Lo showrunner del live-action di ATLA commenta il momento in cui la serie è stata affidata a lui, dopo l’uscita di Konietzko e DiMartino!
Lo showrunner dell’adattamento live action Netflix di Avatar – La leggenda di Aang (in originale Avatar: The Last Airbender, o ATLA) ha finalmente affrontato il tema del momento in cui Bryan Konietzko e Michael Dante DiMartino hanno abbandonato il progetto.
Parlando con “Entertainment Weekly”, Albert Kim ha dichiarato di essere stato incerto sul continuare la serie senza i creatori dello show animato originale. Konietzko e DiMartino hanno infatti lasciato il progetto live-action nel 2020, dopo averci lavorato per due anni.
Kim ha detto di essersi sentito “intimidito” quando il lavoro è stato affidato a lui. “La mia prima reazione dopo il ‘sì, cavolo!’ è stata ‘porca miseria. Voglio davvero farlo? C’è un modo per migliorare l’originale?’ Ogni volta che affronti qualcosa che è già amato da milioni di fan, devi farti queste domande”.
Avatar – La leggenda di Aang è andato in onda per tre stagioni su Nickelodeon ed è considerato uno dei migliori show televisivi di tutti i tempi. La serie sequel La leggenda di Korra è arrivata anni dopo (insieme a diversi fumetti e romanzi), e Konietzko e DiMartino stanno attualmente sviluppando altri progetti animati ambientati nello stesso universo.
La serie live-action sarà un adattamento della serie originale, anche se Kim ha detto che alcuni elementi cambieranno per raccontare la storia alle nuove generazioni.
“Non facciamo iniziare lo show nel modo in cui inizia la serie animata. È stata una decisione consapevole per mostrare alle persone che questa non è la serie animata”, ha detto Kim.
“A volte abbiamo dovuto disfare le trame e rimescolarle in modo nuovo in modo che avessero senso nell’ottica di un prodotto a puntate. Quindi sono molto curioso di vedere cosa succederà dal punto di vista delle reazioni [del pubblico]”.
“La gamma spaziava da piccole cose nerd che nessuno, a parte qualche fan irriducibile, potrebbe chiedersi – domande sulla madre di Katara o sui genitori di Aang – a questioni più generali su come tradurre in versione live-action ciò che ha reso l’originale così speciale”, ha detto Kim. “Questo è Avatar – La leggenda di Aang, ma è la nostra versione di Avatar – La leggenda di Aang.”
Konietzko e DiMartino hanno dichiarato di aver lasciato il progetto perché “Netflix si era impegnata a onorare la nostra visione di questa rivisitazione”, ma “le cose non sono andate come speravamo”. Hanno detto che lo show aveva “il potenziale per essere buono” ma “non sarà quello che Bryan e io avevamo immaginato o intendevamo realizzare”.
Netflix collaborerà con lo Studio Wit per adattare nuovamente la prima saga del manga in un nuovo remake anime: “The One Piece”!
Netflix ha annunciato che pubblicherà un remake anime della prima saga di One Piece, intitolandolo The One Piece, e che ad occuparsi della produzione sarà uno dei migliori studi di animazione in circolazione.
Di recente, Netflix ha pubblicato un video di un minuto e mezzo per celebrare il 25° anniversario dell’anime One Piece, rivelando che lo Studio Wit, il team dietro Spy x Family e le prime tre stagioni di Attack on Titan, sta producendo “un nuovissimo adattamento anime del manga One Piece a partire dall’iconica Saga del mare orientale”.
Il nuovo adattamento uscirà su Netflix, anche se la compagnia non ha parlato di date. Da notare che la Saga del mare orientale è la prima saga sia del manga che dell’anime di One Piece, un arco che copre rispettivamente 100 capitoli e circa 60 episodi.
Il remake di Netflix è un adattamento anime della versione manga della Saga, il che significa che probabilmente si discosterà dall’adattamento anime di One Piece attualmente in corso.
Al di là dell’annuncio in sé, Netflix non ha rivelato molto altro, perciò, oltre alla data di uscita, non sappiamo nemmeno come si comporterà Netflix in merito al casting di doppiatori.
Ecco il video annuncio di Netflix! Cosa ne pensate della notizia?
Il videogioco horror ci parla della nostra società e di quelle altrui in un modo inaspettato e con una semplicità disarmante. Scopriamo come.
Per comprendere come la società, la cultura e il videogioco horror siano correlati, è necessario prima fare un importante parallelismo sonoro.
Nella musica, e in particolare nel Metal, esiste questa tendenza alla suddivisione più specifica possibile in generi e sottogeneri basata anche solamente sulle tematiche che l’artista va ad affrontare.
Per quel che riguarda la politica e la ribellione troviamo il Thrash Metal, c’è il Death Metal che ci racconta di violenza, morte e dolore, oppure il Black Metal che narra di temi occulti e depressione;
Molto spesso la trama musicale è identica ma da una parte troviamo il Depressive Black Metal e dall’altra il Blackened Black Metal, e così via.
C’è quindi una differenziazione semiotica di un contenuto che basilarmente è molto simile, o almeno all’apparenza.
Oggi vorrei applicare questo discorso ai videogiochi, in particolare a quelli che ci spaventano e ci fanno pentire di aver speso i nostri sudati risparmi per ore ed ore di paura gratuita.
Come ogni altra opera artistica, anche i videogiochi, oltre che dal genio dell’autore, sono costituiti da alcuni elementi “ambientali” che inevitabilmente li condizionano. Quelli Horror ancor di più rispecchiano paure molto spesso non solo personali, legate alla cultura e alla società di appartenenza; e così come l’amore, la paura è uno di quei sentimenti che più facilmente si manifesta inconsciamente in azioni, parole e, in questo caso, creazioni.
Un videogioco horror ci parla, in parole povere, molto di più rispetto ad altri generi, perché gli autori ci trasferiscono alcune problematiche inconsce derivanti dalla società in cui vivono e dalla cultura a cui appartengono.
Questo processo è ciò che rende l’opera un oggetto culturale a tutti gli effetti, ma partiamo dall’inizio.
Il primo videogioco considerabile da chi vi scrive un vero e proprio Horror tout court è Alone in The Dark, del 1992, il quale remake è stato da poco (purtroppo) rimandato a gennaio. Ovviamente anche in precedenza ci sono stati giochi a tema Horror, ma Alone in The Dark è stato il primo ad avere una parvenza di gameplay ad hoc, con meccanismi appositamente creati per creare tensione anche pratico, e non solo nel visivo.
Se prima ci ritrovavamo punta e clicca o Dungeon Crawler con degli orribili mostri, pur mantenendo la struttura di un’avventura grafica, Alone In The Dark utilizzava metodi quali il lento cambiamento di telecamera, gli enigmi ambientali ed i dialoghi per spaventare o perlomeno inquietare il giocatore per tutta la durata della partita. Un effetto chiaramente anche involontario, dato che la lentezza ansiogena del gameplay era dovuta anche dai limiti tecnici delle console dell’epoca.
È arduo anche effettuare un’analisi semiotica del gioco, anche se nella gestione delle tematiche troviamo molti topos della narrativa anche cinematografica del tempo: riassumendo molto, Il Detective Carnby esplora villa Derceto cercando di risolvere un delitto e durante la sua esperienza scoprirà molto di più rispetto a ciò che inizialmente si aspettava, rischiando la vita.
Tutto l’Horror anni ’80 e primi ’90 è pregno del concetto dello “scoprire troppo”, figlio di una società e una cultura, quella americana, dell’eccesso, dove soprattutto i giovani annoiati dal loro ambiente abitudinario e tranquillo, escono dalla loro comfort zone cercando il brivido dell’ignoto esplorando zone remote dello Stato.
Pensate ad un qualsiasi Slasher del periodo e indubbiamente noterete questo schema che si ripete. Alone in The Dark è anch’esso figlio di questo stile, ma le cose stavano per cambiare, soprattutto con l’avvento delle opere del Sol Levante nel genere.
Prima però, è necessario parlare di un importante concetto: quello di relativismo culturale.
Evitando lunghi spiegoni, il relativismo culturale è quel fenomeno per il quale una stessa usanza e/o pratica viene percepita in modo differente in base alla cultura in cui viene inserita.
Un esempio possono essere i bovini: mangiati con gusto in Occidente e venerati come dei in India.
Queste differenze sono determinate da tradizioni e usanze così radicate nella società e negli uomini tanto da rendere difficile stabilirne la reale origine.
Ma ora, torniamo a noi.
1996. Esce Resident Evil. Tutti si spaventano a causa di questa specie di B-Movie USA creato però dai Giapponesi. Nasce una leggenda.
1999. Esce Silent Hill. Tutti si spaventano a causa di questo thriller angosciante su un padre USA che perde la figlia ma creato dai Giapponesi. Nasce una leggenda.
Queste due saghe horror, indubbiamente le più importanti di quelle prodotte in Giappone, sono anche molto utili per descrivere come in Oriente il concetto di paura sia completamente differente nella società e nella cultura rispetto all’Occidente.
Da quando il genere è diventato maturo infatti, dall’America abbiamo avuto come esempi storie in cui il protagonista svolge il suo ruolo principalmente per se stesso: In Alone in The Dark, Carnby accetta il caso perché ingaggiato da un’antiquaria, perché è il suo lavoro; perfino in Doom, che non è considerabile un vero e proprio videogioco dell’orrore, noi uccidiamo i demoni perché possiamo farlo, e vogliamo farlo.
Le due saghe giapponesi invece capovolgono la prospettiva: Non è più il giocatore e il personaggio giocante al centro dell’attenzione, non agiamo per nostro diletto o soddisfazione. Le città, le altre persone, le altre vite, diventano la motivazione che ci spinge a giocare.
Salvare Raccoon City, scoprire cos’è successo sulle montagne Arklay; salvare Cheryl, scoprire perché Silent Hill è avvolta nella nebbia e piena di mostri.
Nella prospettiva occidentale, si fa in qualche modo riferimento ad un’etica profondamente individualista e a tratti capitalista: non a caso di grande ispirazione per tutto il movimento Horror USA (compreso il suddetto Alone in The Dark) fu H.P. Lovecraft, repubblicano e decisamente critico verso la seppur nascente ideologia bolscevica.
Ma allora per quale motivo i giochi dell’orrore orientali hanno avuto così tanto successo anche da noi, nonostante di base avessero una morale e un significato teoricamente così distanti?
In questo caso c’è anche un pizzico di furbizia.
Edward Said nel 1978 pubblicò Orientalismo, un libro in cui descriveva un processo che spesso viene effettuato da noi occidentali: analizzare i processi culturali completamente a noi avulsi, come quelli del mondo orientale, e codificarli secondo il nostro codice etico, la nostra cultura, morale ecc..
Resident Evil in qualche modo asseconda questo processo, utilizzando una messa in scena che più occidentale non si può, facendo continui riferimenti agli zombie movie dei decenni precedenti e stereotipando il più possibile i suoi personaggi. Eppure il concetto di base è sempre molto filo-orientale: La STARS, una squadra creata appositamente dalla polizia per risolvere problemi “complessi”, in seguito ad una missione di soccorso entra in una villa scoprendo gli inganni di una multinazionale che rischia di distruggere il mondo con un’arma batteriologica.
L’Umbrella stessa è eco di un sistema capitalistico che, seppur ormai completamente ibridato alla società giapponese, faceva storcere il naso a chi non si sentiva parte dell’ormai sistema globalizzato a traino americano. Alla Capcom si strizzava l’occhio agli USA ma inconsciamente non ci si distaccava troppo dalla morale collettivista tipicamente orientale.
Come sempre con l’avvento dei sequel il messaggio invisibile che forse involontariamente Resident Evil trasmetteva è andato perdendosi a favore di una sempre più elevata spettacolarizzazione, con qualche dovuta eccezione (Come ad esempio Resident Evil 4 e Resident Evil Village, il quale tra poco sarà giocabile anche su iPhone 15).
Silent Hill utilizza invece in parte lo stesso stratagemma di Resident Evil, ma il messaggio finale è molto diverso. Marshall McLuhan, uno studioso delle comunicazioni di massa, coniò nel ’64 il concetto di Villaggio Globale, descrivendo come con il velocizzarsi dei mezzi di comunicazione le informazioni si spargessero per il mondo proprio come in un villaggio, molto rapidamente. La cittadina di Silent Hill quindi simboleggia innanzitutto un distacco da questo Villaggio Globale.
Quando Harry comincia la ricerca di Cheryl, sua figlia scomparsa dopo un incidente stradale alle porte di Silent Hill, è un uomo solo. Perfino la radio, che nel ’99 era la principale fonte di informazioni quando si era in viaggio, fa solo rumore bianco. Ed ecco che le paure primordiali dell’essere umano escono fuori, indipendentemente dal retaggio culturale ma dalle forti connotazioni giapponesi.
La solitudine, l’isolamento, la rottura dei legami parentali. In Silent Hill i mostri che vediamo non ci spaventano tanto quanto le paure che affliggono l’uomo contemporaneo che vediamo realizzarsi su schermo: Il non sentirsi più parte di una città frenetica, aver staccato dai ritmi lavorativi stressanti; a quel punto Harry affronta in qualche modo ciò che gli fa più paura: il rapporto con sua figlia adottiva.
Come in un’ipotetica marcia di redenzione, pian piano Harry entra nell’ambiente si mostruoso, ma simbolicamente anche tranquillo di Silent Hill: una cittadina che probabilmente l’avrebbe turbato anche senza tutti i tran tran satanici; perché lontano dalla vita volta allo sviluppo, al lavoro, alla crescita continua, l’uomo si ritrova ad affrontare i suoi demoni più profondi.
Una retorica questa che viene sottointesa solamente nel primo capitolo della serie, ma che poi verrà esplicitata in tutta la sua potenza espressiva nel successore, e speriamo anche nel suo remake.
Questi che abbiamo fatto sono solamente gli esempi più palesi e famosi, ma basta guardare ad altre serie, come Parasite Eve o Fatal Frame, e di come rappresentino il “calvario dell’uno per salvare molti”, per notare come il concetto di comunità sia trattato in maniera differente ma sia sempre presente nell’Horror orientale.
Chiaramente con il passare del tempo altre saghe e singole istanze si sono aggregate all’ormai immenso filone dei “giochi di Paura”, come li chiamavano alcuni quando erano piccoli, modificando alcuni topos e aggiornandoli man mano che le paure della nostra società andavano a modificarsi. L’horror quindi si auto-aggiorna infine seguendo la cultura e la società.
È quindi importante rendersi conto di come, quando ci approcciamo ad un gioco dell’orrore fatto bene, non stiamo solamente affrontando la fantasia dell’autore, ma le paure spesso inconsce di un intero gruppo di persone culturalmente unito.
Una domanda che molte persone si stanno ponendo dopo che ogni menzione del remake di “Star Wars: Knights of the Old Republic” sembra sparita.
Sembra che il remake di Star Wars: Knights of the Old Republic (KOTOR), un’esclusiva PS5, potrebbe essere in pericolo. È stato infatti notato che la Sony ha eliminato qualsiasi riferimento al gioco e ai suoi trailer dai suoi account sui social media, compresi Twitter e YouTube.
Il remake ha effettivamente avuto una storia travagliata. Annunciato nel 2021, il remake di KOTOR era originariamente in fase di sviluppo presso la Aspyr Media, in collaborazione con la Sony Interactive Entertainment e la LucasFilm.
A maggio 2022, la società madre Embracer Group annunciò che la Saber Interactive si era unita al progetto. Poco dopo, il gioco subì ulteriori ritardi perché la Aspyr aveva licenziato due dei suoi registi.
In seguito sono emerse voci secondo cui la Embracer avrebbe affidato KOTOR Remake a un altro studio, e successivamente sono emersi comunicati secondo cui sarebbe stata la Saber Interactive ad occuparsi interamente dello sviluppo del gioco. A partire da quel momento, non si sono più avute notizie sul progetto o sui suoi progressi di sviluppo.
Non è chiaro quando la Sony abbia iniziato a rimuovere il gioco dai suoi canali social, ma visti i recenti problemi finanziari della Embracer Group e i numerosi licenziamenti, le cose potrebbero non mettersi bene per il remake di Star Wars: Knights of the Old Republic.
Un leak della Square Enix prontamente rimosso ha mostrato un logo che recitava “Star Ocean: The Second Story R”! Che si tratti di un remake?
Un remaster (o remake?) di Star Ocean: The Second Story sembra essere in lavorazione dopo che un logo per il gioco non ancora annunciato è apparso su una pagina di supporto della Square Enix. L’action-RPG è stato lanciato originariamente nel 1998 sulla PlayStation originale.
È stato “RPGsite.net” a individuare il logo (già rimosso dalla Square Enix). Sebbene l’azienda non abbia menzionato nulla in merito al gioco, non sarebbe la prima volta che rimasterizza un gioco di ruolo.
Ad esempio, Star Ocean: First Departure R è uscito nel 2019 per PS4 e Nintendo Switch. Si trattava di una rimasterizzazione in HD del remake per PSP dello Star Ocean originale.
La Square Enix potrebbe dunque riservare lo stesso trattamento al secondo gioco della serie Star Ocean. Tuttavia, al momento non c’è nulla di ufficiale.
Un aspetto particolare notato da “RPGsite.net” è che il titolo The Second Story R potrebbe implicare che questo gioco non ancora annunciato sia basato sul titolo originale per PlayStation e non sul remake per PSP con il sottotitolo Second Evolution.
Nel 2017, la Square Enix ha rilasciato una rimasterizzazione di Star Ocean: The Last Hope per PS4 e PC. Si tratta del quarto capitolo della serie, originariamente uscito per Xbox 360. L’ultimo capitolo mainline del franchise RPG è uscito l’anno scorso con Star Ocean: The Divine Force.
Ecco tutto quello che sappiamo finora sul remake live-action di “Oceania”, annunciato su Twitter da Dwayne “The Rock” Johnson!
È arrivato l’annuncio della versione live-action di Oceania della Disney, e ci sono molti dettagli interessanti sul remake del film musicale di successo.
La recente ondata di remake live-action di film d’animazione Disney è iniziata nel 2010 con Alice in Wonderland di Tim Burton, ma la Disney si è cimentata in questo tipo di remake anche prima. Il memorabile remake live-action La carica dei 101 – Questa volta la magia è vera con Glenn Close del 1996 è tra i primi esempi.
Uscito solo nel 2016, Oceania sarà il film d’animazione più recente dello studio a ricevere il trattamento live-action.
Dwayne “The Rock” Johnson, che ha dato la voce a Maui nel film d’animazione, ha annunciato su Twitter che la Disney sta lavorando a questa trasposizione.
Nella clip, Johnson si trova sull’isola di O’ahu, nelle Hawaii, e spiega l’importanza dello Stato per la sua infanzia e come le sue origini samoane abbiano contribuito alla sua interpretazione di Maui in Oceania, personaggio che per lui ha un significato profondo a livello culturale e non solo.
L’attore ha infatti rivelato che, per il design di Maui stesso, la Disney Animation si è ispirata al suo defunto nonno, il leggendario High Chief e wrestler Peter Maivia.
Non è facile stabilire con esattezza quanto tempo manchi all’uscita del film remake, dato che il calendario delle uscite degli adattamenti live-action è variato nel corso degli anni. Crudelia è stato annunciato nel 2013 (via “EW”), ma il film non è uscito prima del 2021, anche se la pandemia ne ha certamente influenzato la produzione.
Trattandosi di un remake, il live-action di Oceania dovrebbe mantenere la maggior parte degli stessi personaggi. Nell’annuncio, Johnson fa i nomi di nonna Tala, Heihei, Pua e, naturalmente, Vaiana.
Quindi Johnsoon interpreterà di nuovo Maui, ma chi altro tornerà?
Alcuni dei doppiatori potrebbero non avere l’età per interpretare i loro ruoli nel live-action. La doppiatrice di Vaiana (Auli’i Cravalho) potrebbe essere ormai troppo vecchia per il ruolo della giovane ragazza, mentre la doppiatrice originale di nonna Tala (Rachel House) potrebbe essere troppo giovane.
È probabile che il gallo Heihei (Alan Tudyk) e Tamatoa (Jemaine Clement) vengano creati in CGI, se dovessero essere presenti nel film. Tudyk e Clement sarebbero allora giustamente buone scelte di casting.
Il remake live-action di Oceania seguirà molto probabilmente la stessa trama del film d’animazione. Con molti elementi fantastici, la storia si svolge principalmente in mare aperto, il che potrebbe rappresentare una sfida per un remake live-action.
Nulla in cui la Disney non si sia già cimentata, con le scene subacquee di Black Panther: Wakanda Forever e dell’imminente La sirenetta.
Fino a dicembre 2022 sono stati realizzati 20 remake live-action di film d’animazione Disney, ma ce ne sono molti altri in programma. L’uscita di Peter Pan e Wendy su Disney+ è prevista per il 28 aprile 2023, mentre La sirenetta sarà proiettata nelle sale il 24 maggio 2023. Più avanti nel calendario troviamo Biancaneve (22 marzo 2024) e un prequel de Il Re Leone (2019) intitolato Mufasa: The Lion King, previsto per il 5 luglio 2024.
Ed ecco che, 30 anni dopo, Power Rangers originali e non si riuniscono per festeggiare il franchise nello speciale “Once & Always”!
È il 30° anniversario dei Power Rangers e, per festeggiare, la Hasbro e Netflix si alleano per un nuovissimo speciale intitolato Once & Always.
Alcuni dei vostri Rangers preferiti del cast originale torneranno per una nuova avventura con nemici familiari, ed era già stato pubblicato un trailer dietro le quinte che mostrava alcune immagini.
Ora abbiamo il trailer completo del nuovo speciale, che contiene alcune importanti rivelazioni per i fan dei Power Rangers. I Rangers dovranno affrontare ancora una volta Rita Repulsa, che questa volta è tornata in un nuovo corpo robotico.
La squadra accoglierà anche un nuovo Ranger tra le sue fila, oltre a Zords, Megazords e altro ancora. Potete vedere il trailer completo qui sotto!
Come si vede nel trailer, Once & Always riporta sulle scene leggende dei Ranger come David Yost (Billy) e Walter Emanuel Jones (Zack), Johnny Yong Bosch (Adam), Steve Cardenas (Rocky), Karan Ashley (Aisha) e Catherine Sutherland (Kat).
A loro si aggiungerà anche la new entry del franchise Charlie Kersh, che interpreterà la figlia di Trini. In questo nuovo trailer, che sicuramente non lascerà indifferente chi è fan da tempo, vediamo anche cosa l’ha portata ad unirsi al gruppo dei Ranger.
In un’intervista con EW, Yost ha parlato del ritorno sul set di Power Rangers con Jones. “Abbiamo affrontato insieme le audizioni e lanciato il franchise dei Power Rangers”, e ha aggiunto che la loro reunion è stata “fantastica. È stata un’esperienza così surreale essere di nuovo sul set dei Power Rangers dopo 28 anni”.
Nel trailer vediamo anche molta azione, e riusciamo anche a dare un’occhiata a Ford, al Centro di Comando, ad Alpha e ad altro ancora. Di seguito è disponibile la sinossi ufficiale di Once & Always.
“I Rangers si trovano di fronte ad una familiare minaccia del passato. Nel bel mezzo di una crisi globale, sono chiamati ancora una volta a essere gli eroi di cui il mondo ha bisogno. Ispirato al leggendario mantra del franchise ‘Once a Ranger, Always a Ranger’, Once & Always ricorda che quando si diventa Ranger, si è sempre parte della famiglia Ranger, e si è sempre i benvenuti”.
La seconda stagione di Power Rangers Dino Fury è ora disponibile su Netflix, mentre l’arrivo di Power Rangers Cosmic Fury è previsto per quest’anno. Once & Always arriverà su Netflix il 19 aprile. Siete emozionati per il 30° anniversario? Fatecelo sapere nei commenti!
Durante la cerimonia degli Oscar, un nuovo trailer per il live-action “La Sirenetta” è venuto a galla, mostrando finalmente Ursula!
Il remake live-action de La Sirenetta della Disney prende vita attraverso un nuovo trailer. Dopo recenti progetti come Crudelia e Pinocchio di Disney+, la Disney punta su un altro amato film d’animazione, La Sirenetta del 1989, da portare in versione live-action.
Negli ultimi mesi, la Disney ha gradualmente svelato sempre di più sul suo remake, rilasciando diversi teaser e poster. Finalmente, ha rilasciato un nuovo (e più lungo) trailer per La Sirenetta durante la cerimonia degli Oscar 2023.
Il trailer ripercorre molti momenti iconici del cartone, tra cui il salvataggio del principe Eric (Jonah Hauer-King) da parte di Ariel (Halle Bailey) ed il momento “Baciala” (“Kiss the Girl”). Il trailer della Sirenetta mostra anche personaggi come Scuttle (Awkwafina) e Sebastian (Daveed Diggs). Tuttavia, la più grande novità è stata la presenza della strega del mare, Ursula (Melissa McCarthy).
In base al nuovo trailer, sembra che la Sirenetta live-action della Disney seguirà molto fedelmente il materiale animato di partenza. Possiamo perfino vedere Bailey assumere la posa più celebre di Ariel in cima a uno scoglio, mentre le onde si infrangono dietro di lei.
Tuttavia, come hanno lasciato intendere alcune scelte di casting, La Sirenetta potrebbe inserire alcuni nuovi elementi in questa versione aggiornata. È stato teorizzato che Noma Dumezweni interpreterà la madre di Ariel, una figura a cui si fa riferimento nel film d’animazione ma che non viene mai mostrata, se non nel threequel animato La sirenetta – Quando tutto ebbe inizio.
Il personaggio di Dumezweni non è stato mostrato nel nuovo trailer, quindi il suo ruolo rimane ancora un mistero. Tuttavia, Bailey ha confermato che La Sirenetta ha aggiornato l’arco narrativo di Ariel per renderlo più progressista, quindi è lecito aspettarsi almeno qualche modifica alla classica storia.
Sembra che il remake di Resident Evil 4 in modalità VR uscirà come DLC gratuito supportato da PlayStation VR2 per la PlayStation 5!
Sembra che la Capcom rilascerà la modalità di realtà virtuale supportata da PlayStation VR2 per la versione PlayStation 5 del remake di Resident Evil 4 come contenuto scaricabile gratuito.
Un post dell’account ufficiale di Resident Evil su Twitter ha annunciato: “Lo sviluppo della modalità VR per Resident Evil 4 è iniziato! Rimanete in attesa di ulteriori dettagli in futuro!”
Un tweet successivo ha poi aggiunto: “La modalità VR di Resident Evil 4 sarà rilasciata come contenuto scaricabile gratuito per PlayStation 5 / PlayStation VR2”.
Il 2023 sarà un anno positivo per i giocatori classici, infatti questi sono 10 videogiochi che otterranno un remake nel 2023.
Quest’anno è già pronto per nuove uscite di videogiochi importanti, come Fire Emblem Engage per Nintendo Switch, Final Fantasy XVI per PlayStation 5 e altri ancora. Tuttavia, molte altre uscite grandi e piccole che arricchiscono questo 2023 promettente sono i remake. Questi sono 10 videogiochi che otterranno un remake nel 2023
I remake e le rimasterizzazioni di videogiochi sono diventati sempre più comuni negli ultimi anni, sfruttando la nostalgia e la tecnologia moderna per rinnovare i classici più amati. Resident Evil 4 e Final Fantasy VII Rebirth sono tra i più attesi, ma anche altri, come Dead Space e System Shock, hanno suscitato l’entusiasmo dei giocatori.
Dead Space
Originariamente sviluppato da EA Redwood Shores, Dead Space del 2008 è stato una pietra miliare del genere survival-horror. Seguendo le tese vicende dell’ingegnere Isaac Clarke, i giocatori dovevano guidarlo attraverso un’astronave devastata e infestata dai Necromorfi.
Si trattava di un masterclass nella costruzione della tensione con la sua ambientazione claustrofobica e industrial-horror, abbinata a coinvolgenti meccaniche di sopravvivenza e a un catartico gameplay di sparatorie in terza persona per mirare tatticamente a parti del corpo per neutralizzare i Necromorfi. L’imminente remake di Dead Space ha quindi molto da offrire, ma ciò che è stato mostrato è promettente e adeguatamente inquietante grazie alla potenza delle console current-gen. Il remake verrà lanciato il 27 gennaio per PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC.
Resident Evil 4
Considerato da molti fan di lunga data come il miglior gioco della serie Resident Evil e del genere horror in generale, Resident Evil 4 si sta finalmente preparando per il suo inevitabile remake. Nonostante le molteplici versioni rimasterizzate rilasciate nel corso degli anni, il lavoro di Capcom sui recenti remake di Resident Evil 2 e Resident Evil 3 dimostra che questo classico potrebbe ancora giustificare una reinvenzione alternativa.
Adottando un tono e un’atmosfera più horror rispetto alla versione originale, Resident Evil 4 si prospetta come qualcosa di fedele al materiale di partenza, ma anche come una nuova e avvincente interpretazione, oltre ai moderni miglioramenti generali sulla qualità del gioco visti nel 2 e 3. Il remake di Resident Evil 4 uscirà il 24 marzo per PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S e PC.
Final Fantasy VII Rebirth
La serie di JRPG di punta di Square Enix, Final Fantasy, è stata arricchita da molti giochi eccellenti e l’imminente continuazione della trilogia di remake di VII è senza dubbio una delle più attese. Dopo che Final Fantasy VII Remake ha ricreato in modo entusiasmante il classico per PS1 con alcune intriganti svolte narrative, l’espansione degli archi dei personaggi e un nuovo emozionante sistema di combattimento, Rebirth entrerà finalmente nel vivo della storia originale.
Ma solo il tempo ci dirà se ci sono novità all’orizzonte per Zack Fair e Aerith Gainsborough. Il trailer rilasciato l’anno scorso ha confermato l’uscita “il prossimo inverno”, il che potrebbe far pensare a un’uscita a novembre/dicembre 2023 per PS5. Tuttavia, Square potrebbe anche essere intenzionalmente vaga su questa finestra nel caso di una possibile uscita per PS5 nel 2024.
Come un drago: Ishin!
La serie Yakuza dell’editore Sega e dello sviluppatore Ryu Ga Gotoku Studio ha visto una gradita rinascita verso ovest da quando Yakuza 0 l’ha resa popolare, e il 2023 dovrebbe essere un altro anno positivo per il franchise. Tra i due giochi della serie in uscita quest’anno c’è Like a Dragon: Ishin!
Questo titolo è un remake del gioco esclusivo per PS3/PS4 uscito in Giappone nel 2014 e propone un’eccitante rivisitazione delle solite premesse della serie. Ambientato nel Giappone di metà-fine Ottocento, invece che nei giorni nostri, Ishin! mette i volti noti di Yakuza in una nuova ambientazione, con un sosia di Kiryu nei panni del samurai Sakamoto Ryōma. Like a Dragon: Ishin! verrà lanciato il 21 febbraio per PS4, PS5, XBO, XSX|S e PC.
Gothic
Un classico cult dei primi anni 2000, Gothic dello sviluppatore tedesco Piranha Bytes è diventato un RPG d’azione memorabile per il suo tempo. Tuttavia, dato che il gioco ha ormai più di 20 anni ed era un’esclusiva per PC in un’epoca in cui la piattaforma era più di nicchia per i giochi, è sicuramente necessario un remake. THQ Nordic si occupa del remake di Gothic, con l’obiettivo di rivitalizzare l’inventivo RPG dark-fantasy.
Il gioco è incentrato su un prigioniero senza nome, a cui viene ordinato, di estrarre minerali magici per combattere una guerra ormai persa contro gli Orchi. Non c’è una data di uscita certa, ma il gameplay mostrato finora e le date provvisorie elencate da rivenditori come Amazon suggeriscono che è possibile un lancio alla fine del 2023 per PS5, XSX|S e PC.
Il sottogenere dei giochi di ruolo strategici vanta alcuni giochi fantastici, e ancora di più negli ultimi anni, quando il sottogenere ha visto una gradita rinascita. Ciò è dovuto in parte al continuo successo della serie Fire Emblem di Intelligent Systems. Questo fa sì che questa nuova era sia il momento migliore per rivisitare altri classici cult, e Front Mission 2 è tra quelli in programma per il 2023.
Pubblicato dall’allora Square e sviluppato da G-Craft, Front Mission 2 era un RPG tattico fantascientifico a tema mecha, apprezzato per la sua profondità meccanica. Storm Trident si occupa di Front Mission 2: Remake e i fan sperano che, al lancio di quest’anno per Nintendo Switch, il gioco faccia più di quanto abbia fatto il remake del suo predecessore.
Silent Hill 2
Nonostante Konami abbia abbandonato per anni le sue grandi IP a favore delle macchine da pachinko, l’editore sembra pronto a tornare a fare un grande tuffo nei giochi di qualità. La prima produzione tripla A di questo (si spera) grande ritorno è il remake di Silent Hill 2. Il franchise è stato trascurato per molti anni, e Silent Hill 2 è stato anche ampiamente acclamato come uno dei migliori titoli survival-horror.
Era un horror psicologico profondamente stratificato che si contrapponeva all’horror più campagnolo di Resident Evil, con Silent Hill che all’epoca era un vero e proprio concorrente. Un’uscita concreta non è stata confermata, ma le recenti conferme di Bloober Team dell’ottobre 2022, secondo cui il gioco è nelle fasi finali di sviluppo, potrebbero suggerire una potenziale uscita alla fine del 2023 per PS5 e PC, con un probabile lancio XSX|S dopo un periodo di esclusività di 12 mesi.
Dragon Quest III: remake in HD-2D
Se Final Fantasy è un nome enorme nello spazio dei JRPG, Square Enix ha probabilmente il franchise più influente del sottogenere. Dragon Quest è responsabile di aver aperto la strada a gran parte dei moderni JRPG e, data la sua pluridecennale produzione di titoli, era solo questione di tempo prima che la serie ricevesse lo stesso trattamento.
Capitalizzando il successo di Octopath Traveler e del suo nostalgico stile artistico “HD-2D”, il titolo Dragon Quest III: HD-2D Remake sfrutterà questa miniera d’oro di tendenza per reimmaginare l’originale per NES. Per ora non si sa molto del gioco o delle piattaforme su cui uscirà.
System Shock
Il remake di System Shock si è fatto attendere a lungo, soprattutto da quando ha dovuto passare di mano allo sviluppatore Nightdive Studios. Il gioco originale è stato molto influente all’epoca, contribuendo a ispirare titoli d’azione/horror apprezzati dalla critica come la serie Bioshock, Prey e il successo indie-horror SOMA.
Apprezzato per il suo mondo fantascientifico immersivo e ricco di atmosfera, System Shock segue un hacker senza nome che cerca di contrastare un’IA ostile. I fan saranno ansiosi di vedere se il gioco riuscirà a reinventare con successo e gusto il classico di culto per l’era moderna quando sarà lanciato a marzo per PS4, PS5, XBO, XSX|S e PC.
A causa delle attuali vicende mondiali, Nintendo ha continuamente rimandato i remake collettivi di Advance Wars e Advance Wars 2. Sviluppati da WayForward, i giochi dovevano uscire all’inizio dell’anno scorso, dando un tocco di modernità agli amati giochi strategici classici per Game Boy Advance.
I giochi sono stati apprezzati per la loro affascinante presentazione artistica, il coinvolgente sistema di combattimento a turni e l’enorme valore di rigiocabilità. Sebbene si tratti di speculazioni, dato che i giochi sono già stati completati da tempo, un’uscita nel 2023 non è da escludere per Switch.
Ecco le ultime novità condivise dalla EA in merito ai giochi in uscita da qui a Marzo 2023: che fine ha fatto il remake di Dead Space?
La EA ha condivisa una lista di giochi che ha in programma di rilasciare durante l’anno finanziario corrente. Tra questi ci sono i soliti giochi di sport e Need for Speed, ma un titolo che invece non compare è il remake di Dead Space. L’omissione dalla lista significa che il gioco non verrà rilasciato fino alla fine di Marzo 2023. Tuttavia, la lista ha incluso un altro remake ed un IP significativo.
La EA comincerà l’anno finanziario 2023 con il rilascio di F1 il 1º di Luglio. Stando a quanto condiviso dalla EA, a seguire ci sarà un nuovo gioco Madden NFL e l’ultimo gioco FIFA che verrà prodotto dalla EA. Entrabi questi titoli verranno rilasciati tra Luglio e Settembre 2022. Un titolo Need for Speed ed un nuovo gioco NHL usciranno tra Ottobre e Dicembre 2022.
La lista si conclude con un nuovo gioco PGA Tour che uscirà tra Gennaio e Marzo 2023, e con quattro giochi ancora non annunciati. Questi vengono descritti come un “importante IP”, un “titolo partner”, un “remake” e un altro “titolo sportivo”.
Dal momento che Dead Space Remake è già stato annunciato, sembra improbabile che si tratti del remake misterioso annunciato nella lista dei giochi EA. Se l’uscita del gioco si mantiene per i primi del 2023, arriverà per PS5 tra Aprile e Giugno 2023. Forse verranno condivise più informazioni durante la live stream a tema Dead Space di domani, 12 Maggio.
Secondo la stessa logica, Star Wars Jedi: Fallen Order 2, lo shooter Star Wars in prima persona della Respawn, il gioco di strategia Star Wars della Bit Reactor, Skate 4, Dragon Age 4 ed il nuovo gioco Mass Effect non sono inclusi nella lista.
Stando alle trascrizioni di Seeking Alpha, il CEO della EA Andrew Wilson, i due studi di Seattle stanno lavorando a nuovi progetti, lo studio Motive sta sviluppando un titolo ancora da annunciare e gli studi internazionali hanno altri lavori per le mani.
Durante un Q&A, Wilson avrebbe anche annunciato che il “titolo sportivo” sarebbe Super Mega Baseball 4. Non ci sono stati indizi sugli altri titoli ancora da annunciare, ma novità dovrebbero essere presto in arrivo.
Discostandoci dalla lista della EA, il CFO della Sony Hiroki Totoki ha confermato nuovamente che i giochi AAA non compariranno nei nuovi elenchi PS Plus dal day one. La promozione Extended Play è nel frattempo cominciata sul Playstation Store per PS5 e Ps4, con molti titoli e DLC a sconto.
La frenesia Disney del dare vita ai grandi classici non si ferma: remake liveaction de “Gli Aristogatti” ufficialmente in lavorazione!
La recente ondata di live-action e reboot della Disney non sembra ancora destinata a rallentare: proprio ieri infatti è stato annunciato che un nuovo adattamento de Gli Aristogatti e ora in lavorazione nella sezione live-action della Disney. Il copione verrà scritto da Will Gluck (Peter Rabbit) e Keith Bunin (Onward), e Gluck si occuperà anche di produrre tramite la sua Olive Bridge Entertainment.
Sembra che la lavorazione del progetto sia veramente allo stadio iniziale, tanto che ancora non è certo se il film verrà rilasciato nei teatri o su Disney+. Pare però che il design degli animali andrà nella direzione del live-action del 2019 Lilli e il vagabondo, che uscì direttamente sulla piattaforma streaming.
Il classico d’animazione del 1970 segue le peripezie di una famiglia di gatti parigini che, a causa della cupidigia del maggiordomo della loro amata padrona, vengono abbandonati nella campagna francese. Qui, un affascinante gatto di strada si offrirà di aiutarli a ritrovare la via di casa.
Il cartone originale Gli Aristogatti venne diretto da Wolfgang Reitherman, con un cast di cui facevano parte Phil Harris, Eva Gabor, Hermione Baddeley, Dean Clark, Sterling Holloway, Scatman Crothers e Roddy Maude-Roxby.
Nel 2012, Richard Sherman, coautore di alcune delle canzoni di Le avventure di Winnie the Pooh, ha raccontato ad Entertainment Weekly come sia “Gratificante ed emozionante vedere nuove generazioni di persone che cantano e apprezzano i film di Winnie the Pooh che abbiamo scritto così tanti anni fa”.
“Certamente, qualunque scrittore abbia avuto la buona stella di essere coinvolto in qualche grande lavoro come un film che è stato fatto da Walt Disney è fortunato, perché non scompaiono mai. Continuano ad essere rinnovati […]. Nuove generazioni li vedono. Mi diverto quando i miei nipoti stanno incollati alla televisione a guardare Gli Aristogatti, per esempio. Amano guardarlo. Dicono, ‘Nonno, l’hai scritto tu, non è vero?’ Ed io gli rispondo Sì, proprio così!'”
Un sequel della pellicola originale era stato originariamente pianificato dai Disneytoon Studios nel 2005, con la speranza di usare l’animazione 3D per dare vita alla storia. La trama doveva svolgersi a bordo di una crociera di lusso, dove la gattina Minù si sarebbe invaghita di un altro gatto, per poi restare coinvolta, insieme al resto della sua famiglia, in una caccia al ladro dopo un furto di gioielli. Il progetto venne poi annullato dopo l’arrivo di John Lasseter come capo creativo, insieme ai sequel già pianificati di Chicken Little – Amici per le penne e I Robinson – Una famiglia spaziale.
Cosa ne pensate di questo progetto per un live-action Disney de Gli Aristogatti?
Con l’annuncio del remake di KOTOR durante il PlayStation showcase e a seguito del recente annuncio del remake di Dead Space, la discussione riguardo la necessità della presenza di tutti quanti questi remake ha ricominciato ad infiammare tutti quanti gli appassionati. C’è chi sostiene che questi remake siano sintomo di una mancanza di fantasia nell’industria mentre ci sono altri che appoggiano queste operazioni e ne comprendono il senso. Una delle critiche più grandi che vengono mosse a queste operazioni è che l’aumento esponenziale di questi remake sia dovuto alla mancanza di fantasia nell’industria che porta sempre più software House a impegnarsi a riciclare idee del passato. Ma sarà davvero così?
Partiamo da qualche cenno storico: che cos’è un remake? La parola inglese Re-Make già ci suggerisce in pratica quello che è il senso dell’operazione, ovvero sia andare a ricreare un’opera già precedentemente realizzata. È un termine che si sente nominare prettamente in ambito cinematografico ma che negli ultimi anni si è anche affacciato con sempre maggiore insistenza al mondo videoludico. L’operazione, però, a livello ludico può riguardare vari elementi e quindi ecco che dobbiamo operare subito una distinzione fondamentale: da una parte abbiamo i “remake grafici” mentre dalla parte opposta abbiamo i cosiddetti remake totali.
Partiamo dai remake grafici, che come suggerisce il titolo altro non sono che la riproposizione di titoli del passato che però vengono totalmente ridisegnati dal punto di vista tecnico; non un semplice up-scale dell’opera originale, con magari un passaggio all’alta definizione o un aumento della definizione oppure un aumento dei frame al secondo (come nelle remastered), ma una vera e propria operazione di modifica del motore grafico, dell’impianto artistico, in certi casi anche nel design grafico del titolo, degli ambienti, il tutto legato ovviamente alla maggiore potenza degli hardware su cui viene riproposto il gioco.
Un esempio classico e lampante di questa tipologia è la Crash Bendicoot N’Sane Trilogy, un remake grafico dei primi tre capitoli di Crash sviluppati da Naughty Dog. Anche un occhio non attento avrà subito notato l’enorme differenza a livello grafico fra queste due opere che però rimangono perfettamente identiche nel gameplay, nella trama e nei contenuti in esse presenti. Un Remake tecnico va immaginato semplicemente come il lavoro di un restauratore su un’opera d’arte che ha tantissimi anni sulle spalle, che quindi si preoccupa di riportarla all’antico splendore ripulendola da tutti quanti gli anni che sono passati, lasciando però intatta l’opera, senza andarla ad alterare in alcun modo.
Muovendoci dal remake grafico verso il remake totale troviamo una via di mezzo ideale in cui abbiamo un remake e che si preoccupa principalmente dell’aspetto tecnico, ma che va anche a ritoccare qualche elemento di gameplay, a fare qualche aggiunta. L’esempio più lampante che mi viene in mente è il recentissimo remake di Demon’s Souls, esclusiva PlayStation 5.
I ragazzi di BluePoint, maestri nelle operazioni di remake, hanno sì ricreato il gioco andando totalmente a modificare quello che è il motore grafico e adattando il lato tecnico di un gioco della settimana generazione ad una nuova veste grafica, possibile grazie alla enorme potenza delle macchine di oggi, eppure hanno anche fatto qualche aggiunta o modifica come, per esempio, l’introduzione della possibilità di schivare in qualunque direzione non solamente nelle quattro direzioni cardinali. Andando poi anche ad aggiungere qualche piccolo segreto, come collezionabili in più ed una piccola zona extra senza però andare a fare chissà quale modifica l’opera che rimane praticamente identica all’originale.
In queste situazioni gli sviluppatori fanno quel piccolo passo in più andando a sistemare qualche elemento o a fare qualche aggiunta di gameplay che in certi casi è molto gradita ma attenzione in queste situazioni si rischia sempre di rompere il giocattolo, perché quando si aggiungono degli elementi che non erano presenti nel gioco originale si rischia, se questi non vengono bilanciati da qualche aggiustamento a livello di level design, di rompere il gioco. Un triste esempio di questo errore è il remake del primo Metal Gear Solid fatto per GameCube, dal titolo “Metal Gear Solid: the Twin Snakes”.
In questo remake infatti oltre all’aggiornamento grafico, gli sviluppatori decisero di inserire tutta quanta una serie di elementi di gameplay tratti da Metal Gear Solid 2, elementi che non erano presenti nel gioco originale e che di fatto rompevano il titolo, permettendo ai giocatori di fare cose che non erano stati previste dagli sviluppatori all’epoca e che quindi permettevano di saltare intere sezioni del gioco, di fatto rompendo l’incantesimo.
Arriviamo infine ai remake totali diventati via via sempre più numerosi ultimamente partendo da quel meraviglioso e fulgido esempio che è Residence Evil 2. Resident Evil 2, datato 1998, è considerato uno dei titoli Survival horror più belli mai realizzati, sequel di un gioco che ha fatto scuola e che andava a migliorare qualunque elemento in esso presente; un’opera mastodontica che esplorava le oscurità e gli orrori della stazione di polizia di Racoon City. Come potete vedere dalle immagini su schermo il titolo era chiaramente legato all’epoca in cui uscì: una telecamera fissa, sfondi pre-renderizzati in cui si muovevano i personaggi, tempi di caricamento fra una stanza….
Osservando invece ora le immagini di Resident Evil 2 Remake, datato 2019, anche un occhio poco allenato potrà notare le enormi differenze: La telecamera infatti è completamente attiva e viene spostata dal giocatore in tempo reale ed è sempre collocata dietro la schiena del giocatore, si mira in tempo reale, non ci sono più tempi di caricamento e tutto quanto ovviamente è stato traslato per rispondere a queste molteplici novità di gameplay.
La stazione di Raccoon City, i suoi oscuri corridoi, i suoi 1000 segreti sono stati infatti distrutti e ricostruiti da zero partendo sì da quello che è il gioco originale ma di fatto creando un gioco totalmente inedito, seppur condividendo con l’originale personaggi, l’ambientazione e la trama, rimanendo quindi effettivamente un remake dell’opera originale. Vedendo queste immagini a confronto la domanda che mi sento di porvi è: davvero affermereste che questi due giochi sono uguali? Che il 2019 ha permesso semplicemente un copia incolla del titolo del 1998? È chiaro che la risposta non può che essere negativa, ma allora andiamo ad analizzare più nel dettaglio queste critiche mosse ai remake.
Queste operazioni, effettivamente, occupano la mente degli sviluppatori perché manca la fantasia? perché mancano le idee? perché c’è una grande problematica a livello di iniziative originali? Personalmente non posso essere d’accordo con questa idea perché se le case di sviluppo tripla stanno via via cercando di spingere sempre più oltre i limiti dell’industria con titoli rivoluzionari che vanno di anno in anno a riscrivere quelli che sono gli standard dell’industria tutto quanto il mondo indi contemporaneamente e parallelamente sto esplorando nuove possibilità nuovi mondi che ci regalano avventure via via sempre più originali particolari e innovative; la grande attenzione data proprio agli sviluppatori indipendenti ci permette di provare esperienze che se fossimo relegati all’industria tripla semplicemente non potremmo vivere ed è proprio grazie a questa nuova attenzione all’indipendenti che riusciamo avere una grandissima varietà e un’originalità che paradossalmente prima era ignorata!
Ma allora perché proprio oggi si vedono via via aumentare queste operazioni di riproposizioni di gloria del passato per tre motivi principalmente:
Un bacino di utenza vasto come non mai. il primo motivo risponde ad una necessità legata all’ampio bacino di videogiocatori: non è un mistero infatti che proprio negli ultimi anni il mondo videoludico sia diventato un hobby di massa che ogni anno raccoglie via via sempre più appassionati che si stanno affacciando a questo magico mondo. Risulta quindi abbastanza comprensibile il voler far conoscere a questi giocatori quelle che sono le vecchie glorie, i giochi che hanno definito l’industria, che hanno proposto passi avanti e che hanno venduto milioni di copie. Giochi che possono conquistare le nuove generazioni di videogiocatori proprio perché le vecchie generazioni se ne sono innamorate, ma c’è un problema, che é anche il nostro punto 2.
I videogiochi invecchiano. Tutti i media sentono il passaggio del tempo: serie TV, film, libri, ma i videogiochi in particolar modo lo percepiscono in maniera molto forte poiché un videogioco non solo si vede, non solo si legge, ma si gioca. Tanti elementi di accessibilità e tanti piccoli elementi di gameplay che sono stati introdotti negli anni, sono ovviamente mancanti sempre di più andando a ritroso nel tempo. Io stesso nel corso dell’anno passato ho rigiocato quel capolavoro che è Metal Gear Solid trovandolo un titolo estremamente godibile e affascinante tutt’oggi, ma sono anche il primo a rendersi conto che Metal Gear Solid era un titolo che già quando uscì a suo tempo nel 1998 era un titolo avanti anni luce rispetto alla media dei titoli di quegli anni ed è quindi diciamo normale che tutt’oggi risulti giocabilissimo pur essendo un titolo che ha tanti anni sulle spalle, ma la maggior parte dei giochi no. Non c’è nessuna vergogna ad ammettere che i videogiochi invecchiano (sarebbe strano il contrario), ed ecco che quando si va a voler riproporre un gioco oggi l’industria deve fare una valutazione e chiedersi: ma questo titolo, se riproposto oggi potrebbe avere successo, potrebbe andare bene o necessità di una svecchiata?
Il retrogaming è complesso. Il retro gaming è un’attività che oggi si sposa poco con l’utente medio, il quale semplicemente vuole giocare con sempre meno problemi e difficoltà. Nonostante infatti la discussione sulla retro compatibilità sia diventata centrale anche all’interno della sfida fra i publisher, rimane comunque molto difficoltoso, per un giocatore, riuscire ad avere su una singola console, o su un Computer, la possibilità di giocare a tutti i titoli che gli vorrebbe. Per fare qualche esempio ancora ad oggi un gioco importantissimo come Metal Gear Solid 4 è limitato a poter essere giocato solamente sulla PlayStation 3, così come invece non è possibile, pur avendo la Nintendo switch, accedere a tutti i titoli della saga di Super Mario, di Zelda, di Metroid (a meno che Nintendo non faccia delle remastered estremamente pigre). A causa di questa grossa difficoltà e della difficoltà anche economica di riuscire ad eseguire del buon retro gaming, molti video giocatori tendono ad apprezzare di più il fatto che una software house presenti delle rivisitazioni di capolavori del passato, soprattutto se dietro c’è un lavoro di fino come nel caso dei Remake.
E quindi sommando tutte queste motivazioni possiamo dare una risposta definitiva. Il fenomeno dei remake non è un segnale di mancanza di originalità e non è una cosa negativa per l’industria dei videogiochi; è semplicemente una comprensibile e sensata mossa commerciale da parte degli sviluppatori per far conoscere vecchie glorie del passato e soprattutto per poter anche giustamente utilizzare la fama di questi titoli ed un nuovo bacino d’utenza per poter fare dei soldi anche più semplici per poter poi finanziare e alimentare giochi sempre più grandi e innovativi.
Contemporaneamente poi in certi casi la riproposizione di vecchie glorie del passato serve anche ai publisher per tastare il terreno e comprendere la risposta del pubblico difronte ad un eventuale nuovo gioco. Come nel caso del buon vecchio Crash Bandicoot, riproposto prima con un remake e poi, grazie al successo riscosso da questo remake, protagonista di un nuovo titolo. Ci sarà sempre chi sarà scontento di queste operazioni commerciali ma ci saranno sempre anche quei prodotti che riusciranno a rendere felici milioni di giocatori e che quindi ci permettono di affermare con grande sincerità che No, i Remake non hanno saturato l’industria, e in certi casi meno male che ci sono, perché così permettono sempre più giocatori di entrare in questo magico mondo fatto di passioni e storie indimenticabili.
E voi? Siete dei fan di queste operazioni di remake oppure invece preferiresti che le major dessero più attenzione a quelle che sono nuovi prodotti e prodotti totalmente originali fatecelo sapere qui sotto nei commenti!