrale ben riconoscibile. Gli stessi dialoghi o la semina degli elementi di trama, ma questi sono solo dei punti di forza per la pellicola, che riesce in tutto e per tutto a smuovere lo spettatore dal punto di vista emotivo.
Il cast è perfetto, ho amato la performance di Brendan Fraser. Il suo è stato un lavoro mastodontico, una preparazione impeccabile nell’interpretazione di un tema delicato su cui non si poteva sbagliare. E lui è stato perfetto. Ogni smorfia, ogni “I’m sorry”, ogni sguardo, ogni morso vorace, ogni movimento è stato maniacalmente preparato e ben attuato. Sadie Sink (ti prego calpestami) perfettamente a suo agio nel personaggio di Ellie. Ma in generale l’intero cast, seppur ridotto è azzeccato e attorialmente di qualità.
La regia molto intima di Aronofski si concentra soprattutto sull’espressività dei personaggi con inquadrature spesso strette. La scenografia e il make up hanno fatto davvero un lavoro strepitoso. Non so come Fraser siano riusciti a trasformarlo in un obeso perennemente sudato.
Penso che il film abbia delle scene molto forti e toccanti. E anche alcuni dettagli particolarmente significativi. In generale le tematiche sono trattate con enorme rispetto ed efficace interpretazione. Le motivazioni dei personaggi non sono mai banali e tutto si incastra perfettamente. In questa storia non ci sono buoni o cattivi. Tutti hanno sbagliato e tutti sono vittime. Charlie ha perso Alan, ma ha abbandonato Ellie, Ellie è ribelle, ma il padre l’ha abbandonata a soli 8 anni. E anche gli altri personaggi sono sia vittime che carnefici. Lo stesso Charlie nel corso del film passa da essere colpevole di essere obeso a essere vittima dell’obesità. La morale del film è infatti che tutti sbagliano, ma nessuno nel film smette di essere se stesso. E nel finale Charlie ce lo ricorda, con quella scena per me fortissima in cui fa l’ultimo discorso alla sua classe.
La psicologia dei personaggi si racchiude poi tutta nella frase chiave del film, che comincia la storia e la conclude, ovvero il tema di Ellie su Moby Dick. Quelle frasi che sembra riescano a guarire Charlie, esprimono poi il vero senso del film. E lo fanno con la scena finale in cui allegoricamente muore the Whale, riuscendo a fare ciò che Ellie gli aveva chiesto a metà pellicola.
In conclusione, il film è un vero e proprio pugno allo stomaco che inevitabilmente smuove la coscienza dello spettatore, raccontando la drammaticità di una storia in cui si analizza non solo la difficoltà e la precarietà dell’obesità, ma anche il sapersi accettare, l’autostima, i legami familiari, il rapporto religione e vita, l’adolescenza e l’uomo e la sua umanità, il tutto coronato da una performance attoriale strabiliante di un Brendan Fraser in stato di grazia, che spero riesca a vincere l’oscar come miglior attore, a cui è candidato.
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Netflix durante gli anni si è riempito di prodotti ottimi e non. Questa è la lista delle 15 migliori serie TV originali Netflix secondo IMDb
Niente ha sconvolto il panorama televisivo nella storia del medium più dell’avvento di Netflix. Nato come semplice servizio di noleggio via posta, Netflix si è evoluto ed è cresciuto fino a diventare una delle principali centrali dell’intrattenimento, in grado di rivaleggiare con le colonne portanti del settore, come Disney e Warner Bros. Solo nel 2012 Netflix è entrata nel regno della produzione di contenuti originali con la serie poliziesca norvegese/americana Lilyhammer.
Da allora, la piattaforma ha rilasciato una pletora di contenuti originali, sia televisivi che cinematografici, nel tentativo di rafforzare la propria libreria di contenuti in un mercato sempre più competitivo dove ogni anno vengono rilasciati prodotti di qualità, come riportato dall’infografica di ExpressVPN sulle serie TV più viste nel 2022. Ma rimanendo in casa Netflix, con decine di grandi serie original prodotte dalla piattaforma stessa, i fan su IMDb hanno valutato quale sia la migliore serie originale Netflix. Eccovi la lista di 15 delle migliori serie TV originali Netflix secondo IMDb.
Interpretata da Jason Bateman e Laura Linney, Ozark è una serie drammatica sul riciclaggio di denaro sempre sul filo del rasoio. Chiaramente ispirata all’innovativo show della AMC Breaking Bad, Ozark ha una premessa e un percorso dei personaggi molto simili. Sia Marty Byrde che Walter White desiderano il meglio per le loro famiglie, e le difficoltà a cui sono disposti li portano sulla strada della criminalità.
La serie è stata nominata per diversi premi, tra cui Outstanding Drama Series agli Emmy e Best Television Series – Drama ai Golden Globe. La prima parte della stagione finale è già arrivata su netflix dal 21 gennaio.
When They See Us (2019)
migliori serie TV originali Netflix
La straziante serie drammatica, divisa in quattro parti, di Netflix che racconta gli eventi del caso Central Park Five è un tour de force della regista Ava DuVernay, che ha anche creato e co-scritto la miniserie. Ispirata all’orribile errore giudiziario basato sul profilo razziale degli accusati, When They See Us segue gli ingiustamente accusati e le loro famiglie durante il processo originale e l’assoluzione finale nel 2002.
Esplorando le disparità razziali nel sistema giudiziario americano, When They See Us è un resoconto emotivo e potente degli orrori della falsa incarcerazione. Un’altra opera complementare alla serie, Oprah Winfrey Presents: When They See Us Now è stata pubblicata da Netflix in concomitanza con la serie e presenta le persone realmente coinvolte, oltre al cast e ai creatori dello show.
The Haunting Of Hill House (2018)
migliori serie TV originali Netflix
The Haunting Of Hill House è adattato dall’omonimo romanzo dell’autrice Shirley Jackson. La serie segue la famiglia Crain, che si riunisce nella loro casa d’infanzia chiamata Hill House. Sono costretti a rivivere il loro passato e le attività paranormali che si sono verificate nella casa.
The Haunting Of Hill House è una serie particolare perché non è una tipica storia dell’orrore. Sebbene il genere sia l’horror, vengono affrontati diversi argomenti seri, tra cui il lutto, la malattia mentale e il modo in cui superare il trauma. La serie è piuttosto poetica e ricca di sottotesti: ad esempio, ognuno dei fratelli Crain rappresenta le cinque fasi del lutto.
The Witcher (2019 – )
migliori serie TV originali Netflix
Reso popolare dall’omonima serie di videogiochi, The Witcher è basato sulla serie di libri fantasy dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski. Interpretata da Henry Cavill, Superman in persona, nel ruolo di Geralt di Rivia, la serie segue Geralt che è destinato a proteggere la principessa Cirilla nel mondo fantasy del Continente.
La prima serie ha ottenuto recensioni per lo più positive ed è diventata la terza serie in lingua inglese più vista di Netflix, anche se molti hanno criticato l’inutile frattura delle linee temporali della prima stagione. La seconda serie è stata lanciata nel dicembre 2021 con recensioni molto più positive. La serie ha anche generato diversi tie-in, tra cui la serie animata The Witcher: Nightmare of the Wolf e il live-action The Witcher: Blood Origin.
The Defenders è una miniserie che segue Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Iron Fist, che si uniscono tra loro per creare una sorta di versione stracciona dei Vendicatori. I quattro si uniscono per combattere Alexandra Reid, leader di un’organizzazione malvagia chiamata la Mano.
I fan amano i crossover, ma ciò che distingue The Defenders è la sua versione più grintosa e realistica del MCU Disney (e questa grinta è in gran parte ciò che rende tutti gli show Marvel di Netflix così attraenti).
The Last Kingdom (2015 – 2022)
migliori serie TV originali Netflix
The Last Kingdom è un esempio di serie originale Netflix che non è tecnicamente tale, poiché ha debuttato sulla BBC nel 2015 ed è rimasta in onda per due stagioni sulla rete, prima di essere acquisita da Netflix. Le tre stagioni successive sono state prodotte esclusivamente da Netflix.
The Last Kingdom, basata su The Saxon Stories dell’autore Bernard Cornwall, segue Uhtred, un sassone allevato dai vichinghi danesi nel IX secolo, e le battaglie che si svolgono in Inghilterra in quel periodo tra fazioni in guerra per il controllo del Paese. Nonostante la recente conclusione della quinta e ultima stagione, Netflix ha confermato che è in lavorazione un lungometraggio intitolato Seven Kings Must Die, ma non è stata annunciata alcuna data di uscita.
BoJack Horseman (2014 – 2020)
migliori serie TV originali Netflix
Debuttando nel 2014 come prima serie animata originale di Netflix, la prima stagione di BoJack Horseman è stata criticata per la sua disomogeneità e poca chiarezza. Ma la serie ha trovato la sua strada quando è entrata nella seconda stagione, e da allora è cresciuta fino a diventare una delle migliori serie animate di tutti i tempi. IndieWire gli ha persino assegnato questo riconoscimento, battendo classici dell’animazione come I Simpson e South Park.
Per essere uno show con una premessa surreale, BoJack Horseman trattava molti argomenti impegnativi, come la dipendenza, l’alcolismo, la depressione, l’esistenzialismo e il trauma, in modo più sfumato e maturo di molti altri show dell’epoca. I migliori episodi di BoJack Horseman, tra cui “Free Churro” e “Stupid Piece of Sh*t”, sono emblematici di quanto lo show possa essere creativo ed emotivo.
Stranger Things (2016 – )
migliori serie TV originali Netflix
Senza dubbio una delle serie TV più popolari e culturalmente influenti degli originali Netflix, Stranger Things, creata dai fratelli Duffer, è una lettera d’amore a molti drammi sull’adolescenza e ai film di fantascienza degli anni Ottanta, come E.T. , Stand By Me e Poltergeist.
La serie è piena di nostalgia degli anni ’80, dai vestiti alle location, fino ad arrivare addirittura alle musiche del jukebox. Attualmente, lo show ha quattro stagioni disponibili su Netflix, con la quinta stagione di Stranger Things destinata a concludere la serie preferita dai fan.
Mindhunter (2017 – 2019)
migliori serie TV originali Netflix
La serie crime di Joe Penhall, Mindhunter, basata sul libro Mindhunter: Inside the FBI’s Elite Serial Crime Unit, segue due agenti dell’FBI mentre intervistano serial killer incarcerati, tra cui i veri criminali come Ed Kemper e Charles Manson (ovviamente non quelli reali). Il famoso e prolifico regista David Fincher è il produttore esecutivo della serie e il regista più importante per la serie.
Sebbene la serie sia stata applaudita dalla critica, è stata messa in pausa a tempo indeterminato, poiché David Fincher è passato ad altri progetti. Nonostante il crescente interesse per i documentari e i drammi di cronaca nera, Mindhunter “non ha mai avuto i numeri per giustificare i costi”, come ha dichiarato Fincher in un’intervista a Vulture. Se Mindhunter tornerà o meno per una terza stagione sembra dipendere in gran parte dai fan, e se riusciranno a convincere Netflix a continuare con la serie.
Arcane è una delle serie fantasy più apprezzate dalla critica disponibili su Netflix. La serie è arrivata al pubblico nel 2021 e la sua popolarità è cresciuta rapidamente, rendendola una delle serie fantasy più viste di Netflix.
Arcane segue una lotta di classe tra le città di Piltover e Zaun. Le sorelle Vi e Jinx sono le protagoniste che guidano gli spettatori nel magico mondo di Arcane. I fan dicono che questo show animato dà un tocco di freschezza al genere fantasy.
Narcos (2015 – 2017)
migliori serie TV originali Netflix
Questa serie crime drama segue le gesta del leader del cartello della droga Pablo Escobar, i suoi scambi con la D.E.A. negli anni ’70, e le conseguenze della sua eliminazione. Composta da tre stagioni e da una serie successiva, Narcos: Mexico, Narcos è una delle serie originali di maggior successo di Netflix.
Sebbene sia stata criticata per alcuni aspetti della serie, come l’accento di alcuni personaggi e la romanticizzazione della vita di Escobar, la qualità complessiva e la natura surreale della storia sono state spesso elogiate da fan e critici.
Black Mirror (2011 – )
migliori serie TV originali Netflix
Anche se tecnicamente non è una serie originale di Netflix, dato che ha debuttato su Channel 4 nel Regno Unito nel 2011, Netflix ha acquisito lo show nel 2016 e da allora è presente esclusivamente sulla sua piattaforma. Creata dal produttore satirico e critico sociale Charlie Brooker, Black Mirror è una serie antologica che esplora il potenziale impatto distopico della tecnologia speculativa.
La serie è cresciuta notevolmente da quando è passata a Netflix, raggiungendo uno status di cultura pop che pochi show televisivi potrebbero mai sognare. Il termine “Black Mirror”, usato per descrivere la tecnologia distopica, è persino entrato nel linguaggio pubblico nello stesso modo in cui “Orwelliano” viene usato per descrivere gli stati totalitari distopici, evidenziando l’impatto culturale che la serie ha avuto in tutto il mondo.
Arthdal Chronicles (2019- )
migliori serie TV originali Netflix
Arthdal Chronicles è una serie fantasy sudcoreana. Sebbene si svolga in un universo fantasy, la serie porta il pubblico nel passato, oltre il 1200 a.C., nella terra fittizia di Arth.
La serie è uscita solo da pochi anni, nel 2019. Tuttavia, la sua popolarità è aumentata da quando è arrivata al pubblico ed è diventata una delle serie fantasy più viste su Netflix.
Dark (2017 – 2020)
migliori serie TV originali Netflix
Molto tempo prima che titoli in lingua non inglese come Squid Game e Money Heist diventassero dei veri e propri gioielli a livello mondiale, Dark è stato il fiore all’occhiello della programmazione non inglese di Netflix. Prima serie in lingua tedesca di Netflix, co-creata da Baran bo Odar e Jantje Friese, Dark è un thriller fantascientifico di viaggi nel tempo, ambientato nella città immaginaria di Winden.
È difficile spiegare la premessa di Dark in una sola frase, ma la storia abbraccia più generazioni che cercano di scoprire i misteri delle sparizioni avvenute nella loro città. In corso per tre stagioni, Dark è una serie sconvolgente che esplora i temi del viaggio nel tempo, della predestinazione e dei paradossi in modo del tutto soddisfacente e profetico. Di natura veramente innovativa, Dark è senza dubbio una delle serie più innovative e originali di Netflix.
The Queen’s Gambit è una miniserie televisiva americana del 2020 basata sull’omonimo romanzo del 1983 di Walter Tevis. A partire dalla metà degli anni Cinquanta e fino agli anni Sessanta, la storia segue la vita di Beth Harmon (Anya Taylor-Joy), un prodigio degli scacchi fittizio in ascesa verso i vertici del mondo degli scacchi, mentre lotta contro la dipendenza da droghe e alcol.
Netflix ha rilasciato The Queen’s Gambit il 23 ottobre 2020. Dopo quattro settimane è diventata la miniserie sceneggiata più vista di Netflix, diventando il programma di punta di Netflix in 63 Paesi.] La serie ha ricevuto il plauso della critica, che ha lodato in particolare l’interpretazione di Taylor-Joy, la fotografia e i valori di produzione.
Recensione dell Ep.07 della St.1 della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi
Questa è la recensione della settima puntata di The Last of Us, che è certamente diversa dalle altre, ma è anche molto emozionante. Se nella sesta puntata si può notare una certa fretta nel raccontare gli eventi che portano avanti la trama orizzontale, qui l’episodio inizia e finisce nello stesso punto.
https://youtu.be/6iC4xzNyuQk
“Left Behind” è un flashback riguardante il passato di Ellie lungo tutta una puntata, in cui si fa la conoscenza di un personaggio fondamentale per la caratterizzazione del personaggio, Riley Abel. Orfana, è sopravvissuta all’apocalisse e cresciuta a Boston e del rapporto con Ellie sappiamo che a un certo punto la abbondona e in questo flashback ci viene narrata una serata in cui si rincontrano e lei porta Ellie in un centro commerciale, dove poi si procurerà la cicatrice zombie.
La gestione dei tempi e delle dinamiche tra i personaggi l’ho trovata molto curata, seppur forse un po’ lenta nella parte centrale. La fotografia in alcuni frangenti non è che mi abbia fatto impazzire (si vedeva il riflesso giallo sulla faccia degli attori) però l’ambientazione anni ’80 l’ho trovata rispettosa e coerente. Anche tutte le varie citazioni che contiene sono riuscito ad apprezzarle, poiché mai banali.
In generale la puntata la promuovo con sufficienza piena, abbastanza in linea con le sue precedenti. Un livello di qualità molto alto per una serie, dato dal cast, dalla sceneggiatura e dalla regia. Una caratteristica di questa serie è che riesce ad avere trame verticali interessanti e una trama orizzontale quasi a episodi.
Non racconta una storia lineare o composta da più sottotrame incentrata su una storia apocalittica di zombie, ma piuttosto si concentra su narrare singole storie che sono correlate con un mondo apocalittico. L’intento non è quindi di creare una serie alla The Walking Dead, ma di raccontare una società e le diverse reazioni a un’apocalisse.
In conclusione, la puntata è assolutamente promossa e spero davvero che le ultime due puntate rimangano della qualità di queste. Mancano solo due puntate quindi vedremo in che modo chiuderanno questa stagione e a cosa preferiranno dare minutaggio. Noi ci vediamo a un’altra recensione i The Last of Us
Vi ricordo che siamo in live tutti i lunedì su Youtube per parlare delle puntate più approfonditamente
Qui il sito ufficiale di HBO per informazioni più ufficiose.
Recensione del nuovo film Marvel Ant-Man and The Wasp Quantumania, la pellicola che apre la fase 5 dell’MCU
Il film che apre la fase 5 dell’MCU è a dir poco deludente. Doveva riaccendere le speranze per questo Universo dopo una fase 4 molto sotto tono e confusionaria, invece per quanto mi riguarda le ha abbassate ancora di più. Se Black Panther Wakanda Forever era un film inutile e abbastanza noioso, questo posso definirlo addirittura brutto. Avete presente tutte le caratteristiche dei primi due Ant-Man, ecco qui non ci sono.
Partiamo dalla storia. Pretesto di trama abbastanza debole e pigro, che si sviluppa nei modi più banali di sempre e che a tratti non torna. Il montaggio, a tratti incomprensibile, rischia anche di non far capire bene alcuni risvolti di trama. La vicenda abbraccia un cast abbastanza ampio, ma non riesce a valorizzare nessuno in particolare, rendendo piatto qualsiasi personaggi. Scott sembra un qualsiasi supereroe Marvel dalla battuta facile.
Il resto dei personaggi è un totale flop. Hank Pym è un vecchietto rincoglionito, Janet non si capisce perché non abbia detto di Kang, capisco che lo abbia aiutato ma non lo sapeva. Cassie non mi sta particolarmente simpatica, però forse è la più riuscita. Hope praticamente inesistente. M.O.D.O.K. è inutile, ridicolo e un pugno nell’occhio. Mi sembra quasi superfluo dire quanto sia stata un’occasione sprecata. Le interazioni tra i personaggi in generale mi sono sembrate piuttosto sterili: i personaggi non compiono effettivi archi evolutivi all’infuori di Cassie (non è che Janet si pente per quello che ha fatto o cerca di rimediare). Kang è la delusione più grande.
È vero che nei fumetti Kang ha diverse caratterizzazioni, ma quello che sinceramente mi aspettavo era quella molto in stile Thanos, soprattutto perché dovrebbe essere il main villain della fase 5, quindi in grado di reggere una intera fase come antagonista principale. Quello che a me invece è parso, è un qualunque cattivo del MCU, carismatico fino a un certo punto, immerso nelle sue smorfie, e addirittura battuto abbastanza facilmente da Ant-Man. So che ne hanno mostrati altri e quindi probabilmente la minaccia è un esercito di Kang, ma a me la performance attoriale di Jonathan Majors non ha convinto. Secondo me non ha centrato la caratterizzazione del personaggio.
Il world building è un’altra occasione sprecata, perché alcune cose erano interessanti, ma hanno creato un intero universo nuovo e lo hanno approfondito nulla, non mi è assolutamente venuta voglia di esplorarlo. E sinceramente in alcuni frangenti c’erano anche dei problemi nella computer grafica, non sempre impeccabile, nonostante non sia un reale problema.
Due parole sulle scene post credit, di cui ho apprezzato la visione, ma mi sembrano sempre più delle scene per incrementare un hype che non verrà coronato, ma è solo un assaggio, tanto fumo e poco arrosto.
In conclusione, una pellicola del grande potenziale, di cui funziona molto la colonna sonora (ma la versione epic di Goodbye Yellow Brick Road?) e poco altro. Ant-Man abbassa ancora di più le aspettative per questa fase 5 che vorrei tanto mi sorprendesse, così come Kang, che vedo sempre di più, già da Loki, un flop.
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Per la recensione manga di oggi parleremo di Pluto e del suo paradossale messaggio che Naoki Urasawa è riuscito a trasmettere
Questa recensione non la volevo fare. Per quanto io voglia esprimere davvero quello che ho provato durante la lettura di questa opera, è come se mi sentissi legato o imprigionato a delle catene che cercano in tutti i modi di sabotare quello che vi voglio trasmettere. Sarà la grande importanza dall’opera o questa mia sindrome dell’impostore che mettono sulle mie spalle un grave fardello. A guardarla sotto un occhio oggettivo, è sicuramente vero che tutto questo, tutto ciò che sto provando, non sia considerato da tutti una cosa positiva, ma nel profondo del mio cuore, e dopo la lettura di questa opera, so bene di essere fortunato. Fortunato per cosa vi chiederete? Che senso ha sentirsi speciali nel provare delle emozioni negative? Il fatto è che abbiamo già “incontrato” tutto ciò che possiamo interiormente provare: Felicità, tristezza, odio, oppure paura o sorpresa e questo nostro expertise ci porta a voler eliminare, come autodifesa, tutti quei sentimenti negativi. Ma provate a pensare a qualcuno progettato senza la possibilità di provare emozioni, in un mondo in cui tutti attorno a lui si riempiono la bocca di queste fantomatiche e tanto osannate emozioni e di quanto siano importanti e preziose. Questi sono i robot, veri e propri umani fatti di latta, la cui vera unica mancanza sono la ciccia e queste tanto agognate emozioni. Ma se un robot provasse emozioni? Cosa potrebbe essere considerato? Si potrebbe davvero considerare un umano oppure no? Potrebbe davvero esistere qualcosa di così perfetto? È da qui che inizia la nostra recensione di Pluto
Benvenuti in questa alquanto pesante e paradossale recensione di Pluto, un manga possiamo dire con i controcazzi, scritto e disegnato dal nostro Naoki Urasawa, considerato da molti uno dei migliori, se non il migliore, mangaka contemporaneo. Con Pluto, composto da 8 volumi editi da Planet Manga, Urasawa riprende una delle storie più icone e più famose di Osamu Tezuka, cioè Astro Boy considerato da tutti come uno dei cardini della tradizione dei manga giapponesi. Con molta audacia e soprattutto coraggio, Urasawa fa suo questa intramontabile storia e mediante la sua mano la rinterpreta in una chiave di lettura più thriller, fantascientifica e poliziesca. Badate bene che riuscire a creare qualcosa di così unico, rifacendosi a una delle storie più famose del Giappone e forse anche del mondo, non è assolutamente una cosa da poco, ma Urasawa ci riesce in modo perfetto. Una caratterizzazione dei personaggi fenomenale, una trama ben congeniata e ben raccontata, ma soprattutto un’emotività da togliere il fiato, marcheranno ogni singola pagina di questo favoloso manga. Ma d’altronde Urasawa è Urasawa e con i suoi capolavori come 20th Century Boys e Monster non ha mai deluso nessuno. Ma prima di entrare nel dettaglio di questa recensione vi voglio fare un sunto della trama di Pluto:
[Recensione] Pluto
“Ehi tu! Guarda che gli umani devono passare per di qua!” “Ma io non sono robot, signore” “Ah cavolo di questi tempi, non si riesce davvero a distinguere un essere umano da un robot, allora per di qua!”. Questo potrebbe essere un piccolo indizio del tipo di mondo in cui ci troviamo nelle vicende narrate all’interno di Pluto: Ci troviamo parecchi anni avanti rispetto al nostro attuale presente, in una distopica e decisamente molto tecnologicamente avanzata Terra, in cui le macchine volano in alto nei cieli, e le case fluttuano raggruppate in quartieri come in delle cupole marziane. Tra tutte queste innovazioni e questo progresso tecnologico però, ciò che bazzica subito all’occhio, non sono le macchine volanti o i super grattacieli ma bensì i robot. Progettati per aiutare e assistere l’uomo in qualsiasi mansione, i robot pullulano per tutte le strade e gli edifici di questo nuovo mondo super dispotico e “blaze runniano” vivendo una loro vita, molto simile a quella umana. Pur essendo equipaggiati con le più potenti armi in commercio i robot non sono un pericolo pubblico e non lo saranno mai! Sviluppati con una intelligenza artificiale, quasi perfetta, nessuno robot è in grado di provare emozioni e nessun robot può, per volere mondiale, uccidere o ferire un umano. I robot di questo mondo non sono altro che delle fredde macchine calcolatrici fatte di lamiera, che non fanno altro che starsene li a prendere ordini. Ma è davvero così? C’è qualcosa però che si sta agitando nel fondo delle viscere di questo mondo, c’è qualcosa che si sta svegliando, qualcosa di molto triste e colmo di rabbia; un odio spaventoso si è risvegliato. Qualcosa o qualcuno sta iniziando ad eliminare i sette robot più forti e importanti del pianeta, insieme ad alcuni esponenti umani pro-robot, lasciandosi alle spalle di questi misteriosi omicidi, un simbolo, un paio di corna. Da qui partirà il mozzafiato thriller poliziesco, che con il detective robot Gesicht, uno dei membri dei sette robot più potenti del globo, andrà sempre più a fondo in questo macabro e contorto mistero.
[Recensione] Pluto
Il disegno di Urasawa è una garanzia, dettagli paurosi, tavole pulite, ma all’occorrenza si sporcano per dare spazio ad una emotività sublime da perdere il fiato. Questa emotività che traspare dai volti e dalle scene di quest’opera è incredibile e permette al lettore di entrare a pie pari all’interno dei sentimenti dei personaggi. Un disegno lineare, pulito e solido va in contrasto con una scrittura dolce, appassionante, ma alle volte anche pesante che legano il lettore alla storia, facendogli mangiare tutto d’un fiato questi 8 volumi. Se dovessi scegliere cosa permette a Pluto di renderlo una opera come nessun’altra è proprio la sua umanità che traspare da esso. Certo i sentimenti delineati tra le pagine di questo manga sono molto accentuati e tendono a cogliere il lettore o impreparato oppure a scaturire in lui una sorta di empatia mista a compassione durante tutto l’arco narrativo. La pelle d’oca è assicurata e andando avanti nella lettura posso assicurarvi che si farà sempre più presente, portandovi chissà, anche a qualche lacrimuccia. Ma il vero protagonista qui è la già citata umanità che traspare durante tutta la lettura. È come se il lettore venisse costantemente messo in discussione, portandolo allo smarrimento e a un quasi dubbio esistenziale: “Sono davvero Robot quelli che sto vedendo?”. Le domande saranno tante e le risposte alle vostre domande ancora meno, ma una domanda in particolare rimarrà incastonate al vostro cuore: “Come può un robot essere più umano di un essere umano?”. Per quanto il concetto di umanità sia qualcosa di gigantesco e anche di molto soggettivo, credetemi, in questo manga riuscirete a sentirlo scorrere nei vostri occhi e a farlo vostro, qualunque esso sia.
[Recensione] Pluto
Da prendere assolutamente in considerazione ci sono anche i personaggi e la loro evoluzione durante tutto il manga: Essi sono caratterizzati e scritti in modo ognuno completamente peculiare dall’altro e l’evoluzione di essi, elaborata in modo armonioso con il susseguirsi degli eventi, permetterà una immersione completa nelle tavole di questa fantastica opera. I volti, gli sguardi, i movimenti, sono una orchestra incredibile di emozioni quasi surreali che graveranno enormemente sul vostro cuore, rendendo questa vostra lettura unica e indimenticabile. Questo buon architettato viaggio che viene intrapreso insieme a questa presa di coscienza dei personaggi, creerà una miscela fondamentale per l’evoluzione di quest’ultimi perché ci permetterà di entrare dentro la loro umanità e dentro le loro emozioni. Ma se i principali protagonisti sono robot, come fanno a provare emozioni? È qui che si fonda il paradosso dell’umanità; come può qualcosa di non umano e di predestinalmente apatico, diffondere così tanta umanità e così tante emozioni? Ed è proprio attraverso questa evoluzione che tu, insieme ai personaggi della storia riuscirai a comprendere questo mistero e a farlo tuo. È questa la magia che regala Pluto.
In conclusione, anche se potremmo stare qui a discutere per ore, vi voglio veramente consigliare questo pesantissimo ma anche appagante viaggio, che vi riempirà il cuore di umanità e di vere emozioni. Una storia coinvolgente, appassionante e piena di colpi di scena, che vi farà rimanere attaccati alle pagine pulite decise e piene di significato di questa opera fantastica. Ciò che rende quindi un essere umano tale, non è ciò di cui è composto; che sia metallo o carne, ciò che rende davvero chi siamo è la nostra umanità e ciò che ne consegue. Perciò Pluto colpirà ognuno di voi in modo diverso, nel modo più opportuno scelto proprio da voi.
Recensione dell Ep.05 della St.1 della nuova serie HBOmax The Last of Us, ispirata all’omonima saga di videogiochi
Questa è la recensione della quinta puntata di The Last of Us, che riesce in tutto e per tutto a adattare un passaggio del videogioco in modo, a mio avviso molto efficace. La narrazione dei nostri protagonisti prosegue in modo organico e facciamo conoscenza di Henry e Sam, che è stato reso muto e sinceramente penso sia una trovata intelligente. La dinamica tra questi due nuovi personaggi è sicuramente ben curata e riesce a farci affezionare ai due. Inoltre viene sviluppato meglio il background di Henry, di cui conosciamo meglio i moventi e l’interiorità, che ci fanno empatizzare meglio con il personaggio.
Mi è piaciuta molto la scelta della modalità in cui si rapportano i personaggi analoghi. Come Henry dialoga con Joel, così come Sam rivede in Elly quasi come una sorella maggiore su cui appoggiarsi e che vede addirittura senza paure, e come Elly cerchi di insegnare a Sam quello che sa
Per leggere articoli simili, clicca qui. La scena topica dell’episodio quando arrivano gli zombie è ben pianificata e ben gestita. Forse il colpo di scena finale è un po’ lento rispetto al videogioco, in cui si sottolinea di più la questione della “paura di essere zombieficati” e tutto risulta meno macchinoso rispetto alla serie, ma è comunque efficace ed è un vero e proprio pugno allo stomaco. Forse avrei asciugato qualcosa riguardo alla sottotrama dei ribelli catturati, ma in generale tutti i risvolti narrativi sono ben costruiti e assolutamente ho goduti alla morte di Kathleen e il suo sgherro. Ora speriamo che riescano a gestire bene la narrazione con i tempi brevi che hanno, perché hanno ancora 4 puntate e quello da raccontare è molto.
In conclusione, posso dirmi soddisfatto della puntata e in generale della serie finora, che è riuscita sempre a mantenere una qualità molto alta e una attenzione del pubblico costante. Ora attendo con trepidazione la sesta puntata sperando riescano a mantenere il livello alto delle prime cinque puntate. Noi ci vediamo a una prossima recensione di The Last of Us
Vi ricordo che siamo in live tutti i lunedì su Youtube per parlare delle puntate più approfonditamente
Qui il sito ufficiale di HBO per informazioni più ufficiose.